CNOS-FAP, seminario sullo sviluppo della filiera professionale al Senato, il ministro Valditara: : “La formazione professionale è centrale per il futuro dell’Italia”

Il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara è intervenuto al Convegno “Lo sviluppo della Filiera professionale e il modello 4+2”, organizzato il 14 novembre 2024 presso il Senato della Repubblica, dalla Fondazione CNOS-FAP ETS Impresa Sociale e la società di consulenza PTS, delineando la sua visione per il futuro dell’istruzione tecnica e professionale in Italia.
“Dobbiamo partire dalla considerazione della centralità della persona, della bellezza delle differenze, della necessità di dare ad ogni giovane un’opportunità”, ha esordito il Ministro, sottolineando come la Costituzione attribuisca pari dignità ad ogni persona e come la psicologia abbia definitivamente chiarito la pluralità delle intelligenze.

Nel suo intervento, il Ministro ha posto l’accento sulla necessità di superare la concezione dell’istruzione tecnico-professionale come percorso di “serie B”, sottolineando come questa  visione sia ormai anacronistica e dannosa per il Paese. “Dobbiamo avere il coraggio di rompere con una mentalità radicata in certi ambienti della nostra società”, ha affermato Valditara, “per cui l’impresa è vista come qualcosa di distante o di oppositivo nei confronti del mondo della cultura e quindi della scuola”. “Quando io vado nelle scuole tecnico professionali”, ha raccontato il Ministro, “ho trovato delle eccellenze, ho trovato l’utilizzo della intelligenza artificiale, della robotica, dei macchinari a controllo numerico, ho trovato un’istruzione, una formazione di grande qualità, anche di grande complessità”.

In particolare, Valditara ha evidenziato come questa concezione dell’istruzione tecnicoprofessionale sia solo tipicamente italiana, è come ad esempio in Svizzera il 69% delle famiglie scelga l’istruzione tecnico-professionale per i propri figli, senza percepirla come una scelta di minor valore. Il Ministro ha evidenziato un dato allarmante: secondo le previsioni di Unioncamere, nel 2027 il 47% delle domande di lavoro rimarrà insoddisfatto per mancanza di competenze adeguate, con un potenziale danno al PIL italiano stimato in 35 miliardi di euro. Per contrastare questo scenario, la riforma del “4+2” si propone come soluzione strategica, puntando su una didattica innovativa e un rapporto più stretto con il mondo dell’impresa. “La scuola ha due grandi finalità”, ha specificato Valditara, “insegnare la libertà con la cultura e quindi essere cittadini maturi, liberi, veramente autonomi rispetto a qualsiasi condizionamento e dall’altra parte anche la cultura del lavoro, cioè la scuola deve anche servire a creare quelle premesse perché un giovane possa realizzare i suoi talenti concretamente nel mondo lavorativo.”

Un elemento chiave della riforma è il modello del Campus, che rappresenta una visione innovativa di cooperazione tra diversi attori del sistema formativo. “Il Campus è destinato a raccogliere le varie esperienze, le varie competenze”, ha spiegato il Ministro, “a mettere insieme la formazione professionale regionale, l’istruzione tecnico professionale statale, e perché no anche il sistema dei licei, gli ITS, l’università e il mondo delle imprese”. La riforma, che per la prima volta integra pienamente la formazione professionale nel sistema educativo repubblicano, permette l’accesso diretto alla maturità e quindi all’università, nonché al sistema degli ITS. Il Ministro ha evidenziato con soddisfazione la crescita delle iscrizioni agli ITS, pur sottolineando che “siamo ancora dei nani rispetto al modello tedesco con 900 mila iscritti”.

Un aspetto significativo della riforma riguarda il rafforzamento delle competenze di base: italiano, matematica e inglese saranno potenziati per garantire una solida formazione culturale. Inoltre, è prevista la possibilità per imprenditori, tecnici e manager di insegnare al pari dei docenti tradizionali, in particolare nelle materie specialistiche. Il Convegno, che ha visto la partecipazione di autorevoli rappresentanti delle istituzioni, del mondo della formazione e del settore produttivo, ha permesso di portare una pluralità di voci e di creare un importante momento di confronto sulle nuove direzioni dell’istruzione tecnica e professionale in Italia, confermando la centralità di questi percorsi formativi per lo sviluppo economico e sociale del Paese.

Novena a Maria Immacolata, Madre della Speranza

Dall’introduzione alla Novena a Maria Immacolata preparata dagli studenti di Teologia della casa salesiana della Bufalotta a Roma. La Novena, il cui libretto – guida è scaricabile in fondo all’articolo, si prega dal 29 novembre al 7 dicembre, con una meditazione al giorno.

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Don Bosco quando era richiesto di qualche grazia rispondeva: “Se volete ottenere grazie dalla S. Vergine fate una novena” (MB IX, 289). Le disposizioni d’animo necessarie sono le seguenti:

  1. Non avere nessuna speranza nelle capacità degli uomini: fede in Dio! La domanda si appoggi totalmente a Gesù e a Maria.
  2. In ogni caso porre la condizione del “Sia fatta la Tua volontà, non la mia”, e se è bene per l’anima di colui per cui prega.
  3. Accostarsi ai Sacramenti della Riconciliazione e all’Eucaristia.
  4. Ravvivare la fede in Gesù Eucaristia e la devozione a Maria.
  5. Fare un’offerta (del proprio tempo, del proprio lavoro…) per il bene degli altri, specialmente per i giovani più bisognosi.

Ti suggeriamo di trovare un momento della giornata in cui meditare il brano proposto (quest’anno ci lasciamo provocare dall’amicizia dei Santi con Maria Immacolata). In seguito, presenta a Dio un motivo di supplica che ti sta a cuore, se vuoi attraverso le preghiere che ti suggeriamo.

Scarica la Novena 2024

Italia Meridionale, a Formosa in Argentina riapre il museo salesiano “Padre Carmelo Sciullo”

Dal sito dell’Ispettoria Meridionale.

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La città di Formosa, nell’Argentina settentrionale, celebra con orgoglio la riapertura del Museo Salesiano “Padre Carmelo Sciullo”, uno spazio rinnovato dedicato a preservare la ricca storia della presenza salesiana in città. Questo museo, simbolo del lavoro congiunto tra i missionari salesiani e la comunità locale, riapre le sue porte come testimonianza dell’impegno e dell’eredità di coloro che hanno dedicato la propria vita al servizio della popolazione di Formosa, tra i quali il sacerdote salesiano don Carmelo Sciullo (1915-2018).

La cerimonia di riapertura ha avuto luogo lo scorso 22 ottobre ed è stata presieduta da don Carlos Bosio (SdB), Direttore della casa salesiana di Formosa, dal parroco Guillermo Estavilla (SdB), da Néstor Rastelli, pronipote di don Carmelo, dal coordinatore del museo sig. Rafael Nuñez Ibarrola e dal gruppo di lavoro e dai membri delle diverse aree pastorali della Parrocchia.
La comunità locale scelse il nome del museo, 19 anni fa, in omaggio proprio a don Carmelo Sciullo, arrivato a Formosa nel 1976, dove lavorò instancabilmente fino al 1991, essendo stato un grande difensore dei diritti delle popolazioni indigene della regione. Il suo lavoro pastorale nella capitale e nell’entroterra ha lasciato un segno indelebile, l’amore per i poveri e per gli esclusi è sempre stato la sua priorità, amando con la parola del Santo Vangelo in mano e aiutando con la carità cristiana chi aveva meno.

Don Sciullo, nativo di Capracotta (Isernia), entrò a far parte della Congregazione Salesiana con la Professione temporanea (1933 e 1936) e perpetua (1937). Dopo il tirocinio svolto tra Roma e Portici frequentò gli studi teologici a Torino, dove nel 1942 fu ordinato sacerdote. Fu Direttore delle case salesiane di Portici (1944-1947) e di Andria (1947-1953). Dal 1953 al 1959 esercitò poi a Vietri due mandati come Incaricato dell’Oratorio. Per l’azione di salvataggio ed assistenza alla popolazione Vitrese, durante i giorni dell’alluvione dell’ottobre 1954, gli fu conferita dal Presidente della Repubblica la medaglia d’argento al valore civile. Prestò poi la sua opera di Direttore, unita ad altri incarichi in Puglia (Manduria, Cerignola, Taranto, Bari e Lecce) ed a Piedimonte Matese. Sessantenne, coronò il sogno di svolgere la sua attività pastorale da missionario, trasferendosi nel nord dell’Argentina (Formosa). Nel 1990 fece rientro in Italia operando pastoralmente a Andria e Caserta fino al 2015. Infine, fu trasferito nella comunità salesiana di Salerno ove, compatibilmente con l’età e con la salute, ha collaborato come confessore soprattutto del clero diocesano.

L’Argentina è stata però per don Carmelo la sua sfida missionaria e, allo stesso tempo, di passione evangelica. Da subito se ne affeziona al punto tale da considerarla sua seconda patria. Lavora con i settori emarginati, nella cura delle famiglie più bisognose, soprattutto negli aspetti spirituali, ma anche per quanto riguarda i servizi sanitari e sociali. Insieme alle suore della Congregazione religiosa delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ha creato un centro di formazione lavoro, il cui obiettivo è quello di sviluppare le varie forme in artigianato (fabbro, carpenteria, confezione dei vestiti, lavorazione dei tessuti), uomini e donne che dopo il periodo di formazione professionale sono riusciti ad inserirsi nel mondo lavorativo.
«Essere riconoscenti a chi ci ha preceduto per non dimenticare le nostre radici», sottolineò padre Francesco Tiberi (SDB) nel 2005, avviando insieme a due giovani il progetto del museo di Formosa intitolato a don Sciullo. Il museo si trova nella sede della parrocchia di María Auxiliadora, un edificio storico del 1957 che nei suoi primi anni ospitò i primi salesiani a Formosa. Questo spazio ospita un prezioso patrimonio che fa parte dell’opera di Don Bosco in città, tra cui spiccano le reliquie di Domenico Savio, Zeffirino Namuncurá e Maria Domenica Mazzarello, oltre al certificato guinness per la Via Crucis più lunga del mondo, effettuata a Formosa, ad oggetti e costumi degli uomini che hanno lavorato instancabilmente coi primi salesiani arrivati in queste terre il 18 febbraio 1949.
Ogni angolo e pezzo del Museo salesiano “Padre Carmelo Sciullo” racconta una storia e onora l’impegno, la dedizione e l’eredità dei salesiani di Formosa, presenza che quest’anno ha celebrato il 75° anniversario. La riapertura invita l’intera comunità a riscoprire la propria storia e a conoscere meglio coloro che sono stati pilastri del servizio e dell’educazione nella regione.

Fonte: www.letteraturacapracottese.com

Ancorati alla Speranza: il poster della Strenna per il 2025

(ANS – Roma) – Quale rappresentazione visiva e immediata del più articolato messaggio della Strenna, viene rilasciato oggi il poster che sintetizza e riassume in pochi e colorati tratti gli spunti che accompagneranno la Famiglia Salesiana per tutto il 2025, anno giubilare. Con una ricca tavolozza di colori, tratti ben definiti ed evidenti richiami ecclesiali e salesiani, il poster manifesta graficamente il tema di questa speciale Strenna, ideata nei suoi tratti essenziali dal Card. Ángel Fernández Artime insieme a don Stefano Martoglio, e che verrà pienamente sviluppata e infine consegnata da quest’ultimo a fine anno, sul tema: “Ancorati alla speranza, pellegrini con i giovani”.

Arrivata insieme a diverse altre proposte giunte da tutto il mondo, l’opera grafica è stata selezionata da parte di don Martoglio insieme ai suoi collaboratori, successivamente è stata perfezionata e arricchita con alcuni elementi e dettagli da essi suggeriti, che hanno poi portato al risultato finale.

L’autore del poster è il disegnatore portoghese Nuno Quaresma, membro dell’Ufficio di Comunicazione Sociale dell’Ispettoria “Sant’Antonio” del Portogallo, che così descrive la sua nuova proposta:

L’obiettivo di questa proposta grafica è quello di raccontare la storia ricca e dinamica della Famiglia Salesiana, dagli inizi ai giorni nostri. Essa riassume questo percorso in un’unica immagine, catturando un fenomeno singolare e speciale. La scena si svolge tra i verdi campi del Colle Don Bosco e Valdocco, punti di partenza di un viaggio che si estende nel tempo e nello spazio in tutto il mondo, da Torino a Buenos Aires.

Raffigura la Famiglia Salesiana che avanza, con la protezione di Maria Ausiliatrice, Madre e Maestra. In fondo alla composizione, ci sono le Alpi, che rappresentano il fondamento e la fonte da cui scaturiscono il carisma e l’azione di Don Bosco.

Don Bosco, con la sua amorevole cura, accoglie e indica tutti i suoi giovani e indica loro la strada. Quando gli si chiede: ‘Dove andiamo, Don Bosco?’, egli sorride e risponde: ‘In Paradiso’. Accanto a lui, unite nella stessa dedizione, gioia e amore per i giovani, ci sono sua madre, Mamma Margherita, e Madre Maria Domenica Mazzarello. Ricordano a tutti i momenti fondanti di questo viaggio miracoloso. La speranza le rende credenti nel futuro, poiché il luogo in cui sperimentano più intensamente la speranza è la trascendenza.

Al centro di ogni azione c’è Gesù, il Buon Pastore, la fonte e l’ancora di ogni fede e fiducia. Nella sua infinita Luce e nel suo Amore, accoglie Don Bosco e tutti i pellegrini, guidandoli e conducendo lo sguardo degli spettatori verso il cammino della piena realizzazione.

Ogni giovane porta con sé i segni e i simboli di coloro che progettano e costruiscono la pace nel mondo, così come gli artigiani e gli artisti della bellezza e dell’entusiasmo, alla ricerca del bene, soprattutto a favore dei più poveri e vulnerabili. I giovani più grandi camminano davanti, mentre i più piccoli seguono dietro. Si tratta di una disposizione simbolica, che evoca la trasformazione che avviene attraverso l’accoglienza, l’accompagnamento e l’educazione nelle comunità salesiane.

Nell’amore di Cristo e in questo ambiente oratoriano, la paura e la vulnerabilità si trasformano in coraggio e speranza. Ancorati alla speranza, costruiscono ponti e portano musica, sogni e gioia. Nei loro cuori, custodiscono i semi più fecondi e gli strumenti necessari per realizzare i loro sogni e i loro obiettivi”.

Completano il poster gli elementi testuali del motto della Strenna 2025 e, in alto a destra, una rivisitazione in chiave salesiana del logo del giubileo 2025.

 

Animazione Missionaria, équipe riunita a Roma per progettare il 150° della prima spedizione missionaria salesiana

Nel weekend del 9-10 novembre si è riunita nel nostro Centro Nazionale “Salesiani Don Bosco Italia”, l’ENAM (Equipe Nazionale di Animazione Missionaria). È un’equipe formata dagli incaricati sdb e fma di AM più due giovani per ogni territorio MGS d’Italia. L’Equipe si è costituita ufficialmente un anno fa a Genova e nasce con l’obiettivo di crescere nel coordinamento e nella sinergia dell’Animazione Missionaria in Italia mediante la corresponsabilità di salesiani, figlie di Maria Ausiliatrice e giovani. Nello specifico questo weekend l’equipe si è riunita per progettare una festa giovani nazionale che si terrà tra un anno a Torino Valdocco in occasione dei festeggiamenti per il 150° della prima spedizione missionaria salesiana. L’equipe ha ricevuto il sostegno e il saluto di Don Elio Cesari, direttore del centro nazionale dei salesiani, e di Suor Mara Tagliaferri, presidente CIOFS. L’incontro è stato caratterizzato da un bel clima di famiglia e da un intenso ritmo di lavoro.

Don Luigi Melesi iscritto al Famedio del Cimitero Monumentale di Milano

Dal sito dell’Ispettoria Lombardo Emiliana.

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Sabato 2 novembre don Luigi Melesi, sacerdote salesiano, è stato iscritto al Famedio del Cimitero Monumentale della città di Milano, tra le tante personalità illustri che hanno dedicato la propria vita per la città.

Alla cerimonia, tenutasi nella giornata della memoria dei defunti, hanno preso parte il Sindaco di Milano Giuseppe Sala, la presidente del Consiglio comunale Elena Buscemi e l’assessora ai Servizi civici Gaia Romani.

Tra i presenti inoltre l’ispettore don Roberto Dal Molin, il direttore dell’istituto Salesiano S. Ambrogio don Sandro Ticozzi, il vescovo salesiano don Gaetano Galbusera, numerosi confratelli salesiani ed ex allievi e a molti valsassinesi accompagnati dal sindaco di Cortenova, città natale del sacerdote.

Pubblichiamo di seguito il ricordo che la Chiesa di Milano ha pubblicato in sua memoria in occasione dell’iscrizione al Famedio.

Il sacerdote dal 1978 al 2008 impegnò gran parte delle sue energie al servizio dei detenuti del carcere di San Vittore. La sua trentennale esperienza di cappellano è contenuta anche nel suo libro, Prete da galera (edizione San Paolo).

Chi in quegli anni lo ha conosciuto molto da vicino è Luigi Pagano, l’ex direttore di San Vittore. Ne dipinge un ritratto nostalgico: «È stata una persona capace di dialogare con tutti. Un prete nel vero senso della parola. Don Luigi si muoveva da cappellano, ma sapeva prevenire quelle dinamiche che, amplificate dal nostro contesto, potevano ogni volta trasformarsi in tragedie. A San vittore ha saputo lavorare con tutti e affrontare i problemi».

Pagano è convinto che sia impossibile replicare una figura come Melesi. Ha vissuto in un momento storico che ne aveva esaltato le sue caratteristiche, ma ha saputo affrontare dinamiche e vicende che hanno scosso Milano e l’Italia, come il periodo della lotta armata e l’inchiesta Mani pulite sul fenomeno delle tangenti.

Attesi dal suo amore: spiritualità apostolica – la definitiva scelta vocazionale di Don Bosco per i giovani

 

Spiritualità apostolica – la definitiva scelta di Don Bosco per i giovani 

La motivazione vocazionale è dettata dall’amore per i giovani: se don Bosco non si occuperà di quei poveri fanciulli nessun altro lo farà al suo posto. Questo dice l’unicità e l’insostituibilità di una chiamata che viene da Dio. Essa ha bisogno di essere onorata in prima persona singolare e in prima persona plurale, perché ogni autentica vocazione diverrà sempre e comunque una convocazione per molti. 

Approfondimento sito MGS

Verso il Giubileo della Speranza

Dalla newsletter di Note di Pastorale Giovanile, l’editoriale di don Rossano Sala.

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I tempi sono maturi

Il 26 novembre 2023, nel messaggio per la 38a Giornata Mondiale della Gioventù papa Francesco concludeva il suo testo con queste parole: «Invito tutti voi, specialmente quanti sono coinvolti nella pastorale giovanile, a riprendere in mano il Documento Finale del 2018 e l’Esortazione apostolica Christus vivit. I tempi sono maturi per fare insieme il punto della situazione e adoperarci con speranza per la piena attuazione di quel Sinodo indimenticabile».
Tale riferimento diventerà per noi il filo rosso degli editoriali di NPG per il 2025, che si prefiggono di prendere sul serio questo invito del Santo Padre, riconoscendo che davvero adesso “i tempi sono maturi”. Perché l’interesse di non dimenticare quel felice e fecondo momento ecclesiale è più che strategico per noi che viviamo di pastorale giovanile. Anzi, sembra che dalle parole del successore di Pietro emerga il desiderio di recepire in pienezza un percorso che per tanti motivi non è stato ancora del tutto preso in carico da chi lo doveva fare. Vi è quindi la necessità di sviluppare le tante potenzialità ancora inespresse da quel Sinodo.
Vale la pena però, prima di rilanciare il metodo, lo stile e i contenuti del cammino sinodale che abbiamo vissuto con e per i giovani dall’ottobre 2016 al marzo del 2019, provare a vedere che cos’è successo alla pastorale giovanile in questi ultimi cinque anni, quelli che vanno dall’inizio del 2020 al termine del 2024, così da renderci conto perché è così importante ripartire con coraggio dall’evento sinodale dedicato ai giovani.

Un quinquennio molto turbolento

A tutti di certo sarà capitato di viaggiare in aereo ad alta quota e sentire la voce del pilota che invitava ad allacciare le cinture in quanto si stava entrando in una fase di “turbolenza”. Eravamo tranquilli, ci stavamo muovendo all’interno dell’aereo, stavamo facendo ciò che meglio pensavamo e abbiamo dovuto riprendere il nostro posto, allacciare le cinture, chiudere il tavolino e metterci in posizione di sicurezza per superare alcuni momenti di agitazione innaturale del velivolo.
Mi sembra una buona immagine per identificare il tempo immediatamente successivo alla conclusione del percorso sinodale con i giovani. Stavamo prendendo le misure e la rincorsa, cercando di comprendere che cosa il Signore avesse voluto dirci con tutto quel movimento innescato nella Chiesa intorno al mondo giovanile, e subito, a nemmeno un anno dalla pubblicazione dell’esortazione apostolica Christus vivit, è arrivata la pandemia in modo tanto inatteso quanto dirompente.
È stata a dire il vero molto più che una turbolenza, perché siamo letteralmente finiti nell’occhio di un ciclone per diversi anni. La pastorale in generale e quella dei giovani in particolare si sono fermate per molti mesi. Tutti ricordano, anche se oramai con una certa distanza e anche distacco, che cosa è successo a noi personalmente, al mondo nel suo insieme e alla vita ordinaria della Chiesa. Siamo entrati in un loop che ci ha in un certo senso risucchiati, paralizzati e frastornati. Da cui per certi aspetti non siamo usciti ancora del tutto.

Una recezione tutt’altro che semplice

Effettivamente a partire dal gennaio 2020 avevamo immaginato un movimento entusiasmante di ricezione, rilancio e potenziamento della pastorale giovanile, spinti dal vento in poppa di un cammino sinodale che aveva dato fiato alle fatiche dei primi anni del terzo millennio, ma che ci sembrava di avere superato.
Avevamo tutta la Chiesa con noi a sostenerci e accompagnarci. Un sinodo dedicato ai giovani è stato un unicum nella storia postconciliare, e non solo in quella storia. Avevamo documenti di qualità con indicazioni rilevanti e perfino profetiche: l’Instrumentum laboris, che faceva il punto della condizione giovanile e della pastorale giovanile, dandoci in mano un quadro di riferimento su scala mondiale che certamente andava poi contestualizzato in ogni territorio, ma che era una bussola assai precisa; avevamo il Documento finale, frutto dell’assemblea sinodale dell’ottobre 2018, ricco della freschezza e della passione di un momento di dialogo e confronto davvero ricco di proposte e stimolante da molti punti di vista; avevamo soprattutto la parola autorevole e propositiva di papa Francesco che aveva ripreso tutto il cammino fatto con l’esortazione apostolica postsinodale Christus vivit, rilanciandolo con originalità, audacia e profondità.
La pandemia ha bloccato praticamente questo cammino, dirottando tutte le nostre energie altrove. Prima di tutto sulla sopravvivenza, e poi nel cercare di immaginare come continuare a fare pastorale giovanile in un contesto così diverso da quello che avevamo fino ad allora vissuto. E la recezione del Sinodo sui giovani è stata messa sullo sfondo, almeno per quegli anni.

Vari tentativi di ripartenza

Il tempo post pandemico è stato vissuto portandosi dietro le ferite accumulate dal tempo della pandemia. Ferite nel corpo fisico e in quello sociale. Ferite affettive e relazionali. Ferite ecclesiali. Tutte cose che non si rimarginano presto e che lasciano il segno a lungo. Soprattutto il bagno di realtà sulla nostra fragilità ha colpito duro. Siamo vulnerabili, non siamo onnipotenti. Non dominiamo davvero il mondo. È bastato poco per metterci in ginocchio, per riscoprirci friabili e debilitati da molti punti di vista, incapaci di risollevarci. È stato un tempo di umiliazione, che purtroppo non sempre ci ha portato a ridiventare umili.
Anche la Chiesa ha preso coscienza della sua debolezza e vulnerabilità. La mancanza della celebrazione in presenza, perno dell’appartenenza e della partecipazione alla vita in Cristo, ha generato i suoi frutti amari: alcuni tentativi di scimmiottare banalmente ciò che non si poteva più vivere realmente ci hanno fatto vergognare, la lontananza dal contatto fisico ha reso il corpo ecclesiale disunito, nervoso e anche lacerato, la mancanza di una pastorale fatta di incontri in carne e ossa ha lasciato strascichi non indifferenti. Il primo è stato quello dell’ampia disaffezione della pratica liturgica seguita alla pandemia, ma il più importante è stato quello della presunta inessenzialità della Chiesa: si poteva vivere senza di essa, questo per molti è stato il punto. Si poteva vivere comunque, anche senza vivere con la Chiesa e nella Chiesa.
La ripartenza è stata dunque difficile. Non è ancora del tutto conclusa. Facciamo ancora fatica a mandare giù quello che abbiamo vissuto. Anche se alcuni segnali luminosi sono arrivati. Per esempio la Giornata Mondiale della Gioventù: al di là di molte aspettative non entusiasmanti da parte di vari attori ecclesiali e civili, è stato un momento in cui la Chiesa ha ripreso coscienza a livello universale che si può andare avanti con speranza, e che i giovani ci sono e ci stanno, che partecipano e appartengono. Che desiderano fare corpo, fare squadra, ed esserci come protagonisti del rinnovamento nella vita della Chiesa.

Siamo arrivati allo snodo del 2025

Ora, dopo questo quinquennio per lo meno “interessante” che ci ha messo alla prova e ci ha riservato molte sorprese, non ultime alcune guerre fino ad alcuni anni fa impensabili che non vedono per ora delle vie di uscita praticabili, siamo davanti al Giubileo della speranza. Si tratta di uno svincolo importante non solo rispetto agli ultimi cinque anni, ma anche rispetto ai 25 anni di inizio di questo agitato Terzo millennio dell’era cristiana.
Il Giubileo ha sempre significato, sia nella storia del popolo d’Israele che nella vita della Chiesa, un’opportunità di cambiare passo, di ripartire in modo nuovo. Un evento di grazia particolarmente abbondante che capovolge le nostre aspettative e offre nuova luce alle nostre prospettive. Un tempo di riconciliazione e di ripartenza, di rinnovato incontro con Dio e solidarietà tra gli uomini.
La stessa venuta del Signore Gesù e l’inizio della sua missione stanno non per nulla sotto il segno e nella luce del Giubileo, perché egli interpreta giustamente la sua presenza nella logica della proclamazione dell’anno di grazia del Signore:

Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore.
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (Lc 4,16-21).

Il Giubileo è una rinnovata occasione per ripartire dal Signore Gesù. Quindi è una grande opportunità da tutti i punti di vista. Non ultimo per la pastorale giovanile, che è chiamata a ripartire con speranza, sapendo che il Dio dell’alleanza è ancora disponibile ad entrare in contatto con l’umanità, con tutti i popoli e in particolare con i giovani, da sempre pupilla dei suoi occhi.
Ma di questo, ovvero dell’immensa grazia giubilare, ce ne occuperemo per tutto il 2025. Quindi andiamo avanti con coraggio, cercando di far tesoro di ciò che abbiamo vissuto negli anni scorsi e proiettandoci con speranza e gioia verso gli anni a venire. La Porta Santa, segno di Cristo che ci invita ad entrare in comunione con il Padre, ci aspetta per essere attraversata con fede da noi e da tutti i giovani con cui ci faremo pellegrini in questo anno di grazia.

CNOS-FAP: La riforma dell’istruzione tecnica e professionale al centro del dibattito: esperti e istituzioni a confronto sul futuro della formazione

Il 14 novembre 2024 a Palazzo Giustiniani, CNOS-FAP e PTSCLAS presenteranno i dati dell’Osservatorio sulle Politiche Attive del Lavoro e Formazione, che mostrano investimenti per 2,1 miliardi di euro nel 2023. Al centro del dibattito la nuova riforma della filiera tecnologico-professionale e il modello “4+2”, con la partecipazione di rappresentanti istituzionali ed esperti del settore.

Roma, 31 ottobre 2014 – Oltre 2,1 miliardi di euro investiti nel 2023 per politiche della formazione e del lavoro, di cui il 70%, 1,4 miliardi, destinati alla formazione professionale e il 30%, 640 milioni, destinati alle politiche attive del lavoro. Sono questi i dati che verranno presentati il 14 novembre 2024 presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani a Roma, durante il seminario annuale
organizzato da CNOS-FAP e PTSCLAS sulle politiche della formazione professionale e del lavoro.

L’evento, che si terrà dalle 9:30 alle 13:00, metterà al centro del dibattito la recente Legge n.121/2024 sulla riforma della filiera tecnologico-professionale. La sperimentazione, che coinvolgerà 176 istituti per un totale di 201 filiere formative, rappresenta una risposta concreta alle sfide poste dal Piano nazionale “Industria 4.0” e alla crescente automazione del mercato del lavoro. “In un contesto dove la trasformazione digitale sta rapidamente rendendo obsolete molte competenze tradizionali, la riforma rappresenta un’opportunità strategica per allineare la formazione alle reali esigenze del mercato del lavoro”, dichiara Giuliano Giacomazzi, Direttore Generale CNOS-FAP, che aprirà i lavori del convegno. Sara Frontini di PTSCLAS presenterà i dati 2023 dell’Osservatorio sulle Politiche Attive del Lavoro e della Formazione, evidenziando come nel corso dell’anno siano stati pubblicati 250 avvisi regionali, di cui 182 riguardanti le politiche della formazione. “L’analisi mostra un significativo investimento nella formazione ordinamentale, che ha assorbito il 74% delle risorse stanziate, pari a circa 1,1 miliardi di euro”, anticipa Frontini. Mattia Dolci di PTSCLAS approfondirà invece il tema del sistema VET (Vocational Education and Training) italiano nel contesto europeo: “Nonostante il crescente interesse per l’istruzione professionale, l’offerta formativa VET in Italia rimane ancora limitata rispetto agli altri Paesi OCSE. La nuova riforma, introducendo le filiere formative integrate, rappresenta un passo importante per colmare questo gap”.

Il dibattito, moderato da Gianni Bocchieri, esperto in politiche formative e del lavoro, vedrà la partecipazione di figure di spicco del settore, tra cui Natale Forlani (Presidente INAPP), Carmela Palumbo (Capo Dipartimento MIM), Massimo Temussi (Direttore Generale Ministero del Lavoro), Paola Nicastro (Presidente e AD di Sviluppo Lavoro Italia SpA) e rappresentanti della Regione Lombardia, Paolo Mora (DG Formazione e Lavoro), della Regione Marche, Massimo Rocchi (Dirigente Settore Formazione Professionale, Orientamento e Aree di Crisi Complesse) e della Regione Campania, Armida Filippelli (Assessora alla Formazione Professionale). Al centro della discussione, l’attuazione del modello “4+2” e il suo impatto sul sistema della formazione professionale italiano. La mattinata si concluderà con gli interventi degli operatori del sistema – Alessandro Chiorri (CNOS-FAP Lazio), Roberto Sella (ITS Academy Angelo Rizzoli) e Alfonso Balsamo (Confindustria) – che affronteranno gli aspetti operativi della riforma e le opportunità per il mondo produttivo. Le conclusioni saranno affidate a Paola Vacchina, Presidente di FORMA.

INFORMAZIONI DI CONTATTO: comunicazione.nazionale@cnos-fap.it

 

Il 1° novembre torna la Corsa dei Santi

Da Roma Sette.

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Si corre venerdì 1° novembre a Roma la “Corsa dei Santi”, arrivata alla XVI edizione. 4mila i runner iscritti, da 53 nazioni. Percorreranno 10 chilometri che li porteranno da piazza Pio XII – dove il ritrovo è per tutti alle 8 – ai luoghi più significativi della città, dal Colosseo ai Fori Imperiali, fino ad arrivare in piazza San Pietro, per ricevere, al termine dell’Angelus, la benedizione di Francesco.

Il progetto associato a questa edizione è promosso da Missioni Don Bosco e si intitola: “Subito in campo per ripartire”. Si può contribuire inviando un sms solidale al numero 45594, attivo fino al 5 novembre. Il progetto è destinato alla realizzazione di una infrastruttura sportiva a Leopoli, in Ucraina: si prevede di ristrutturare un campo di calcio del centro Don Bosco di Leopoli. La struttura  sarà utilizzata dai circa 600 giovani, tra cui 70 bambini e ragazzi, accolti nella casa famiglia Prokova, di età compresa tra i 6 e i 19 anni. Si tratta di orfani o minori sfollati dalle zone più colpite della guerra. A beneficiare del campo di calcio saranno anche 45 ragazzi che hanno subito lesioni agli arti a causa del conflitto. «Il 45594 non è solo un numero. Dietro quel numero ci sono delle persone, i volti di bambini e di ragazzi che chiedono un segno di speranza», dichiara presentando l’iniziativa don Daniel Antùnez, presidente di Missioni don Bosco.

A gareggiare con il pettorale numero 1 sarà la primatista italiana di maratona Sofia Yaremchuk, una degli atleti di elite in gara. «Questa manifestazione – commenta – è un messaggio di sport e solidarietà in un periodo così tragico che sta vivendo la mia Ucraina e la mia Leopoli, città nella quale sono nata e sono cresciuta. Fa male sentire le cose terribili che sta vivendo il mio popolo a causa della guerra. E il pensiero va soprattutto ai bambini che hanno diritto di futuro, hanno diritto di vivere liberi e felici. Grazie allo sport possono crescere migliori perché lo sport apre porte e unisce le persone».

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