CHRISTUS VIVIT – Guida alla lettura

a cura di padre Giacomo Costa sj e don Rossano Sala sdb
Segretari Speciali del Sinodo

Lo scorso 25 marzo papa Francesco ha lasciato il Vaticano per una brevissima visita a Loreto: dentro la Santa Casa – un luogo quanto mai simbolico – ha firmato l’Esortazione Apostolica Postsinodale Christus vivit. Rivolto ai giovani cristiani di tutto il mondo e all’intero popolo di Dio (cfr CV 3), questo documento rappresenta un ulteriore passo nel percorso, cominciato nell’ottobre del 2016, con cui la Chiesa si è interrogata sul tema “I giovani, la fede, il discernimento vocazionale”. Un lungo cammino preparatorio, che ha sollecitato il contributo di tutte le Conferenze Episcopali del mondo e offerto varie opportunità di ascoltare direttamente la voce dei giovani, ha condotto, nel mese di ottobre 2018, alla celebrazione della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Questa ha concluso i propri lavori con l’approvazione di un DF, presentato al Pontefice e reso pubblico in vista della fase attuativa che impegnerà tutte le Chiese particolari.

In una Chiesa che vede nel “fare sinodo” o, in parole più accessibili, nel “camminare insieme” la propria cifra identitaria, il testo si pone espressamente nel seguito di tutti i passi precedenti del percorso sinodale e apre la strada a compierne di nuovi. In particolare lo si può intendere come una rilettura meditata e dialogica, di particolare significato per la sua autorità, del DF e dei lavori dell’Assemblea a cui papa Francesco ha personalmente preso parte. Ciò è affermato con chiarezza fin dall’inizio, rinviando all’insieme del DF, che viene quindi assunto al di là dei parecchi passi testualmente citati e di quelli, assai più numerosi, di cui si coglie nella CV un’eco e un rilancio:

Mi sono lasciato ispirare dalla ricchezza delle riflessioni e dei dialoghi del Sinodo dell’anno scorso. Non potrò raccogliere qui tutti i contributi, che potrete leggere nel Documento Finale, ma ho cercato di recepire, nella stesura di questa lettera, le proposte che mi sembravano più significative. In questo modo, la mia parola sarà arricchita da migliaia di voci di credenti di tutto il mondo che hanno fatto arrivare le loro opinioni al Sinodo. Anche i giovani non credenti, che hanno voluto partecipare con le loro riflessioni, hanno proposto questioni che hanno fatto nascere in me nuove domande (CV 4).

A tutto ciò, papa Francesco unisce anche gli stimoli di numerose Conferenze Episcopali di tutto il mondo e alcuni tocchi più personali, che rinviano all’America latina e a figure della Compagnia di Gesù, quali Pedro Arrupe e Alberto Hurtado. Nelle pagine che seguono offriremo una prima presentazione del contenuto della CV.

1. Un dialogo tra generazioni

CV comincia esprimendo l’intenzione di aprire un dialogo con i giovani e al suo interno alterna passi in cui si rivolge direttamente al lettore e altri di discorso indiretto. Papa Francesco non separa i giovani dal resto della Chiesa, ma attraverso di loro intende rivolgersi a tutti i cristiani. Come l’Assemblea sinodale aveva rimarcato con forza, i giovani sono protagonisti del nostro tempo e membra attive della Chiesa, non oggetto di discorsi che calano su di loro dall’alto. Fondamentali sono quindi le relazioni tra le generazioni, a partire da una profezia di Gioele e dai lavori dell’Assemblea sinodale (cfr CV 192-201):

Nella profezia di Gioele troviamo un annuncio che ci permette di capire questo in un modo molto bello. Dice così: «Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni» (Gl 3,1; cfr At 2,17). Se i giovani e gli anziani si aprono allo Spirito Santo, insieme producono una combinazione meravigliosa. Gli anziani sognano e i giovani hanno visioni. In che modo le due cose si completano a vicenda? (CV 192).

Secondo le modalità espressive e comunicative tipiche del nostro mondo, il testo della CV non si presenta come un percorso strutturato, dichiarato all’inizio e poi svolto in modo geometrico, ma alterna generi e modalità di interlocuzione e argomentazione. Leggendolo, viene da chiedersi se il formato testuale classico a cui è consegnato non gli stia addirittura stretto e se il messaggio non risulterebbe più fruibile tramite il ricorso alle tecnologie comunicative multimediali oggi disponibili, che consentono di articolare una pluralità di linguaggi, compreso quello delle immagini e dei video, e permettono al fruitore di muoversi anche lungo traiettorie non lineari grazie alla rete dei link. Si tratta di potenzialità comunicative che finora il magistero della Chiesa non ha utilizzato, ma che sarebbe bene cominciare a esplorare per poter raggiungere con maggiore efficacia generazioni sempre più numerose che crescono in una cultura multimediale e non solo in quella della parola scritta. Si tratta in ogni caso di un testo “poliedrico”, che articola una pluralità di approcci e di percorsi al suo interno. Una seconda lettura consente però di far emergere una struttura, che resta delicatamente sottotraccia e non si impone, ma a cui il lettore si può appoggiare. I nove capitoli che compongono il testo possono essere raggruppati tre a tre. Ci sembra legittimo riconoscere in questi tre blocchi la scansione dei passi del processo di discernimento – riconoscere, interpretare, scegliere – su cui si erano articolati i lavori dell’Assemblea sinodale e che serve da struttura portante del DF, con cui CV si pone costantemente in dialogo.

2. In ascolto della realtà

Il primo blocco (capp. 1-3) riprende il lavoro di ascolto della realtà a cui si era dedicata l’Assemblea sinodale a partire dai materiali preparatori per un discernimento condiviso. L’obiettivo è di cominciare lasciando spazio a quello che emerge quando la Parola di Dio incontra i giovani e interagisce con le relazioni che essi tessono tra di loro, all’interno delle famiglie, delle comunità, delle società. Solo così gli eventi dischiuderanno il loro significato e offriranno stimoli a un discernimento che punta a riconoscere la volontà di Dio non in astratto, ma nella concretezza della storia e persino della quotidianità.
Il punto di partenza è perciò la Parola di Dio, e in particolare i molti incontri di giovani con il Signore che essa narra (cap. 1). Tuttavia non è solo nei racconti della Scrittura che Gesù incontra i giovani; egli è Parola vivente, Colui che fa nuova ogni cosa, l’eternamente giovane (cfr CV 13) in quanto «Essere giovani, più che un’età, è uno stato del cuore» (CV 34).
Il secondo capitolo intreccia questa Parola con le nostre vite: in ogni epoca, compresa la nostra, è proprio l’incontro con Gesù a illuminare la vita dei giovani e quella di tutta la Chiesa, chiamata a rinnovarsi continuamente proprio per ritornare al «suo primo amore» (CV 34) e così riuscire a entrare in contatto con i giovani in un tempo in cui molti «non la ritengono significativa per la loro esistenza» e le chiedono piuttosto di lasciarli in pace (cfr CV 40, che riprende sia DF 53 che IL 66).
Tra l’altro sono proprio i giovani che la possono “evangelizzare” e aiutare a mantenersi giovane, a non cadere nella corruzione, a non trasformarsi in setta, ad essere testimone autenticamente povera e umile:

Sono proprio i giovani che possono aiutarla a rimanere giovane, a non cadere nella corruzione, a non fermarsi, a non inorgoglirsi, a non trasformarsi in una setta, ad essere più povera e capace di testimonianza, a stare vicino agli ultimi e agli scartati, a lottare per la giustizia, a lasciarsi interpellare con umiltà (CV 37).

La giovinezza di Gesù e la perenne novità del Vangelo si manifestano con forza nella vita di Maria e in quella dei tanti giovani capaci di raggiungere la santità; vengono così ricordati giovani santi vissuti in tutte le epoche della storia, in tutti i continenti e in tutte le culture.
Solo a questo punto si è pronti a passare in rassegna la situazione dei giovani nel mondo contemporaneo (cap. 3): più lo sguardo è animato da fiducia e speranza, più può permettersi di lasciare emergere anche ombre e difficoltà. L’obiettivo del capitolo è scongiurare il rischio di pensare ai giovani in modo astratto o stereotipato (in positivo o in negativo), per mettere al centro dell’attenzione la loro vita reale (CV 71), a partire dalla enorme varietà delle condizioni in cui si trovano:

La gioventù non è un oggetto che può essere analizzato in termini astratti. In realtà, “la gioventù” non esiste, esistono i giovani con le loro vite concrete. Nel mondo di oggi, pieno di progressi, tante di queste vite sono esposte alla sofferenza e alla manipolazione (CV 71).

Del resto, era stata proprio l’Assemblea sinodale a indicare come particolarmente appropriata al nostro mondo la possibilità che alcune lingue hanno di parlare di “gioventù” al plurale (cfr DF 10 e CV 68).
Dal DF l’esortazione riprende, quasi alla lettera, la trattazione di tre situazioni che assurgono a cifra della condizione dei giovani (e non solo) nel mondo di oggi. La prima è la crescente pervasività dell’ambiente digitale, con tutte le sue potenzialità come occasione di incontro e dialogo, ma anche le sue ombre e i suoi rischi di manipolazione e sfruttamento (CV 86-90). La seconda è la condizione dei migranti, autentico paradigma del nostro tempo e della condizione dei credenti, che la Lettera agli ebrei definisce «stranieri e pellegrini» (CV 91-94). Il terzo nodo affrontato è l’emergenza degli abusi, rispetto a cui si ribadisce, anche sulla scorta dell’Incontro su “La protezione dei minori nella Chiesa” (21-24 febbraio 2019), la necessità di trasparenza, l’impossibilità di fare marcia indietro in materia di misure di prevenzione e la richiesta ai giovani di collaborare per trasformare questa crisi in una opportunità di autentica riforma della Chiesa (CV 95-102).
Pur nello sforzo di analizzare la realtà socio-culturale, l’intenzione di questa prima sezione resta profondamente spirituale: l’obiettivo non è accumulare dati, ma fare appello alla capacità di piangere, cioè alla disponibilità dei cristiani, della Chiesa e della società di provare nei confronti dei giovani, specie quelli che patiscono violenze e ingiustizie, sentimenti di autentica maternità (CV 75-76). Ugualmente spirituale è la conclusione del terzo capitolo, che invita alla speranza: i giovani – si fa l’esempio del Venerabile Carlo Acutis (CV 104-106) – hanno le risorse di creatività per abitare il nostro mondo senza lasciarsi schiacciare dalle sue contraddizioni e ad esse papa Francesco fa appello. Compete alle Chiese locali approfondire l’analisi del mondo giovanile di ciascun territorio, per predisporre le linee pastorali più appropriate (CV 103).

3. Al cuore del testo

Il secondo blocco di tre capitoli rappresenta il cuore e il fulcro dell’intera esortazione, che rende ragione anche del suo titolo. A ciascun giovane, nelle circostanze concrete in cui si trova, la Chiesa non ha altro da offrire se non l’incontro con quel Dio vivo che essa continua a sperimentare come amore, come salvezza e come fonte di vita, sapendo che sarà questo incontro a dischiudere nuove possibilità di orientamento per la vita di ciascuno, cioè a diventare chiamata e vocazione. L’obiettivo dei tre capitoli è far emergere– è questo il cuore di un vero e proprio cammino di discernimento – quale sia il dinamismo che mette in moto una risposta autentica alla voglia di vita che la giovinezza porta con sé e che il Signore non vuole spegnere, o invece che cosa è un inganno che manipola e asservisce.
Papa Francesco comincia quindi, nel capitolo quarto, rivolgendo direttamente, in seconda persona, a ciascun giovane l’annuncio che viene dalla fede: Dio ti ama; Gesù Cristo ti salva, è vivo e desidera che tu viva; Egli è sempre con te e non ti abbandona! Dando corpo con semplicità e profondità a queste frasi, Egli mostra così nella pratica che cosa significa attuare il n. 133 del DF, che ribadiva la centralità dell’«annuncio di Gesù Cristo, morto e risorto, che ci ha rivelato il Padre e donato lo Spirito» come dono irrinunciabile da offrire ai giovani e come questo sia intrinsecamente anche una chiamata che scuote e invita a mettere in gioco la propria libertà.
Questo appello appassionato ad entrare in una autentica relazione di salvezza e di amicizia offre la prospettiva al cui interno considerare gli itinerari dei giovani e le decisioni che sono chiamati a prendere, da quelle legate all’impegno professionale, sociale e politico, a quelle che riguardano la configurazione complessiva dell’esistenza (cap. 5):

Come si vive la giovinezza quando ci lasciamo illuminare e trasformare dal grande annuncio del Vangelo? È importante porsi questa domanda, perché la giovinezza, più che un vanto, è un dono di Dio: «Essere giovani è una grazia, una fortuna». È un dono che possiamo sprecare inutilmente, oppure possiamo riceverlo con gratitudine e viverlo in pienezza (CV 134).

Tornano in questa pagine espressioni care a papa Francesco e a cui ricorre spesso quando si rivolge ai giovani: l’importanza di osare e rischiare, di agire anche a costo di commettere errori, piuttosto che rimanere al balcone o sul divano. I giovani che ha in mente papa Francesco sono quelli capaci di scendere in strada per chiedere un mondo più giusto diventando protagonisti del cambiamento:

I giovani nelle strade. Sono giovani che vogliono essere protagonisti del cambiamento. Per favore, non lasciate che altri siano protagonisti del cambiamento! Voi siete quelli che hanno il futuro! Attraverso di voi entra il futuro nel mondo. A voi chiedo anche di essere protagonisti di questo cambiamento. Continuate a superare l’apatia, offrendo una risposta cristiana alle inquietudini sociali e politiche, che si stanno presentando in varie parti del mondo. Vi chiedo di essere costruttori del mondo, di mettervi al lavoro per un mondo migliore (CV 174).

Questo invito richiede però che i giovani non cadano in una trappola che il mondo propone loro: tagliare i legami con le proprie radici e l’esperienza di chi li ha preceduti (cap. 6). Questo li renderebbe più deboli, più esposti alla massificazione e alla manipolazione. Per questo la proposta di papa Francesco è quella della complementarità e del dialogo tra le generazioni, proiettando a livello universale l’esperienza dei Padri sinodali: «In questo Sinodo abbiamo sperimentato che la corresponsabilità vissuta con i giovani cristiani è fonte di profonda gioia anche per i vescovi. Riconosciamo in questa esperienza un frutto dello Spirito che rinnova continuamente la Chiesa» (DF 119). L’invito a rischiare si rivolge allora non solo ai giovani, ma a tutte le generazioni insieme. Riaffiora con forza e determinazione la prospettiva “sinodale”: solo se giovani e anziani camminano insieme potranno radicarsi nel presente e da qui rivolgersi al passato per sanarne le ferite e proiettarsi nel futuro. L’immagine è quella fornita durante il Sinodo da un giovane delle Isole Samoa: la Chiesa come canoa in viaggio nell’oceano, che può raggiungere la meta solo se gli anziani, che conoscono le stelle, mantengono la rotta, e i giovani, con il loro vigore, spingono sui remi (cfr CV 201).

4. Prospettive d’impegno

Il blocco formato dagli ultimi tre capitoli punta all’individuazione delle prospettive di attuazione di quanto messo a fuoco in precedenza: tanto i giovani quanto le comunità ecclesiali sono chiamati a scelte concrete.
Il cap. 7 si presenta come particolarmente denso: lo si comprende meglio a partire dai materiali del processo sinodale, a cui rinvia esplicitamente, anche se in alcuni casi solo tramite semplici cenni. La sfida del “rischiare insieme”, formulata alla conclusione della parte precedente, viene raccolta e trasformata nell’esigenza di una pastorale strutturalmente sinodale, fondata sulla valorizzazione dei carismi che lo Spirito concede a ciascuno e su una dinamica di corresponsabilità.

La pastorale giovanile non può che essere sinodale, vale a dire capace di dar forma a un “camminare insieme” che implica una «valorizzazione dei carismi che lo Spirito dona secondo la vocazione e il ruolo di ciascuno dei membri [della Chiesa], attraverso un dinamismo di corresponsabilità. […] Animati da questo spirito, potremo procedere verso una Chiesa partecipativa e corresponsabile, capace di valorizzare la ricchezza della varietà di cui si compone, accogliendo con gratitudine anche l’apporto dei fedeli laici, tra cui giovani e donne, quello della vita consacrata femminile e maschile, e quello di gruppi, associazioni e movimenti. Nessuno deve essere messo o potersi mettere in disparte» (CV 206).

Per la Chiesa si tratta di un vero e proprio cammino di conversione, che la renderà più accogliente e partecipativa, e capace così di evangelizzare grazie alla forza delle relazioni di cui è intessuta. In una Chiesa non più monolitica ma poliedrica (cfr CV 207) si apriranno spazi di protagonismo per i giovani e anche per le donne, alla cui condizione CV dedica parole di inequivocabile chiarezza, quando, al n. 42, aveva riconosciuto la legittimità delle rivendicazioni di uguaglianza e il retaggio storico di forme di dominazione maschilista.
La capacità di inclusione è la chiave della proposta pastorale avanzata in questo capitolo e fa premio sull’ossessione per la trasmissione delle verità dottrinali (cfr CV 212). Le comunità cristiane sono invitate a offrire spazi di accoglienza senza troppe barriere, e alle scuole cattoliche è chiesto di non trasformarsi in bunker a difesa dagli errori della cultura esterna, impermeabili al cambiamento (cfr CV 221). Particolarmente stimolanti sono i paragrafi dedicati alla “pastorale giovanile popolare” (CV 230-238): partono dal riconoscimento che i luoghi tradizionali della pastorale (oratori, centri giovanili, scuole, associazioni, movimenti) sono in grado di andare incontro alle esigenze di una certa parte del mondo giovanile, ma ne escludono inevitabilmente altre. Quanti professano altre fedi o si dichiarano non religiosi, e coloro che per tante ragioni sono segnati da dubbi, traumi o errori, faticherebbero a integrarsi nella pastorale ordinaria, ma non per questo hanno meno bisogno di trovare porte aperte e di essere sostenuti a compiere il bene possibile.
Gli ultimi due capitoli riprendono in modo concreto e più esplicito i temi della vocazione e del discernimento, sulla scorta del titolo dell’Assemblea sinodale. Il cap. 8 presenta la vocazione nel suo significato fondamentale di chiamata all’amicizia con Gesù e alla partecipazione all’opera di creazione e di redenzione di Dio, che si realizza nel servizio agli altri (CV 253-258). Proprio il servizio agli altri è l’orizzonte al cui interno collocare le due questioni che interpellano la maggioranza dei giovani. La prima è quella dell’amore e della formazione di una nuova famiglia (CV 259-267), in cui si rinvia esplicitamente alla precedente esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia, senza nascondere bellezza e difficoltà della prospettiva matrimoniale e aggiungendo, sulla scorta dei lavori sinodali, qualche parola dedicata ai single. Sempre da Amoris laetitia viene ribadita anche la concezione della sessualità come autentico dono di Dio e non come tabù, esperienza di amore e di generazione (cfr CV 261). Il secondo ambito di cui si sottolinea con grande forza la pregnanza vocazionale è quello del lavoro (CV 268-273). Per questo la disoccupazione e le varie forme di sfruttamento rappresentano una minaccia per la società e una emergenza di cui la politica ha il dovere di occuparsi. Rispetto al tema delle vocazioni sacerdotali e religiose, l’invito rivolto ai più anziani è di osare proporle come possibilità; quello ai giovani è di non scartarne a priori l’eventualità, entrambi mantenendosi liberi e attenti alla voce dello Spirito.
Allo specifico del discernimento vocazionale, cioè alla capacità di riconoscere a che cosa il Signore chiama ciascuno, è dedicato il cap. 9. Rivolgendosi direttamente ai giovani, papa Francesco ricorda che si tratta di un percorso esigente, che richiede disponibilità ad assumersi un rischio: solo così sarà possibile identificare ciò per cui vale la pena spendere la propria vita senza accontentarsi di valutare prospettive di carriera o guadagno. Si tratta infatti di passare alla dimensione del dono, ricevuto e ricambiato, e alla libertà che ne consegue. Proprio di questa gratuità sono chiamati a essere testimoni quanti accompagnano i giovani in un processo di discernimento vocazionale, con una attenzione a un ascolto profondo, prendendo sul serio la persona, quanto essa dice, e anche a valorizzare i suoi slanci vitali (cfr CV 291-295). Ad accompagnare possono essere sacerdoti o religiosi, così come laici, professionisti o anche altri giovani (cfr CV 291): l’importante è che sappiano mettersi in ascolto, porre domande e suscitare processi senza pensare di determinare la traiettoria che ciascuno, liberamente, riterrà di essere chiamato a seguire.

* * *

La penna appassionata di papa Francesco – che ha vissuto dall’interno tutto il processo sinodale, lo ha interamente condiviso e lo ha sigillato attraverso il testo della CV – non conclude il suo tratto con una chiusura, ma come sempre in forma aperta e coinvolgente. Chiede ai giovani di farsi avanti, di non tirarsi indietro. Non ha timore di spingerli ad essere gli apripista della Chiesa del terzo Millennio:

Cari giovani, sarò felice nel vedervi correre più velocemente di chi è lento e timoroso. Correte «attratti da quel Volto tanto amato, che adoriamo nella santa Eucaristia e riconosciamo nella carne del fratello sofferente. Lo Spirito Santo vi spinga in questa corsa in avanti. La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede. Ne abbiamo bisogno! E quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti, abbiate la pazienza di aspettarci» (CV 299).

È un altro modo, questa volta più personale e affettuoso, di ripetere ai giovani ciò che è stato loro detto con la stessa passione dai Padri sinodali: di essere come Giovanni che anticipa Pietro alla tomba e poi lo attende con pazienza e rispetto (cfr DF 66); di essere come la Maddalena, «la prima discepola missionaria, l’apostola degli apostoli» (DF 115); di essere come i due discepoli di Emmaus, che scelgono di ritornare con entusiasmo nel cuore della comunità per condividere la gioia del Vangelo.
Immagini di risurrezione, immagini di futuro, immagini che ci fanno sognare, sperare, amare. E che soprattutto ci mettono in movimento.

CHRISTUS VIVIT – Invito alla lettura

a cura di don Michele Falabretti
Direttore del Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile della Conferenza Episcopale Italiana

L’esperienza del Sinodo che tutti – in modi diversi – abbiamo condiviso, ci ha fatti ritrovare attorno alle domande su come tenere viva l’esperienza generativa della fede cristiana. I giovani rappresentano molto nella vita dell’uomo, soprattutto la possibilità di consegnare qualcosa di sé: la vita e il suo senso, la cura e gli affetti, e così assistere allo spettacolo di veder crescere in altri ciò che a noi adulti è capitato molto tempo fa.

Per questo il Sinodo (in tutto il suo percorso) è stato una grande promessa di speranza, soprattutto per dare risposta a ciò che talvolta ci mette in ansia, come la fatica di interagire con la cultura contemporanea nella quale i giovani stanno crescendo. In questa ricerca sincera sono venute alla luce e hanno preso forma tante belle opportunità.

Gli snodi culturali di questo tempo (che loro sanno intercettare prima e talvolta meglio degli adulti) suonano estranei a ciò che consideriamo essenziali alla vita di fede; ma se non vogliamo tradire il principio di incarnazione non possiamo né ignorarli, né considerarli in eterno contrasto con le istanze della fede stessa. Come ha più volte ricordato papa Francesco, l’ascolto è un atto di fede. Per fare questo è necessario camminare insieme, riconoscendo nella presenza, nello sguardo, nelle parole intelligenti di chi ci sta accanto un aiuto e un sostegno ai passi di tutti.

Fondamentalmente è accaduto questo nell’aula sinodale e nei circoli minori, nei corridoi e nei cortili all’aperto dove l’ottobre romano concedeva ancora di passeggiare e confrontarsi. Ma anche, immagino, negli innumerevoli incontri (quanti saranno stati?) che in tutto il mondo si sono svolti nei due anni circa di cammino sinodale, un grande laboratorio dove confluisce la geografia del mondo intero. Ogni volta ciascuno è entrato in quegli spazi con le sue convinzioni; se ha aperto il cuore all’ascolto, esse si sono rimpicciolite sempre più in favore di una visione più ampia frutto del confronto e dello scambio.
Il Sinodo, dunque, ha messo i giovani al centro: la fede (per quanto ferma nei suoi contenuti) non può essere immutabile nelle forme, che saranno necessariamente storiche. In un tempo così frammentato, tentare di ridurla a poche norme significa renderla inefficace oltre che impoverirla. Le domande su come consegnare il vangelo ai giovani di questo tempo, mostrano il bisogno di considerare questo compito come un’impresa comune che fa lo sforzo di valorizzare le sensibilità di tutti cercando comunque di fare sintesi.

Un’esperienza del genere è tanto affascinante quanto pericolosa. Essa rischia di lasciare un vuoto, di sembrare improduttiva, perché le risposte non sono né immediate né a portata di mano. Forse per questa ragione, c’è stata una convergenza dell’Assemblea sinodale nello scegliere il brano dei discepoli di Emmaus come paradigma di ciò che la Chiesa vive (o avrebbe il desiderio di vivere) nel suo rapporto con gli adolescenti e i giovani di oggi.

Essi non sono “altro” dal resto della Chiesa, ma sarebbe sciocco non accettare il gioco delle generazioni che è vecchio come il mondo. Da sempre i giovani, che pure appartengono alla famiglia e alla società che li ha generati, si collocano quasi naturalmente in antitesi con il mondo degli adulti. Questo confronto rende il compito degli adulti sempre arduo e permette ai giovani di far emergere le domande più importanti, di costruire le proprie biografie. Proprio come è accaduto a ogni adulto di questo mondo, dal quale è lecito aspettarsi una comprensione dei più piccoli, un atteggiamento di ascolto e di cura amorevole.

L’esperienza sinodale è sembrata a tutti un grande laboratorio e non è improbabile la sensazione che non se ne esca con delle ricette pronte. Per questo, ora, è importante che ci raggiunga la parola autorevole del Santo Padre, che con la sua Esortazione Apostolica ci aiuti a riprendere con pazienza le istanze che il Sinodo ha provato a far emergere e a comporre.
Come i discepoli di Emmaus, ci sentiamo nella condizione di pellegrini, sentiamo il bisogno di una parola che ci scaldi il cuore. Una parola che, anzitutto, ci tenga compagnia: la vita non sempre mantiene ciò che promette e il pericolo di annegare nelle proprie solitudini è in agguato.

Questo libro contiene il testo dell’Esortazione Apostolica del Papa: è la parola conclusiva che rilancia il percorso sinodale, e che insieme ad altri testi lascia in eredità alla Chiesa – in particolare a chi si occupa di pastorale giovanile vocazionale – una piccola biblioteca: si parte dal Documento preparatorio (gennaio 2017), passando per quello dei giovani al termine dell’Assemblea presinodale (marzo 2018), all’Instrumentum laboris (giugno 2018), fino al Documento finale (ottobre 2018) votato interamente a maggioranza qualificata al termine delle varie sedute del Sinodo.
I due Segretari speciali del Sinodo ci guidano alla lettura del testo consegnato dal Papa nella Santa Casa di Loreto il 25 marzo scorso.
Sono contento di non doverlo commentare. Sento anche io il bisogno di mettermi di fronte alla parola del Papa per non chiudere troppo frettolosamente il discernimento: quello che dovrebbe fare ciascuno su se stesso, prima di pretendere che lo facciano gli altri.

Per questo l’invito è, semplicemente, alla lettura. Con il cuore libero: dalle paure rispetto a questo tempo, perché anche oggi il Signore parla – lo disse Isaia al popolo in un contesto non facile: «Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino» (Is 55,6); dalle incertezze rispetto ai giovani, perché anche in essi c’è il sigillo della creazione e anche nel loro cuore c’è il soffio dello Spirito; dai pregiudizi che nascondono le fragilità attorno alle quali ci illudiamo di costruire fortezze inattaccabili.

Un Sinodo non è la riscrittura della Rivelazione. È tutto ciò che riusciamo a fare per comprendere il tempo che stiamo attraversando. Sono testimone che questo sforzo è stato fatto intensamente durante il percorso sinodale. La Parola che ci guida da sempre, queste parole di chi ci guida in questo tempo, possono essere nostro viatico. Se con un po’ di umiltà e pazienza apriremo il cuore al loro ascolto.

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Pizzoratorio, un’opportunità per i ragazzi della comunità per minori di Torre Annunziata

“Ai giovani, soprattutto quelli più fragili, non va trovato solo un lavoro ma vanno anche educati a quel lavoro investendo sulle loro passioni”. Sono le parole di don Antonio Carbone, vice-presidente di Salesiani per il Sociale, e attuale coordinatore delle comunità per minori Mamma Matilde e Peppino Brancati di Torre Annunziata.

Qui ogni anno arrivano minori fragili, in stato di abbandono o con situazioni problematiche all’interno della famiglia di origine. Grazie all’impegno e alla passione di educatori e operatori vengono seguiti nel loro percorso scolastico, formati al mondo del lavoro e accompagnati nel diventare adulti responsabili.

Come Pasquale che grazie alla comunità sta inseguendo il suo sogno di aprire una pizzeria. “Anche se all’inizio è stato difficile inserirsi, oggi la comunità è la mia seconda famiglia. In casa siamo in otto, il più piccolo ha 9 anni e il più grande 18: c’è chi va a scuola, chi lavora e chi, come me partecipa a dei corsi di formazione. Una delle cose più belle della vita di comunità è ridere e scherzare insieme agli operatori ma anche insieme ai coordinatori e ai sacerdoti che ci stanno molto vicino. Ogni mattina vado a Napoli per il laboratorio da pizzaiolo mentre il pomeriggio sono impegnato con i ragazzi dell’oratorio. Il mio sogno è quello di aprile una pizzeria, so che è un lavoro molto impegnativo e faticoso ma è la mia passione!”.

Per dare sempre più opportunità lavorative a giovani come Pasquale, l’associazione “Piccoli passi grandi sogni” (che coordina queste due comunità) ha ideato un nuovo progetto chiamato “Pizzoratorio”, un laboratorio formativo allestito nei locali dell’Oratorio salesiano: un centro di formazione che permetterà ai partecipanti di acquisire una qualifica professionale da pizzaiolo.

“Ci troviamo in un territorio dove tante sono le difficoltà e difficili sono anche le prospettive di lavoro e di impegno” dice Don Antonio Carbone. “Vogliamo impegnarci perché nessun ragazzo resti escluso, allora ecco il sogno di realizzare questo laboratorio che permetterà a molti ragazzi di avviarsi ad un futuro migliore”. Il progetto ha già ricevuto il sostegno di Salesiani per il Sociale e della Fondazione Don Bosco nel mondo.

 

“Adulti, per favore: stateci a sentire”: lettera aperta di una tredicenne

Virginia Di Vincenzo, 13 anni, frequenta la II media nella scuola Oscar Levi a Chieri (Torino). In questa lettera aperta, rivolta agli adulti – genitori, insegnanti, educatori – Virginia scrive delle riflessioni sul mondo “dei grandi” e rivolge a tutti delle domande.

LA PAROLA AI RAGAZZI

(NPG 2019-04-60) 

Cari adulti,

perché scrivo? Perché vi scrivo?
Ho solo 13 anni, ho già 13 anni; ovviamente non sono ancora adulta ma lo diventerò, e intanto ci siete nel nostro mondo e noi ci siamo nel vostro. Insomma, condividiamo tante cose, ma in tante altre siamo diversi.
Anche se ci dite che a volte siamo incomprensibili a voi (ma anche voi, credetemi, lo siete per noi), e anche se a volte ci fate tenerezza, a volte rabbia, vorrei dialogare con voi, perché ho delle cose da dire, e non mi va più di stare soltanto ad ascoltarvi.
Parlo per me, ma parlo anche per i miei amici e compagni. Cosa credete che facciamo nelle nostre interminabili conversazioni e telefonate? Parliamo di noi, certo, ma parliamo anche di voi e di come vi vediamo, cosa proviamo, cosa vorremmo.
Ecco, dunque, un dialogo con voi in forma di lettera (sperando che leggere vi costi meno fatica che ascoltarci). E parto subito da una parola che forse voi avete abolito dal vostro vocabolario per senso di “realismo” (o opportunismo?), ma che noi ci fa ancora sobbalzare e ci attrae: la Felicità.
Essa deriva – lo abbiamo appreso da alcuni libri di letteratura che studiamo a scuola e anche da alcuni film che ci hanno emozionati e che rivediamo quasi ossessivamente – dal compimento di un sogno inseguito, soprattutto se con fatica, anche con sofferenza. E ci chiediamo: perché ci dite subito che la realtà non è così e non volete lasciarci sognare? Perché “addomesticate” la parte della nostra mente che ci fa desiderare di raggiungerla? Perché ci fate sentire esagerati quando puntiamo ad arrivarci, in alto? Forse perché avete dimenticato cosa significhi immaginare, darsi degli obiettivi, per quanto grandi e “impossibili” sembrino. Beh, questo proprio non ci va, non vogliate in questo essere per noi “modelli”! Non capiamo la vostra indifferenza nei confronti di quei piccoli dettagli “perfetti” che ci capita di incontrare ogni giorno; non capiamo la vostra disillusione e la vostra paura che si tratti solo di un’illusione; non capiamo la vostra carenza di curiosità e di domande, sì, proprio quelle domande che ritenete stupide quando ve le poniamo. Eppure un uomo che non si pone domande “stupide” non è un uomo intelligente.
Ricordate quando, camminando per strada, osservavate le facce di tutti i passanti e immaginavate una storia per ognuno di loro? Ricordate cosa si prova ad amare per la prima volta e ad essere amati per la prima volta? Ricordate tutte le litigate coi genitori senza un motivo, forse per sfogo, forse per stanchezza? Ricordate cosa si prova ad essere adolescenti? Probabilmente no, e allora è un gran peccato perché forse, se ricordaste, potreste aiutarci ad affrontare questa fase che ci rende spavaldi e intimoriti. Ma, in parte, è una cosa positiva, perché questa, oltre ad essere l’età della speranza, delle nuove emozioni e dei castelli in aria, è anche l’età in cui dobbiamo imparare a cavarcela da soli, a maturare e a raggiungere l’autosufficienza.
Siamo ad-olescenti… e la parola stessa (ci avete “linguisticamente” spiegato, ma noi lo sentiamo sulla nostra pelle, e nel nostro corpo e nella nostra mente) indica tensione in direzione di una pienezza. Oggi questa pienezza – lo constatiamo – viene in genere associata all’essere apprezzati da tutti, al rispettare gli standard imposti dalla società, invece che rappresentare per ognuno un proprio modo di essere. Siamo obbligati a stare dentro a dei limiti che vorremmo valicare, ma nei quali rimaniamo per paura di essere criticati. Tutto questo è difficile da capire e soprattutto da accettare. Posso sognare? Vorrei un mondo nel quale ognuno possa mostrare ed esprimere la parte più autentica di sé, senza maschere né timore del giudizio altrui. Ognuno di noi ha dei propri pregi e valori, degli aspetti che ci contraddistinguono dalla moltitudine, e dovremmo imparare a mostrarli e a sfruttarli. Dovremmo imparare ad aiutare gli altri a comprendere le loro peculiarità specifiche e soprattutto a rispettarle, per quanto diverse dalle nostre siano. Sarebbe un passo in avanti verso il sentirci e condividere una comune umanità.

 

 

 

NPG, sul numero di aprile/maggio focus sugli oratori della Lombardia

Ancora nella scia del Sinodo sui/dei giovani, il numero cartaceo di NPG di aprile/maggio affronta un tema che è risuonato molto al Sinodo stesso e che la pastorale giovanile intende rilanciare: l’oratorio come casa dei giovani, o meglio come luogo della comunità ecclesiale dove si esprime la passione educativa verso i ragazzi e i giovani.
Questo numero racconta storia, progettualità, realizzazione di una esperienza che in Italia è tra le più vive e ammirate, quella degli ORATORI LOMBARDI.
Non ovviamente per “negare” altre vive esperienze italiane, quanto per rilanciarne l’idea e la pratica anche attraverso modalità diverse e tradizioni legate a territori e congregazioni religiose.
Tutto per tenere desta una fiamma che ha alimentato tanta pastorale giovanile nel passato e nel presente. 

 

“Vivete nella totale dedizione ai giovani”: in rete l’ultimo video del Rettor Maggiore

È disponibile in rete l’ultimo video registrato dal Rettor Maggiore per la rubrica trimestrale “Cari Confratelli”. Realizzato durante la Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) di Panama, è un caloroso appello ai salesiani a vivere, sull’esempio di Don Bosco, nella totale dedizione ai giovani.

Parlando dalla Basilica di Don Bosco a Città di Panama, proprio davanti all’urna contenente una reliquia insigne del Santo dei Giovani, Don Ángel Fernández Artime osserva la bellezza dello spettacolo giovanile in scena in quei giorni con la GMG: “Che opportunità meravigliosa che abbiamo! Perché i nostri giovani, pur ciascuno con le sue difficoltà, continuano ad esserci vicino, continuano ad avere bisogno di noi”.

Per questo, secondo le esigenze di ciascun ragazzo e ragazza, alle volte intervenendo come un amico, altre volte come un fratello maggiore, altre ancora come un padre, ciascun salesiano è invitato dal Successore di Don Bosco “a trasformare in realtà i sogni di Dio per i nostri giovani… a percorrere, in modo molto semplice, un cammino di santità salesiana che si realizza nel quotidiano”.

 

Verso il 28° Capitolo generale: da Panama all’ascolto dei giovani

Dopo la grande avventura di Panama con la GMG vissuta a casa Don Bosco, la Famiglia Salesiana si prepara al 28° Capitolo Generale che si terrà a Valdocco nel 2020. Tre le dimensioni attorno a cui ruoteranno i lavori: 

  • priorità della missione per i giovani;
  • il profilo del salesiano di oggi;
  • la missione condivisa tra salesiani e laici.

Su Avvenire, Matteo Liut fa il punto della preparazione:

Un lungo percorso il cui primo passo è proprio l’ascolto dei giovani, in continuità con il carisma del fondatore, don Giovanni Bosco, e in piena sintonia con lo stile indicato dal Sinodo dei giovani dello scorso ottobre. In Italia quest’impegno all’ascolto dei giovani passa anche dal web, attraverso un sito che permette a tutti di dare il proprio contributo alla costruzione del futuro dei Salesiani.

All’indirizzo www.salesianiperilfuturo.it, realizzato dall’ufficio di comunicazione sociale dei Salesiani in Italia, i giovani delle Ispettorie salesiane possono riempire un questionario, caricando un testo, un video o un’immagine. Il loro contributo servirà al confronto prima all’interno dei Capitoli ispettoriali e poi a quello generale del prossimo anno, durante il quale verrà definito l’orientamento da dare all’intera congregazione per i successivi sei anni.

All’incontro del 2020 prenderanno parte i delegati eletti nel corso dei Capitoli locali delle 89 Ispettorie di tutto il mondo con 131 nazioni rappresentate. Il “volto mondiale” dello spirito e del carisma salesiano si è respirato anche a Panama, durante la recente Gmg.

Nella capitale centroamericana, infatti, la presenza dei figli di don Bosco è preziosa e ha il suo cuore attorno alla Basilica di Don Bosco, dove nel 2017 ha preso avvio il progetto “Panama, Valdocco d’America” con l’obiettivo di creare a Panama entro il 2021 un centro di devozione a Don Bosco, che sia riferimento per tutta l’America Latina.

Un cammino che vede impegnato anche l’Istituto Tecnico Don Bosco di Panama. I due centri salesiani cittadini (l’Istituto e la Basilica) sono stati il cuore pulsante della partecipazione salesiana alla Gmg. Negli spazi della Basilica, in particolare, si sono tenuti due momenti di festa e incontro per il Movimento giovanile salesiano (Mgs) il 23 gennaio: il Forum dei responsabili del Movimento e la Festa con i giovani salesiani. Al primo appuntamento hanno preso parte 200 persone da 30 Paesi, che si sono confrontate con il rettor maggiore dei Salesianidon Ángel Fernández Artime, e la madre Generale delle Figlie di Maria AusiliatriceMadre Yvonne Reungoat.

Dall’incontro è uscito un messaggio rivolto a tutti i giovani del Mgs nel mondo. «Le sfide di oggi – si legge nel documento – richiedono giovani forti che siano pronti a fronteggiarle. Impegniamoci dunque, come Mgs, a formare giovani che desiderino seguire i propri sogni, impegnarsi per gli altri, cambiare il mondo a partire dal proprio contesto locale e quotidiano, seguendo Cristo nello spirito di Don Bosco e Madre Mazzarello».

M’Interesso di te, il progetto a sostegno dei minori stranieri non accompagnati

Il progetto, promosso da Salesiani per il Sociale – Federazione SCS/CNOS, ha sostenuto il lavoro di rete da educatori di strada, psicologi e volontari che hanno garantito a ciascun ragazzo intercettato, sostegno e protezione.

Le Sette beatitudini della Famiglia Salesiana: il frutto delle Giornate di spiritualità

A conclusione delle Giornate di spiritualità salesiana, il Rettor Maggiore don Ángel Fernández Artime ha presentato le “Sette beatitudini della Famiglia Salesiana” che sono state elaborate dai diversi gruppi di lavoro:

1. Beata la Famiglia Salesiana che trova gioia nella povertà. Colmata della grazia di Dio farà miracoli fra i giovani più poveri ed emarginati… Questa è santità!

2. Beata la Famiglia Salesiana che, con la mansuetudine e la carità del Buon Pastore, accoglie e accompagna amorevolmente i giovani, educandoli al dialogo e all’accoglienza del diverso… Questa è santità!

3. Beata la Famiglia Salesiana che, stando accanto agli altri, cura le ferite di chi soffre e ridona speranza a chi l’ha perduta, portando la gioia di Cristo Risorto… Questa è santità!

4. Beata la Famiglia Salesiana che, avendo fame e sete di giustizia, accompagna i giovani a realizzare il loro progetto di vita piena nella famiglia, nel lavoro, nell’impegno politico e sociale… Questa è santità!

5. Beata la Famiglia Salesiana che fa esperienza viva della misericordia, apre gli occhi e il cuore all’ascolto, al perdono, rendendosi casa che accoglie… Questa è santità!

6. Beata la Famiglia Salesiana che cerca di essere autentica, integra e trasparente, coltivando uno sguardo che va al di là delle apparenze e riconoscendo in ogni persona la grazia operante di Dio… Questo è santità!

7. Beata la Famiglia Salesiana che a partire dalla verità del Vangelo, fedele al carisma di Don Bosco, si fa lievito per un’umanità nuova, accettando con gioia anche la croce per il Regno di Dio… Questa è santità!