Articoli

E se la Fede avesse Ragione? 2021/2022 – Le ragioni della SPERANZA

Riprendono gli appuntamenti di “E se la fede avesse ragione?” per l’anno 2021-2022: sei incontri rivolti ai giovani per un percorso autentico di fede, organizzati in collaborazione con la Pastorale Giovanile Diocesana. In particolare, in questa nuova edizione, gli incontri avranno come tema “L’amor che move il sole e l’altre stelle” – Le ragioni della SPERANZA.

L’appuntamento sarà sempre presso la Basilica Maria Ausiliatrice di Valdocco dalle ore 20.45 alle 22.30, con possibilità, per chi lo desidera, di una cena condivisa alle ore 19.45. Il primo appuntamento sarà giovedì 14 ottobre.

Per non perdere tutti gli incontri aggiungili sul tuo calendario Google:

Animazione Missionaria Piemonte: presentazione del percorso “Nel Cuore del Mondo” 2021-2022

Dal sito dell’Ispettoria del Piemonte, la presentazione del percorso di animazione missionaria.

***

Percorso Missionario – Percorso Nel Cuore del Mondo.

L’edizione 2021 – 2022 organizzato dall’équipe dell’Animazione Missionaria Salesiana.

Un percorso che aiuta a comprendere ciò che conta: il mondo, Dio e gli altri. Un percorso che permette di vivere ciò che diceva Don Bosco, ovvero essere “buoni cristiani e onesti cittadini“. Un percorso rivolto ai giovani tra i 20 e i 30 anni di età che desiderano mettersi in gioco in una esperienza forte di fede in terra di missione, dove il gruppo e la destinazione saranno un dono di Dio.

Di seguito il video di presentazione del percorso da parte dell’équipe AM con Suor Carmela Busia, Don Marco Cazzato e Don Theophilus Ehioghilen.

Ti aspettiamo nel percorso “Nel Cuore del Mondo!”

Nel Cuore del Mondo 2021 - 2022

Riparte il lavoro della segreteria MGS Italia: prossimo appuntamento, l’assemblea di ottobre

Da venerdì 10 a domenica 12 settembre, a Valdocco, si è riunita la segreteria MGS d’Italia. Il gruppo è composto da Elena Marcandella, per il Nord Est e coordinatrice nazionale; Gessica Mazza per l’Italia Centrale, Beatrice Cafasso per il Piemonte e la Valle d’Aosta; Giuseppe Oriani per Lombardia ed Emilia Romagna; Erika Inchingolo per l’Italia Meridionale e Stefano Di Maria per la Sicilia.

All’incontro ha partecipato, insieme con don Roberto Dal Molin, delegato della Pastorale Giovanile nazionale, anche suor Mara Tagliaferri, nuova presidente Ciofs che ha sostituito suor Anna Razionale.

L’incontro si è svolto attorno ad alcune tematiche: la condivisione delle attività estive nelle case e negli oratori salesiani. Ovunque si è riscontrata una rivitalizzazione delle attività, con tanti giovani che hanno ripopolato i cortili.

Poi si è passati alla programmazione dell’Assemblea MGS che si terrà a Mestre dal 27 al 29 ottobre prossimi. Con don Rossano Sala si è lavorato sull’allestimento dei lavori, che verranno svolti con il metodo sinodale del riconoscere, interpretare e scegliere. Al centro dell’assemblea ci sarà  proposta pastorale, “Umili, forti e robusti” con l’attenzione alla dimensione affettiva.

Vai al sito MGS

 

Ritrovo MGS al Colle don Bosco: “Amati e Chiamati”

Sabato 11 settembre 2021, presso Colle Don Bosco, si è tenuto il consueto appuntamento di inizio anno pastorale del Ritrovo MGS per i giovani dell’Ispettoria ICP che hanno concluso e condotto le attività estive nelle diverse realtà salesiane del territorio. Più di 40 case hanno aderito all’iniziativa, all’insegna del #MakeTheDream “Amati e Chiamati”. Un momento di formazione, di condivisione, di preghiera ma anche di svago, gioia e allegria, tutto in stile salesiano.

 

Il ritrovo MGS – ICP: un momento prezioso e importante per far convergere nuovamente i ragazzi, in questo caso la fascia delle scuole superiori. C’è un grande bisogno di ritrovarsi e di sentirsi stimolati ad agire, di ricevere un incoraggiamento, dando senso all’esistenza. Il Ritrovo MGS ci aiuta in questo e lancia il nuovo anno educativo pastorale.

Don Leonardo Mancini – Ispettore del Piemonte, Valle d’Aosta e Lituania.

Google Foto
Facebook Foto

Preghiera e quotidiano

Di Carmine di Sante

Premesse

Il titolo collega due termini (preghiera e quotidiano) che la tradizione generalmente ha tenuto distinti e separati: per pregare non bisogna allontanarsi dal quotidiano, ritirarsi “nel deserto”, fuggire dal mondo? Come è possibile pregare in mezzo alle “preoccupazioni ordinarie” (lavoro, casa, famiglia)?
Il collegamento che si intende stabilire tra preghiera e quotidiano è duplice: da una parte mostrare che la preghiera è legata agli eventi quotidiani (alzarsi, lavorare, mangiare e dormire), dall’altra rilevare che essa, mentre li assume, li trasfigura. La preghiera infatti ha il potere, per così dire, di trasfigurare l’ordinario in straordinario, non certo per virtù magica ma per la forza della fede che essa esprime.
I momenti principali e irriducibili dell’arco quotidiano sono quattro: il risveglio (al mattino), il lavoro (durante la giornata), il pasto (al mezzogiorno), il riposo (alla sera). Di ognuno di questi momenti si cercherà di vedere come si rapporta con la preghiera e come viene da questa risignificato.

Il risveglio

Svegliarsi è passare dal tempo del sonno al tempo della veglia, dalla morte dei sensi al risveglio della coscienza, non solo psicologica ma soprattutto etica. Ma questo passaggio – dal sonno alla veglia – non avviene per forza interna quanto piuttosto esterna. In realtà svegliarsi è essere svegliati, è essere visitati e incontrati dalle luce delle cose che, riaccedendo alla loro identità di figure compiute, “bussano” alla porta dei nostri sensi svegliandoci e richiamandoci al rapporto con la realtà.
Ma tornare al rapporto con la realtà è tornare alla percezione della sua complessità e ambiguità. Il mondo che si offre ai nostri sensi e che torna ad apparire entro l’orizzonte della coscienza non è solo un mondo bello e positivo che si offre come oggetto, ma un mondo problematico che chiama in causa e ci interpella. Per cui essere svegliati dalla luce delle cose è in realtà un essere interrogati dalla loro riapparizione e dalla loro presenza, e di fronte ad esse più che dominatori ci si scopre in situazione di recettività e di risposta. Esse, con il loro esserci e con la loro stesso silenzio, pongono domande alle quali non si può non rispondere.
Pregare al mattino (con un “segno di croce”, con un “Padre nostro”, con un salmo, con un canto o con formulari più ampi come la preghiera di lodi nelle comunità monastiche) è assumere e risignificare alla luce dell’amore di Dio l’evento coscienziale del passaggio dal sonno alla veglia. Pregare al mattino – sostando, sia pure per pochi istanti, dinanzi al miracolo del proprio risvegliarsi – è prendere coscienza che il mondo delle cose che la luce rigenera e ripropone ai sensi non è il mondo della pura e semplice fattualità, ma il mondo di Dio, cioè la creazione. Questa non consiste nel fatto che Dio ha prodotto le cose dal nulla, ma nel fatto che egli le dona e ridona ogni giorno all’uomo per amore. Un’immagine adeguata per capire il senso della creazione divina può essere quella della madre che ricama il lenzuolo per il suo bimbo o quella dell’artigiano che gli prepara la culla. In casi come questi, l’accento non cade né sulla fattualità dei due oggetti – l’esserci del lenzuolo e l’esserci della culla – né sulla loro produzione – il costruirle con o senza materiali precedenti – ma sull’atto di amore che in essi prende corpo e si rivela. Svegliarsi al mattino pregando è sentire – o predisporsi a sentire – che la luce che rigenera le cose è l’amore di Dio, la sua benevolenza per l’uomo, e che il mondo che ci attende non è né casualità né fatalità, ma l’incarnazione della sua tenerezza e della sua cura per tutti e ciascuno singolarmente.
Nella liturgia ebraica l’orante, quando si sveglia al mattino, prega con queste semplici parole: “Benedetto sei tu Signore che restituisci l’anima ai nostri corpi”. “Restituire l’anima ai corpi” è un’espressione che, in ebraico, vuol dire: risuscitare, ridonare la vita, far rivivere. Pregare è vedere ogni mattino come una nuova creazione, in cui Dio, come nel racconto della Genesi, ricostituisce, con il suo “alito”, ognuno come “essere di vita” (cfr Gn 1,7) e come “sua immagine e sua somiglianza” (cfr Gn 1,26), cioè custodi del mondo e suoi responsabili. Certo, la preghiera non ignora che il giorno che inizia è – come tutti i giorni – segnato dalla durezza del vivere e dalla minaccia della monotonia; ma essa, sintonizzandoci con il senso profondo della realtà che è l’amore di Dio e il suo perdono, offre la prospettiva ideale nella quale collocarsi e dalla quale derivare la forza e il coraggio per trasformarlo e viverlo secondo il disegno di Dio: “Il primo mattino è allora il tempo in cui il cuore credente si accorda sul cuore nascosto del mondo: ‘voglio cantare, a te voglio inneggiare: svegliati mio cuore, svegliatevi arpa e cetra, voglio svegliare l’aurora’ (Sal 57,9)” (A. Rizzi, Parola di Dio e vita quotidiana, Elledici 1998, p. 67).

Il lavoro

Il risveglio e il rapporto con le cose non è di tipo contemplativo ma trasformativo: il mondo, appressandosi all’uomo e richiamandolo in vita, gli si offre come compito per essere “eseguito”, come una pagina musicale o un’opera teatrale che esigono di essere attualizzati. Ciò vuol dire che è il lavoro e non la contemplazione il tipo di rapporto dominante con il mondo. E ciò spiega perché sia proprio il lavoro l’elemento qualificante il giorno al quale la preghiera del mattino introduce.
Ma quale lavoro? Il lavoro inteso e vissuto come dominio sulle cose ridotte a puro oggetto o il lavoro come collaborazione che le porta a compimento? Il lavoro come mezzo per la propria autorealizzazione o il lavoro come servizio per i fratelli? Il lavoro come espressione della propria volontà di progettazione e di affermazione o il lavoro come assecondamento e trasparenza dell’intenzionalità creatrice?
Collegare il lavoro alla preghiera (anche qui con modalità diverse che possono andare dal semplice segno della croce a una breve formula a testi ampiamente articolati) è operarne una rilettura liberante e originale alla luce dell’amore creatore colto nella prima alba del mattino.
Visto alla luce della fede – di cui la preghiera costituisce un’oggettivazione – il lavoro umano non è né puro dominio sul mondo né pura arbitrarietà su di esso, ma compito affidato che esige rispetto e collaborazione. Le cose che, nel corso della giornata, si offrono all’uomo per essere “lavorate”, non sono “oggetti” che egli può trasformare a piacimento, ma “segni” e “parole” che attendono di essere interpretati e portati a compimento. L’interpretazione è quell’attività peculiare nella quale si è contemporaneamente – come nella lettura di un testo – attivi e vincolati; attivi, perché solo attraverso e a misura della partecipazione del soggetto il testo parla e rivela la sua verità; vincolati perché tale “intervento”, lungi dall’imporsi al testo e violentarlo, si pone di fronte ad esso in un rapporto di obbedienza e di rispetto, il solo che permette di farlo essere.
Se le cose portano iscritto, nel loro cuore, l’amore di Dio per l’uomo e se esse sono creazione perché sorrette dalla logica del dono, rapportarsi ad esse nell’attività lavorativa – qualsiasi attività, sia manovale che “spirituale”, sia materiale che simbolica – è rispettare questo senso, vincolati alla sua oggettività e ponendosi a servizio della sua verità. Il lavoro diviene così incarico che Dio ci affida e con cui ciascuno diventa – in alleanza con lui – “con-creatore” del mondo. Concreatore: prima che a livello strumentale e operativo a livello intenzionale, che è quello della sua finalità e della sua destinazione. Con il suo “lavoro” l’uomo diventa con-creatore del mondo sposandone la logica di dono che lo sottende e ponendosene a servizio con il suo logos trasformativo. Pregare al mattino e durante la giornata è svegliarsi e risvegliarsi a questa responsabilità radicale che di ogni lavoro fa l’espressione di un duplice amore: a Dio – che, nell’obbedienza chiede di volere quello che lui vuole – e ai fratelli – amarli con lo stesso amore di gratuità con cui Dio li ama -. Qui la preghiera non opera né come strumento magico (il sogno utopistico di liberarsi dal lavoro) né come mezzo ideologico (legittimare il lavoro alienante come volontà di Dio), ma come momento di critica e di responsabilizzazione (assumere il lavoro immettendoci il giusto fine che dà la forza dì assumerlo e di redimerlo): “Non si tratta di cullarsi in infantili illusioni che pensano di poter trasformare interamente il lavoro in gioco o di poterlo sublimare integralmente in una specie di celebrazione cosmica. Il lavoro, come tutto l’umano, è sotto il duplice segno della grazia e del peccato, della creazione e della caduta, della gioiosa produttività e della pesante alienazione. La spiritualità del mattino è di disporsi al lavoro come dono attivo, dopo aver lodato Dio per il dono ricevuto; è di chiedere forza per portarne l’alienazione e luce per disalienarlo, energia per la fatica e passione per la creatività: che l’una non accasci e l’altra non esalti, ma ambedue siano comandate dall’obbedienza al progetto creatore e dall’amore ai fratelli” (A. Rizzi, cit., p. 69).

Continua a leggere
Abbonamenti

Pastorale Giovanile e Famiglia nell’anno di “Amoris Laetitia” – Info ANS

L’opuscolo “Pastorale Giovanile e Famiglia” sarà a disposizione degli Ispettori, dei Delegati di Pastorale Giovanile e di tutti gli operatori pastorali dei vari ambienti a partire da settembre. Quest’ultimo, frutto del lavoro della Pastorale Giovanile Salesiana, ha l’obiettivo di approfondire la sinergia tra pastorale giovanile e famiglia e verrà pubblicato nell’Anno “Famiglia Amoris Laetitia“. Di seguito l’articolo pubblicato su “Info ANS“.

***

(ANS – Roma) – Da settembre sarà a disposizione degli Ispettori, dei Delegati di Pastorale Giovanile e di tutti gli operatori pastorali dei vari ambienti, l’opuscolo “Pastorale Giovanile e Famiglia”. Quest’ultimo è stato realizzato in sei lingue (francese, inglese, italiano, spagnolo, polacco, portoghese) e sarà accessibile in formato elettronico e cartaceo. È il frutto di un lavoro che il Settore per la Pastorale Giovanile Salesiana sta portando avanti da alcuni mesi, con l’obiettivo di approfondire la sinergia tra pastorale giovanile e famiglia, che vada ad integrare e aggiornare il cammino iniziato nel 2014 e che è proseguito con l’importante Congresso Internazionale Pastorale Giovanile e famiglia (Madrid, 2017). Inoltre, la pubblicazione coincide con un evento ecclesiale: il 19 marzo 2021 papa Francesco ha inaugurato l’Anno “Famiglia Amoris Laetitia”, dopo 5 anni dalla pubblicazione di “Amoris Laetitia”. Si concluderà il 26 giugno 2022 in occasione del X Incontro mondiale delle famiglie a Roma con il Santo Padre.

A partire dall’ultimo trimestre del 2020, il Settore per la Pastorale Giovanile ha iniziato un lavoro di reperimento e analisi di tutto il materiale riguardante i percorsi intrapresi dalla Congregazione su questo tema (riunioni di delegati, documenti di esperti e contributi del Congresso). Contestualmente è stata esaminata la recente letteratura (successiva alla pubblicazione di Amoris Laetitia) nel panorama internazionale, relativa alla relazione tra pastorale giovanile e famiglia. In un secondo momento, è stato chiesto a un grande gruppo di persone provenienti dalle varie Regioni di inviare contributi e suggerimenti rispetto ai contenuti e sono pervenuti materiali molto preziosi. Contemporaneamente, il Rettor Maggiore e il suo Consiglio hanno studiato il testo in diverse sessioni di lavoro, per poi approvarne la versione definitiva e la successiva pubblicazione.

Il testo si configura, infatti, come una raccolta sintetica e organica di ciò che di essenziale è emerso durante questo ricco e proficuo percorso.

Queste pagine mirano a evidenziare quanto il coinvolgimento e l’integrazione di queste due realtà (pastorale giovanile salesiana e famiglia) ci portino a riflettere insieme sulla significatività e sulle esigenze che questa duplice prospettiva comporta per il nostro rinnovamento educativo e pastorale.

I destinatari di questo documento sono i Salesiani di Don Bosco e tutti gli operatori pastorali che hanno responsabilità nell’animazione dei diversi settori e ambiti. Di fronte alla situazione familiare che viviamo oggi, infatti, i salesiani, con la Famiglia Salesiana, sono chiamati a fare una proposta educativa pastorale per accompagnare tutte le tipologie di famiglie che compongono le CEP e tutti i giovani.

Il testo si compone di tre parti; nella prima si ricorda il valore della famiglia nell’esperienza di Don Bosco e a Valdocco, per poi offrire, nella seconda sezione, alcune riflessioni sulla qualità dell’incontro educativo e sullo spirito di famiglia nel Sistema Preventivo. Nell’ultimo capitolo, viene sottolineata l’importanza della famiglia in sé, del suo contributo nell’ecosistema della formazione dei giovani, evidenziando positivamente il suo apporto nella vita quotidiana della Comunità Educativo Pastorale (CEP). Vengono poi presentate alcune indicazioni concrete per il PEPS.

Come afferma Papa Francesco, le famiglie “non sono un problema, ma soprattutto un’opportunità” (AL 7). Basti pensare all’esperienza di Gesù nella sua famiglia (Lc 2, 51-52): opportunità di imparare ad essere, a vivere insieme, ad aiutare, a curare, ad amare.

Info ANS

RMG – Rinnovati con una visione per il futuro: l’incontro dello “Small Team” del MGS di Europa e Medio Oriente

Da InfoAns – Agenzia di informazione Salesiana

Lo “Small Team” del Movimento Giovanile Salesiano (MGS) di Europa e Medio Oriente è tornato ad incontrarsi di persona, a Roma, dopo i mesi segnati dalla pandemia, durante i quali sono stati possibili esclusivamente incontri mensili online. L’equipe si è riunita dal 24 al 29 giugno, per continuare a lavorare e coordinare il futuro del MGS.

Il gruppo è composto da Pablo Osorio (Europa Sud), Jeanine Balzan Engerer (Europa Nord) e Marta Radić (Europa Centrale), accompagnati da suor Lolia Annie, FMA e da don Patrick Anthonyraj, SDB.

Nella giornata del 24 giugno, onomastico di Don Bosco e festa del Rettor Maggiore, una rappresentanza dello “Small Team” ha partecipato all’Eucaristia nella Basilica del Sacro Cuore, seguita da una cena con tutta la Comunità e il Consiglio Generale dei Salesiani. Il tutto si è svolto in un’atmosfera festosa di gratitudine e comunione.

Durante questi giorni, poi, lo “Small Team” ha dedicato una buona parte delle riunioni alla formazione, così necessaria per continuare a progettare il MGS.  Il primo giorno, don Raymond Callo, SDB, è stato incaricato di parlare e riflettere sulla Lettera di Roma. Il secondo momento, quello formativo, è stato preparato dal Consigliere Generale per la Pastorale Giovanile, don Miguel Ángel García Morcuende, ed è stato incentrato sull’Enciclica “Fratelli Tutti”. Questo secondo momento è stato presentato da don Patrick Anthonyraj. La terza sessione formativa è stata guidata da Suor Runita Borja, Consigliera Generale per la Pastorale Giovanile delle FMA, che ha approfondito la figura di Maria come presenza viva e dinamica nella Spiritualità Giovanile Salesiana.

Uno dei momenti più importanti di questo incontro è stata la partecipazione all’Eucaristia domenicale nella Basilica di San Pietro in Vaticano e il successivo Angelus di Papa Francesco. Inoltre, nella giornata di domenica lo “Small Team” ha avuto un incontro con il Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Ángel Fernández Artime. Entrambi sono stati momenti di immensa gioia e di inesauribile ispirazione.

In questi giorni ci sono stati momenti di preghiera, di silenzio e di adorazione. Inoltre, lo “Small Team” ha dedicato diverse sessioni all’organizzazione e al coordinamento della prossima Assemblea Generale Europea, che avrà luogo a Malta, e ha anche iniziato a fare i primi passi per la gestione e il coordinamento del Confronto Europeo.

Il Movimento Giovanile Salesiano, nonostante le complicate circostanze in cui viviamo, continua ad essere vivo, dinamico ed entusiasta. Giovani che vivono con passione la loro vocazione di servizio all’interno della missione che gli è stata affidata e che sono pronti a dare il loro tempo per continuare a lavorare con passione ed energia in un Movimento Giovanile Salesiano pieno di speranza e nuovi progetti.

Lettere europee – Europa e democrazia

Dal numero estivo di NPG, di Renato Cursi, segretario esecutivo di Don Bosco International.

***

La democrazia non è sempre stata una parola amica della pastorale giovanile. Ci son voluti quasi duemila anni e ben due guerre mondiali, perché il magistero pontificio arrivasse a riconoscerne esplicitamente l’importanza e l’idoneità. Era infatti la Vigilia del Natale del 1944, con il secondo conflitto mondiale che volgeva al termine, quando papa Pio XII apriva il suo “radiomessaggio ai popoli del mondo intero” affrontando “il problema della democrazia”. Dopo aver premesso che “la democrazia, intesa in senso largo, ammette varie forme”, Pio XII individuava due diritti del cittadino alla base del concetto di democrazia: quello di “esprimere il proprio parere sui doveri e i sacrifici, che gli vengono imposti” e quello di “non essere costretto ad ubbidire senza essere stato ascoltato”. Da allora, possiamo dire che questi diritti e questa visione sono stati necessariamente compagni di strada della Chiesa e della pastorale giovanile.
Più avanti, infatti, esattamente nel centesimo anniversario della promulgazione da parte di Leone XIII della celebre Enciclica Rerum Novarum, san Giovanni Paolo II indicò (nell’Enciclica intitolata appunto Centesimus Annus) che “la Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno”. Si capisce in questo modo come la democrazia non rappresenti in sé un principio fondamentale dell’insegnamento o dottrina sociale della Chiesa (DSC), quanto piuttosto “un sistema” apprezzabile nella misura in cui, tra le altre cose, garantisca un’autentica “partecipazione” (questa sì, tra i principi fondamentali della DSC, in qualità di “conseguenza” del principio della “sussidiarietà”).
A ben vedere, già nel corso del conflitto mondiale citato sopra, un professore francese che si trovava in quegli anni negli Stati Uniti d’America per sfuggire al nazismo, scrisse un’opera in cui argomentava come il Cristianesimo sia all’origine della democrazia stessa, individuando quegli elementi fondamentali della democrazia che il Vangelo ha saputo risvegliare nelle coscienze dei popoli nel corso del loro cammino storico verso questo determinato sistema di convivenza politica. Questo professore, Jacques Maritain, esponente di spicco del personalismo comunitario e propugnatore di un umanesimo integrale, avrebbe poi ispirato molti lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II e del pontificato di Paolo VI. In quegli anni Maritain scriveva di “fine di un’epoca”, di “tragedia delle democrazie” e del problema per l’Europa di “ritrovare la forza vivificatrice del cristianesimo nell’esistenza temporale”. Ottant’anni più tardi, papa Francesco ci parla di “cambiamento d’epoca” e di “dimensione sociale dell’evangelizzazione”. Quelle sfide, insomma, sono ancora valide, sono anche le nostre sfide.
Nuove forme di totalitarismo e nuove condizioni di vita minacciano le democrazie oggi, non solo in Europa. Al termine della cosiddetta Guerra Fredda, onda lunga ed eredità del secondo conflitto mondiale, nonché epilogo del cosiddetto “secolo breve”, sempre più popoli del subcontinente europeo si sono cercati per trovare forme soddisfacenti di cooperazione regionale in un mondo improvvisamente globalizzato, dove presto nuovi grandi attori sono sorti con il progetto di contrastare il monopolio culturale, economico e politico del cosiddetto “occidente”. La democrazia fa parte di questa eredità pericolante? L’Unione Europea, sorta formalmente nel 1993, dopo decenni di sforzi tesi ad una maggiore integrazione tra i popoli dell’Europa occidentale, e allargata in particolare dal 2004 anche a molti popoli della sua parte orientale, come si colloca in questo scenario?
Alcuni osservatori del sistema decisionale delineato dal Trattato di Lisbona, che determina gli obiettivi, le competenze e il funzionamento dell’Unione Europea dal 2009, ritengono che oggi i cittadini europei si trovino a confrontarsi con una forma, più o meno partecipativa, di “tecnocrazia” piuttosto che con una vera e propria democrazia. Per trovare una via all’unità regionale rispettosa delle identità nazionali, i popoli europei hanno sostituito il concetto verticale di “government” statuale, semplice e chiaro a tutti ma non applicabile oltre i confini nazionali senza pregiudicare le pretese sovrane, con il concetto di “governance” multilivello, più complesso e di difficile comprensione, quanto basta per resistere ostinatamente ad una soluzione autenticamente federalista.
Se da una parte le elezioni europee del maggio 2019 hanno registrato un’affluenza alle urne senza precedenti, d’altra parte ricerche e sondaggi confermano che i cittadini europei rivendicano un ruolo più incisivo in un processo decisionale chiamato a diventare più trasparente e più efficace. La pandemia di covid-19 ha dimostrato una volta di più che l’Europa, così com’è organizzata oggi, non è in grado di proteggere e promuovere il bene comune dei propri cittadini. Con il proposito di rilanciare il processo di integrazione e di ridisegnarne dal basso le priorità, le istituzioni europee hanno quindi convocato una “Conferenza sul futuro dell’Europa”. Questo ambizioso esercizio democratico paneuropeo è stato aperto ufficialmente nella data simbolica del 9 maggio, giorno dell’Europa, ed è destinato a concludere i suoi lavori nella primavera del 2022. Più che in una classica conferenza, questa iniziativa consisterà in una serie di dibattiti e discussioni avviati su iniziativa dei cittadini, una moltitudine di eventi e dibattiti organizzati in tutta l’UE in presenza e tramite una piattaforma digitale interattiva multilingue.

Continua a leggere
Abbonamenti

Estate in oratorio, le proposte dell’Italia Salesiana

L’Italia Salesiana si prepara alle attività estive con Estate ragazzi, campi e  cammini che accompagneranno i ragazzi delle nostre Case per tutta l’estate.

ICP
ICC
IME
INE

L’idea del futuro tra i giovani: prima e dopo la pandemia

I valori della vita dei giovani tra i 18 e i 30 di Italia, Germania, Polonia e Russia sono fortemente orientati verso valori che riguardano la vita sociale e privata, evidenziando, invece, una lontananza rispetto ai valori politici e a quelli spirituali. È quanto emerge da un’indagine realizzata nei quattro paesi europei sui giovani e la loro idea di futuro. L’iniziativa, i cui risultati possono essere messi a confronto con quelli registrati in due precedenti ricerche sull’idea di futuro tra i giovani condotte nel 2018 e nel 2019, è stata promossa da un gruppo di esperti appartenenti a diversi enti: per l’Italia, l’Eurispes che si è avvalso anche dalla collaborazione del dipartimento Coris della Sapienza Università di Roma e dell’università Mercatorum di Roma, del dipartimento di scienze economiche dell’Università degli studi di Bologna. Nell’indagine 2020 emerge una sorta di “apatia dei valori” espressa dai giovani italiani. Un netto crollo è registrato nella posizione dei valori come “una vita onesta” (-22,5%), “il rispetto della legge” (-21,2%), “seguire ideali, princìpi” (-19,4%), “indipendenza personale, libertà” (-19%) e “l’istruzione” (-20,8%). In una situazione segnata da una mortalità crescente e diffusa e dagli appelli delle autorità e dall’enfasi della comunicazione a proteggersi dalla aggressione del virus, il valore “salute”, ha ceduto la sua posizione rispetto al valore “democrazia” (valore complessivo “democrazia” pari al 90,6%; valore “salute” pari all’85,9%; era pari al 97,8% nel 2018).

Per le giovani donne italiane l’importanza centrale della famiglia ha perso il suo carattere assoluto. Le ragazze riconoscono l’importanza dell’istruzione (79,1%) e della carriera (78,1%), del lavoro (81,1%) e del denaro (84,8%), dell’indipendenza e della libertà personale (77,5%), della libertà di parola (76,7%) e dell’adesione a ideali e princìpi (78,5%), così come l’importanza di famiglia (78,4%) e figli (78,3%) solo il 17,9% dei giovani italiani vuole restare con i genitori. Infatti l’82,1% dei giovani italiani dichiara di volere intraprendere una vita indipendente in futuro e ritiene che l’età ottimale per questo cambio di vita sia di 23,7 anni (valore medio). Ma negli altri paesi c’è maggiore desiderio di autonomia. In molti casi il timore di spiccare il volo è correlato alla condizione economica.

Le idee dei giovani italiani sul numero ideale di bambini (2,2 bambini) superano di poco la cifra necessaria per la semplice riproduzione generazionale (per gli altri paesi le indicazioni sono: Francia 2,0, Polonia, 2,2, Russia 2,0). Quando poi si collega questa proiezione ideale alle condizioni reali di vita dei giovani, il loro orientamento immediatamente cala fino ad indicare un numero medio di 1,61 figli per donna. Secondo i giovani italiani, un’esistenza comoda e dignitosa senza tensioni inutili si ottiene quando il reddito mensile raggiunge i 2.349 euro. Nel confronto con i giovani degli altri paesi questo obiettivo si raggiunge con il seguente livello di reddito: Francia 9.878,87 euro, Polonia 908,99 euro, Russia 1.258,72 euro.

Continua a leggere
Per abbonamenti