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Cerignola, il vescovo ordinerà sacerdote il salesiano Giuseppe Spicciarello

Pubblichiamo il comunicato stampa della Diocesi Cerignola – Ascoli Satriano pubblicato sul sito “Il Megafono” con il quale si annuncia l’ordinazione presbiterale del diacono Giuseppe Spicciariello, salesiano di Don Bosco. La diretta verrà trasmessa in streaming sulla pagina Facebook “MGS don Bosco al Sud” e sul Canale Youtube “Salesiani IME”.

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Come annunciato lo scorso 14 maggio, con la diffusione delle Disposizioni per la celebrazione della Messa con il popolo, il vescovo Luigi Renna presiederà in Cattedrale, a Cerignola, sabato, 30 maggio 2020, con inizio alle ore 19, la Messa Crismale.

“Questa ‘Fase 2’ – si legge nelle Disposizioni – che investe anche la vita liturgica della Chiesa, va vissuta con la stessa responsabilità della fase precedente, cioè con prudenza, accettando con buon senso i limiti che ci sono richiesti per evitare il contagio, e, permettete, anche con spirito di fede, perché ciò che sta più a cuore a Dio Padre è la vita e la salute dei suoi figli, soprattutto dei più fragili, che sono gli ammalati e gli anziani”.

Per tale ragione, alla solenne celebrazione parteciperanno il presbiterio diocesano e un rappresentante per ogni comunità religiosa femminile, per ogni Associazione del Coordinamento Diocesano del Laicato, per ogni comunità parrocchiale. Secondo l’antica tradizione romana, la Messa Crismale, segno dell’unità del ministero ordinato nel sacerdozio di Cristo, è celebrata in Cattedrale perché la chiesa del Vescovo costituisce la “chiesa-madre” per tutta la diocesi.

In quanto espressione del mistero della Chiesa come popolo messianico, la presenza dei ministri nei diversi gradi, in rappresentanza delle comunità parrocchiali, religiose, associative, è un richiamo all’unità inscindibile del sacerdozio comune e ministeriale, fondata sui segni sacramentali.

Il giorno successivo, domenica, 31 maggio 2020, nella solennità di Pentecoste, il vescovo Renna, durante la celebrazione eucaristica che avrà inizio alle ore 18,30, in Cattedrale ordinerà presbitero il diacono Giuseppe Spicciariello, salesiano di Don Bosco. Nel rispetto delle attuali normative circa l’emergenza Covid-19, la cattedrale potrà contenere solo un numero limitato di persone: la celebrazione, infatti, sarà trasmessa anche in streaming sulla pagina Facebook “MGS don Bosco al Sud” e sul Canale Youtube “Salesiani IME”.

Il Borgo Ragazzi Don Bosco di Roma presenta l’estate ragazzi a Uno Mattina

Ieri, durante la trasmissione di Rai Uno Uno Mattina, è andato in onda un servizio dove si presenta il centro estivo del Borgo Ragazzi Don Bosco di Roma di quest’anno nella fase 2 del Covid19:

Valdocco: Solennità di Maria Ausiliatrice 2020

Si riporta di seguito il programma dei festeggiamenti dedicati a Maria Ausiliatrice nella giornata di domenica 24 maggio 2020 che si terranno presso la Basilica Maria Ausiliatrice di Torino, Valdocco. Un momento significativo per tanti devoti e per la Famiglia Salesiana che, in tutto il mondo, vive questa ricorrenza in maniera speciale.

Quest’anno il programma è stato ripensato nel rispetto delle modalità richieste dalle Autorità civili in questo particolare tempo.

“Desideriamo vivere questa solennità con uno spirito di profonda confidenza in Maria. Aprendo il cuore e confidando a Lei paure e speranze che animano questi giorni potremo sperimentare la dolcezza dell’essere protetti sotto il suo manto”.

(Don Enrico Stasi – Ispettore dei Salesiani del Piemonte e Valle d’Aosta)

Orario celebrazioni eucaristiche

ORE 8:00 – Celebrazione Eucaristica, presiede don Carmine Arice.

ORE 9:30 – Celebrazione Eucaristica, presiede don Enrico Stasi – Ispettore dei Salesiani del Piemonte e Valle d’Aosta.

ORE 11:00 – Presiede S.E. mons. Cesare Nosiglia.
(in diretta su Rete 7 e sul canale Facebook @ilcortilediValdocco)

ORE 12:30 – Celebrazione Eucaristica, presiede don Guido Dutto.

ORE 15:30 – Celebrazione Eucaristica, presiede don Leonardo Mancini.

ORE 17:00 – Presiede don Angel F. Artime, Rettor Maggiore dei Salesiani di don Bosco.
(In diretta su Rete 7, Telepace e sul canale Facebook @agenziaans). Partecipazione esclusiva per i giovani del Movimento Giovanile Salesiano previa prenotazione presso il sacerdote della casa salesiana di riferimento.

ORE 18:30 – Celebrazione Eucaristica, presiede don Guillermo Basañes.

ORE 20:30 – “Dalla Basilica di Maria Ausiliatrice alle nostre case
Rosario meditato, accessibile ai fedeli solo tramite diretta tv su Rete 7, Telepace oppure canale Facebook @agenziaans.

 

Scarica il programma

Esercizi spirituali MGS IC: distanti ma uniti

Dall’8 al 10 maggio i giovani del Movimento Giovanile Salesiano dell’Italia Centrale hanno vissuto da casa gli Esercizi Spirituali: oltre 140 giovani connessi per riflettere e confrontarsi con la Parola in questo periodo al di fuori dell’ordinarietà.

Ecco la testimonianza di Biancarosa Traffano
Non si può certo dire che Dio non sia un tipo fantasioso: chi di noi avrebbe immaginato di essere contattato da Lui in videochiamata? Invece è proprio quello che è successo in questi giorni, perché senza dubbio l’idea di vivere a distanza gli Esercizi Spirituali non può che essere stata ispirata dallo Spirito Santo, come dimostrano la gioia e la gratitudine che oggi abitano il nostro cuore.
E non è stato solo Dio a raggiungerci lì dove eravamo, ma è stato il Movimento Giovanile Salesiano! La difficoltà di concentrarsi (anzi, raccogliersi!) a casa è stata compensata dall’unità straordinaria che si è creata, dall’entusiasmo di condividere questo momento con tutti i giovani del MGS IC. Di più, proprio questa inedita modalità di vivere il ritiro ci ha permesso di superare i confini delle nostre regioni e così abbiamo gustato insieme un’esperienza di esercizi che forse prima potevamo dare per scontata, ma che ora è davvero da riconoscere come dono gratuito e soprattutto non scontato.
Con la sua dolcezza e saggezza don Mario Rollando ci ha presi per mano e ci ha accompagnati sulle orme del Risorto. L’incontro con Lui attraverso la sua Parola fa rinascere in noi la memoria del suo amore che scalda il cuore e che ci rende testimoni: non persone perfette, ma mendicanti che sempre desiderano il Signore. Come e con sant’Agostino don Mario ci ha esortato proprio a desiderare, perché il nostro desiderio di Dio è preghiera, anche e soprattutto quando emotivamente siamo in difficoltà, quando ci sentiamo insensibili alla Grazia o addirittura in lotta con essa. Dalle nostre contraddizioni può scaturire una preghiera che è solo nostra, che è personale e originale, come quella di san Tommaso, che soffre e pretende di vedere Gesù per poi prorompere nel bellissimo “Mio Signore e mio Dio!”.
Nell’ultima intensa tappa del nostro percorso don Mario ci ha portato in Galilea, luogo non scelto a caso da Gesù per incontrare i suoi discepoli: luogo dello scarto, del margine, dei poveri, dei peccatori… Luogo da cui vorremmo fuggire, ma che fa parte di noi, che rappresenta le nostre più intime zone buie, gli aspetti di noi stessi e della nostra vita che vorremmo nascondere e con cui non siamo riconciliati. Ma Gesù ci dà appuntamento proprio in quelle Galilee, ci aspetta lì, perché “ama illuminare i nostri sotterranei”. Quelli in cui forse siamo anche più veri. Perché non c’è bisogno di sforzarti per meritare l’amore di Dio: la sua Grazia ti precede ed è lei che crea in te infiniti motivi per amare ogni pezzo della tua vita, che sia Galilea o che sia Giudea, buio o luce.
Ancora don Mario ci ha spinto a vedere la bellezza nella diversità che abita il mondo e la stessa Chiesa, come nelle due figure di Pietro e Giovanni, a scoprire che la relazione con Dio è l’asse portante che spinge il pastore ad amare il suo gregge, perché: “soltanto gli assidui frequentatori del mistero di Dio possono essere raffinati interpreti e servitori del mistero dell’uomo”. Così il nostro amore per gli altri non risulta sminuito dal nostro rapporto prioritario con Dio, ma semmai potenziato, reso divino.
Dopo queste giornate abbiamo imparato per esperienza che a contatto con la Parola di Dio il nostro cuore può sempre ardere, non importa dove siamo: nella natura, in oratorio, all’università, al lavoro, in Chiesa… A casa. Come ci ha detto madre Yvonne, altro grande regalo di questi Esercizi, la Parola ci raggiunge nel nostro oggi, con una chiamata che non è quella di ieri e nemmeno quella di domani: oggi, #lìdovesei, non lasciar spegnere il fuoco che Dio ha acceso nel tuo cuore.

Guarda la videotestimoniaza

Scuole paritarie, la solidarietà e l’appello della CEI

Pubblichiamo l’appello e la solidarietà della Presidenza Cei alle scuole paritarie.

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La Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana torna a rilanciare la forte preoccupazione espressa in queste settimane da genitori, alunni e docenti delle scuole paritarie, a fronte di una situazione economica che ne sta ponendo a rischio la stessa sopravvivenza.
Le paritarie svolgono un servizio pubblico, caratterizzato da un progetto educativo e da un programma formativo perseguiti con dedizione e professionalità.
Le forme di sostegno poste in essere dal Decreto Rilancio – in relazione alla riduzione o al mancato versamento delle rette, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza, a seguito delle misure adottate per contrastare la pandemia – ammontano a 65 milioni per le istituzioni scolastiche dell’infanzia e a 40 milioni per le scuole primarie e secondarie, a fronte di un miliardo e mezzo destinato alla scuola tutta.
Si tratta di un passo dal valore innanzitutto culturale, rispetto al quale si chiede al Governo e al Parlamento di impegnarsi ulteriormente per assicurare a tutte le famiglie la possibilità di una libera scelta educativa, esigenza essenziale in un quadro democratico.
Tra l’altro, le scuole paritarie permettono al bilancio dello Stato un risparmio annuale di circa 7.000 euro ad alunno: indebolirle significherebbe dover affrontare come collettività un aggravio di diversi miliardi di euro.
Come Presidenza della CEI chiediamo con forza che non si continuino a fare sperequazioni di trattamento, riconoscendo il valore costituito dalla rete delle paritarie. A nostra volta, stiamo verificando la possibilità di contribuire a sostenere alcune migliaia di studenti della scuola paritaria secondaria di I e II grado: un aiuto straordinario alle famiglie più in difficoltà, da imputarsi al bilancio CEI del 2020. Si tratterebbe di circa 20mila borse di studio, che agevolino l’iscrizione al prossimo anno scolastico, a tutela – per quanto possibile – di un patrimonio educativo e culturale unico.
Uniamo le forze, già in vista dell’imminente passaggio parlamentare, per non far venir meno un’esperienza che trova cittadinanza in ogni Paese europeo, mentre in Italia sconta ancora pregiudizi che non hanno alcuna ragion d’essere.
La Presidenza della CEI

Colle don Bosco, il direttore don Rolandi: “Eremo surreale per il periodo pasquale”

Pubblichiamo l’intervista uscita su La Stampa – a firma di Marina Rissone – a don Giovanni Rolandi, direttore del Colle don Bosco, nella quale racconta l’esperienza durante il periodo pasquale della vita della basilica.

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I mesi del lockdown hanno lasciato ai salesiani del Colle Don Bosco molte riflessioni, tra fede e speranza nel futuro. Frazione Morialdo di Castelnuovo è stata orfana di migliaia di pellegrini che ogni giorno affollano i luoghi natali del santo sociale dei giovani per trovare momenti di preghiera. Il direttore don Giovanni Rolandi parla di alcuni aspetti dell’emergenza sanitaria dal punto di vista religioso e storico.

Come avete vissuto l’isolamento al Colle?
«Le chiese sono rimaste sempre aperte ai fedeli, senza celebrazioni. Il Colle è  diventato una specie di eremo: per giornate abbiamo vissuto in solitudine. L’unica compagna è stata la preghiera in una cappella privata per la comunità religiosa salesiana. Una atmosfera surreale soprattutto nel periodo pasquale».

E’ stato lasciato un segno sul modo di pregare?
«Noi cristiani siamo privilegiati: possiamo pregare ovunque. A differenza del Giudaismo, per noi il luogo di culto non è fondamentale, come per loro era il Tempio di Gerusalemme. La preghiera comunitaria è importante. Papa Francesco ha detto di fare attenzione a non “viralizzare” (da “virus”) la liturgia: c’è una differenza abissale tra una liturgia seguita da casa sui media (che va bene quando non si può fare altro) e una vissuta di persona con la comunità».

Come avrebbe reagito San Giovanni Bosco alla pandemia e alla perdita di molte certezze scontate?
«Don Bosco si trovò nel bel mezzo di un’epidemia di colera a Torino dall’agosto al novembre 1854 con epicentro Borgo Dora e Valdocco. Invitò i ragazzi dell’oratorio a non aver paura e fece una promessa “pazza” a nome di Dio. Disse: “Se farete quanto vi dico, sarete salvi. Se vi metterete in grazia di Dio e non commetterete alcun peccato mortale, vi assicuro che nessuno di voi sarà  toccato. Ma se qualcuno rimanesse ostinato nemico di Dio e osasse offenderlo gravemente, io non potrei più essere garante né di lui, né per qualunque altro”. Li invitò a portare al collo una medaglia della Madonna e recitare ogni giorno un Pater, Ave, Gloria. Trenta ragazzi si offrirono volontari per prestare soccorso ai malati di colera della zona. Usavano una bottiglietta di aceto per sanificare spesso le mani. Don Bosco usò ogni precauzione: fece ripulire i locali dell’oratorio, aggiunse camere, diminuì il numero dei letti in dormitorio, migliorò il vitto sobbarcandosi molte spese. E, in preghiera, si offrì lui stesso come vittima al Signore, al posto dei ragazzi. Nessuno si ammalò in oratorio, seppur nell’epicentro del contagio. Don Bosco inviterebbe a non aver paura, a rimboccarsi le maniche, a prendere giuste precauzioni e a conservare l’amicizia con Gesù».

Un suo pensiero personale ai lettori.
«Non mi ero mai trovato in una situazione simile. Neppure in Kenya dove ho vissuto per anni. L’epidemia di ebola laggiù ci ha sfiorato due volte, ma non ha mai assunto le proporzioni di questa pandemia. Credo che siamo sempre e solo nelle mani di Dio. Se lui è con noi, davvero nulla può essere contro di noi (parafrasando San Paolo, in Romani 8, 31). Pratichiamo un po’ d’igiene mentale, ascoltando meno notizie da “breaking news” e attenendoci alle comunicazioni ufficiali delle autorità . E’ necessario camminare verso un delicato equilibrio. Sono perplesso sulla posizione delle agenzie governative e che siano state revocate, dall’oggi al domani, alcune libertà  fondamentali del cittadino in nome della salute». 

Tunisia, i Salesiani al tempo del confinamento

Pubblichiamo un articolo del notiziario dell’Ispettoria Sicula, INSIEME, sull’esperienza dei Salesiani in Tunisia durante l’emergenza sanitaria.

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Anche la Tunisia come del resto quasi tutti i Paesi del mondo vive la realtà del confinamento. Il governo tunisino ha avuto la intuizione di chiudere tutto ancora prima che la malattia si manifestasse in modo eclatante giocando sulla “prevenzione” del contagio ed agendo quindi subito già ai primi casi che sono giunti a inizio marzo importati dall’Italia.  Pertanto anche qui tutte le attività scolastiche, educative, sportive ed anche quelle religiose sia delle moschee sia delle poche chiese cattoliche sono state sospese fino a nuovo ordine dal 14 marzo.

Noi sdb, cinque confratelli, siamo rimasti pertanto confinati nelle due scuole tre a Manouba e due a Don Bosco Tunisi. Abbiamo reagito anzitutto tentando di assicurare una didattica online tramite i nostri insegnanti. Quelli più capaci dal punto di vista informatico si sono dati da fare da casa per aiutare i ragazzi e le loro famiglie a tenersi occupati rivedendo e ampliando esercizi e lavori scolastici adatti ovviamente a bimbi tra i 5 e gli 11 anni. Non è facile ma si è avuta una buona risposta anche se non tutti gli allievi sono collegati.

L’oratorio ha continuato a seguire gli animatori. Con loro si è continuata la formazione al sistema preventivo di Don Bosco grazie a fr. Patrick e al confratello ultimo arrivato don Bashir che ha prodotto interventi formativi in lingua araba sia per gli animatori sia per gli insegnanti. Per le due parrocchie affidate ai salesiani si è continuato il legame spirituale tramite le comunicazioni possibili. Don Faustinoper la parrocchia di Hammamet ha curato ogni settimana il commento al Vangelo sia in lingua francese che in italiano e ha fatto una lettera settimanale inviando il tutto alle mail dei parrocchiani italiani ed europei,

Don Domenico insieme a don Bashir hanno aperto una pagina Facebook per la Parrocchia di Tunis col nome di Paroisse Sainte Jeanne D’Arc Tunis. Cosi ogni sabato alle 18.30 ora tunisina si trasmette dalla cappella salesiana di Manouba la S. Messa in italiano e la domenica alle 10 la S. Messa in francese mantenendo quindi gli stessi orari dei tempi normali. Sulla pagina si inseriscono anche avvisi o notizie che interessano la comunità parrocchiale.

Le due scuole stanno inoltre tenendo i contatti con le famiglie degli allievi per assicurare il sostegno economico alle due scuole che già dal 12 marzo hanno interrotto le attività didattiche ed ormai l’anno scolastico è stato dichiarato chiuso. Per il sostegno ai bisognosi la chiesa tunisina ha concentrato l’aiuto presso la Caritas diocesana e li abbiamo indirizzato coloro che erano in stato di bisogno mentre qualche sacerdote è stato autorizzato a recarsi in alcuni punti di raccolta di coloro che avevano bisogno di generi alimentari. Tutti inoltre abbiamo contribuito con la preghiera.

Si attende adesso l’esito dei primi passi del deconfinamento progressivo. Speriamo bene e che il Signore Risorto ci doni la possibilità di tornare a servire i nostri destinatari.

Domenico Paternò

Direttore della Comunità Salesiana

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Sars-CoV2 e Liturgia della vita

Pubblichiamo la testimonianza di Anna Sansoni, Infettivologa c/o l’Ospedale di Siena e di Andrea Lapi Internista c/o l’Ospedale di Siena; Salesiani Cooperatori all’Oratorio La Magione di Siena pubblicata sul sito dell’Ispettoria Italia Centrale.

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Ubbidisco piano alla richiesta delicata di una testimonianza di questi due mesi e mezzo in compagnia del Coronavirus-19 e mentre inizio a scrivere, mi sale il nodo alla gola e mi si appannano gli occhi: mi sorprende questa reazione, ma la accolgo. Sono circa tre settimane che cerco di apprestarmi a scrivere; riesco a farlo solo oggi, dopo un incontro benedetto su zoom con i giovani universitari dell’Oratorio, guidati da don Emanuele per una lettura di questi nostri tempi in compagnia dei discepoli di Emmaus.
“Manda la tua luce e la tua verità, siano esse a guidarmi” Sal 42

Da infettivologa ho osservato COVID-19 da lontano, ai tempi della Cina, sospesa come tutti sul futuro: si sarebbe arrestato come SARS e MERS, sue cugine di primo grado, oppure ci avrebbe travolto come stava accadendo in Cina? Ad un certo punto della sorveglianza, mi è stato chiaro che sarebbe arrivato in Italia, e anche al nostro Ospedale di Siena. E’ stato un “avvistamento” graduale che mi ha consentito di preparare il cuore ai giorni futuri, fino all’impatto d’urto previsto ed atteso. Uno sguardo diretto ed intenso di un amico, senza dirsi parole, aveva colto, che di lì a poco ci sarei stata in mezzo. L’ultima liturgia comunitaria a cui ho potuto partecipare, la liturgia delle Ceneri, ha preceduto di poche ore il mio distacco dalla famiglia e dall’oratorio, con l’intento di proteggere le persone a cui volevo bene da un eventuale contagio che potesse dipendere da me, come è stato per molti altri sanitari. E’ stato uno strappo forte, una vera quaresima nella quaresima, un digiuno dagli affetti e dalle relazioni più feconde ed intime. L’ho accolto e consegnato al Signore. Ho scritto al mio parroco e amico “ho con me tutto ciò che mi serve, il Signore, la Parola, il vostro affetto”. Non potendomi confessare dal mio direttore spirituale né dal mio parroco a causa del lockdown ho cercato il cappellano dell’Ospedale per mettermi in Grazia di Dio. Ho portato con me poche cose a cui proprio non potevo rinunciare: tra queste la Bibbia, il mio rosario e alcuni libri di don Bosco che mi avrebbero fatto compagnia. Per il primo mese ho vissuto senza la presenza della mia famiglia, con Gesù nel cuore, la compagnia della Parola quotidiana offerta dalla Chiesa mia madre, il timone di Papa Francesco con la Messa del mattino, la guida dolce e forte del mio direttore spirituale nei momenti più duri; ho lavorato intensamente, studiato il COVID-19 durante il riposo, pregato il Signore perché mi desse il suo sguardo e solo il suo sguardo nel leggere gli eventi.

I giorni successivi ci hanno visti travolti dagli eventi. I malati arrivavano quasi sempre nel cuore della notte, con il buio, quando le energie sono più fragili e le forze più esauribili. Strappati dalle loro famiglie, non vi era possibilità di visite, non volti amici, non contatti diretti, non il conforto di confessione o Eucaristia in momenti che potevano essere gli ultimi della vita; solo la nostra mediazione, privata però di ogni tratto umano visibile, attraverso i dispositivi di protezione individuale, la voce artefatta, lo sguardo dietro una visiera spesso appannata. L’impiego di strumenti sanitari massimali, respiratori, cateteri venosi centrali, pompe, necessari per il recupero della salute violavano i loro corpi sofferenti. Le lacrime degli infermieri, angeli benedetti piegati dalla fatica e dall’oggettivo impatto emotivo, si aggiungevano allo sgomento dignitoso dei pazienti. A fine visita contattavamo ad uno ad uno i familiari, per dare notizie, per confortare clinicamente quando era prevedibile il recupero, per sostenere sempre umanamente: “non vi preoccupate, voi non potete essere qui, ma noi siamo vicini, non li lasciamo, siamo con loro, accanto, insieme, lottiamo con loro e ce la mettiamo tutta per rimandarli da voi”. A fine telefonata ci lasciavano grati. Alcune volte ho pianto: era fortissimo il dolore che vedevo intorno a me e disumana la condizione dei pazienti. Ho accolto e consegnato al Signore. Era quaresima. Nel messaggio di un consacrato condiviso dal mio collega e amico era racchiuso tutto.“Nella via dolorosa di Gesù al calvario che meditiamo in questo tempo di quaresima, una donna Veronica asciugò il volto insanguinato del Signore e un uomo Simone di Cirene lo aiutò a portare la croce . Oggi in questa dolorosa via crucis della nostra patria siete voi, cari medici, cari infermieri, OSS , volontari e addetti alla sanificazione a svolgere questo compito di consolare e di aiutare a portare questa pesante croce. Cristo e la sua madre addolorata ve ne sono grati e soffrono insieme a voi. Non vi sentite soli in questa vicenda misteriosa che cambierà il mondo. Quando vi sentirete scoraggiati e oppressi da questo peso, saranno loro ad asciugarvi il sudore e a riprendere la croce. Gesù Eucaristia presente nella cappella del vostro ospedale è la fonte della vostra forza e del vostro coraggio. Vi affido al cuore immacolato di Maria perché vi protegga e vi custodisca voi e i vostri cari” (1). Ancora la consolazione da parte di un uomo di Dio e la conferma del cuore che non ci serviva niente altro: solo rimanere abbracciati all’Eucaristia, saldi nel Signore, fermi nella Speranza di Lui nostra fortezza.

Una mattina in reparto ho trovato tra i ricoverati in insufficienza respiratoria, un mio amico, uomo di grande fede, già provato dalla malattia prima del COVID-19. Non avevo ancora riflettuto sulla possibilità di dover accompagnare un amico in questo percorso e temevo di perderlo. Se peggiorava ancora, nessuno lo avrebbe intubato, in considerazione delle sue condizioni di base: dovetti dirlo alla famiglia con grande dolore. Tutte le mattine si faceva strada in me il desiderio forte di portargli almeno il conforto dell’Eucaristia, ma io non sono ministro dell’Eucaristia, lui era in Insufficienza respiratoria e i cappellani non potevano entrare. Spessissimo durante la giornata pregavo così: “Signore, se vuoi entrare qui dentro, devi farcelo capire”.

“Ecco, faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia. Non ve ne accorgete?” Is 43,19

Ha cominciato a farsi strada in me il pensiero, che quello che all’inizio poteva sembrare solo un pericolo, un dolore, un’immensa fatica, era forse un privilegio assoluto agli occhi del Signore e ho sentito la leggerezza di essere grata.

Dopo un mese di lavoro, i malati aumentavano ed occorreva reclutare altri specialisti per costruire un team di lavoro multidisciplinare. Andrea, mio marito, internista, è sceso a lavorare in COVID. E’ stato per me il momento più difficile, avrei voluto proteggerlo, difenderlo, tutelarlo. “Stolta e tarda di cuore nel credere”….dopo 48 ore di lotta interiore ho accolto e consegnato. Si è allontanato anche lui dal resto della famiglia e mi ha raggiunto. E’ iniziato un periodo di lavoro faticosissimo ma sottoposto ad un ritmo coniugale sacro, calmo, stabile, dolce e sicuro, scandito dall’Eucaristia, dalla meditazione della Parola, dal Buongiorno col Vangelo, la Novena a Maria Ausiliatrice….tutto ancora più bello e forte, con la candela accesa della preghiera e della speranza. Mai stato così bello e dolce. Intanto i nostri figli, ormai giovani-adulti, tra lavoro e studio facevano da fortezza alla nonna di 94 anni, sollevandoci dalla preoccupazione per le cure ai grandi anziani di casa, portandoci cene da asporto, simbolo della cura nella fatica. La percezione era che ognuno stesse cercando di svolgere con docilità e amore il proprio compito. Eravamo grati.

Continuavo a pregare perché almeno per Pasqua i pazienti COVID che lo desideravano potessero ricevere l’Eucaristia. “Mio Signore e mio Dio” Gv 20,28 . Essere raggiunti dal Signore, dove la legge non consente neppure ai familiari di entrare, sarebbe stata la consolazione più grande, avrebbe dato al loro cuore la certezza di essere amati dal Signore senza misura, sarebbe stata Pasqua per primi per loro. Il sabato Santo sono stata contattata da una collega Anestesista, Ministro Straordinario dell’Eucarestia. Ci siamo organizzate rapidamente e con l’aiuto dei cappellani dell’Ospedale e del mio amico e collega che era di turno, nel giorno di Pasqua il Signore ha raggiunto i malati in reparto COVID. E’ stata una consolazione grande, una carezza e una gioia immensa, manifestata con gratitudine dai paziente stessi. Ed è un fatto che quando il Signore vuole una cosa, quella cosa si compie, attraverso mani e volti che “ragionano come Giovanni, con l’intelligenza del cuore” (2) Il mio amico e collega ha scritto il giorno di Pasqua: “Oggi in corsia abbiamo avuto la possibilità di “prescrivere” Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo , unica speranza e salvezza dei nostri cuori, della nostra anima e di ogni malattia. Grazie a voi, con stima e riconoscenza”. Un altro amico e collega Rianimatore si era affiancato al percorso, eravamo in quattro. Alcuni giorni dopo il nostro Pastore, Arcivescovo Augusto Paolo Lojudice, ci incontrava, conferendoci in un clima di familiarità e preghiera, il mandato “ad Actum” di Ministri Straordinari dell’Eucaristia, perché in questa pandemia, non abbia mai a mancare ai più fragili il vero Pane di vita.

Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime” 1 Pt . Il nostro cuore finalmente riposava e non era più una intuizione, ma una certezza dell’anima, che la presenza in reparto COVID è un privilegio.

Non è qui. E’ risorto”Mt 28,6

Col passare dei giorni la tensione si è allentata, l’organizzazione è diventata sempre più solida, le condizioni di molti malati si sono stabilizzate, abbiamo potuto rimandare alle loro famiglie molti pazienti. Il momento della dimissione è stato spesso un atto di amore reciproco bagnato dalle lacrime della gioia e della gratitudine. Non abbiamo mai potuto abbracciarci ma avevamo raggiunto l’unità dei cuori.

Anche il mio amico, che avevo temuto di perdere, è stato dimesso da Andrea in tempo di Pasqua. Molta Chiesa di Siena aveva pregato per lui. Questo un suo pensiero: “Il diluvio di preghiera che si è rovesciato su di me , mi ha tratto fuori dalla secca del torrente e spinto verso la foce della salvezza. Il vento dello Spirito mescolato alle vostre preghiere mi ha allontanato dal centro della bonaccia. L’amore che reggeva il timone mi ha condotto al porto della mia sicurezza. La comunione dei Santi ha innalzato con voi un coro alla potenza, misericordia, bontà di Dio per me che sono un povero peccatore. Ma chi capirà mai quanto la misericordia di Dio supera i nostri pensieri?”. Il Signore gli si è fatto compagno di viaggio e non lo ha mai lasciato solo.

“Vicino o lontano io penso sempre a voi” Don Bosco 10 maggio 1884

In questo tempo ho vissuto in un mondo parallelo, ma “vicino o lontano ho pensato sempre a voi miei cari giovani” anche se solo raramente e quasi mai in tempo reale ho potuto comunicarvelo. Non vi ho pensato per le attività che non potevamo fare, per la porta temporaneamente chiusa dell’oratorio o per le tante occasioni di vita pastorale che apparentemente stavamo perdendo. In questo paradossalmente sentivo di poter riposare: lo Spirito stava suscitando una fioritura di iniziative di preghiera ed eventi pastorali inimmaginabili, bellissimi con una creatività che solo l’amore sa generare. La vostra energia e il vostro cuore sono stati esplosivi anche in tempo di pandemia così come la vostra docilità agli eventi è stata rassicurante. Questi tempi, sono una prova durissima ed estrema per l’umanità e per il mondo, per le famiglie e per ognuno di noi seppur in misura diversa, ma non sono tempi di morte spirituale. Mano a mano che vedevo fiorire in COVID cose nuove, intuivo che lo stesso stava accadendo all’aria aperta, sotto la guida del Signore; bastava desiderarlo, cercarlo, volerlo e chiedere occhi in grado di vedere le novità che lo Spirito ci stava preparando.

Vi ho pensato invece, con maternità spirituale, sui “fondamentali della vita” chiedendomi se vi avevamo passato le coordinate con fedeltà o vi avevamo tradito, edulcorando il messaggio. Mi sono chiesta se ci siamo fatti le domande giuste e se abbiamo preparato bene il bagaglio a mano per il viaggio, mettendo dentro tutto ciò che ci serve per curare le ferite e affrontare un percorso di perdite che, prima o poi nella vita ci raggiunge e non ci permette la fuga. Mi sono chiesta se abbiamo chiaro in pratica, qual è la nostra destinazione. L’impatto durissimo della pandemia, ci viene in aiuto per prendere coscienza di tutto questo e proprio su questo don Bosco non si lascia vincere in chiarezza e non lascia spazio al “rispetto umano”. Vorrei che insieme cercassimo il senso profondo di quello che stiamo vivendo e che con il Signore per compagno di viaggio si aprissero i nostri occhi e ricolmi di gioia tutta salesiana, facessimo ritorno verso Gerusalemme con Gesù nel cuore.

Quest’anno credo che non sarà possibile fare il campo in montagna a Les Combes, in Valle d’Aosta, come avevamo programmato, ma ugualmente sogno un campo in cui possiamo cantare insieme la bellezza della vita e del Paradiso.

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MGS Sicilia, incontro di preghiera e condivisione per la festa di San Domenico Savio

Pubblichiamo l’articolo che riporta l’incontro avvenuto tra l’MGS della zona Iblea e il delegato di PG don Domenico Luvarà sulla figura di don Domenico Savio.

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In occasione della memoria liturgica di San Domenico Savio che ricorre il 6 maggio, il MGS della zona Iblea, comprendente le case salesiane di Ragusa, Modica e Pozzallo, ha organizzato un breve incontro di preghiera e condivisione in videoconferenza (tramite Hangouts Meet). Ospite d’eccezione è stato don Domenico Luvarà, delegato della Pastorale Giovanile dell’Ispettoria Salesiana Sicula.

Don Domenico ha definito questo giovane santo come un “gigante dello spirito”, emblema di una santità docile e disponibile, elencando tre delle caratteristiche principali relative alla sua vita: è stato un portatore sano di gioia, ha vissuto un’esistenza in grazia di Dio ed ha incarnato un modello di ragazzo in gamba. In fondo Domenico Savio è stato un leader positivo, si è messo in discussione, ha agito nell’interesse di chi aveva accanto, fondando, ad esempio, la “Compagnia dell’Immacolata”.

Tanti gli spunti di riflessione durante l’incontro, tanti gli input multimediali e musicali e gli esempi da seguire per una vita di santità e pienezza, perché tutti siamo chiamati ad essere santi lì dove siamo, a rispondere a un progetto di santità che ci tocca da vicino, così come fu per Domenico.

Ritrovarsi anche solo virtualmente è stata un’opportunità e un dono per i tanti giovani che dopo diverso tempo hanno avuto modo di riscoprire e riassaporare la bellezza e la grandezza di un ragazzo giovanissimo, testimone di una fede allegra e autentica e di una santità intrisa di preghiera, purezza e semplicità.

Alfio Pappalardo
Salesiano di don Bosco

Giovani dell’istituto Gerini di Roma coinvolti nella lotta al Covid-19

Pubblichiamo l’articolo uscito su Dazebao News che racconta l’esperienza degli studenti dell’istituto “Gerini” di Roma coinvolti nella lotta al Covid-19.

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Nessuno poteva immaginare che un gruppo di giovani del Centro di Formazione Professionale salesiano dell’Istituto Gerini di Roma si trovasse coinvolto in modo diretto nella lotta al Covid 19.

La riapertura delle aziende italiane dal 4 maggio, al termine del lockdown, ha infatti permesso ai giovani del IV anno duale del settore elettronico di continuare l’attività di stage in aziende ove l’evoluzione tecnologica rappresenta il core business e, in questo particolare momento, l’attenzione è stata rivolta a trovare soluzioni per arginare l’emergenza sanitaria mondiale.

I giovani si attengono ovviamente ai protocolli di sicurezza prescritti dalle autorità sanitarie nazionali e a quelle adottate dalle aziende partner del Cfp (centro di formazione professionale ndr).

Alcuni titolari di azienda, per la particolare stima nei confronti dell’Istituto, per la sensibilità educativa e per preservare i giovani da eventuali contagi durante il viaggio sui mezzi pubblici hanno provveduto a prelevarli al mattino e a riportarli in famiglia a fine giornata con gli stessi dipendenti dell’azienda.

I positivi feedback dei giovani, delle loro famiglie e delle aziende ospitanti sono fonte di grande soddisfazione per i formatori e confermano anche il valore delle scelte basate sulle tecnologie digitali, principalmente su strumenti hardware e software con cui sono stati coinvolti gli allievi. In questo modo essi valorizzano esperienze e progettualità che conducono all’elaborazione di un prodotto finale, che non ha carattere puramente astratto, ma che è parte della vita quotidiana.

Tale didattica innovativa non è più esclusiva o di nicchia e per pochi, ma entra ormai in molteplici ambiti disciplinari, e in particolare nella robotica, le cui applicazioni spaziano dalla meccanica alla logistica, dalla domotica alla sicurezza, dal settore chirurgico e sanitario in genere fino a quello spaziale, etc.

È sempre più importante ed urgente che le nuove generazioni studino queste modalità e che seguano le nuove avanguardie tecnologiche. L’utilizzo delle tecnologie digitali serve certamente alla cultura ed è fonte di progresso perché risponde a tante esigenze della vita nei più svariati settori, ma non va disgiunto da tanti altri nuclei del sapere e da metodiche tradizionali dell’insegnamento.

Tra gli allievi del IV anno una decina sono tornati presso le aziende che operano nel settore elettronico e contribuiscono fattivamente all’assemblaggio e collaudo di apparecchiature per la prevenzione, la diagnostica e il monitoraggio per il contenimento e il contrasto al diffondersi del Coronavirus; altri sono impegnati per il montaggio di ventilatori polmonari indispensabili per tenere in vita le persone contagiate con condizioni respiratorie critiche ed altri ancora nel collaborare nel settore di speciali sensori posti sugli indumenti del personale sanitario in modo da segnalare tramite allarme o messaggio la durata della loro presenza accanto a persone in situazione di particolari gravità di rischio, sia all’interessato come ai diretti superiori.

Sia le aziende sopra citate che tante altre chiedono con insistenza ai giovani e ai loro formatori di incrementare fortemente le competenze tecniche sempre più innovative perché facilitano l’inserimento immediato nel mondo del lavoro, che è sempre più qualificato ed esigente. Il crescente sviluppo del digitale è diventato ormai abituale e fondamentale strumento di supporto per le aziende ed è una delle caratteristiche a cui tendono i Cfp salesiani, insieme ad una formazione integrale da un punto di vista umano e cristiano dei loro allievi.

L’esperienza accennata ricorda la figura di Don Bosco, grande educatore di giovani, e la risposta che seppe dare alla città di Torino quando nel 1854 fu colpita dal colera.

Don Bosco credeva profondamente nel protagonismo dei giovani e affidava loro responsabilità anche al di sopra delle loro forze; non badava a spese per la loro formazione e ricercava per essi le tecnologie più avanzate del tempo; li accompagnava personalmente nelle prime esperienze lavorative e curava il loro inserimento nel mondo del lavoro anche da un punto di vista contrattuale; voleva che fossero esemplari da un punto di vista umano, cristiano e professionale per poter dare un contributo per il bene della società civile. Nel 1854, quando il colera devastava la città di Torino, non esitò a mandare un gruppo dei suoi giovani più responsabili a soccorrere e alleviare le sofferenze di tanti malati ed abbandonati a sé stessi; chiese loro di rispettare le precauzioni sanitarie del tempo, di vivere in grazia di Dio e di avere una grande fede nella Madonna. Nessuno dei giovani si ammalò. Il loro coraggio e generosità suscitò la stima della gente e delle autorità del tempo che ringraziarono pubblicamente Don Bosco e i suoi ragazzi per la preziosa collaborazione offerta alla città. Oggi i “nuovi ragazzi di Don Bosco” collaborano fattivamente anche nell’offrire un prezioso contributo tecnico e scientifico per il bene dell’intera società.

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