Il Congresso Internazionale delle Opere e dei Servizi Sociali Salesiani ha continuato le proprie operazioni a Valdocco, di seguito il resoconto delle ultime giornate, a cura del sito ANS.
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Proseguono a pieno regime i lavori del Congresso Internazionale delle Opere e dei Servizi Sociali Salesiani. Radunati presso Valdocco, i 300 delegati rappresentati di tutte le Ispettorie e Visitatorie della Congregazione hanno continuato l’approfondimento delle tematiche inerenti al servizio della promozione umana secondo lo stile di Don Bosco.
Seguendo il ricco programma delle attività, la mattinata si è aperta con la Lectio Divina curata da don Rafael Bejarano, Referente per le Opere Sociali all’interno del Settore della Pastorale Giovanile e coordinatore del Congresso, e dal signor Javier Carabaño Rodriguez, specialista in comunicazione e identità e legato all’ambiente salesiano. I due hanno dato un nuovo passo nella lettura dell’episodio evangelico della risurrezione del figlio della vedova di Nain: se nella prima giornata era emersa solo la contrapposizione tra il mondo della gioia, animato dalla presenza di Gesù, e quello del dolore, rappresentato dal popolo di Nain, adesso
“l’incontro tra i due gruppi è presentato come un confronto tra due forze opposte da cui deve emergere un vincitore. Dove appare Gesù, tutto sarà permeato dal suo amore, non può passare attraverso la vita delle persone senza cambiare radicalmente le cose in loro”.
Anche oggi, hanno affermato le due guide della Lectio Divina,
“quando Gesù rivolge il suo sguardo verso di noi, non possiamo non rimanere affascinati, l’incontro personale con lui ci fa rinascere. La sua misericordia dà a ciascuno un nuovo inizio”.
Animata da tale incoraggiamento, l’assemblea ha poi potuto assistere alla conferenza offerta da don Michal Vojtas, Vicerettore dell’Università Pontificia Salesiana di Roma, sul tema: “Le evoluzioni della dimensione sociale nell’educazione e nella pedagogia salesiana”.
Partendo dall’analisi dell’azione sociale di Don Bosco verso i poveri e gli abbandonati, in senso stretto, e del suo impegno verso tutti i giovani delle classi popolari, in senso più ampio, don Vojtas ha ripercorso la storia del lavoro sociale dei salesiani e di tutti i loro collaboratori dalla fine del XIX secolo fino ai primi anni del terzo millennio, osservando i diversi ritmi e modalità in cui si è declinata lungo i decenni la dimensione sociale del carisma salesiano.
Del periodo tra ‘800 e ‘900, ad esempio, don Vojtas ha considerato come
“seguendo la linea strategica del fondatore, ci fosse un equilibrio tra una mentalità tradizionale e le innovazioni a livello pratico-organizzativo. L’educazione salesiana si adattava creativamente reinventando alcune delle sue attività e strutture alle nuove esigenze”.
Durante i rettorati di Don Michele Rua e Don Paolo Albera, ha aggiunto ancora
“la situazione dei quartieri popolari, la questione operaia e gli stimoli della Rerum Novarum portarono anche negli oratori a un notevole allargamento della prospettiva educativa polarizzata verso il fine educativo della “preparazione dei giovani alla vita (…) La posizione intermedia dell’oratorio tra la società e la Chiesa garantiva una “sacralità” diversa da quella parrocchiale e una “profanità” diversa dal mondo dei movimenti politici. Con l’offerta formativa più ricca, l’oratorio si fece da festivo anche quotidiano”.
Sul rettorato di Don Pietro Ricaldone (1932-51) don Vojtas ha segnalato come la centrale preoccupazione fosse quella di salvaguardare le opere salesiane in Italia dall’eccessiva intromissione del regime fascista, motivo per cui il collegio salesiano assurse a
“fortezza che previene gli influssi dei tempi difficili”.
Mentre dopo il Concilio Vaticano II e l’apertura al mondo moderno, ha spiegato ancora il Vicerettore UPS, le dinamiche sociali arrivano ad influenzare tutta la proposta educativo-pastorale, soprattutto con la metodologia della progettazione sociale. Si preparò così il terreno che sarebbe fiorito nel periodo del pontificato di Giovanni Paolo II, quando in ambito salesiano si notò l’apertura sempre più frequente di opere sociali soprattutto per i giovani in difficoltà o “a rischio” e per gli emigrati.
Giungendo agli anni più recenti, e in sintonia con il magistero di Papa Francesco, don Vojtas ha infine tracciato la tendenza attuale:
“Nella Famiglia Salesiana del terzo millennio sembra che l’attenzione al sociale vada in una direzione che chiama i salesiani a fondare non solo ‘opere speciali’ ma proprio delle ‘presenze nuove’ secondo un nuovo sistema preventivo, condiviso con i laici corresponsabili, che promuova sia la logica della nuova evangelizzazione che l’attenzione al contesto sociale, le povertà e le periferie”.
Al termine della ricca relazione, e dopo un tempo per le domande e le risposte, le attività sono proseguite con i minicorsi e la condivisione delle buone pratiche avviati già ieri, 29 settembre.
Per ulteriori informazioni, visitare il sito del congresso o la pagina Facebook del Settore per la Pastorale Giovanile.