Il riscatto delle donne riparte anche dalla cucina – Le cuoche combattenti del Cnos Fap di San Benigno

Pubblichiamo un articolo de La Stampa, a firma di Alessandra Iannello, sul progetto Pathways: per 22 donne vittime di tratta delle schiave l’opportunità di riscatto è rappresentata dai corsi di formazione nel settore alberghiero e ristorativo organizzati dalla CRI, in collaborazione con il Centro Nazionale delle Opere Salesiane – Formazione e Aggiornamento Professionale.

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Le donne devono stare in cucina. Quella che può sembrare un’offesa sessista, in realtà è stata presa alla lettera per riscattare vite che, lontane dai fornelli, avrebbero avuto poche possibilità di emergere.

Pasticcere e pastaie a Torino

Come è successo a Siddhi, 42 nigeriana, arrivata in Italia poco più che bambina e costretta a una vita da incubo. La sua rivincita è arrivata grazie alla Croce Rossa e al progetto europeo Pathways che coinvolge anche Grecia e Gran Bretagna. Per 22 donne vittime di tratta delle schiave l’opportunità di riscatto è rappresentata dai corsi di formazione nel settore alberghiero e ristorativo organizzati dalla CRI, in collaborazione con il Centro Nazionale delle Opere Salesiane – Formazione e Aggiornamento Professionale. Dopo un mese di lezioni teoriche e laboratori di cucina, pasticceria e pulizie nel centro salesiano di San Benigno (Torino), le ragazze hanno potuto svolgere uno stage di 60 ore e, successivamente, un tirocinio finalizzato all’inserimento lavorativo di sei mesi. «A montare gli albumi a neve ci pensa Cindy – dice Daniela Gilardo, la docente del corso che tutte chiamano maestra – perché non solo realizza un prodotto perfetto ma lo fa cantando e ballando». Il buon umore si diffonde in tutta la cucina del centro di San Benigno, dove, a fine corso, si ripassano le ricette e si memorizzano i nomi più difficili degli ingredienti. La maestra riscrive alla lavagna le dosi per gli impasti, le ragazze prendono appunti, memorizzano e si esercitano ai fornelli. «È impossibile dimenticare quello che ho passato – confida Ritha, mamma di un bambino di sei anni, anche lei nigeriana e anche lei arrivata in Italia quando era ancora una ragazzina – ma impegnarmi in questo corso è una distrazione e allo stesso tempo una speranza. Nonostante tutto il dolore, la vita continua e avere delle persone accanto a me che mi dicono “Ce la puoi fare” mi dà la forza».

L’etichetta delle Cuoche Combattenti Marmellate contro la violenza a Palermo

«Mai più paura, mai più in silenzio, non siamo vittime ma combattenti». Questo il motto delle Cuoche Combattenti, un gruppo di donne vittime di violenza che hanno aperto a Palermo un laboratorio di trasformazione e produzione alimentare. «Il progetto – ricorda la titolare Nicoletta Cosentino – nasce nel 2017, dopo aver frequentato una borsa lavoro proposta dal centro antiviolenza Le Onde Onlus, presso un laboratorio di trasformazione alimentare. In seguito ho avuto accesso al progetto VITAE (Violenza verso le donne: Iniziative Territoriali per l’Autonomia e l’Empowerment). Dopo un anno di presentazioni del progetto e ricerca di finanziamenti attraverso eventi di crowdfunding, ho presentato richiesta di un finanziamento di Microcredito presso la Banca Popolare Etica, a cui si aggiunge il supporto economico della rete Nazionale D.i.Re (Donne in Rete contro La violenza) che mi ha assegnato una Dote di libertà prevista a sostegno delle donne seguite dai centri antiviolenza aderenti alla rete». Apre così, il 27 settembre 2019, il laboratorio artigianale Cuoche Combattenti nato dall’idea di sviluppare autonomia e indipendenza economica per donne che escono da relazioni violente e che intraprendono un percorso di rinascita personale e professionale. Il catalogo delle cuoche palermitane comprende conserve, confetture extra di frutta di stagione, pesti di ortaggi, prodotti da forno e altre bontà di frutta secca. Le materie prime provengono tutte dal territorio siciliano, innescando così un circolo virtuoso che sostiene lo sviluppo dell’economia del territorio. I prodotti delle «Cuoche Combattenti», acquistabili online nell’e-commerce del sito, si caratterizzano per l’Etichetta Antiviolenza, che veicola messaggi per combattere la violenza sulle donne, smontare stereotipi e ruoli relazionali che autorizzano abusi, smascherare la violenza psicologica e rinforzare l’autostima e la libertà personale. Al frantoio L’olio rosa della Toscana Cassa integrazione, smart working, licenziamenti.

Gli incubi legati al Covid 19 passano anche per il mantenimento del proprio posto di lavoro. A questo deve aver pensato in quest’ultimo periodo Judyta Tyszkiewicz – polacca di nascita, ma toscana d’adozione – che ha lasciato il lavoro di assistente dentista e nel 2012 ha fondato la Ranocchiaia, a San Casciano Val di Pesa (Firenze) insieme con il marito Gian Luca Grandis. Per dare una mano alle donne della sua comunità, ha riunito sette donne e ha realizzato un frantoio tutto in rosa. C’è Natalia (ristoratrice e mamma di un bimbo di 5 anni), Sofia (studentessa di Agraria), Emilia (due figli di 8 e 16 anni), Donatella (un figlio di 19 anni), Silvia (sorella di Gian Luca) e Nicole, l’aspirante attrice che ha ereditato dai nonni in Puglia la passione per l’olio extravergine d’oliva. Storie tutte diverse, ma in un momento così difficile per l’emergenza sanitaria ognuna di esse ha trovato nell’azienda agricola toscana una seconda opportunità. Infatti, a causa del Covid 19 alcune di loro sono state messe in cassa integrazione dalle aziende per cui lavoravano, altre invece arrivano al frantoio Grandis appena finito il turno di smart working a casa. «Sono orgogliosa della mia squadra – spiega Judyta – perché insieme, grazie a un po’ di flessibilità e cercando di venire incontro alle necessità di ognuna, riusciamo a produrre un olio Evo di alta qualità».

Sentite il bisogno di un confronto iniziale che dia voce a tutti?

di don Michele Falabretti

In una Progettazione Pastorale che deve essere espressione di un cammino di Chiesa Sinodale, è importante che i membri del gruppo si aprano ad un atteggiamento di conversione e di ascolto reciproco senza paura di perdere la propria identità, maturando la consapevolezza che tutti sono stati chiamati ad apportare tutto il bene possibile per esprimere l’annuncio e la testimonianza al Vangelo.

UNA TECNICA ATTIVA: SCIOGLIERE I NODI
Un mandato di progettazione pastorale potrebbe sembrare la richiesta di risolvere dei problemi. In realtà, per quanto “i problemi” presunti o reali siano da affrontare, la progettazione è prima di tutto invitata a comprendere, nell’ascolto e nella rielaborazione, per poi capire se e in che modo un problema può essere risolto.
L’attività corporea proposta consiste nello sciogliere il nodo composto dagli stessi componenti del gruppo. Ci si mette in cerchio, spalla a spalla, quindi si allungano le braccia verso il centro del cerchio. Si prendono a caso due mani, evitando che siano della stessa persona. Ecco il nodo da sciogliere tenendo le mani ben salde tra di loro (non si può tagliare il filo!). Il gruppo, spontaneamente, è invitato a trovare la strategia migliore per dipanare il nodo. Si può decidere di lavorare fino a sciogliere completamente il nodo, oppure darsi un lasso di tempo in cui provarci. Al termine dell’attività ci si confronta sulle dinamiche che si sono innescate: chi ha provato a risolvere da solo il “proprio nodo”, chi ha preso la guida delle operazioni, chi ha aiutato, chi si è lamentato…
L’obiettivo è quello di stimolare il gruppo a mantenere il contatto con gli altri, tenendo conto della posizione di ciascuno senza dimenticare la finalità comune da conseguire.

 

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Pordenone, il Collegio Don Bosco per la prima sarà diretto da un laico

Pubblichiamo un articolo a firma di Enri Lisetto uscito sul Messaggero Veneto sul cambio di direzione al Collegio Don Bosco di Pordenone: per la prima volta, il preside è un laico.

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Mentre si appresta a vivere l’ultimo esame di maturità, il Collegio Don Bosco di Pordenone annuncia il cambio dei vertici e per la prima volta avrà un preside laico.Nell’ambito della consueta alternanza negli incarichi, da luglio don Carlo Beorchia sarà il nuovo direttore in sostituzione di don Riccardo Michielan, destinato ad altri incarichi.Don Carlo Beorchia, originario di Tolmezzo, da anni è direttore all’Istituto salesiano San Zeno di Verona, storica scuola paritaria e Centro di formazione professionale, oltre che vicepresidente del Centro nazionale opere salesiane di Roma. «Una figura competente e preparata per proseguire la conduzione del Don Bosco nella linea tracciata negli ultimi anni».Don Lorenzo Teston, preside delle scuole dal 2009, lascerà a breve Pordenone (e quindi anche la collaborazione pastorale a San Cassiano di Livenza, dove arriverà un altro salesiano della Casa di Pordenone) per assumere l’incarico di direttore e preside della Casa salesiana di Trento; prenderà il suo posto come coordinatore didattico Paolo Lamanna, già vicepreside dal 2011.Un cambio «importante in tempi non semplici, con problematiche didattiche nuove, sfide logistiche e gestionali da affrontare e che la pandemia non ha sicuramente facilitato». L’avvicendamento «avverrà con la consueta volontà di dare risultati scolastici ed educativi alle famiglie, nella linea della competenza e della continuità di quanto l’Opera salesiana ha saputo progettare, realizzare negli anni a favore della collettività».Il team di docenti, che don Riccardo e don Lorenzo hanno guidato fino ad oggi, «è pronto ad accogliere già dai primi di luglio il nuovo direttore che, affiancato dal professor Lamanna, saprà realizzare le progettazioni già avviate per settembre».«Sono stati anni molto belli e intensi, di sfide col rilancio del primo ciclo. La didattica a distanza ci ha dato modo di rivedere l’offerta formativa, sempre nello spirito salesiano», è il congedo di don Lorenzo Teston, 48 anni, ordinato sacerdote il 19 giugno 2010 al santuario di Madonna di Rosa. «A maggior ragione mi resterà un bel ricordo».Insegnante di matematica e scienze alle medie (328 allievi, 162 alle elementari e 26 a conclusione delle superiori), 47 anni, Paolo Lamanna sarà il primo laico preside, che invece è prassi da tempo in altri istituti salesiani. «Chi ha scelto ha un’idea di continuità didattica con tutto il gruppo degli insegnanti».

Chioggia, i volontari dell’oratorio al fianco della Protezione civile per distribuire mascherine e buoni spesa

Pubblichiamo un articolo – a firma di Eugenio Ferrarese – uscito sul sito La Piazza web che racconta l’esperienza dei volontari dell’oratorio salesiano di Chioggia al servizio della comunità e in sostegno di Protezione civile e amministrazione comunale.

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Un’esperienza di servizio per aiutare la Protezione Civile e l’amministrazione comunale di Chioggia a distribuire le mascherine e i buoni spesa che ha coinvolto 40 volontari, per la maggior parte appartenenti all’oratorio salesiano di Chioggia. Un impegno iniziato il 22 marzo 2020.

“Ci è arrivata una telefonata dalla Protezione Civile – racconta il salesiano don Marco – che ci chiedeva se, come oratorio salesiano, eravamo disponibili per la consegna delle mascherine alle famiglie della nostra Parrocchia. Sinceramente, l’idea di metterci a servizio della gente e di uscire incontro alle persone la sentivamo nostra e, così, ci siamo organizzati. Abbiamo fatto appello a giovani e adulti e la risposta è stata molto generosa. Nessuno di noi aveva idea di cosa sarebbe in seguito capitato. Sapevamo solo di essere pronti a servire, di correre qualche rischio personale per il pericolo del contagio e di poter uscire finalmente di casa”. La collaborazione è stata svolta assieme ad altre diverse realtà associative che si occupavano di parti del territorio: Associazione Nazionale Bersaglieri, Associazione Nazionale Carabinieri, Associazione Auser, la Croce Rossa italiana e la Protezione Civile.

“Vista la nostra efficacia – continua don Marco – ci è stato proposto di allargare il nostro campo d’azione e così siamo passati dalla parrocchia a tutta Chioggia centro e Borgo S. Giovanni prima, e poi anche Sottomarina e Brondolo. Insomma abbiamo consegnato circa 40000 buste in oltre due giri completi della città”. Oltre alle protezioni individuali anche i buoni spesa.

“Per circa un mese abbiamo offerto la nostra disponibilità anche alla Caritas diocesana per la distribuzione dei buoni spesa nella città, raggiungendo quasi 500 famiglie per diverse consegne. Anche l’Associazione Anna Dupuis ha raggiunto altrettante famiglie”. E’ stata per tutti un’occasione per osservare con più attenzione calli, corti, vie e viali, vedere come realmente vive la gente a Chioggia. I giovani e gli adulti che hanno collaborato nella distribuzione e consegna, hanno accolto l’impegno con grande generosità, serietà e rispetto delle persone incontrate durante questo servizio.

“A volte qualche timore o dubbio è trapelato, ma è stato davvero bello vedere come i giovani siano stati disponibili e professionali. Tutti i volontari si sono attivati nella consapevolezza di correre dei rischi per la loro salute personale, ma ogni mattino iniziavamo l’attività con un breve momento di preghiera, per chiedere protezione e riconoscere che lo facevamo per il bene dei nostri cittadini e quindi a servizio di Dio. Abbiamo cercato di imitare don Bosco al tempo del colera, il quale con precauzione e affidandosi alla Madonna non ha temuto di mettersi a servizio dei più deboli con i suoi ragazzi più grandi. La città tutta sa che ci siamo e siamo disponibili”. E per tutte le altre iniziative dell’Oratorio Salesiano, cinemateatro, Polisportiva Giovanile Salesiano, Estate Ragazzi che coinvolgono centinaia di ragazzi, giovani ed educatori si attendono le nuove disposizioni del governo.

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Scuole paritarie, la lettera di don Angelo Santorsola al presidente della Regione Campania

Pubblichiamo un articolo uscito su Il Mattino di Napoli che riporta la lettera di don Angelo Santorsola, ispettore dell’Ispettoria Meridionale, al presidente della Regione Campania e alle famiglie degli alunni delle scuole salesiane di Napoli.

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Due lettere, una inviata al presidente della Regione, l’altra alle famiglie degli alunni che frequentano la scuola del Vomero. La firma è di don Angelo Santorsola, ispettore dell’istituto dei Salesiani di via Don Bosco. La ragione è una sola: la crisi economica che si è abbattuta anche su di loro in seguito all’emergena Covid: « Il decreto Cura Italia – si legge nella lettera a De Luca – ha previsto 85 milioni di euro per estendere l’accessibilità e migliorare l’uso della didattica a distanza, ma questi sono stati riservati alle scuole pubbliche statali (11,18 euro per allievo). Solo in sede di conversione in legge, il Parlamento ha previsto 2 milioni di euro per le scuole pubbliche paritarie (2,30 euro per allievo). La disparità di trattamento è palese».
IL RISCHIO
Poi, il rischio chiusura: «Le nostre scuole pubbliche paritarie, – dicono i Salesiani – hanno reagito con prontezza alla crisi, attuando, senza interruzione percorsi di didattica a distanza, anticipando le disposizione delle ordinanze ministeriali. Per attuare tale orientamento si è di fatto rinunciato all’accesso degli ammortizzatori sociali previsti. Tuttavia la crisi economica, tra i tanti settori, ha messo in ginocchio queste nostre istituzioni. Permanendo l’attuale assenza di qualsiasi intervento, lo stato di dissesto economico, già oggi manifesto, fa prevedere la loro chiusura». Da qui – secondo i sacerdoti – la necessità di «far pressione
politica, verso i suoi gruppi parlamentari, affinché vengano approvati, in sede di conversione in legge dei decreti emanati dal governo, quegli emendamenti che prevedono provvedimenti a favore degli allievi della scuola pubblica paritaria e delle loro famiglie, primo fra tutti la detraibilità delle spese sostenute. Altresì – scrivono ancora i Salesiani – la invitiamo a considerare la possibilità, oltre ai numerosi interventi messi in atto a sostegno delle famiglie e delle imprese per questo tempo di crisi, che possa configurarsi, come peraltro già avviene da tempo in Lombardia, anche un aiuto verso le scuole paritarie, attraverso degli interventi strutturati o una tantum che divengano condizione fondamentale per le famiglie per esercitare il proprio diritto di scelta costituzionalmente garantito». Una richiesta di aiuto economico prima che sia troppo tardi. Un appello che i Salesiani rivolgono alle famiglie degli studenti della scuola di Napoli, ma anche di Caserta e Soverato.
LE RETTE
«È opinione diffusa, quanto errata, che le rette da voi pagate, siano sufficienti non solo a coprire i costi gestionali della scuola, ma addirittura a generare un profitto per la Casa Salesiana nel suo complesso. Non è così. Piuttosto, è vero il contrario». Vale a dire – spiegano – che la sostenibilità delle scuole, si basa su un equilibrio molto delicato. «Pertanto è chiaro che, le sole rette scolastiche, che abbiamo sempre cercato di contenere nel tempo, non sono sufficienti a coprire i costi di gestione della scuola. Col sopraggiungere dell’emergenza Covid19, ogni nostro docente, ogni nostro dipendente, che è regolarmente inquadrato ha visto tutelati i propri diritti di lavoratore. Mai siamo venuti meno ai nostri doveri. Anche in questo tempo, seppur difficile. Ora – concludono – sentiamo il bisogno, di rivendicare quelli che sono i nostri e vostri diritti anche sul fronte economico».

Maturi al punto giusto

Davide Guarneri *

Il diploma, le chiavi di casa, la patente, la scheda elettorale: un esame oltre l’aula di scuola

L’Esame di Stato, più comunemente chiamato Esame di maturità, caratterizza fin dal 1923 la conclusione degli studi scolastici ed è giunto a noi attraversando riforme che l’hanno, a seconda del periodo, reso più o meno selettivo, con la presenza di commissari tutti esterni, o tutti interni, o, come oggi, per metà già conosciuti dal candidato. Tesina, buste, quizzone… sono termini ormai noti a tutti e sono parte di un immaginario studentesco che, pur nel cambiamento delle norme, è caratterizzato da una certa preoccupazione in vista di una prova che è rito di passaggio coinvolgente gli studenti e le loro famiglie, nonché i molti insegnanti che, in qualche modo, si sentono anch’essi sottoposti a verifica.
Lo scorso anno, in Italia, sono stati 520.000 i maturandi, 26.188 le classi interessate: dunque numeri importanti, giovani che giungono al termine di un percorso scolastico che li ha impegnati per almeno tredici anni.
Il “tempo della maturità” incrocia i tempi di molte realtà e di molte persone: è un momento unico ed esclusivo per un giovane che, a conclusione di un percorso si trova a fare i conti con la sua intelligenza, le competenze acquisite, la sua capacità di affrontare prove e imprevisti. Non è, dunque, solo la fine di un percorso scolastico, né solo un passaggio verso l’università o il lavoro: “o lavori, o studi” non è l’unica alternativa proponibile, ancor più oggi.
I maturandi sono giovani, cittadini, figli, che vivono dimensioni diverse e complementari rispetto anche al mondo scuola: alcuni sono attivi in gruppi, associazioni, oratori, società sportive, vivono amicizie e innamoramenti, hanno un po’ la testa altrove e si guardano in giro. Nessuno di loro vorrebbe accrescere le file dei NEET (Not in Education, Employment or Training, ovvero non studiare, non lavorare né seguire percorsi di formazione)[1], e un po’ tutti sono preoccupati del futuro, che spesso il mondo degli adulti presenta loro a tinte fosche.
I mesi precedenti all’esame della maturità sono vissuti dagli studenti come tempo di grande impegno e di sacrificio, ma sono anche occasione di riflessione sulla loro vita e sul loro futuro: in tale periodo, molti di loro diventano maggiorenni. Nell’anno della maturità è come se fossero consegnate loro, insieme al diploma, le chiavi di casa, le chiavi dell’automobile, la tessera elettorale.

*Ufficio per l’Educazione, la Scuola e l’Università della Diocesi di Brescia
Vicepresidente Fondazione Comunità e scuola

Si riparte in fretta! Con Maria #lìdovesei…: la novena degli studenti della Crocetta

Alcuni studenti di teologia della facoltà della Crocetta hanno ideato e realizzato una novena a Maria Ausiliatrice per la fascia degli studenti delle superiori, con testimonianze che attualizzano bene il momento storico che stiamo vivendo. Si tratta di una struttura modulare, che permette a chi guida la preghiera di mandare tutto o solo l’audio o solo la grafica, ogni giorno.
La modalità di trasmissione privilegiata è il tam-tam di Whatsapp e di Telegram.
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Sicilia, a Ragusa la preghiera è su Tik Tok

Pubblichiamo un articolo di Repubblica sulla modalità di preghiera inventata da don Alfio Eugenio Pappalardo, giovane salesiano di Ragusa.

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di Claudia Brunetto

“Funziona di più”, dice Alfio Eugenio Pappalardo, giovane salesiano di 28 anni che si è inventato la formula “Un minuto per pregare” da quando l’emergenza coronavirus costringe a casa i ragazzi dell’oratorio dei salesiani a Ragusa. Alle 18 in punto, da lunedì a venerdì, manda un video su Tik Tok per commentare il Vangelo del giorno. I video finiscono nella pagina Facebook che conta 1500 iscritti.

“Cercavo qualcosa di alternativo che potesse attirare l’attenzione dei più giovani – dice Pappalardo – senza dimenticare il messaggio del vangelo del giorno. Tik Tok è il social network più usato dai giovanissimi e la formula del minuto funziona. So bene come sono i ragazzi, ogni giorno li seguivamo all’oratorio prima dell’emergenza, la
loro attenzione non dura a lungo. Già un’omelia virtuale di cinque minuti per loro è troppo. Bisogna essere brevi, attirare la loro attenzione, essere anche divertenti”.
Così Pappalardo che alle 18 suonava la campana per radunare i ragazzi in cortile per la preghiera, adesso fa tutto con un clic. “Raggiungiamo ragazzi dai 7 ai 18 anni – racconta – c’è anche tutta la fascia coinvolta nella catechesi che adesso possiamo incontrare soltanto con la tecnologia. Devo dire che il riscontro è enorme, raggiungiamo tantissimi ragazzi, e non finisce tutto lì. Accade spesso che dopo il video scattino delle domande, mi contattano in privato, riusciamo ad affrontare argomenti anche complessi che spesso dal vivo è difficile affrontare. I giovanissimi stanno soffrendo tanto dell’isolamento, questi video li fanno anche un po’ sorridere”. Sì, perché la formula scelta da Pappalardo è divertente. In un minuto di video introduce il Vangelo, interpreta tutti i personaggi per pochi secondi in forma ironica aiutandosi con gli effetti di Tik Tok e alla fine riassume tutto in un messaggio. I temi ci sono tutti: l’amore, il perdono, la solidarietà, la speranza, la pace. Insomma questioni che, soprattutto adesso, ai più giovani che hanno perso il contatto con la scuola e con i coetanei, possono dare serenità.

“Funziona di più il video – dice Pappalardo che è originario di Trecastagni nel Catanese, ma sta completando il suo tirocinio come salesiano a Ragusa – perché dal vivo i ragazzi erano impegnati in altre attività e a un certo punto venivano interrotti per fare la preghiera. Adesso a casa il video lo aspettano e dopo i miei, alcuni ragazzi si sono proposti di farlo in prima persona. Insomma un circolo virtuoso, anche se virtuale”.

Trapani, l’oratorio è diventato sartoria per cucire mascherine

Pubblichiamo un articolo uscito su Repubblica che racconta l’attività di sartoria per cucire mascherine dell’oratorio di Trapani. A cucire sono i ragazzi migranti ospitati dai salesiani.

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di Claudia Brunetto

La stanza del direttore dell’oratorio dei salesiani a Trapani è diventata la sartoria di un gruppo di migranti. Da quando è scattata l’emergenza coronavirus realizzano mascherine di stoffa: le prime 500 sono state donate nei giorni scorsi al Comune che le ha distribuite a chi ha bisogno. Via scrivanie e documenti, al loro posto macchine per cucire.
“È il minimo che possiamo fare – dice Modou Ceesay, 33 anni, sarto originario del Gambia – Sono a Trapani da dieci anni, è la mia casa. Nel mio Paese mi hanno insegnato che quando qualcuno è in difficoltà bisogna aiutarlo. Adesso tocca a noi aiutare chi ci ha aiutato quando siamo arrivati in Italia. Siamo tutti nella stessa barca, mai come adesso”. In tutto sono una ventina di sarti provenienti da diversi paesi del mondo. C’è chi arriva dal Gambia come Ceesay, chi dal Senegal, chi dal Ghana.
Ogni giorno, in oratorio, fanno i turni di 3, 4 persone per potere rispettare la distanza di sicurezza, ma allo stesso tempo portare avanti il lavoro della sartoria. “Ne abbiamo pronte altre 700 – dice Ceesay – Per ora c’è grande bisogno di mascherine e sappiamo bene che in certi casi è ancora difficile reperirle se non a costi elevati. Noi vogliamo fare la nostra parte».

Del resto, per ora, i locali dell’oratorio dei salesiani sono fermi. L’emergenza coronavirus ha bloccato tutte le attività e i ragazzi stanno a casa. “I salesiani si stanno dando molto da fare sul territorio da quando è scattata l’emergenza – dice Peppe Virzì, direttore dell’oratorio dei salesiani a Trapani – Ci sono le famiglie in difficoltà economica, ci sono gli anziani che non possono uscire da casa. Con il lavoro della sartoria abbiamo cercato di dare un ulteriore contributo alla cittadinanza. Devo dire che i ragazzi si stanno dando molto da fare. Sono tutti sarti professionisti nei loro paesi e anche a Trapani cercano di fare il loro mestiere che adesso sta tornando utile alla collettività”. L’idea è nata osservando gli anziani, i più colpiti dal contagio del virus. “Pensavo a loro come penso ai miei nonni – dice Ceesay – All’inizio abbiamo cercato di aiutarli consegnando la spesa a domicilio.
Ne abbiamo aiutato tanti. Poi è arrivata l’idea di fare mascherine per tutti. Sono certo che andrà tutto bene se rimaniamo uniti e se ci aiutiamo a vicenda. Nessuno in questa emergenza deve restare indietro”.

Lombardia, oratori chiusi ma non fermi: si pensa all’estate

Pubblichiamo un articolo pubblicato sul Nuovo Torrazzo che riporta il comunicato delle Diocesi lombarde sulla possibilità di svolgere l’attività estiva.

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Nelle scorse settimane, per alto senso di responsabilità  verso la società di cui facciamo parte, tutte le Diocesi lombarde hanno condiviso la scelta sofferta di chiudere gli oratori. Gli oratori sono chiusi. Ma non si sono fermati. In questo tempo di sospensione ci siamo messi in ascolto della realtà. Abbiamo ascoltato tante situazioni difficili e penose. Ma non ci siamo scoraggiati. Abbiamo anche capito che si possono trovare nuovi linguaggi e nuove dinamiche educative, finora poco praticate. Ci siamo sentiti vicini, benché distanti. Questo insegnamento non vogliamo perderlo. Vogliamo innanzitutto esprimere una profonda gratitudine, per tutta la creatività  e l’intraprendenza che sacerdoti, catechisti ed educatori hanno saputo mettere in campo per non perdere il contatto educativo con i loro ragazzi, adolescenti e giovani. A tutti gli oratori della Lombardia vogliamo mandare un messaggio di incoraggiamento e di fiducia, di stima e di sincera disponibilità  a collaborare, pensando ai mesi che verranno. Tutti stiamo già  pensando all’estate. I cortili pieni, le gite, le esperienze, le camminate in montagna riempiono i nostri ricordi e ci mancano profondamente. Non siamo in grado oggi di poter dire quando e come riaprire gli ambienti e riprendere le varie attività. Siamo in costante dialogo con le Istituzioni regionali per poter dare delle indicazioni più precise nelle successive fasi dell’epidemia. Questo nostro messaggio vuole invitare tutti a stare pronti. E vuole umilmente incoraggiare tutti al pensiero, alla presenza, all’attenzione soprattutto alle situazioni di maggior prova, fatica e povertà  educativa, come nella migliore tradizione dei nostri oratori. Intanto noi vogliamo esserci. Vogliamo confermare la nostra scelta di stare accanto ai nostri ragazzi, adolescenti e giovani, nelle modalità  che ci saranno indicate. Nelle settimane che stiamo vivendo, i nostri ragazzi devono poter sentire che l’oratorio, anche se è chiuso, non è lontano: è vicino a loro e li accompagna giorno dopo giorno, in questo tempo faticoso e complicato. Devono poter sentire ancora che l’oratorio non è sordo alle domande più vere che sono nate nei cuori. Devono poter sentire che l’oratorio, anche in questo tempo di incertezza, non è muto ma ci regala la Parola di Gesù. I Servizi e gli Uffici di Pastorale Giovanile di ogni Diocesi sono costantemente al lavoro, per ascoltare i bisogni e per intuire e realizzare la proposta educativa più adeguata alla prossima estate. Senza la presunzione di farcela da soli, ma con la volontà  di entrare in stretta sinergia e collaborazione con tutte le altre Istituzioni del nostro territorio che hanno a cuore la cura educativa delle giovani generazioni. Crediamo essenziale compiere i prossimi passi insieme, in attento ascolto delle indicazioni delle Autorità competenti e dei nostri Pastori; e condividere, sempre insieme, la decisione di riaprire e le relative modalità  per farlo. Possiamo dire una cosa certa: in qualche modo, chiusi o aperti, l’oratorio estivo o il Grest ci sarà . Nella forma che ci sarà  permessa, continueremo a stare vicini ai nostri ragazzi e non ci fermeremo. Daremo vita a delle proposte originali e possibili e a suggerimenti adeguati alla situazione, con quella creatività dell’amore che ci rende quello che siamo. Non possiamo trascurare la cura che la comunità cristiana deve avere con i ragazzi 365 giorni all’anno, soprattutto nel tempo estivo, così fondamentale per accompagnare e far crescere le giovani generazioni. State pronti e pazientate in modo attivo e propositivo. Vogliamo lavorare con voi, mano nella mano, fianco a fianco con ogni oratorio, accogliendo ogni consiglio e spunto per camminare insieme in questo tempo che sta riscrivendo la nostra storia. Monsignor Maurizio Gervasoni (Vescovo di Vigevano, delegato per la Pastorale Giovanile della Conferenza Episcopale Lombarda) Don Stefano Guidi (diocesi di Milano) Don Emanuele Poletti (diocesi di Bergamo) Don Paolo Arienti (diocesi di Cremona) Don Stefano Savoia (diocesi di Crema) Don Fabio Scutteri (diocesi di Mantova) Don Enrico Bastia (diocesi di Lodi) Don Giovanni Milesi (diocesi di Brescia) Don Pietro Bianchi (diocesi di Como) Don Davide Rustioni (diocesi di Pavia) Don Riccardo Campari (diocesi di Vigevano) Don Paolo Caiani (Salesiani don Bosco)