Milano, due ordinazioni diaconali a Sant’Agostino

Dal sito della Chiesa di Milano.

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Sabato 19 febbraio, alle 11, la chiesa di Sant’Agostino ospiterà l’ordinazione diaconale di due religiosi salesiani, Davide Mancusi e Luca Probo, appartenenti all’Ispettoria (provincia religiosa) Lombardo-Emiliana. A imporre loro le mani per conferire il primo grado dell’Ordine sacro sarà monsignor Gaetano Galbusera, vescovo emerito di Pucallpa.

Per scelta dei superiori dei due candidati e per rispettare le norme anti-Covid, i posti in chiesa saranno limitati e su prenotazione. Sarà data priorità agli studenti dell’Istituto Salesiano Sant’Ambrogio, compreso, come la chiesa di Sant’Agostino, nelle Opere Salesiane milanesi.

Chi sono

Davide Mancusi ha 29 anni ed è nativo di Milano, della parrocchia di San Barnaba in Gratosoglio (rappresentata all’ordinazione dal parroco don Alfredo Cermenati e dal vicario per la pastorale giovanile don Giovanni Salatino). È entrato 19enne in prenoviziato a Milano, passando poi, nel 2013, al noviziato di Pinerolo. L’8 settembre 2014, al Colle Don Bosco, ha professato i primi voti e il 13 settembre 2020, a Milano Sant’Agostino, i voti perpetui.

Luca Probo, invece, proviene dalla diocesi di Lodi, e ha seguito le medesime tappe della formazione.

Il loro percorso

I due religiosi hanno sintetizzato il loro percorso di formazione col motto tratto dal versetto 9 del dodicesimo capitolo della seconda Lettera di San Paolo ai Colossesi: «Ti basta la mia grazia: la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza».

La stessa frase accompagna la locandina dell’ordinazione, per la quale hanno scelto «La mano di Dio», dipinto dell’artista coreano Yongsung Kim. In esso è raffigurato il punto di vista di San Pietro che, dopo aver cercato di camminare sulle acque per andare incontro a Gesù, dubita, ma viene salvato dal suo Maestro proprio mentre sta per toccare il fondo.

Don Davide Mancusi tornerà nella sua parrocchia d’origine domenica 20 e terrà l’omelia nella Messa delle 18.

Il messaggio del Rettor Maggiore: Il grande dono di San Francesco di Sales

Dall’agenzia ANS.

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“Che la carità e la dolcezza di Francesco di Sales mi guidino in ogni cosa”. Questa fu la risoluzione che Don Bosco prese all’inizio della sua vita di sacerdote educatore. Ed è in questo riferimento a san Francesco di Sales che la pedagogia salesiana prende il suo nome.

Una insegnante ha scritto: «Ogni giorno faccio il giro delle classi. Prima del Covid quando entravo tutti si alzavano in piedi e si stringevano intorno alle mie gambe. Ora non accade più. I bambini di quarta e quinta elementare hanno l’impulso di correre da me e lo frenano. Quelli di prima elementare invece restano fermi, senza reazioni, freddi. Questo mi preoccupa molto per la loro futura capacità di esprimere l’affettività». Un’altra aggiunge: «Dobbiamo af­frontare un evidente aumento dell’aggressività tra i ra­gazzi delle medie». «Stai lontano dagli altri!» si sentono raccomandare dai genitori i bambini.

Quale carico di solitudine, depressione e insicurezze si porteranno dietro per molto tempo i bambini di oggi? Qual è il miglior intervento pedagogico?

«Chi si sente amato, amerà» diceva Don Bosco. Ma la gentilezza e la bontà non sono mai state virtù spontanee.

Anche per Don Bosco la dolcezza non era una dote naturale. Egli affermava di essersi svegliato dal «sogno» dei suoi nove anni con i pugni doloranti per i colpi menati a dei giovani bestemmiatori.

Da adolescente difese con irruenza l’amico Luigi Comollo. Racconta lui stesso: «Chi dice ancora una parolaccia, dovrà fare i conti con me. I più alti e sfacciati fecero muro davanti a me, mentre due ceffoni volavano sulla faccia di Luigi. Persi il lume degli occhi, mi lasciai trasportare dalla rabbia. Non potendo avere tra mano un bastone o una sedia, con le mani strinsi uno di quei gio­vanotti per le spalle, e servendomene come di una clava comin­ciai a menare botte agli altri. Quattro caddero a terra, gli altri se la diedero a gambe ur­lando».

Più tardi, il buon Luigi lo rimproverò per quella veemente esibizione di forza: «Basta. La tua forza mi spaventa. Dio non te l’ha data per massacrare i tuoi compagni. Perdona e restituisci bene per male, per favore». Quasi un’eco al personaggio del sogno che aveva detto: «Non è con i colpi, ma con la dolcezza e l’amore che devi mantenere la loro amicizia».

Giovanni imparò così non solo come si perdona, ma quanto sia importante dominare se stessi. Non lo dimenticherà mai. Porterà sempre dovunque il soffio del mite e nessuno saprà quanto gli costerà sempre, ma per questo, secondo le parole di Gesù “possederà la terra”.

I panegirici di san France­sco di Sales, che si tenevano di regola nel seminario, lo fecero riflettere. Secondo il suo Testamento spirituale, s’impose come quarto proposito dell’ordinazione sacerdotale la formula: «La carità e la dolcezza di S. Francesco di Sales mi guidino in ogni co­sa».

E quando dovette scegliere un nome per il nascente Oratorio non ebbe dubbi: «Si chiamerà Oratorio di San Francesco di Sales» e più tardi ai primi giovani che condivideranno la sua vita dirà: «Ci chiameremo salesiani». La ragione? «Perché la parte di quel nostro ministero esigendo grande calma e mansuetudine, ci era­vamo messi sotto alla protezione di questo Santo, affinché ci ottenesse da Dio la grazia di poterlo imitare nella sua straordinaria mansuetudine e nel guadagno delle anime».

La dolcezza, questa virtù «più rara della perfetta castità», è «il fiore della carità», è la carità messa in pratica, aveva insegnato san Francesco di Sales. «Vi raccomando soprattutto lo spirito di dolcezza, che è quello che riscalda il cuore e conquista le anime», scriveva a una giovane bades­sa.

Alla fine di una guerra che, durante quattro lunghi anni, l’aveva per­lomeno ignorata e disprezzata nelle relazioni tra i popoli, il Rettor Maggiore Don Paolo Albera dedicò alla dolcezza un’intera lettera cir­colare. «La virtù della dolcezza impone di dominare la vivacità del proprio ca­rattere, di reprimere ogni movimento di impazienza e di proibire alla pro­pria lingua di pronunciare una sola parola offensiva per la persona con cui si tratta. Essa esige il rifiuto di ogni forma di violenza nel comporta­menti, nelle proposte e nelle azioni». A Don Albera pareva impossibile di­menticare, nel quadro della dolcezza lasciatoci, «un cenno di quello sguardo sereno e pieno di bontà, che è il vero e limpido specchio di un animo sinceramente dolce e unicamente desideroso di rendere felice chiunque l’avvicina».

Dolce non è sinonimo di mellifluo e dolciastro, che sono le sue subdo­li caricatureDolcezza non è affatto debolezza. La violenza incontrollata è debolezza. La gentilezza è forza pacifica, paziente e umile. Don Bosco univa, nel suo governola dolcezza e la fermezza.

Questo spirito di bontà, dolcezza e mitezza si è profondamente inciso nei primi salesiani e appartiene alla nostra più antica tradizione. Tutto ciò sta ad indicare che non possiamo trascurarlo, né tantomeno perderlo, con il rischio di danneggiare significativamente la nostra identità carismatica.

Per molti dei nostri giovani, l’esperienza maggiormente ricordata dell’incontro con la Famiglia Salesiana nel mondo è spesso la familiarità, l’accoglienza e l’affetto con cui si sono sentiti trattati. Insomma, lo spirito di famiglia. Nei primi tempi si parlava di un “quarto voto salesiano”, che comprendeva la bontà (prima di tutto), il lavoro e il sistema preventivo.

Non possiamo immaginare una presenza salesiana nel mondo, una presenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice, dei Salesiani di Don Bosco e degli attuali trentadue gruppi che compongono la Famiglia Salesiana di Don Bosco, che non abbia la caratteristica della bontà come elemento distintivo; o almeno dovremmo averla, come ha voluto ricordare Papa Francesco con la sua illuminante espressione di “opzione Valdocco”.

Si tratta della nostra opzione per lo stile salesiano fatto di gentilezza, affetto, familiarità e presenza.

Abbiamo un tesoro, un dono ricevuto da Don Bosco, che ora tocca a noi ravvivare.

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RMG – Dalla parte dei giovani: il video finale della Giornata Missionaria Salesiana 2022

Dal sito dell’agenzia ANS.

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ANS – Roma) – Il Settore per le Missioni Salesiane ha pubblicato sulle sue reti sociali l’ultimo video per la Giornata Missionaria Salesiana 2022, “Comunicare Cristo Oggi – #MissionariInRete”. Dopo i tre video che esprimevano il punto di vista dei ragazzi, nell’ultimo video arriva la risposta salesiana, che è quella di stare sempre dalla parte dei giovani annunciando Cristo con la propria vita.

Spiegano dal Settore per le Missioni Salesiane: “Alla ragazza che usa i filtri bellezza sui social, i salesiani rispondiamo che sei preziosa agli occhi di chi ti ama e la bellezza è in te stessa, nella tua imperfezione. Al giovane migrante che non sentiva la presenza di Dio, annunciamo che Lui era al tuo fianco nel momento della sofferenza, che ti ha sorretto e tenuto tra le braccia quando avevi freddo e paura. Anche se non lo vedi, Dio è accanto a te oggi. A chi vede la realtà solamente come “bla bla bla”, diciamo che in questo mondo ci sono parole di speranza e gesti concreti e che crederci è il primo passo per il cambiamento. Se cambiamo il nostro punto di vista, raccontiamo Cristo oggi!”.

Il video, realizzato dalla IME Comunicazione, è disponibile sulla pagina Facebook, sul canale YouTube e sul profilo Instagram del Settore per le Missioni Salesiane, così come tutti i precedenti filmati.

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Canale YouTube

L’Ispettoria dell’Italia Centrale e Intesa San Paolo sottoscrivono un accordo per le famiglie con figli che frequentano le scuole salesiane

Comunicato stampa di Intesa San Paolo e Circoscrizione Salesiani Italia Centrale.

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Intesa Sanpaolo e la Circoscrizione dei Salesiani dell’Italia Centrale hanno sottoscritto un accordo rivolto alle famiglie con figli in età scolare che frequentano le scuole e i centri di formazione professionale in Abruzzo, Lazio, Liguria, Marche, Sardegna, Toscana e Umbria, all’interno della grande famiglia salesiana che ha mosso i suoi passi a partire dal 1841, da quando il Santo educatore don Giovanni Bosco incontrò il primo giovane. Il prestito impact “per Crescere”, iniziativa ESG del Gruppo bancario, può integrare il reddito delle famiglie con figli che frequentano la scuola primaria e secondaria, con una linea di credito di 2.000 o 3.000 euro l’anno per un periodo che va da 1 a 5 anni. Si rende così più sostenibile l’economia familiare in un periodo decisivo per la crescita e l’istruzione dei giovani.

Il prestito Intesa Sanpaolo risponde a esigenze essenziali come: acquisto di prodotti e servizi legati all’istruzione (rette scolastiche, libri, mobilità, corsi di lingua, Pc e connessione internet); copertura di bisogni educativi speciali (psicomotricità, logopedia, ecc.); altre attività funzionali alla crescita personale (sport, campus estivi, esperienze formative all’estero).

Siamo felici di avviare questa nuova collaborazione con una delle Congregazioni che ha dato di più nell’educazione e nella formazione professionale dei giovani. Dopo il successo di “per Merito”, il prestito d’onore per tutti gli studenti universitari, incontriamo oggi i valori educativi salesiani; è un motivo di grande orgoglio ma anche l’occasione per un investimento sulla prima parte del percorso scolastico, quando è massimo il potenziale di crescita e apprendimento” commenta Marco Morganti, Responsabile Direzione Impact Intesa Sanpaolo.

«Sono molte le famiglie che scelgono la scuola di don Bosco, come luogo di formazione e di crescita per i propri figli. Molte più quelle che vorrebbero essere parte di tale proposta educativa, ma che sono scoraggiate dal pagamento di una retta. Ecco perché come scuole paritarie salesiane siamo molto contenti di presentare alle famiglie dei nostri ragazzi questa opportunità: un sostegno concreto all’esercizio del diritto alla libertà di scelta educativa, che purtroppo in Italia rappresenta un costo, a differenza di tanti altri Paesi europei. Sono convinto che varie famiglie, comprese quelle a reddito medio basso, possano scorgere in questo prodotto finanziario un valido aiuto ad investire sulla formazione dei propri figli, garantendo loro un’istruzione di qualità e un percorso educativo di formazione integrale nel sogno e nel segno di don Bosco» dichiara don Marco Aspettati, Delegato CNOS Scuola Circoscrizione Salesiana Sacro Cuore Italia Centrale.

Una ricerca 2021 di Eumetra per Intesa Sanpaolo ha rilevato che oltre il 60% delle famiglie italiane pensano che spendere per la formazione dei figli sia il migliore investimento, in particolare per lo studio di una lingua straniera e per servizi di orientamento per il futuro. “per Crescere” si inserisce all’interno del percorso Impact di formazione della persona, avviato con “per Merito” rivolto agli studenti universitari, proseguito con “mamma@work” per le mamme con figli nella fascia 0-6 anni e con “XME Studio Station” specificamente dedicato all’acquisto di strumenti informatici e connessioni anche per la didattica a distanza. Con questo nuovo progetto Intesa Sanpaolo consolida la propria attività di inclusione finanziaria dedicata ai giovani e alle loro famiglie, nell’ambito delle proprie attività ESG, sempre secondo criteri Impact: tassi contenuti, lungo periodo di restituzione, nessuna garanzia richiesta. Le iniziative sono realizzate grazie al Fund for Impact, lo strumento di Intesa Sanpaolo, che oggi consente innovative campagne di inclusione creditizia verso persone e famiglie generando un impatto sociale concreto e misurabile

Avvenire – Olbia, le risposte all’abbandono

Da Avvenire.

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“Isola ma non isolati” è il titolo di un progetto formativo messo a punto dalla parrocchia di “San Ponziano Papa” a Olbia, per dare una speranza e una possibilità concreta di formazione e di lavoro a 80 tra bambini, ragazzi e giovani. Niente di rivoluzionario: alla  missione pastorale, catechetica e liturgica, la chiesa di via Monza ne aggiunge un’altra in favore della città e del suo territorio. Una “conversione” che ha un nome e un marchio: don Giovanni Bosco. La parrocchia, da sei anni gestita dai salesiani, lavora sul territorio e ha interesse prevalente alla formazione e alla riduzione del disagio sociale giovanile: ora l’obiettivo è diventato dare un futuro agli  under 25 della Gallura. Il capitale umano non manca: il 23 per cento della popolazione olbiese, circa 13mila persone, rientra infatti in
questa fascia d’età. Mancano, invece, i soldi – 191mila euro – che i salesiani chiedono ad alcune delle oltre 23mila imprese operanti nel nord-est dell’isola. Anche la Gallura contribuisce a quel mondo sardo dove una ragazza su quattro non studia, non lavora e non segue nessun percorso formativo e un giovane su cinque lascia la scuola prima del tempo. La situazione giovanile di abbandono scolastico e di disoccupazione è tra le peggiori d’Italia, ma c’è anche un potenziale economico-lavorativo per il territorio. «Nasce da qui – dice don Alessandro Fadda, dallo scorso settembre parroco di San Ponziano, per una decina d’anni direttore dell’oratorio “San Paolo” di Cagliari, e dal 2015 al 2021 responsabile del “Gerini” di Roma, tra le cittadelle formative più importanti d’Italia – la necessità di persone preparate per il mondo del lavoro, di insegnanti all’avanguardia nelle tecnologie, e di recupero dei ragazzi in difficoltà. Nello stesso tempo si vuole lavorare nel campo della prevenzione preparando le nuove generazioni, a partire dai bambini, per affrontare la società del futuro». Il progetto si articola su quattro assi. Il primo prevede laboratori di coding e computer creativo rivolto a 34 tra bambini e ragazzi; il secondo, propedeutico al proseguimento del progetto, è la formazione di 10 futuri tecnici-docenti in collaborazione con Amazon Web Services ; il terzo una preparazione tecnologica, digitale e informatica di 12 settimane per un numero massimo di 16 ragazzi/e per la fascia d’età 18-25 anni e il quarto si riferisce alla formazione di 30 ragazzi/e a rischio di dispersione per la fascia dai 14 ai 16 anni. D’alto livello la squadra dei partner e collaboratori. Lettere di sostegno al progetto sono arrivate da Caritas Italiana, dal vescovo di Tempio-Ampurias, dai servizi sociali del Comune di Olbia e dalla Cisl. «Il nostro lavoro in stile salesiano – sottolinea don Fadda – sta prendendo consistenza attraverso una rete educativa tessuta tra le realtà ecclesiali, scolastiche e sociali che condividono tempi ed energie in un processo educativo rivolto al mondo giovanile olbiese. Noi crediamo che quest’opera possa contribuire a costruire uno di quei “ponti” capaci di unire adulti e giovani e coinvolgere l’intera diocesi e in particolare la città di Olbia».

Corriere Romagna – La sfida di don Antonio Gavinelli

Dal Corriere Romagna.

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Martedì scorso la nostra settimanale rubrica ha portato alla luce il grave fatto di sangue avvenuto nella Repubblica di San Marino, lungo la strada tra Borgo e Serravalle, il pomeriggio dell’11 maggio 1921. Nel rievocare l’episodio abbiamo citato anche un salesiano, caro amico della vittima. Bene, quel sacerdote merita di più di un semplice “passaggio” e la pagina che ci apprestiamo a redigere, a lui dedicata, ce lo fa conoscere da vicino. Detto questo, diamo inizio al nuovo brano di storia riminese.

L’Italia è appena uscita dalla Grande guerra: ha vinto, ma ha tutte le ossa rotte. Il Paese è in preda ad una grave recessione economica: non c’è lavoro e i licenziamenti sono all’ordine del giorno. Dimostrazioni, scioperi e scontri sanguinosi si susseguono con un ritmo frenetico e nei cortei la bandiera rossa prende il posto del tricolore. Nelle fabbriche e nelle piazze si parla con sempre maggiore insistenza di rivoluzione: per il proletariato è una speranza, per la borghesia un incubo. La parola rivoluzione affascina, riempie e nello stesso tempo illude molte bocche affamate. C’è anche chi ne parla a sproposito e non si accorge di avviare il paese verso la guerra civile.

In mezzo a questa caotica strategia della protesta, un salesiano di 34 anni sta per iniziare a Rimini una sua “rivoluzione”. Si chiama Antonio Gavinelli, è nativo di Bellinzago, in provincia di Novara, ed è sacerdote dal 1912. Laureato in lettere e filosofia, nei quattro anni di guerra ha svolto il ruolo di cappellano militare. I suoi obiettivi, naturalmente, non sono politici: deve far conoscere alla città il progetto educativo, sociale e religioso di don Bosco. Una sfida non facile a quel tempo.

Il suo compito è smisurato. Le indicazioni che riceve dalle autorità ecclesiastiche per la missione affidatagli sono vaghe e non supportate da un briciolo di aiuto economico: deve istituire una struttura per accogliere gli orfani di guerra e un collegio per poveri ed emarginati. Oltre a queste disposizioni deve organizzare una parrocchia inesistente; creare un’identità di coscienza ad una comunità eterogenea composta di persone senza legami, interessi e amicizia; dare un volto ad un quartiere periferico senza storia e cresciuto troppo in fretta e soprattutto deve offrire un senso alla vita di molti giovani sbandati della zona. La parrocchia che gli è stata assegnata è quella di marina: una zona compresa tra il porto e il Sanatorio comasco (Bellariva), una lunga fascia di litorale completamente deserta all’inizio del secolo, ma in forte espansione edilizia e demografica a partire dalla fine degli anni Dieci. La chiesa, al centro di quest’area, è quella di S. Maria Ausiliatrice, la “Chiesa nuova” per i riminesi, eretta nel 1912-’13, non completamente ultimata e con la canonica ancora in costruzione.

Il salesiano arriva a Rimini i primi di ottobre del 1919. È solo, non conosce il luogo, non ha rendita e mezzi di sussistenza. La gente del posto – in gran parte ortolani, operai e artigiani – è diffidente, persino ostile: politicamente è tutta “rossa”.

A compiere con successo la sua “rivoluzione” il sacerdote impiega sei anni. Nell’ottobre del 1925 la rigida regola della sua congregazione – quella dei Figli di don Bosco – lo destina in un’altra città per un altro incarico. Rimini lo ricorderà come il fondatore dell’“Opera salesiana”, riconoscendogli il merito di aver creato le basi spirituali ed organizzative di una grande struttura religiosa e sociale e di aver insegnato ad una moltitudine di giovani il valore della disciplina e l’orgoglio di appartenere alla famiglia salesiana.

A don Antonio Gavinelli si deve la costruzione del più grande oratorio della diocesi capace di raccogliere centinaia di ragazzi; la realizzazione del campo di calcio, del teatro, del collegio per gli orfani e della scuola elementare del quartiere; l’arredamento, la decorazione e la rifinitura edilizia della chiesa e della canonica, quest’ultima ingrandita e trasformata in istituto per i giovani. A lui, al suo interessamento, si devono la costruzione della Casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice sul viale Tripoli e la venuta delle suore salesiane (Cfr. Cronaca della casa). Ed infine, sempre a questo dinamico prete, va attribuita la pubblicazione di un mensile, Lavoro e preghiera, prezioso documento della graduale ed entusiastica “conversione” dell’intera comunità di marina alla vita di parrocchia.

A testimoniare le difficoltà iniziali incontrate da don Gavinelli nel rapporto con i parrocchiani e la loro adesione alla sua “rivoluzione”, dopo appena tre anni, valga la lettura di uno stralcio di un suo articolo tratto da La sveglia della Romagna del gennaio del 1923: «… Ci pare un sogno! Non più le sassate notturne contro i vetri dell’edificio, non più risuonano al nostro orecchio gli insulti e le canzonacce da trivio … ora [gli abitanti del posto] salutano i giovanetti [del collegio salesiano] e frequentano le nostre scuole, la lezione di catechismo, la chiesa e cantano: Noi vogliam Dio!».

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Il primo contratto di Apprendistato di Don Bosco compie 170 anni

Pubblichiamo il comunicato di CNOS Fap, CIOFS Fp e Salesiani Don Bosco Italia sull’anniversario del primo contratto di apprendistato firmato da San Giovanni Bosco.

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8 febbraio 1852 – 2022: il primo contratto di apprendistato promosso da Don Bosco compie oggi 170 anni. Per celebrare questo anniversario i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice con tutti i formatori CNOS e CIOFS ribadiscono il valore dell’apprendistato, della formazione in assetto di lavoro, della formazione duale.

Il contratto concepito e sottoscritto da Don Bosco è considerato da molti il primo contratto moderno di lavoro. Non solo perché molte delle sue clausole più tardi entreranno nella normale prassi dei rapporti lavorativi, ma anche e soprattutto perché per la prima volta, con un documento che riporta ben quattro firme, si sancisce un’alleanza che è ancora oggi di ispirazione per l’opera dei formatori: quella tra il datore di lavoro, il lavoratore, la famiglia dell’apprendista e l’educatore.

Nel dibattito odierno si intende quindi ribadire come la possibilità che i giovani possano vivere l’alternanza scuola-lavoro, in un contesto protetto e in stretta collaborazione con i centri di formazione, rappresenti una preziosa opportunità.

L’insegnamento che giunge dalle più avanzate esperienze europee mostra come il sistema duale, che vede una strettissima collaborazione tra ente formativo ed azienda, sia il sistema che meglio aiuta i giovani nel proprio percorso di sviluppo delle competenze e di inserimento nel mondo del lavoro. In Italia da anni si è percorsa questa strada con ottimi risultati sul piano occupazionale.

Cnos-Fap e Ciofs Fp, nella capillarità della loro presenza, lavorano costantemente insieme alle aziende per rendere queste esperienze educative, momenti di crescita e maturazione capaci di aiutare i giovani ad entrare in contatto con la realtà lavorativa e sociale sviluppando una forte sensibilità sui temi della sicurezza grazie anche alla collaborazione con i tutor aziendali che in questo percorso svolgono un ruolo fondamentale.

Un’alleanza sempre più stretta tra istituzioni, sistema educativo ed imprese, è quindi fondamentale per costruire strategie, itinerari, momenti di confronto che possano portare all’attenzione pubblica un tema tanto attuale come quello della sicurezza sul lavoro.

La cura delle ore di sicurezza sul lavoro all’interno dei corsi di formazione propedeutici all’ingresso in azienda, il richiamo costante al rispetto delle norme nel contesto lavorativo, il criterio di scelta dei tutor aziendali, la certificazione delle aziende sicure, sono elementi centrali per favorire la creazione di una vera e propria cultura della sicurezza.

“Prima di arrivare a Roma come direttore generale del CNOS Fap nazionale, ho avuto la fortuna di dirigere il CNOS-FAP di Bologna per nove anni durante i quali ho visto passare più di 1000 ragazzi – dichiara don Fabrizio Bonalume, direttore generale del CNOS Fap – . Durante il periodo di stage aziendale ho visto questi giovani rifiorire e ritrovare la stima in loro stessi: per loro era fonte di gioia il sentirsi apprezzati in un contesto di adulti. E sapevano riconoscere che in questo percorso l’esperienza nel centro di formazione salesiano li aveva aiutati. Tutto ciò diventava ancora più forte e concreto quelle tante volte in cui lo stage si concludeva con la proposta di contratto di apprendistato. In diverse occasioni ho avuto la fortuna di essere io stesso presente … ecco un altro “contratto di apprendizzaggio” firmato grazie a don Bosco

170 anni fa, don Bosco inaugurava una via. Ancora oggi Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice si impegnano nello stesso cammino.

Don Roberto Dal Molin – Presidente CNOS Italia

Don Fabrizio Bonalume – Direttore generale CNOS Fap

Suor Manuela Robazza –  Presidente Nazionale CIOFS-FP

Scarica il contratto di DBosco

100 anni di presenza salesiana a Perugia, il card. Bassetti presiede l’Eucaristia di apertura del centenario

Dall’agenzia AGENSIR:

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“È molto bello, cari giovani, vedere la cattedrale piena della vostra significativa speranza. Don Bosco vi sorride dal Cielo, come in questo momento sorride a voi, alla vostra vita, al vostro impegno, alle vostre gare sportive il vostro vescovo”. A sottolinearlo è stato il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, nell’introdurre la solenne celebrazione eucaristica di apertura del centenario della presenza salesiana a Perugia (1922-2022), nella cattedrale di San Lorenzo, ieri pomeriggio, nella memoria liturgica di san Giovanni Bosco.
“Vogliamo celebrare i cento anni della presenza dei Salesiani a Perugia – ha proseguito il cardinale –. Cento anni sono tanti ed è stata una presenza bella e significativa quella di centinaia e centinaia di giovani che sono passati dai Salesiani per la scuola, per lo sport e per la formazione. E a tante persone è rimasta impressa la cara immagine di Don Bosco. Vi auguro, cari figli, che sia così anche per la vostra vita”. Nell’omelia il porporato ha evidenziato: “Celebrare cento anni della vostra presenza nella nostra arcidiocesi è un dono e, insieme, una responsabilità. Con grande rispetto, ammirazione e gratitudine, cari figli di Don Bosco, i nostri occhi non possono non guardare indietro a coloro che vi hanno preceduto, sopportando con dignità le non poche fatiche e sofferenze del loro tempo. È grazie a loro se noi oggi possiamo celebrare questa giornata e questa ricorrenza. La presenza salesiana, qui a Perugia, risale al 1922 quando fu aperto nella parte vecchia della città un orfanotrofio con annesso convitto per ragazzi indigenti che venivano a studiare in città. Nel piccolo ambiente fiorì anche un oratorio molto stimato. Era l’amato ‘Penna Ricci’, nel popolare rione di Porta Sant’Angelo. Sono sicuramente migliaia i giovani che in questi decenni sono passati e, direi, sono cresciuti grazie alle opere salesiane: le scuole, anzitutto, ma anche gli oratori, il Convitto, il Centro di formazione professionale. Tutto ciò testimonia quanto abbia inciso nel nostro tessuto sociale l’opera educativa e formativa offerta lungo un secolo”.
Il card. Bassetti ha osservato che i Salesiani sono  il frutto dell’invito di Gesù “ad accogliere i piccoli. Sappiamo quanto sia ancor più necessario in questo nostro tempo. Se pensavamo che nella nostra società e nel nostro continente non vi fossero più emergenze a riguardo dell’educazione delle nuove generazioni, purtroppo abbiamo appreso invece che proprio la pandemia di Covid-19 ha causato – solo per fare un esempio – un enorme incremento dei casi di depressione tra gli adolescenti”. Ma “è nei giovani la nostra speranza, e don Bosco questo l’aveva capito bene, e voi, carissimi Salesiani, siete coloro che, in prima linea, continuate a lavorare con loro, a credere in loro, a investire in loro”.

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Rettor Maggiore: messaggio ai giovani nella festa di Don Bosco

In occasione della commemorazione dei 400 anni dalla morte di San Francesco di Sales e nel giorno della festa di san Giovanni Bosco, il Rettor maggiore, Don Ángel Fernández Artime ha scritto una lettera ai giovani ricordando loro che quanto siano protagonisti di questa storia, come lo sono stati i ragazzi di Valdocco con Don Bosco.

Di seguito la lettera del Rettor maggiore, Don Ángel Fernández Artime.

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MESSAGGIO AI GIOVANI NELLA FESTA DI DON BOSCO,

NEL IV CENTENARIO DELLA MORTE DI SAN FRANCESCO DI SALES, nostro Patrono

Torino-Valdocco, 31 gennaio 2022

Miei carissimi giovani,

giunga a ciascuno di voi il mio saluto con vero affetto e con tutto il cuore da Valdocco, dove stiamo celebrando la festa del nostro amato Don Bosco, “Padre e maestro della gioventù” – come ha dichiarato San Giovanni Paolo II.

Vi scrivo questa lettera, mentre da pochi istanti sono tornato dalla preghiera che ho fatto per voi nella Basilica davanti al Signore, davanti alla nostra Madre Ausiliatrice, davanti a Don Bosco, a Madre Mazzarello e a San Domenico Savio, il santo adolescente dei primi anni dell’oratorio qui a Valdocco.

L’Eucaristia di ieri è stata trasmessa dalla televisione proprio dalla Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino, e il Santo Padre, Papa Francesco, durante la preghiera dell’Angelus ha dichiarato di aver seguito la Santa Messa in televisione, aggiungendo di salutare tutti i Salesiani in occasione della festa di Don Bosco. Nell’esprimere tutto questo ha ricordato che il nostro Padre «non si è chiuso in sagrestia, non si è chiuso nelle sue cose. È uscito sulla strada a cercare i giovani, con quella creatività che è stata la sua caratteristica». Indubbiamente, così farebbe Don Bosco anche oggi, invitando tutti noi ad essere al vostro fianco, accanto a voi, per percorrere insieme il cammino della vita.

Quanto il Santo Padre ama la Famiglia Salesiana, la famiglia di Don Bosco! E quanta responsabilità questo comporta, perché dobbiamo sempre dare il meglio di noi stessi al servizio del Vangelo nel nome del Signore Gesù.

E voi, carissimi giovani, siete i protagonisti di questa storia, come lo erano i ragazzi di Valdocco con Don Bosco.

In questo anno in cui commemoriamo nella Chiesa il IV centenario della morte di un grande santo, quel “gigante della santità” che fu San Francesco di Sales, la Famiglia Salesiana di Don Bosco, e voi, i giovani che ne fate parte, tutti noi con voi siamo chiamati a vivere la nostra fede cristiana e tutto il dinamismo giovanile che portate nel cuore, con questa carità e dolcezza “salesiana” che San Francesco di Sales ci ha lasciato in eredità e che Don Bosco fece sua. Nel 1854, egli stesso scrisse a riguardo dell’Oratorio di Valdocco: «Questo Oratorio è posto sotto la protezione di San Francesco di Sales per indicare che il fondamento su cui poggia questa Congregazione deve essere la carità e la dolcezza, che sono le virtù caratteristiche di questo santo». Don Bosco per realizzare la sua opera si ispirò a San Francesco di Sales, il Santo che comprese – come pochi altri – che Dio e il suo amore misericordioso erano al centro della sua vita e della sua storia. Francesco di Sales è il Santo della tenerezza, del cuore modellato sul cuore di Dio Padre che, con la sua dolcezza, attira tutti a sé.

E facendomi eco di questa sensibilità e spiritualità, che abbiamo ricevuto da San Francesco di Sales attraverso Don Bosco, e con la forza della Parola con cui sia il Papa Emerito Benedetto XVI sia Papa Francesco si sono rivolti a voi, desidero invitare voi, cari giovani di tutte le presenze salesiane nel mondo, a vivere con grandi ideali, con grandi mete che vi conducano sulla via della felicità e verso Dio.

  • Mi è parso molto bello quando in uno dei suoi messaggi rivolti a voi giovani, Papa Benedetto XVI vi ha detto: «Cari giovani, non accontentatevi di meno della Verità e dell’Amore, non accontentatevi di meno di Cristo». Che bello e che proposta che vale la pena accettare con coraggio, perché è molto probabile che l’ambiente sociale e culturale in molti luoghi nei quali vivete non vi aiuterà in questo. Ma il privilegio di non accontentarsi di niente di meno che Cristo nelle vostre vite è che potete fidarvi di Dio, abbandonarvi a Lui, il Dio vivente e che invita tutti a vivere come è vissuto Gesù. Sono convinto che essere un giovane cristiano oggi sia davvero una sfida coraggiosa.

E nell’affermare questo, non dimentico molti di voi, cari giovani delle presenze salesiane del mondo, che professano un’altra religione. Vi auguro con vero affetto di vivere la vostra fede in profondità, di essere veri credenti nella fede che professate, di viverla autenticamente. L’unico Dio che esiste e al quale tutti ci rivolgiamo, sarà sempre al vostro fianco e saprà incontrare ognuno di voi. Le case di Don Bosco e di tutta la Famiglia Salesiana nel mondo hanno, e continueranno sempre ad avere, porte aperte per ogni giovane che le avvicina.

  • Allo stesso tempo, insieme ai miei confratelli Salesiani, alle mie consorelle Figlie di Maria Ausiliatrice, e a tanti altri che compongono questa nostra preziosa Famiglia, faccio risuonare le proposte che vi hanno rivolto Papa Francesco e Papa Benedetto, perché capisco che, proprio come ha fatto Don Bosco con i suoi ragazzi, insieme desideriamo chiedervi di essere coraggiosi, di non avere mai paura, di lasciarvi sorprendere da Gesù, il Signore, di aprire le porte del vostro cuore a Lui, lasciando che Lui vi parli. Gesù vi sorprenderà sempre e vi condurrà sul sentiero dell’autentica felicità: quella che cercate, che desiderate e di cui avete bisogno.
  • Miei cari giovani, oso dirvi in questa festa di Don Bosco che oggi, come sempre o più che mai, il Signore ha bisogno di voi e vi chiama ad essere discepoli missionari nel Regno. Don Bosco ha bisogno di voi, come aveva bisogno dei suoi ragazzi di Valdocco, per fare del bene a tanti altri. E tanti vostri compagni e amici hanno bisogno di voi e del vostro sostegno. Di voi giovani che, con responsabilità e generosità, prendete in mano la vostra vita.

Il nostro mondo ha bisogno di giovani che sentano di avere una missione sognata da Dio e che si innamorino di essa. Giovani che sentono che Dio ha un sogno e un bellissimo progetto per ognuno di loro. Giovani con speranza e forza. Giovani, come dice Papa Francesco, che non si lasciano rubare la speranza: «Un giovane non può essere scoraggiato, la sua caratteristica è sognare grandi cose, cercare orizzonti ampi, osare di più, aver voglia di conquistare il mondo, saper accettare proposte impegnative e voler dare il meglio di sé per costruire qualcosa di migliore. Per questo insisto coi giovani che non si lascino rubare la speranza» (Christus Vivit, 15).

Carissimi giovani,

concludo questo messaggio augurandovi una buona festa di Don Bosco e invitandovi a vivere tutto l’anno in grande armonia con Don Bosco e San Francesco di Sales. Loro continueranno a condurvi a incontrare l’unico che conta: Gesù Cristo il Signore.

Ricordo che nell’incontro della Consulta Mondiale del Movimento Giovanile Salesiano (SDB-LEADS) tenutosi nel dicembre scorso, dopo aver approvato le linee guida della Consulta Mondiale del Movimento Giovanile Salesiano (SDB-LEADS), i giovani rappresentanti di tutto il mondo sono stati unanimi nel proporre di celebrare il 400° anniversario della morte di San Francesco di Sales. I membri della Consulta della Regione Africa-Madagascar coordineranno questo evento, al quale parteciperanno tutti i gruppi del Movimento Giovanile Salesiano (MGS) delle ispettorie salesiane del mondo, in segno di omaggio, gratitudine, amore e devozione a questo grande Santo, ispiratore del nostro amato Don Bosco.

Vi incoraggio a continuare a curare i momenti di preghiera, le iniziative a favore dei più svantaggiati e a far conoscere e condividere tutto quello che state facendo.

Miei cari giovani, buona festa di Don Bosco e buon anno “salesiano” sotto l’ispirazione di San Francesco di Sales.

La mia benedizione per tutti.

Con vero affetto e l’assicurazione del ricordo nella mia preghiera, vi saluto,

Ángel Fernández Artime, SDB

Rettor Maggiore

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Don Bosco Roma, gli auguri del presidente del Lazio Zingaretti per la festa del 31 gennaio

Dal sito della Parrocchia San Giovanni Bosco di Roma.

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Nel triduo in preparazione della festa di San Giovanni Bosco la comunità parrocchiale ha ricevuto gli auguri da parte del presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti.

Nel ricordare la figura del nostro Santo, Zingaretti scrive che “in un momento di fragilità sociale come quello che attraversiamo, è necessario fare una grande scommessa sui giovani, garantendo a tutti strumenti adeguati per l’educazione e la formazione”. “In questo senso, la figura di Don Bosco è per noi tutti un punto di riferimento fondamentale”. “Sapere di poter contare, per questa fondamentale missione, su una parrocchia aperta ai giovani come la vostra e sulle strutture per la formazione legate all’insegnamento di Don Bosco è per me motivo di grande fiducia”, ha aggiunto.

Buona festa!

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