“Lui vede più lontano di te”: il singolo del MGS Sicilia per la nuova proposta pastorale

Pubblichiamo l’articolo ricevuto dal MGS Sicilia per il lancio del nuovo singolo realizzato per il tema pastorale di questo anno.

***

“Lui vede più lontano di te” è il titolo del nuovo singolo uscito in occasione del Giò Beach Party, la festa di inaugurazione del nuovo anno pastorale salesiano 2023/24, organizzato il 24 settembre scorso alla Playa di Catania. Il brano è stato composto e musicato dai DBsons, gruppo musicale del movimento giovanile salesiano di Sicilia, nato dall’intraprendenza di due giovani talentuosi salesiani, Don Emanuele Geraci e Don Giuseppe Priolo, i quali da sempre hanno creduto nella forza comunicativa della musica come mezzo per parlare di Dio e renderLo presente in mezzo ai giovani. Il nuovo singolo è costruito sul tema pastorale di quest’anno “Tu vedi più lontano di me. Segnaletica per tornare a sognare.”

Sognare… questa parola non ci suona nuova! Sappiamo bene, infatti, quanto i sogni siano stati fondamentali nella vita del nostro padre, maestro e amico Don Bosco, a partire dal primo, “Il sogno dei nove anni”. Essi sono diventati il mezzo attraverso il quale Dio è riuscito ad entrare in comunicazione con Giovanni, il modo per fargli conoscere la Sua volontà, ovvero il progetto che aveva su di lui. Don Bosco è stato un grande sognatore per tutta la vita! Ma se per lui è stato così, può avvenire lo stesso anche per noi? I nostri amici nella canzone ci dicono che “è giunto il tempo di stare a tempo con il sogno che Dio ha per te!” . Dunque sì, ognuno di noi è chiamato a realizzare nella propria vita il sogno che Dio ha per ciascuno dei suoi figli. Il Suo unico grande desiderio, infatti, è quello di vederci felici! Dobbiamo allora “puntare lo sguardo in alto, sapendo che Dio vede più lontano di noi!” Il Suo sguardo arriva dove noi, che a volte non riusciamo a vedere più in là del nostro naso, non possiamo arrivare.“A suo tempo tutto comprenderai…” disse Maria a Don Bosco nel sogno dei nove anni, poichè “Dio non ti lascia vagare in vano, ma in ogni
momento ti tende la mano”, continua il testo dell’inno, con parole piene di fiducia e speranza.

Spesso si utilizza l’espressione “vivere una vita da sogno”, illudendosi che questo significhi vivere una vita perfetta, “pensando che vince chi non l’ha scalfita”. Essere felici significa, invece, vivere una vita capace di seguire le indicazioni di Dio! Non dobbiamo, infatti, scervellarci a pensare come realizzare una vita da sogno, ma un sogno per la vita, cioè un sogno che tenga conto delle difficoltà che possiamo incontrare nella strada per realizzarlo. Un sogno plasmato sulle fatiche di ogni giorno, che ricalchi il pendio delle vette più alte che ci ostacolano! Questo ci fa capire quale sia l’atteggiamento giusto per essere felici, che non è “fare sempre ciò che ci va, ma essere pronti al cambiamento del cuore” che Dio ci chiede per condurci alla vera felicità. Egli ci chiama in prima persona per realizzare i nostri sogni, ci tende la mano, ci chiede di alzarci dal divano della nostra “comfort zone”, di non restare “…immobili come cipressi”, “di non voltare le spalle a noi stessi”, ma di metterci in cammino sulla strada del dono, del servizio, dell’amore, unico mezzo per essere veramente felici. Dice Papa Francesco: “I sogni della comodità, del solo benessere (…), della tranquillità, quelli che addormentano fanno di un giovane coraggioso un giovane da divano! (…) I sogni grandi includono, coinvolgono, condividono, sono estroversi, generano nuova vita. (…) I sogni grandi hanno bisogno di Dio (…) Con Lui non aver paura: vai avanti. Sogna in grande!”
Agnese La Bella

 

Italia – Corso di formazione per i Delegati per la Famiglia Salesiana delle Ispettorie di lingua inglese

Dall’agenzia salesiana ANS.

***

(ANS – Castelnuovo Don Bosco) – Venerdì 14 aprile, 31 Delegati per la Famiglia Salesiana di diverse Ispettorie e Visitatorie anglofone di tutto il mondo si sono riuniti presso il Colle Don Bosco per iniziare un corso di formazione su vari aspetti legati al loro servizio. Gli elementi centrali sono stati: riflessioni sulla figura di Don Bosco, fondatore del vasto movimento carismatico della Famiglia Salesiana; approfondimento della Carta d’Identità della Famiglia Salesiana, uno studio specifico del ruolo del Delegato per la Famiglia Salesiana, la conoscenza dei Gruppi della Famiglia Salesiana e la condivisione di esperienze e spiritualità sui Luoghi Salesiani.

Nella seconda giornata di lavori, don Giuseppe Casti, già Delegato Mondiale per i Salesiani Cooperatori (2012-2020) ha illustrato il tema: “Movimento Salesiano: il laicato nella mente e nella vita di Don Bosco”, con un’attenzione specifica sulla visibilità ecclesiale della presenza salesiana come movimento, sulla cultura della Famiglia Salesiana e su determinati aspetti legati alla sinodalità.

Da parte sua Bryan Magro, Presidente della Confederazione Mondiale degli Exallievi di Don Bosco, ha presentato una breve panoramica sugli Exallievi di Don Bosco. Ha sottolineato la missione degli Exallievi, che comprende il servizio a favore della vita, la libertà e la verità, e come l’identità dell’Exallievo sia permeata in primo luogo dalla gratitudine e dall’amore verso Don Bosco. Poi ha anche indicato le sette attività strategiche che guideranno gli Exallievi di Don Bosco nel presente e nel futuro prossimo: il Camminare Insieme, la Famiglia Salesiana, la Spiritualità, la Comunicazione, la Solidarietà, la Missione (l’Africa come una delle aree prioritarie) e l’attenzione ai Giovani Exallievi.

I Delegati hanno avuto anche l’opportunità di visitare alcuni tra i più significativi luoghi salesiani intorno al Colle Don Bosco, come la casa natale di Don Bosco, e di conoscere la sua esperienza di famiglia. Il dott. Pierluigi Dovis, Direttore della Caritas Diocesana di Torino, ha poi guidato i Delegati per la FS attraverso la sua riflessione “I laici nella Chiesa e nella società”, che ha offerto a tutti i partecipanti alcuni punti molto forti su cui riflettere. Il relatore ha sottolineato l’importanza di rispettare il ruolo dei laici e di non vederli come quasi-sacerdoti o sostituti dei sacerdoti, ribadendo il concetto che i laici vadano riconosciuti e valorizzati in quanto laici.

Il Delegato Centrale del Rettor Maggiore per il Segretariato per la Famiglia Salesiana, don Joan Lluis Playà, da parte sua ha offerto un contributo sul tema della Pastorale Giovanile e la Famiglia Salesiana, nel quale ha messo in luce come una maggiore collaborazione tra i vari gruppi della Famiglia Salesiana e la Pastorale Giovanile sia una sfida da vincere a vari livelli, soprattutto in quello dell’accompagnamento dei giovani.

Le attività del corso di formazione proseguiranno ancora in questi giorni fino a giovedì 20 aprile.

Vai al sito

“Costruiamo comunità solidali – 30 anni di rete sociale salesiana in Italia”: a giugno assemblea nazionale

Si terrà a Roma, all’istituto Pio XI, dal 9 all’11 giugno l’assemblea nazionale 2023 di Salesiani per il Sociale “Costruiamo comunità solidali – 30 anni di rete sociale salesiana in Italia” . Continua il percorso intrapreso a settembre 2022 di Organizzare la Speranza che, a giugno, vedrà la condivisione di quanto raccolto in questi mesi di incontri territoriali e la presentazione delle linee programmatiche per i prossimi tre anni.

“Il prossimo 9 luglio festeggeremo i 30 anni della nostra rete sociale salesiana, fondata da salesiani lungimiranti e profetici – dichiara don Francesco Preite, presidente di Salesiani per il Sociale -. Un evento che ci riporta alle origini della scelta salesiana di una pastorale giovanile italiana che includa la dimensione del disagio e dell’emarginazione giovanile, e che oggi viene rilanciata fortemente dal Rettor Maggiore con l’opzione salesiana per i giovani ad alto rischio sociale come impegno per la giustizia, la pace e la cura del creato. L’emarginazione e disagio giovanile della Pastorale Giovanile Salesiana è denominata nella lettera del Rettor Maggiore con un’accezione più inclusiva: opere e servizi sociali. Le opere ed i servizi sociali sono una dimensione ed un ambiente della nostra Pastorale Giovanile che incontriamo nelle Comunità Educative Pastorali da Nord a Sud”.

I tre giorni di assemblea saranno organizzati con momenti formativi, tavole rotonde per discutere della rete associativa e conoscere l’esperienza dei territori. Ci sarà modo di ascoltare la voce delle istituzioni sulla riforma del Terzo Settore e gli aggiornamenti in corso.

“Insieme salesiani e laici possiamo compiere il passaggio verso una pastorale giovanile aperta, corresponsabile e connessa con i problemi del mondo e della gente: passare dall’io al noi, dal “si è sempre fatto così” alla novità dei segni dei tempi che richiedono competenze, innovazione, rinnovata passione educativa”, conclude don Francesco Preite.

Il programma:

 VENERDÌ 9 GIUGNO    

Ore 14,00 Arrivi e registrazione Assemblea

Ore 15,00 Saluti istituzionali

Presentazione Assemblea

Ore 15,30 Lectio Lc 7,11-17

Ore 16,00 I panel: Povertà educativa e giovani neet: quali risposte del Terzo Settore e quali le misure del governo italiano?

Ore 17,30 Break

Ore 18,00 II panel: Il processo dal basso visto dai territori.

Ore 20,00 Cena

Ore 21,30 Incontro per Comitati territoriali SxS

 SABATO 10 GIUGNO    

Ore 8,00 Santa Messa

Ore 9,00 III panel: L’opzione salesiana per i giovani ad alto rischio sociale e la corresponsabilità laicale nella costruzione di Comunità Educative Pastorali solidali. Come coniugare Pastorale Giovanile, corresponsabilità laicale e opere sociali nelle CEP locali?

Ore 11,00 Break

Ore 11,30 Laboratori di scrittura dal basso

Ore 13,00 Pranzo

Ore 15,30 Laboratori di scrittura dal basso

Ore 17,00 Break

Ore 17,30 Restituzione in Assemblea Salesiani per il sociale

Dialogo in Assemblea

Votazione del documento programmatico ad experimentum per un anno

Ore 20,00  Cena

Serata libera

 DOMENICA 11 GIUGNO      

Ore 9,00 Relazioni del presidente e presentazione del bilancio Elezione Organo di controllo

Interventi dei Soci, dibattito e votazioni Presentazione programmazione 2023-2024

Ore 12,00 Santa Messa

Ore 13,00  Pranzo

Per iscriversi c’è tempo fino al 21 maggio cliccando sul link sotto.

Per iscrizioni

Italia – I 75 anni di storia del “Borgo Ragazzi Don Bosco”

Dall’agenzia ANS

***

(ANS – Roma) – 75 anni fa, nella primavera del 1948, i salesiani di Roma guidavano la carovana di ragazzi che da via Marsala si spostava lungo via Prenestina fino ad arrivare a popolare quei cortili e quei capannoni che ancora oggi accolgono, educano e danno attenzione a centinaia di minori bisognosi e a rischio. Da quel momento nasceva il “Borgo dei Ragazzi di Don Bosco”, una piccola città in cui i ragazzi e le loro esigenze di crescita erano al centro dell’attenzione e della cura di tanti salesiani e di tante persone.

Quei giovani erano gli orfani accolti dai salesiani, che dopo la Seconda guerra mondiale avevano risposto con solerzia all’appello di papa Pio XII che raccomandava proprio ai figli di Don Bosco di prendersi cura della gioventù abbandonata e sola della Capitale.

Scriveva pochi mesi dopo l’Osservatore Romano e precisamente il 19 luglio 1948, all’indomani dell’inaugurazione ufficiale del Borgo Ragazzi don Bosco avvenuta il giorno precedente ad opera del card. Pizzardo: “Chi avrebbe pensato, qualche anno fa, che il vasto terreno circostante al Forte Prenestino sarebbe divenuto asilo di una moltitudine di ragazzi e che i capannoni, allestiti dai soldati e le vaste tettoie deposito di foraggi e di materiali, si sarebbero cambiati in chiesa, in teatro, in campi da giuoco e di liete riunioni? Eppure, la Provvidenza, che scherza con i disegni degli uomini ha compiuto questo miracolo, e pur non cambiando al vecchio forte la sua destinazione l’ha nobilitata: difesa sì, ma difesa spirituale di tanti ragazzi contro le forze dilaganti del male, contro le insidie e la corruzione della strada, contro l’abbandono e la decadenza sociale”. Un’appropriata riflessione, che si è trasformata in profezia anche per gli anni a seguire.

Da parte sua, un testimone della prima ora, don Luigi Pace, che fu l’Economo dei primi anni del Borgo, così descriveva quella realtà: “Chi si reca al Borgo per una breve visita, si accorge subito di trovarsi in un ambiente dove la vita salesiana è vissuta da mattina a sera, come in tante altre opere salesiane. Però si nota qui qualcosa di singolare che rende il Borgo diverso da tutti gli altri istituti. Qualcosa che lo rende subito simpatico al visitatore, che se ne parte ammirato e soddisfatto. […] Viene spontaneo domandarsi: qual è il segreto di questa vitalità? Quali sono gli elementi che concorrono, oltre alla grazia del Signore e al Sistema Preventivo di Don Bosco, a produrre frutti così abbondanti di bene? Due elementi ci danno la sua vera fisionomia: 1. Una modestia senza pretese; 2. Lo spirito di famiglia che in esso regna”.

In questi 75 anni la Provvidenza si è palesata in tanti modi e in tante persone: salesiani, collaboratori, benefattori, tanto che fin da subito il Borgo Ragazzi don Bosco fu definito “l’opera della Provvidenza a Roma per tanti ragazzi”.

E il presente viene costruito sulla scia di questa ricca storia. Ancora oggi il “Borgo Ragazzi Don Bosco” rimane fedele alla sua vocazione originaria, quella di essere una casa per tanti ragazzi e giovani che hanno avuto meno occasioni nella vita, per accompagnarli nello scoprire le loro ricchezze, per imparare un lavoro, per realizzare i loro sogni di una vita buona.

“Il futuro lo vediamo delinearsi davanti a noi con esigenze in parte simili e in parte diverse. Cambiano i ragazzi e cambiano le loro condizioni, le loro esigenze pratiche, la loro provenienza, non cambia il loro desiderio di costruirsi un futuro degno e felice. Il nostro impegno è quello di continuare ad aiutarli nel fare ciò” affermano oggi i salesiani responsabili del Borgo Ragazzi Don Bosco.

Vai alla notizia

Il Beato Rolando Maria Rivi

Da NPG di dicembre.

di Emilio Bonicelli

Nevicava forte la notte del 7 gennaio quando, sul colle di San Valentino, nella casa del Poggiolo, a Castellarano RE, nacque Rolando. Il giorno dopo i genitori lo portarono nella vicina e antica Pieve perché fosse battezzato e lo affidarono alla Madonna del Carmelo. Il suo nome completo è, infatti, Rolando Maria Rivi.
Era un bambino allegro, vivacissimo, sempre in moto, un fuoco ardente. Nessuno riusciva a tenerlo fermo. Entusiasta della vita, intelligente e dotato di una memoria straordinaria, era il più scatenato nei giochi, il più veloce nelle corse e il più creativo nell’inventare sempre nuove birichinate. Per questo era anche il più amato dagli amici per ogni svago.

Santo o brigante

Osservando Rolando che non conosceva mezze misure e si gettava con foga in ogni nuova avventura, la nonna Anna, diceva: “Diventerà un santo o un brigante”. Un incontro decisivo contribuì però a orientarlo nella giusta direzione.
Quando Rolando aveva tre anni nella Parrocchia di San Valentino arrivò un nuovo parroco, don Olinto Marzocchini. Era un sacerdote di fede viva, di intensa umanità, di grande cultura. Con il suo passo lungo e frettoloso, con sempre indosso l’abito talare, don Olinto si recava di casolare in casolare a portare conforto agli ammalati e aiuto alle famiglie più povere.
Crescendo Rolando aveva iniziato a interrogarsi su che cosa avrebbe voluto fare da grande. Quel sacerdote che spiegava a tutti con chiarezza il significato della vita; quel sacerdote cui tutti gli abitanti del paese si rivolgevano, con affetto e rispetto; quel sacerdote che si spendeva senza limiti per il bene di ogni persona, lo affascinava. Gli sarebbe piaciuto da grande essere come lui.
Così Rolando comunicò ai genitori che, terminata la scuola elementare, voleva continuare gli studi in seminario e diventare sacerdote. Fu una sua libera scelta, che stupì il papà e la mamma. Mai avrebbero immaginato che in quel ragazzo, scatenato nei giochi e campione nelle birichinate, potesse fiorire la vocazione religiosa.

Giovane seminarista

A 11 anni, nell’ottobre del 1942, Rolando entrò nel seminario di Marola (Carpineti RE), e vestì per la prima volta l’abito talare. Non lo lascerà più sino al martirio. Aveva un desiderio nel cuore: diventare sacerdote e missionario.
In Rolando furono evidenti in quel periodo i segni di un cambiamento interiore. Il fuoco giovane di vita che ardeva in lui cresceva, insieme al suo carattere esuberante, ma ora tutto era orientato a un nuovo centro affettivo, a un grande Amico. Il giovane seminarista dava voce a questo cambiamento con solo quattro parole, che spesso ripeteva: “Io sono di Gesù”. Una sintesi mirabile della nostra identità cristiana: noi apparteniamo al Signore, che ci ha voluti, ci ama e ci attende.
Quando Rolando entrò in seminario, l’Italia era già in guerra e anche a Marola erano progressivamente cresciute le preoccupazioni per le notizie di bombardamenti, stragi, distruzioni, rastrellamenti che avevano coinvolto anche alcuni vicini paesi dell’Appennino reggiano.
Poi il 22 giugno 1944 i nazisti fecero irruzione nel seminario e lo trasformarono in una propria base logistica. I ragazzi ritornarono a casa e fu chiaro che il seminario non avrebbe potuto riprendere la propria attività sino a quando la guerra non fosse finita.

Testimone della verità

Tornato a casa Rolando decise di continuare, per quanto possibile, a fare vita da seminarista vestendo sempre l’abito talare. I familiari e gli amici notavano il profondo cambiamento avvenuto. Era sempre lui, ma diverso: il più scatenato nei giochi era ora anche il più assorto nella preghiera; il più discolo non aveva perso il suo carattere esuberante, ma era diventato un maestro, il cui entusiasmo suscitava negli altri ragazzi il desiderio di imparare da lui a seguire Cristo.
In paese, però, era diventato pericoloso proclamarsi pubblicamente amici di Gesù come faceva Rolando. Sul finire della seconda guerra mondiale, infatti, soprattutto in alcune zone dell’Emilia Romagna, si era diffuso, insieme all’affermarsi dell’ideologia comunista, un clima di forte ostilità verso i sacerdoti e verso ogni espressione pubblica della fede.
Il pericolo, dunque, era concreto e gli altri seminaristi della zona avevano lasciato l’abito talare. Anche la mamma Albertina, quando Rolando rientrava a casa, dopo la Messa del mattino, gli diceva: “Togliti la veste”, ma lui rispondeva: “Mamma non posso. È il segno che sono di Gesù”.
Più Rolando testimoniava pubblicamente la propria fede, più diventava un punto di riferimento per gli altri giovani, più cresceva l’odio contro di lui.

Il martirio

La mattina del 10 aprile 1945 due partigiani comunisti di San Valentino, che facevano parte di una formazione acquartierata sull’appennino modenese, si misero in azione. Dopo la Santa Messa, come faceva di solito, Rolando era andato a studiare vicino a un boschetto non lontano da casa. Lì i partigiani lo sorpresero, gli puntarono le armi, lo costrinsero a seguirli sino alla loro base, un vecchio casolare a Piane di Monchio (MO). Qui lo chiusero in uno stanzino vicino alla porcilaia, improvvisata e orribile prigione.
Da quel momento tutto quello che accadde a Rolando fu come un rinnovarsi in lui della passione di Cristo.
Contro il giovane seminarista, fatto prigioniero, fu inscenato un processo farsa, con false accuse, e di lui dissero: “sei una spia”. Come il processo di fronte a Caifa, dove Gesù fu accusato di essere un bestemmiatore.
Allora frustarono con odio Rolando, così raccontano i testimoni, con la cinghia dei pantaloni, fino a lacerargli la carne. Come il flagello con cui colpirono Gesù. I persecutori strapparono di dosso al seminarista la talare, quella veste che il ragazzo tanto amava, perché segno visibile della sua appartenenza a Cristo e alla Chiesa. Come il Signore, spogliato delle vesti e schernito dai soldati romani. Poi i partigiani arrotolarono la talare e, in segno di disprezzo, la presero a calci. Nessuno può immaginare quanto dolore provocò questo fatto nel ragazzo che si sentiva ferito negli ideali di bontà, di verità, di bellezza che quell’abito rappresentava.
Il 13 aprile 1945, era un venerdì pomeriggio, lo stesso giorno della morte di Gesù sulla croce, Rolando fu ucciso, in odio alla sua fede cristiana, dopo essere stato trascinato in un bosco, dove tutto era pronto per il suo supplizio. Il commissario politico del gruppo, sparò due colpi di pistola contro il giovane seminarista, mentre questi, in ginocchio, pregava per il suo papà e la sua mamma.
Pregava e nessuno, né le offese, né le percosse, né le umiliazioni, né le torture, né la stessa morte, riuscirono a strapparlo dalla mano del suo grande Amico. Là dove l’ideologia, la violenza e l’odio della guerra sembravano dominare incontrastati, Rolando fece risuonare alto il suo amore a Cristo morto e risorto.

Accolto come martire

Intanto il padre Roberto e il suo parroco, don Alberto, stavano cercando da giorni il ragazzo, ma giunsero sul luogo del martirio solo al sabato sera, quando tutto si era già compiuto. Ormai faceva buio. A Roberto e don Alberto non rimase altra scelta, se non quella di tornare a Monchio, il paese più vicino, per trascorrere la notte nella Casa canonica.
Il giorno dopo il sabato, il 15 aprile 1945, terza domenica del tempo di Pasqua, il papà e don Alberto si recarono di buon mattino nel bosco del martirio, per riavere Rolando. Il corpo del seminarista fu portato nella chiesa di Santa Maria Assunta a Monchio, per celebrare il funerale cristiano, e poi fu deposto nel vicino cimitero.
A guerra finita, il 29 maggio 1945, il papà Roberto riportò la salma del figlio al suo paese, su un biroccio trainato da un cavallo. Gli amici e gli abitanti di San Valentino gli andarono incontro in località Montadella. Poi il lungo corteo si radunò in chiesa. Tutti si unirono in preghiera e spontaneamente riconobbero Rolando come martire della fede. Le campane, silenziate durante la guerra dai nazisti, tornarono a suonare e le bandiere dell’Azione Cattolica, proibite durante il fascismo, tornarono a sventolare. Fu una festa della libertà religiosa.
Nel dopoguerra la memoria di Rolando e del suo martirio è rimasta viva e si è progressivamente diffusa, ma in modo discreto, quasi sotterraneo, come un seme che, deposto nella terra, lentamente germoglia.

Continua a leggere
\n\n\n
Abbonamenti

Brescia, al via il progetto di formazione lavoro “Future4steel”

Dal sito di informazione Qui Brescia.

***

Brescia. È iniziato il percorso di formazione che porterà 20 ragazzi ad apprendere le conoscenze e le competenze tecnico-pratiche necessarie per diventare manutentori del settore
siderurgico.
Si tratta di “Future4steel”, il progetto IFTS promosso da ITS Lombardia Meccatronica e Acciaierie Venete spa, Asonext spa, Duferco Travi e Profilati spa e Feralpi Group all’interno del progetto Academy Siderurgica, con la collaborazione di Randstad, presentato questa mattina presso il CNOS-FAP di Brescia.
A dare il benvenuto ai ragazzi nell’ avvio ufficiale del percorso, sono stati la Consigliera della Regione Lombardia Claudia Carzeri, il Direttore di Salesiani Lombardia per la Formazione ed il Lavoro – CNOS-FAP Floriano Crotti, la Responsabile del Settore Education e Capitale Umano di Confindustria Brescia Alessandra Ideo e la Regional Director Randstad Stefania Lovati.

I ragazzi hanno potuto visitare assieme alle proprie famiglie i laboratori per poi ascoltare l’intervento conclusivo di Henk Held: ex giocatore, campione olimpico e allenatore di pallavolo e testimonial di Randstad Sport. Al centro della sua testimonianza i temi legati al lavoro di squadra, all’impegno e alla performance.
I 20 ragazzi bresciani – tutti diplomati con meno di 25 anni – selezionati da Randstad tra i migliori profili del territorio, sono entrati in aula per la prima lezione lo scorso 22 novembre all’Istituto Salesiano Don Bosco di Brescia. È solo l’inizio di un percorso di apprendistato professionalizzante di 7 mesi, che li porterà a compiere 400 ore di formazione in aula e altre 400 ore di training on the job presso le aziende partner, a cui si aggiungeranno ulteriori attività di apprendimento.

Il percorso si concluderà con il conseguimento della qualifica professionale di esperto in tecniche di installazione e manutenzione di impianti civili e industriali, tuttavia tutti i partecipanti hanno già in tasca un contratto di lavoro: i ragazzi, infatti, già oggi sono assunti con contratto di apprendistato di primo livello dalle aziende partecipanti. Un’opportunità di inserimento che ha attirato grande interesse tra i candidati, da cui sono stati selezionati i migliori talenti.
I 20 studenti provengono prevalentemente da percorsi di formazione superiore in ambito tecnico, come meccanica, elettromeccanica, automazione, manutenzione e assistenza tecnica; non mancano però i diplomati in altre discipline, come chimica, informatica e grafica. Alcuni hanno già esperienze lavorative alle spalle, ma per la maggior parte di loro si tratti del primo ingresso nel mondo del lavoro.

Vai alla notizia

Intervista a Lodovica Zanet: “Dal Mihi animas un ‘commercio’ di anime per la salvezza dei giovani”

Dammi le anime! La scritta a Valdocco fa capire a Domenico Savio che c’è un ‘commercio’ di anime, ma Don Bosco non le vuole solo per sé, è bensì il tifoso che vuole la salvezza delle anime della loro squadra”: Lodovica Zanet, intervistata da don Flaviano D’Ercoli nell’ambito della terza edizione degli incontri di approfondimento delle Linee Programmatiche del Rettor Maggiore dopo il Capitolo Generale 28, organizzati dalla CISI Formazione dai Tabernacoli Viventi, spiega il motto che Don Bosco aveva messo a Valdocco e che aveva suscitato la curiosità di Domenico Savio da punto di vista della santità salesiana.

Nell’intervista, è stato forte il richiamo a San Francesco di Sales, punto di riferimento per Don Bosco che aveva l’obiettivo della salvezza delle anime: “I Santi salesiani non hanno goduto di condizioni favorevoli per il loro cammino di santità però come Don Bosco hanno spinto l’amore al massimo, anche in circostanze difficili sono riusciti a fare cose incredibili”.

Per guardare l’intervista completa:

 

 

 

 

Vaticano: statistiche della Chiesa Cattolica 2022, una forte motivazione ad uscire all’incontro

In occasione della 96ª Giornata Missionaria Mondiale, celebrata domenica 23 ottobre 2022, l’Agenzia Fides, l’agenzia di stampa delle Pontificie Opere Missionarie, ha diffuso alcune statistiche scelte in modo da offrire un quadro panoramico della Chiesa nel mondo. Di seguito la notizia pubblicata dal sito ANS.

***

Domenica 23 ottobre 2022, in tutta la Chiesa Cattolica si è celebrata la 96ª Giornata Missionaria Mondiale, all’insegna del Messaggio rilasciato da Papa Francesco per l’occasione, “Di me sarete testimoni (At 1,8)”.

Come da tradizione, in vista di questa giornata, l’Agenzia Fides, l’agenzia di stampa delle Pontificie Opere Missionarie, ha diffuso alcune statistiche scelte in modo da offrire un quadro panoramico della Chiesa nel mondo. La Giornata Missionaria Mondiale e queste statistiche offrono insieme un’occasione speciale per conoscere e sostenere l’impulso missionario della Chiesa.

Anche se ciascuna delle Ispettorie salesiane celebra in periodi diversi dell’anno la “Giornata Missionaria Salesiana” a livello ispettoriale (quella del 2022 dedicata al tema “Comunicare Cristo oggi, #Missionari online”), la Giornata Missionaria Mondiale offre a tutti un’ottima opportunità per crescere in comunione con l’intera comunità missionaria cattolica mondiale.

Ecco alcuni “spunti” a margine di questa ricorrenza annuale:

  • Leggere e condividere il messaggio del Santo Padre per la Giornata e approfondire il suo sogno di “Una Chiesa totalmente missionaria”.
  • Leggere e riflettere sulle Statistiche della Chiesa Cattolica 2022: in un solo anno la popolazione cattolica è cresciuta di 15 milioni. L’aumento interessa quattro continenti, tranne l’Oceania. I sacerdoti diminuiscono (-4117, per un totale di 410.219 sacerdoti complessivi, sia religiosi, sia diocesani), i diaconi permanenti aumentano (+397, per un totale di 48.635), i religiosi non sacerdoti aumentano (+274, per un totale di 50.569), i seminaristi maggiori, diocesani e religiosi, diminuiscono (=2203, per un totale di 111.855).
  • Di solito la migliore animazione missionaria è la vita stessa dei missionari, che trasmettono le loro esperienze di vita: l’invito è dunque a leggere e diffondere le interviste ai nuovi missionari SDB, come, ad esempio, quelle presentate in occasione della 153° Spedizione Missionaria Salesiana, tutte sempre accessibili sul sito di ANS); ma anche conoscere quelli presenti nella propria Ispettoria o da lì partiti per altri territori: ad esempio, l’elenco dell’Ispettoria di VIE 2022-2023 presenta, oltre ai 353 salesiani membri, anche 113 missionari ad gentes e 55 missionari inviati nell’ispettoria di VIE negli ultimi 70 anni, cioè a partire dall’avvio della presenza salesiana in quel Paese.
  • La comunità cattolica nel mondo cresce, e lo fa in modo particolare nel continente africano. Può essere opportuno dedicare qualche minuto di tempo a capire che tipo di vocazioni e istituzioni ecclesiali stanno crescendo in questa dinamica parte del mondo.
  • Guardare insieme nelle comunità qualche video o filmato di interviste a missionari, come don Vincenzo Donati, 94 anni, già missionario in Giappone, Corea del Sud e Sudan, ora ancora attivo, come appassionato Direttore della banda musicale, presso la comunità del prenoviziato salesiano di Nairobi, in Kenya.
  • Pensare e agire per sostenere con un piccolo gesto di solidarietà qualche opera missionaria nel bisogno, come “Radio Don Bosco” in Bolivia – il progetto sostenuto dalla Giornata Missionaria Salesiana 2022.
Vai alla notizia

Gli Exallievi di Don Bosco sbarcano su Instagram: “Ci mettiamo in gioco per costruire un futuro migliore”

Dal 3 ottobre è online la nuova pagina Instagram della Federazione Italiana degli Exallievi/e di Don Bosco. Gli Exallievi, come ci ricorda il primo reel condiviso sul profilo, non sono soltanto gli ex alunni di una scuola salesiana, bensì sono tutti quegli onesti cittadini che hanno frequentato e frequentano in qualche modo una casa o un ambiente salesiano, che condividono il sistema educativo ed operano oggi seguendo il carisma di Don Bosco. Il prefisso Ex- infatti indica “ciò che deriva da”, mettendo in gioco nel presente ciò che si è maturato quando si era “allievi”, per poter costruire un futuro migliore. E proprio per costruire questo futuro che avviene la creazione di questa pagina Instagram, inserendosi in un progetto più grande di rinnovamento della strategia di comunicazione degli Exallievi italiani. Chiunque voglia seguire questo progetto e scoprire cosa può seguire i link:

Pagina Instagram
Link al reel

 

 

 

 

Sentirsi Caino. Verso percorsi di riconciliazione

Da Note di Pastorale Giovanile.

di Carlo Roberto Maria Redaelli, Arcivescovo di Gorizia

Ci troviamo qui stasera in luogo pieno di storia. Anche con intrecci curiosi. Alle mie spalle, lì sulla collina, dove si vede il convento francescano di Castagnevizza – siamo già al di là del confine… – si trova sepolto l’ultimo re di Francia, Carlo X, in esilio dopo la rivoluzione del 1830.
Queste montagne e queste valli sono state il luogo di sanguinose battaglie della prima guerra mondiale: qui passava il fronte tra l’Italia e l’impero austroungarico di cui Gorizia era allora parte. Una guerra assurda e sanguinosa. Non lontano da qui, sul Carso, il sacrario di Redipuglia – “cimitero” l’ha chiamato giustamente papa Francesco quando lo ha visitato nel settembre del 2014 (e spesso ricorda quel suo pellegrinaggio che lo ha portato a piangere) – sono sepolti oltre 100.000 morti, quasi 15.000 nel vicino cimitero austro-ungarico. Lì davanti si intravvede sulla collina, in una frazione di Gorizia, il sacrario di Oslavia con più di 57.000 giovani soldati uccisi dalla guerra. Di fronte a me il Monte Sabotino e a fianco il Monte santo e il San Gabriele, teatro di sconti violentissimi. Il San Gabriele, poco più di una collina, il punto più avanzato dove riuscì ad arrivare l’esercito italiano nel 1917, in 9 giorni è stato preso e conquistato 5 volte dagli italiani, impiegando 700 cannoni, 45.000 proiettili e costando 17.000 morti.
Per non citare la seconda guerra mondiale, con l’ultima battaglia nella foresta di Tarnova tra i soldati italiani e i partigiani titini e le foibe e tutto il resto. E questa divisione assurda in due di una città.
Fino a un paio di settimane fa qui c’era ancora la recinzione alta un paio di metri che spaccava in due questa piazza attribuendo alla Jugoslavia (ora alla Slovenia) una delle stazioni più belle di Gorizia: la stazione Transalpina, da cui i treni partivano per andare verso nord.
Ma il confine aveva diviso piazze, strade, terreni, case, con episodi curiosi e tragici: un cimitero diviso in due qui vicino a Merna/Miren; le case scambiate tra due famiglie amiche (me lo ha raccontato qualche anno fa una signora allora bambina), una che aveva deciso di passare nella parte italiana e l’altra di andare in quella jugolasva.
Ma anche con momenti di grande forza morale e di testimonianza evangelica, come quando a un giovane seminarista sloveno scappato dalla parte italiana, al quale i titini avevano ucciso papà e fratelli, la mamma, restata al di là del confine, aveva urlato il giorno dell’ordinazione che poteva diventare prete solo se perdonava.
Tanto dolore, provocato dalla guerra e dalle uccisioni, che dura a lungo nel tempo. Ricordo, arrivato a Gorizia da un paio d’anni, di essere stato invitato a bere un caffè a un bar da una famiglia da poco conosciuta. Mentre ero seduto al tavolino, la bambina, di sei o sette anni, mi tira per la giacca e mi dice: “Vescovo, lo sai che gli sloveni sono cattivi?”. Io rispondo che non era vero, che tutti sono bravi. E lei mi controbatte, lasciandomi senza parole: “Sì, perché hanno ucciso mio nonno”.
Quante memorie, emozioni, ricordi sono concentrati qui. Ma c’è anche tanta voglia di riconciliazione, di perdono, di pace e di fraternità. Cito solo l’associazione, “Concordia et pax” che da decenni cerca e propone segni di riconciliazione. Il presidente, un italiano, ha avuto il papà gettato in una foiba…
Come si fa a realizzare qui e altrove percorsi di riconciliazione? Anzitutto sentendosi tutti Caino. Qualche volta mi è capitato di ascoltare discussioni su chi, da una parte o dall’altra, ha avuto più morti uccisi dalla parte avversa. Ma se uno è stato di meno Caino, non per questo è diventato Abele!
E poi lavorare sempre per la pace: sempre! Perché chi lavora per la guerra, lo fa sempre: non ha ferie, non ha interruzioni. È come nella vita spirituale, se si sta fermi, in realtà si va indietro.
Lavorare con realismo e concretezza: ci sono sentimenti da controllare, gesti di riconciliazione da fare, capacità di mediazione da sviluppare, complessità da riconoscere, umiltà da vivere.
Tra l’altro la pace non può essere un valore assoluto e isolato dagli altri: se non c’è giustizia, libertà, riconciliazione, accoglienza, ecc. non può esserci pace. Ce lo ricordano da decenni ogni primo dell’anno i messaggi dei papi per la giornata mondiale della pace.
A voi che siete responsabili della pastorale giovanile nelle nostre diocesi, ricordo che il lavoro educativo per la pace si deve fare sempre e non solo quando siamo tutti coinvolti dall’emozione di una guerra vicina.
Senza mai dimenticare che è la Parola di Dio ciò che dà speranza. Che dice che solo Cristo è capace di abbattere il muro, anzitutto dentro il cuore. Da noi si dice che qualcuno, anche se il confine fisico è sparito da 30 anni, ha ancora il confine in testa…
E la Parola ci svela il mistero della croce. Proprio pensando ai tanti morti il cui sangue ha bagnato come fiumi questa magnifica terra, non mi è difficile capire il perché della croce: il massimo della nostra cattiveria. Abbiamo ucciso lo stesso Figlio di Dio. Ma la croce è anche il massimo dell’amore. Quello di Dio, che è il fondamento di ogni perdono, di ogni pace, di ogni riconciliazione, di ogni fratellanza.
Per questo vi chiedo di recitare qui con me il Padre nostro. Lo farò con voi in sloveno:

Oče naš ki si v nebesih,
posvečeno bodi tvoje ime,
pridi k nam tvoje kraljestvo,
zgodi se tvoja volja
kakor v nebesih tako na zemlji.
Daj nam danes naš vsakdanji kruh
in odpusti nam naše dolge,
kakor tudi mi odpuščamo svojim dolžnikom,
in ne vpelji nas v skušnjavo,
temveč reši nas hudega.
Amen.