Salesiani, Don Francesco Preite: ‘La ricerca del punto accessibile al bene’

Sul sito Affari Italiani è uscito un articolo con una intervista a don Francesco Preite, nuovo presidente di Salesiani per il Sociale.

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Don Francesco Preite, nato a Potenza 44 anni fa, nell’abbraccio riconoscente della comunità che ne ha apprezzato impegno, passione e dedizione, lascia la Direzione dell’Istituto Salesiano Redentore di Bari, per prendere la Presidenza Nazionale di “Salesiani per il Sociale APS”, la cui Assemblea lo ha eletto per il quadriennio 2021-2025.

L’azione di don Francesco, in una sorta di continua sintonia con lo spirito di FARE – Futuro d’Autore, il progetto selezionato da “Con i Bambini” nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, è stata sempre tesa a ridurre i fenomeni di Povertà Educativa e di Dispersione Scolastica. Intervenendo, insieme alla comunità non solo parrocchiale, per evitare la diffusione di comportamenti criminali o devianti e soprattutto offrire ai minori prospettive concrete di recupero e di reinserimento sociale.

“Sempre per e con i giovani. Tutto quello che siamo e che facciamo, la nostra identità e la nostra missione di Associazione, è per i giovani, specialmente i più poveri”, ha dichiarato in occasione della nomina ai vertici nazionali, “Siamo una grande comunità nazionale, fatta di persone e di Enti del Terzo Settore con un buon radicamento territoriale: desidero davvero raccomandarvi di ricercare costantemente innanzitutto il dialogo con le Comunità Educative Pastorali locali ed i Comitati territoriali di riferimento. Scegliere il Sud: non come semplice luogo geografico, ma come scelta preferenziale rivolta ai più fragili, che popolano le periferie delle nostre Città, dei nostri territori, della nostra Italia”.

E poi a proposito dell’esperienza complicata sul territorio ha aggiunto: “È evidente che laddove mancano diritti, servizi, cultura educativa, il disagio è più forte ed i ragazzi sono più esposti ai pericoli. Non siamo eroi, ma siamo persone chiamate nel Buon Samaritano a rendere un servizio educativo ai giovani. Continuiamo insieme a scegliere la via dell’educazione e del servizio responsabile per costruire un pezzo di Italia con e per i giovani. Ce lo chiede Don Bosco, ce lo chiedono i giovani”.

Il quartiere Libertà di Bari fa tesoro degli stimoli di Don Francesco Preite, che ha sempre continuato a sottolineare che: “Se da una parte non mancano i segnali di una giustizia viva e tenace nella sua quotidiana funzione di presidio di legalità, dall’altra l’appartenenza mafiosa – in maniera forse ancor più pervicace – diventa per molti ragazzi una straordinaria occasione di riscatto esistenziale e sociale”.

“La sola repressione non basta – insiste – bisogna investire nella prevenzione educativa dei ragazzi. Bisogna essere capaci di dare opportunità concrete ai tutti i ragazzi, nessuno escluso, garantendo opportunità e possibilità per tutti. Il problema non è la mafia, scrive don Luigi Ciotti, intesa come organizzazione criminale quanto la mafiosità, il mare dentro cui nuota il pesce mafioso. È una questione culturale. Se non diamo ai ragazzi un mare pulito, li diamo in pasto ai clan. Questo non può essere tollerato in una società civile che ha il dovere di tutelare, proteggere, promuovere i più piccoli. Ed allora c’è bisogno di un sogno, di una visione più forte al Libertà. Un sogno che permetta ai “lupi di diventare agnelli”, e perché no, pastori: modelli positivi”.

Per don Preite bisogna agire su tre fronti: “Più scuola e formazione. Potenziare le scuole del Libertà, rendendole maggiormente attrattive e soprattutto rendere pubblica la partecipazione e l’iscrizione dei ragazzi ai Centri di Formazione Professionale. Bisogna dire basta nel rendere subordinata a progetti, la formazione professionale per i ragazzi in obbligo formativo in possesso di licenza media. L’iscrizione delle famiglie dei ragazzi alla formazione professionale deve essere libera e pubblica”.

“Sono giovani con l’intelligenza nelle mani – afferma con emozione don Francesco – ragazzi svegli e vivaci, con grande praticità ed enorme voglia di applicarsi. Non mi piace stigmatizzarli come giovani che hanno vissuto un fallimento nel tradizionale percorso scolastico, ma certamente sono arrivati da noi perché hanno avuto delle difficoltà. Ora studiano per diventare elettricisti o meccanici”.

Un approccio sociale che passa anche attraverso un’altra battaglia condotta con lungimiranza e spesso tra mille contrasti: la riqualificazione degli spazi urbani, come primo passo per creare attorno ad essi una nuova idea di comunità. E la prima occasione è stata proprio piazza Redentore, trasformata in un’isola pedonale, dopo un lungo cantiere che non si è fermato neppure un giorno durante il lockdown.

“Un passaggio cruciale per fare comprendere a tutti l’importanza del rispetto delle regole. Cosa che non riuscirà ad essere garantita dalla sola presenza di un presidio dei Vigili Urbani. Abbiamo eliminato la cancellata della chiesa, per aprirci ancora di più al quartiere, la scalinata e le panchine saranno un invito a sedersi. La nostra idea è formare educatori di strada e volontari, che possano muoversi senza soluzione di continuità fra l’oratorio e la piazza”.

E’ questa l’eredità che don Francesco Preite lascia al suo successore a Bari – nominato per il triennio 2021-2024 – don Pasquale Martino. Ispettore salesiano dell’Italia Meridionale dal 2005 al 2011 e fino ad oggi direttore salesiano della comunità di Salerno. Contestualmente l’Ispettore salesiano dell’Italia Meridionale, don Angelo Santorsola, ha nominato Incaricato dell’Oratorio di Bari Redentore, don Giuseppe Russo.

(gelormini@gmail.com)

*Video a cura di Arcangelo Pellegrino

 

Il 1° settembre 2021 è morto il salesiano sacerdote Eusebio Muñoz

La famiglia salesiana si stringe accanto alla figura di don Eusebio Muñoz, direttore della Casa Missionaria e della Procura di Madrid, deceduto il 1° settembre all’ospedale San Carlos di Madrid all’età di 76 anni, dove era ricoverato da alcuni giorni dopo aver subito un ictus.

Punto di riferimento

Le reti si sono riempite di messaggi di cordoglio e gratitudine: “Caro padre da tante persone, abbiamo avuto la fortuna di incrociare la nostra vita con la sua. Don Eusebio era un salesiano con la maiuscola. Con una personalità travolgente e una grande intelligenza, ha saputo conquistare i cuori e l’affetto di chi si è legato a lui. Ha realizzato lo stile di Don Bosco, facendo sentire speciale, amato, profondamente amato ogni giovane che lo incontrava. Nessuno era indifferente alla sua persona. Per i membri della nostra generazione è stato, senza dubbio, il grande riferimento vocazionale della nostra vita”, affermano i Salesiani Cooperatori dell’Ispettoria Maria Ausiliatrice.

Il suo percorso

Eusebio Muñoz è nato il 26 dicembre 1944 a Pozoblanco (Córdoba). A San José del Valle (Cadice) ha fatto il noviziato. Salesiano dal 16 agosto 1962, ha emesso la professione perpetua il 26 luglio 1968 ed è stato ordinato sacerdote il 22 luglio 1972.

All’età di 17 anni, Eusebio emise la prima professione religiosa a San José del Valle, il 16 agosto 1944, iniziando un lungo cammino di vita dedicato alla missione salesiana, assumendo vari incarichi e incarichi.

Molte case dell’Ispettoria originale (Santo Domingo Savio, con sede a Córdoba) hanno testimoniato il suo entusiasmo vocazionale. Anche con i servizi che ha svolto fino al 2006 in detta Ispettoria: Direttore a Ronda, Montilla, Aspirantado de Córdoba, Sanlúcar la Mayor, Granada -Cartuja, Maestro dei novizi, Delegato di Pastorale e Animazione Vocazionale, Delegato della Famiglia Salesiana, Formatore, Vicario ispettoriale e Ispettore (1990-1996).

Il Rettor Maggiore chiede al suo servizio di animare e guidare la comunità San Giovanni Bosco dell’UPS a Roma (2006-2015), allargando ulteriormente l’orizzonte nella sua esperienza del carisma salesiano a contatto con salesiani provenienti da diversi angoli del mondo. gli affida il compito di essere Delegato del Rettor Maggiore per la Famiglia Salesiana nel Segretariato appositamente istituito. Anche oggi molte persone e molti gruppi della Famiglia Salesiana sentiranno la sua perdita.

Dopo aver svolto questo servizio nella Congregazione e nella Famiglia Salesiana, nel 2020 gli è stato affidato un importante incarico: l’Ufficio Missionario di Madrid. Nel suo primo anno, dopo aver superato nei primi mesi il Covid, ha consolidato la conoscenza della sua posizione e segnato le linee di lavoro della Procura in futuro.

In Paradiso

“Quanti bei momenti vissuti al tuo fianco! Quanto sostegno nei tempi difficili della Missione Salesiana! Quante parole all’orecchio su come essere una persona migliore e aiutare tante persone che hanno bisogno di noi in tutto il mondo salesiano! Un Salesiano 100 in partenza! L’Ausiliatrice e Don Bosco lo riceveranno in paradiso come merita! D.E.P Eusebio! ”, ha affermato Ángel Gudiña, uno stretto collaboratore per molti anni a Roma e recentemente nell’Ufficio MISSIONI di Madrid.

Salesianos.info

Il Papa indice l’anno di San Giuseppe

Da Vatican News

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Isabella Piro – Città del Vaticano

Padre amato, padre nella tenerezza, nell’obbedienza e nell’accoglienza; padre dal coraggio creativo, lavoratore, sempre nell’ombra: con queste parole Papa Francesco descrive, in modo tenero e toccante, San Giuseppe. Lo fa nella Lettera apostolica Patris corde, pubblicata oggi in occasione del 150.mo anniversario della dichiarazione dello Sposo di Maria quale Patrono della Chiesa cattolica. Fu il Beato Pio IX, infatti, con il decreto Quemadmodum Deus, firmato l’8 dicembre 1870, a volere questo titolo per San Giuseppe. Per celebrare tale ricorrenza, il Pontefice ha indetto, da oggi all’8 dicembre 2021, uno speciale “Anno” dedicato al padre putativo di Gesù. Sullo sfondo della Lettera apostolica, c’è la pandemia da Covid-19 che – scrive Francesco – ci ha fatto comprendere l’importanza delle persone comuni, quelle che, lontane dalla ribalta, esercitano ogni giorno pazienza e infondono speranza, seminando corresponsabilità. Proprio come San Giuseppe, “l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta”. Eppure, il suo è “un protagonismo senza pari nella storia della salvezza”.

San Giuseppe, infatti, ha espresso concretamente la sua paternità “nell’aver fatto della sua vita un’oblazione di sé nell’amore posto a servizio del Messia”. E per questo suo ruolo di “cerniera che unisce l’Antico e Nuovo Testamento”, egli “è sempre stato molto amato dal popolo cristiano” (1). In lui, “Gesù ha visto la tenerezza di Dio”, quella che “ci fa accogliere la nostra debolezza”, perché “è attraverso e nonostante la nostra debolezza” che si realizza la maggior parte dei disegni divini. “Solo la tenerezza ci salverà dall’opera” del Maligno, sottolinea il Pontefice, ed è incontrando la misericordia di Dio soprattutto nel Sacramento della Riconciliazione che possiamo fare “un’esperienza di verità e tenerezza”, perché “Dio non ci condanna, ma ci accoglie, ci abbraccia, ci sostiene e ci perdona” (2). Giuseppe è padre anche nell’obbedienza a Dio: con il suo ‘fiat’ salva Maria e Gesù ed insegna a suo Figlio a “fare la volontà del Padre”. Chiamato da Dio a servire la missione di Gesù, egli “coopera al grande mistero della Redenzione ed è veramente ministro di salvezza” (3).

Al tempo stesso, Giuseppe è “padre nell’accoglienza”, perché “accoglie Maria senza condizioni preventive”, un gesto importante ancora oggi – afferma Francesco – “in questo mondo nel quale la violenza psicologica, verbale e fisica sulla donna è evidente”. Ma lo Sposo di Maria è pure colui che, fiducioso nel Signore, accoglie nella sua vita anche gli avvenimenti che non comprende, lasciando da parte i ragionamenti e riconciliandosi con la propria storia. La vita spirituale di Giuseppe “non è una via che spiega, ma una via che accoglie”, il che non vuol dire che egli sia “un uomo rassegnato passivamente”. Anzi: il suo protagonismo è “coraggioso e forte” perché con “la fortezza dello Spirito Santo”, quella “piena di speranza”, egli sa “fare spazio anche alla parte contraddittoria, inaspettata, deludente dell’esistenza”. In pratica, attraverso San Giuseppe, è come se Dio ci ripetesse: “Non abbiate paura!”, perché “la fede dà significato ad ogni evento lieto o triste” e ci rende consapevoli che “Dio può far germogliare fiori tra le rocce”. Non solo: Giuseppe “non cerca scorciatoie”, ma affronta la realtà “ad occhi aperti, assumendone in prima persona la responsabilità”. Per questo, la sua accoglienza “ci invita ad accogliere gli altri, senza esclusione, così come sono”, con “una predilezione per i deboli” (4).

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La lettera Apostolica

 

 

“Appello per i giovanissimi delle periferie”: la risposta del ministro Boccia

Il ministro per gli Affari regionali e le Autonomia, l’on. Francesco Boccia, ha inviato una lettera di risposta all’Appello per i giovanissimi delle periferie, con la quale un gruppo di associazioni chiedeva maggiore attenzione ai giovani che vivono nelle periferie delle grandi città, spesso impossibilitati a seguire la didattica  a distanza. Ringraziamo il ministro per l’attenzione data a una questione che ci invita alla riflessione e all’azione.

Gentilissimi,

il pericolo di un possibile aumento della dispersione scolastica e della marginalizzazione di molti dei nostri ragazzi, è tra i principali punti critici collaterali alla pandemia su cui c’è il continuo confronto tra Stato e Regioni, in un clima di leale collaborazione.

Il nostro obiettivo, d’intesa con gli amministratori locali, è il ripristino della didattica in presenza al più presto; un obiettivo tale da garantire sua il contenimento della dispersione scolastica, sia la necessaria socialità dei ragazzi.

Stiamo intervenendo sulle maggiori criticità emerse sui territori connesse alla riapertura degli istituti: differenziazione dell’orario di ingresso, incremento del messi di trasporto e uniformità di indicazioni per l’attività di tracciamento e isolamento.

Il principale impegno rimane quello di mettere in sicurezza tutto il Paese, sia dal punto di vista sanitario che dal punto di vista sociale ed economico. Per questo anche la riapertura delle scuole è subordinata all’andamento dei contagi nel Paese costantemente monitorati dall’Istituto Superiore della Sanità.

Mi permetto di ricordare che, pur rappresentando una soluzione assolutamente temporanea e non ancora strutturata, la didattica a distanza è comunque supportata anche da numerosi incentivi messi in campo dal governo.

Grato per la vostra attenzione e il vostro impegno civico, colgo l’occasione per porgere cordiali saluti.

On. Prof. Francesco Boccia

Appello per i giovani

IME, primo incontro della scuola di mondilità

La Ime ha appena svolto il primo incontro della scuola di mondialità, in modalità online, con quasi cinquanta giovani collegati.

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Dalla chiusura all’apertura: Mai “Stati” così divisi!?

Questo il titolo del primo incontro della scuola di mondialità, svoltosi nella domenica pomeriggio del 22/11/2020. Quasi 50 giovani hanno deciso di ritagliarsi del tempo per dedicarsi a questo incontro proposto dall’Animazione Missionaria della nostra Ispettoria via web. Partecipazione ben oltre le aspettative, considerando il periodo storico in cui siamo.

L’incontro è iniziato con il saluto di Don Luca De Muro, delegato ispettoriale di Animazione Missionaria, che ha introdotto il percorso di quest’anno pastorale e lasciato poi la parola alla dott. Antonella Colucci che ha curato il primo momento formativo relativo ai muri presenti ancora oggi nel mondo. Il tema del “Muro”, delle sue origini storiche e del significato che poi ha assunto nel tempo attraversando culture e regioni geografiche diverse, ha aperto un vivo dibattito sull’ignoranza dell’esistenza di così tanti muri presenti ancora oggi o in via di costruzione in tutto il mondo (lunghi quasi quanto l’equatore!). I muri di cui si è parlato, però, non sono solo quelli fisici che si ergono imponenti ai confini degli stati, i muri sono anche quelli interiori che alziamo per tenere lontani gli altri, per tenere lontano Dio.

Un bel muro lo aveva eretto anche Giona, protagonista del momento di lectio animato da Don Luca. Il libro di Giona nei suoi 4 capitoli sarà infatti il fil rouge del percorso della scuola di mondialità di quest’anno, poiché proprio come Giona cercheremo di comprendere il significato profondo della chiamata missionaria, con tutte le sue sfumature. Alla lectio è seguito un momento di pausa cena e di riflessione personale.

Alle 21.30 nuovo collegamento, aperto dal delegato di pastorale giovanile don Giampaolo Roma, che ha fatto i suoi saluti a tutti i partecipanti esprimendo il profondo piacere di vedere tanti giovani appassionarsi alla missionarietà. Subito dopo ci siamo divisi in gruppi di lavoro e abbiamo condiviso le riflessioni sui temi proposti. Un momento molto bello di vicinanza e convivialità, seppur dietro uno schermo. Al rientro nel grande gruppo, ci attendeva l’Ispettore don Angelo Santorsola che ha concluso la giornata con una Buonanotte in pieno stile salesiano.

Che dire, Buona la prima e avanti così! Il percorso è ancora lungo e ricco di esperienze da vivere insieme ricordando che: “i muri non possono separare per sempre, per il semplice motivo che hanno le porte!”.

Antonella Colucci,

membro della Consulta di Animazione Missionaria Ispettoriale

sito della IME

Quali Salesiani per il giovani di oggi? Il percorso di formazione per approfondire il CG28

Rilettura salesiana del documento della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.

Il riscatto delle donne riparte anche dalla cucina – Le cuoche combattenti del Cnos Fap di San Benigno

Pubblichiamo un articolo de La Stampa, a firma di Alessandra Iannello, sul progetto Pathways: per 22 donne vittime di tratta delle schiave l’opportunità di riscatto è rappresentata dai corsi di formazione nel settore alberghiero e ristorativo organizzati dalla CRI, in collaborazione con il Centro Nazionale delle Opere Salesiane – Formazione e Aggiornamento Professionale.

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Le donne devono stare in cucina. Quella che può sembrare un’offesa sessista, in realtà è stata presa alla lettera per riscattare vite che, lontane dai fornelli, avrebbero avuto poche possibilità di emergere.

Pasticcere e pastaie a Torino

Come è successo a Siddhi, 42 nigeriana, arrivata in Italia poco più che bambina e costretta a una vita da incubo. La sua rivincita è arrivata grazie alla Croce Rossa e al progetto europeo Pathways che coinvolge anche Grecia e Gran Bretagna. Per 22 donne vittime di tratta delle schiave l’opportunità di riscatto è rappresentata dai corsi di formazione nel settore alberghiero e ristorativo organizzati dalla CRI, in collaborazione con il Centro Nazionale delle Opere Salesiane – Formazione e Aggiornamento Professionale. Dopo un mese di lezioni teoriche e laboratori di cucina, pasticceria e pulizie nel centro salesiano di San Benigno (Torino), le ragazze hanno potuto svolgere uno stage di 60 ore e, successivamente, un tirocinio finalizzato all’inserimento lavorativo di sei mesi. «A montare gli albumi a neve ci pensa Cindy – dice Daniela Gilardo, la docente del corso che tutte chiamano maestra – perché non solo realizza un prodotto perfetto ma lo fa cantando e ballando». Il buon umore si diffonde in tutta la cucina del centro di San Benigno, dove, a fine corso, si ripassano le ricette e si memorizzano i nomi più difficili degli ingredienti. La maestra riscrive alla lavagna le dosi per gli impasti, le ragazze prendono appunti, memorizzano e si esercitano ai fornelli. «È impossibile dimenticare quello che ho passato – confida Ritha, mamma di un bambino di sei anni, anche lei nigeriana e anche lei arrivata in Italia quando era ancora una ragazzina – ma impegnarmi in questo corso è una distrazione e allo stesso tempo una speranza. Nonostante tutto il dolore, la vita continua e avere delle persone accanto a me che mi dicono “Ce la puoi fare” mi dà la forza».

L’etichetta delle Cuoche Combattenti Marmellate contro la violenza a Palermo

«Mai più paura, mai più in silenzio, non siamo vittime ma combattenti». Questo il motto delle Cuoche Combattenti, un gruppo di donne vittime di violenza che hanno aperto a Palermo un laboratorio di trasformazione e produzione alimentare. «Il progetto – ricorda la titolare Nicoletta Cosentino – nasce nel 2017, dopo aver frequentato una borsa lavoro proposta dal centro antiviolenza Le Onde Onlus, presso un laboratorio di trasformazione alimentare. In seguito ho avuto accesso al progetto VITAE (Violenza verso le donne: Iniziative Territoriali per l’Autonomia e l’Empowerment). Dopo un anno di presentazioni del progetto e ricerca di finanziamenti attraverso eventi di crowdfunding, ho presentato richiesta di un finanziamento di Microcredito presso la Banca Popolare Etica, a cui si aggiunge il supporto economico della rete Nazionale D.i.Re (Donne in Rete contro La violenza) che mi ha assegnato una Dote di libertà prevista a sostegno delle donne seguite dai centri antiviolenza aderenti alla rete». Apre così, il 27 settembre 2019, il laboratorio artigianale Cuoche Combattenti nato dall’idea di sviluppare autonomia e indipendenza economica per donne che escono da relazioni violente e che intraprendono un percorso di rinascita personale e professionale. Il catalogo delle cuoche palermitane comprende conserve, confetture extra di frutta di stagione, pesti di ortaggi, prodotti da forno e altre bontà di frutta secca. Le materie prime provengono tutte dal territorio siciliano, innescando così un circolo virtuoso che sostiene lo sviluppo dell’economia del territorio. I prodotti delle «Cuoche Combattenti», acquistabili online nell’e-commerce del sito, si caratterizzano per l’Etichetta Antiviolenza, che veicola messaggi per combattere la violenza sulle donne, smontare stereotipi e ruoli relazionali che autorizzano abusi, smascherare la violenza psicologica e rinforzare l’autostima e la libertà personale. Al frantoio L’olio rosa della Toscana Cassa integrazione, smart working, licenziamenti.

Gli incubi legati al Covid 19 passano anche per il mantenimento del proprio posto di lavoro. A questo deve aver pensato in quest’ultimo periodo Judyta Tyszkiewicz – polacca di nascita, ma toscana d’adozione – che ha lasciato il lavoro di assistente dentista e nel 2012 ha fondato la Ranocchiaia, a San Casciano Val di Pesa (Firenze) insieme con il marito Gian Luca Grandis. Per dare una mano alle donne della sua comunità, ha riunito sette donne e ha realizzato un frantoio tutto in rosa. C’è Natalia (ristoratrice e mamma di un bimbo di 5 anni), Sofia (studentessa di Agraria), Emilia (due figli di 8 e 16 anni), Donatella (un figlio di 19 anni), Silvia (sorella di Gian Luca) e Nicole, l’aspirante attrice che ha ereditato dai nonni in Puglia la passione per l’olio extravergine d’oliva. Storie tutte diverse, ma in un momento così difficile per l’emergenza sanitaria ognuna di esse ha trovato nell’azienda agricola toscana una seconda opportunità. Infatti, a causa del Covid 19 alcune di loro sono state messe in cassa integrazione dalle aziende per cui lavoravano, altre invece arrivano al frantoio Grandis appena finito il turno di smart working a casa. «Sono orgogliosa della mia squadra – spiega Judyta – perché insieme, grazie a un po’ di flessibilità e cercando di venire incontro alle necessità di ognuna, riusciamo a produrre un olio Evo di alta qualità».

Sentite il bisogno di un confronto iniziale che dia voce a tutti?

di don Michele Falabretti

In una Progettazione Pastorale che deve essere espressione di un cammino di Chiesa Sinodale, è importante che i membri del gruppo si aprano ad un atteggiamento di conversione e di ascolto reciproco senza paura di perdere la propria identità, maturando la consapevolezza che tutti sono stati chiamati ad apportare tutto il bene possibile per esprimere l’annuncio e la testimonianza al Vangelo.

UNA TECNICA ATTIVA: SCIOGLIERE I NODI
Un mandato di progettazione pastorale potrebbe sembrare la richiesta di risolvere dei problemi. In realtà, per quanto “i problemi” presunti o reali siano da affrontare, la progettazione è prima di tutto invitata a comprendere, nell’ascolto e nella rielaborazione, per poi capire se e in che modo un problema può essere risolto.
L’attività corporea proposta consiste nello sciogliere il nodo composto dagli stessi componenti del gruppo. Ci si mette in cerchio, spalla a spalla, quindi si allungano le braccia verso il centro del cerchio. Si prendono a caso due mani, evitando che siano della stessa persona. Ecco il nodo da sciogliere tenendo le mani ben salde tra di loro (non si può tagliare il filo!). Il gruppo, spontaneamente, è invitato a trovare la strategia migliore per dipanare il nodo. Si può decidere di lavorare fino a sciogliere completamente il nodo, oppure darsi un lasso di tempo in cui provarci. Al termine dell’attività ci si confronta sulle dinamiche che si sono innescate: chi ha provato a risolvere da solo il “proprio nodo”, chi ha preso la guida delle operazioni, chi ha aiutato, chi si è lamentato…
L’obiettivo è quello di stimolare il gruppo a mantenere il contatto con gli altri, tenendo conto della posizione di ciascuno senza dimenticare la finalità comune da conseguire.

 

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Pordenone, il Collegio Don Bosco per la prima sarà diretto da un laico

Pubblichiamo un articolo a firma di Enri Lisetto uscito sul Messaggero Veneto sul cambio di direzione al Collegio Don Bosco di Pordenone: per la prima volta, il preside è un laico.

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Mentre si appresta a vivere l’ultimo esame di maturità, il Collegio Don Bosco di Pordenone annuncia il cambio dei vertici e per la prima volta avrà un preside laico.Nell’ambito della consueta alternanza negli incarichi, da luglio don Carlo Beorchia sarà il nuovo direttore in sostituzione di don Riccardo Michielan, destinato ad altri incarichi.Don Carlo Beorchia, originario di Tolmezzo, da anni è direttore all’Istituto salesiano San Zeno di Verona, storica scuola paritaria e Centro di formazione professionale, oltre che vicepresidente del Centro nazionale opere salesiane di Roma. «Una figura competente e preparata per proseguire la conduzione del Don Bosco nella linea tracciata negli ultimi anni».Don Lorenzo Teston, preside delle scuole dal 2009, lascerà a breve Pordenone (e quindi anche la collaborazione pastorale a San Cassiano di Livenza, dove arriverà un altro salesiano della Casa di Pordenone) per assumere l’incarico di direttore e preside della Casa salesiana di Trento; prenderà il suo posto come coordinatore didattico Paolo Lamanna, già vicepreside dal 2011.Un cambio «importante in tempi non semplici, con problematiche didattiche nuove, sfide logistiche e gestionali da affrontare e che la pandemia non ha sicuramente facilitato». L’avvicendamento «avverrà con la consueta volontà di dare risultati scolastici ed educativi alle famiglie, nella linea della competenza e della continuità di quanto l’Opera salesiana ha saputo progettare, realizzare negli anni a favore della collettività».Il team di docenti, che don Riccardo e don Lorenzo hanno guidato fino ad oggi, «è pronto ad accogliere già dai primi di luglio il nuovo direttore che, affiancato dal professor Lamanna, saprà realizzare le progettazioni già avviate per settembre».«Sono stati anni molto belli e intensi, di sfide col rilancio del primo ciclo. La didattica a distanza ci ha dato modo di rivedere l’offerta formativa, sempre nello spirito salesiano», è il congedo di don Lorenzo Teston, 48 anni, ordinato sacerdote il 19 giugno 2010 al santuario di Madonna di Rosa. «A maggior ragione mi resterà un bel ricordo».Insegnante di matematica e scienze alle medie (328 allievi, 162 alle elementari e 26 a conclusione delle superiori), 47 anni, Paolo Lamanna sarà il primo laico preside, che invece è prassi da tempo in altri istituti salesiani. «Chi ha scelto ha un’idea di continuità didattica con tutto il gruppo degli insegnanti».