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San Francesco di Sales: l’esempio del santo vescovo ginevrino

Senza l’azione e la persona di Francesco di Sales, ci sarebbe mai stato il Don Bosco del Sistema Preventivo? E perché il Santo dei Giovani scelse il santo vescovo ginevrino come fonte di spiritualità per la congregazione a cui diede vita? Ancora più radicalmente: “Don Bosco fu un vero SALESiano?”. A queste domande ha dato risposta don Gianni Ghiglione, uno dei maggiori conoscitori del pensiero di San Francesco di Sales.

“Due cose belle e importanti San Francesco di Sales può insegnarci ancora oggi” sottolinea don Ghiglione. “La prima è il senso dell’amicizia”: ne troviamo ampia traccia nella sua biografia e precise definizioni nelle sue lettere. “Quando terminò gli studi a Parigi, il suo ritorno ad Annecy fu una marcia di oltre 300 chilometri a piedi, a cavallo e in carrozza insieme a quattro suoi compagni di studi con i quali evidentemente si era creato un rapporto strettissimo”. Possiamo immaginare quale confidenza esistesse fra loro, che permise di commentare in modo approfondito gli anni condivisi sui libri, le osservazioni sullo stato del mondo, i sogni di ciascuno: non una vicinanza formale, non una chiacchiera superficiale, ma un vero incontro di cuori lungo una strada che diventa simbolo di un cammino da amici.

“I suoi scritti, le sue lettere sono una miniera di considerazioni e di testimonianze sulla amicizia” ricorda don Ghiglione. Andrea Ravier raccolse le sue ‘Lettere di amicizia spirituale’ dove ogni destinatario è un uomo o una donna conosciuti in profondità da Francesco sacerdote, in molti casi fino all’intimo dell’anima.

Cosa può suggerire questo ai giovani (e non solo) di oggi?

“Hanno la tendenza a tenere lo sguardo basso, piegato sul cellulare: dovrebbero volgerlo piuttosto allo sguardo altrui in uno scambio interpersonale”. Inviamo battute e pensieri rapidi attraverso i social media ma, raccomanda don Ghiglione, “cerchiamo anche di comunicare cose profonde da vivere e da trasmettere!”.

“La seconda cosa che ci può consegnare oggi san Francesco di Sales è la cura del carattere” continua lo studioso salesiano. “Egli non era nato santo: aveva una tempra orgogliosa, pronta a scattare contro le persone avverse. L’origine nobile lo faceva essere una sorta di cavaliere medievale pronto a lavare le offese o semplicemente a sbandierare la sua superbia”. La mitezza comunemente attribuita al santo Vescovo non era espressione del suo carattere, ma di una impegnata educazione di questo: “il cervello ribolle, ma per grazia di Dio riesco a tenere sotto controllo i sentimenti” confessava ai suoi amici, come Jeanne-Françoise Frémyot, baronessa de Chantal, che divenne con lui fondatrice dell’Ordine della Visitazione di Santa Maria. L’autocontrollo – al quale si è attenuto nel suo relazionarsi con gli altri e nello svolgere il suo ministero pastorale – è parte della sua ascesi spirituale. Fu un’educazione permanente non alla repressione dei sentimenti, ma alla loro conversione in empatia verso gli altri (una lezione che oggi viene spesso ricercata nelle filosofie orientali, ma che non è inedita per la cultura del cuore cristiano d’Europa).

Per don Ghiglione questa ‘lezione’ sarebbe da riprendere per risolvere i tanti problemi di relazione oggi così comuni. “Nelle famiglie, tra colleghi, fra gli stessi operatori socio-educativi prevalgono i conflitti personali. Anche le relazioni di coppia ‘saltano’ perché i due non hanno un carattere coltivato, fatto di pazienza, di rispetto, di autocontrollo”.

La salesianità è questo, e Don Bosco se n’è fatto portabandiera incastonando il nome di Francesco di Sales nello scudo della sua ‘casata’ religiosa: “Un progetto di educazione dei giovani che gradualmente si è esteso a tutto il mondo perché evidentemente è valido ad ogni latitudine, fondato sui noti principi dell’amorevolezza, della ragione e della religione” ribadisce don Ghiglione.

Che, infine, conclude con soddisfazione: “Il nostro è un metodo che viene da lontano e che va lontano!”

ICP: cammino quaresimale 2021

La Pastorale Giovanile e il Movimento Giovanile Salesiano ICP propongono un cammino quaresimale in preparazione alla Santa Pasqua 2021.

Il materiale a disposizione è stato pensato per vivere tutto il periodo della Quaresima (dal 17 febbraio) come un tempo di silenzio, di ascolto e di riflessione, un’esperienza di “deserto” di 40 giorni, sulle orme del Signore. C’è bisogno infatti di qualcuno che del deserto abbia già fatto esperienza prima di noi, per poterci dire che il deserto si può attraversare. Che il deserto e la morte non sono l’ultima parola.

Il cammino comprende una proposta per la liturgia del Mercoledì delle Ceneri, con un momento penitenziale; per ciascuna settimana della Quaresima invece, una Via Crucis divisa in 6 tappe, una parola chiave con il video correlato e un fatto di attualità per riflettere.

Il percorso è stato pensato per le medie, le superiori (biennio e triennio) e per i CFP e man mano saranno resi disponibili tutti i contenuti per ciascuna sezione.

Il Triduo pasquale conterrà una proposta anche per i giovani, gli universitari e le famiglie.

Vai al Cammino Quaresimale 2021

Kanpur inaugurato il nuovo “Centro Don Bosco” per giovani aree rurali

Sabato 10 ottobre, l’Ispettoria salesiana “Gesù Buon Pastore” di India-Nuova Delhi (Inn) ha inaugurato il nuovo “Centro Don Bosco” di Maharajpur Nagar, a Kanpur.

“Il centro – riferisce l’agenzia salesiana Ans – intende promuovere l’educazione e la formazione tecnico-professionale di ragazzi e ragazze con scarse risorse e organizzerà attività per la formazione della personalità, programmi sociali e di autoconsapevolezza, per lo sviluppo del pensiero critico e creativo e delle competenze, e si occuperà anche di favorire il lavoro in rete, l’assistenza sanitaria di base e il sostegno psicosociale tra i suoi allievi”.

Kanpur attrae molti bambini e ragazzi che “dalle aree rurali scappano solamente per garantirsi la sopravvivenza. Ma lì molto di loro entrano in contatto con droghe e sostanze varie e subiscono abusi fisici e morali”.

Il “Centro Don Bosco” di Kanpur, con strutture per l’educazione, la formazione professionale, la cura della salute e altri programmi di sviluppo delle capacità, prenderà iniziative a favore di questi minori per il loro pieno reinserimento sociale.

In occasione della benedizione e dell’inaugurazione del nuovo “Centro Don Bosco”, mons. Raphy Manjaly, vescovo di Allahabad, ha esortato la popolazione locale a sostenere le iniziative salesiane. Il nuovo centro è frutto dell’impegno dell’Ispettoria Inn, e della collaborazione con la “Fondazione opera Don Bosco Onlus” di Milano e “Missioni Don Bosco” di Torino, e ha goduto anche del sostegno dell’impresa francese “Asha”.

(Sir Agenzia d’Informazione, 14 ottobre)

SIR Notizia

Ovunque nella vita. Testimonianze di giovani

Sarah Bortolato

«Testimoniare il Vangelo ovunque nella propria vita» (ChV 175)

Abbiamo chiesto ad alcuni giovani di consegnarci qualche vissuto o visione di “Chiesa in uscita” a partire dalla rilettura della loro esperienza di vita. Sono emerse prospettive interessanti, parole sorgive che indicano aperture convergenti e rinnovate prospettive… espressione di un sentire che dall’ascoltarsi dentro punta ad un orizzonte ampio come l’ecumene. Desideriamo lasciare spazio alla loro voce per coglierne le suggestioni, consapevoli che il “prossimo passo da compiere”, frutto del discernimento in comune, nasce sempre da sguardi che lo Spirito intreccia.
La nota più ricorrente che i giovani, esprimendosi sulla Chiesa, ci consegnano è quello di una decisiva e concreta apertura al mondo. Una chiesa che riduce le proprie zone comfort e si spinge ad abitare altri luoghi dell’interagire umano, fiduciosa che anche dalle eventuali ferite dell’incontro continua a scaturire un’umanità rinnovata.

A tal proposito Rossella P., giovane laureata in economia, afferma: «Mi piace molto l’idea dello stare nel mondo senza essere del mondo. Mi spiego: pensando ad un’immagine di chiesa, mi viene subito in mente o quella inquadrata nelle realtà “consacrate” (chiese, oratori, scuole cattoliche, diocesi, ecc.) o quella totalmente dedicata al Terzo Settore (tutte le realtà “no profit” e le varie iniziative sociali rivolte ai poveri materiali). Sento che manca una presenza di rilievo nella porzione di mondo “normale”, fatta dai “poveri del terzo millennio” – come li chiamo io – che poi sono i ricchi materiali, ma poveri di spirito. Non quelli delle beatitudini, ma coloro che si ritrovano poveri interiormente perché hanno perso la profondità e la gioia. La concretezza della chiesa che desidero passa proprio dallo stare nel loro mondo: quello delle aziende, del commercio, dell’industria, del digitale, delle nuove frontiere di sviluppo…
Se penso alla realtà in cui mi trovo a vivere e lavorare, la città e l’università, attorno a me circolano potenti slogan: “non ci fermiamo”, “siamo l’eccellenza”, “siamo competitivi”, “siamo il traino del paese”. Valori sicuramente buoni, che tuttavia rischiano di essere enfatizzati fino al dis-umano. Mi piacerebbe una chiesa che provocasse maggiormente queste realtà, non per svilirle, ma per renderle più umane e vere. Farle “morire” nella loro superbia perché rinascano nella loro autenticità».

 

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Cfp Sesto San Giovanni e Yamaha, accordo per il tirocinio dei giovani

Pubblichiamo l’articolo uscito su Il Giorno sull’accordo tra il CFP Falck di Sesto San Giovanni e la Yamaha per i giovani diplomati, a firma di Laura Lana.

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Continua la partnership che porta all’inserimento nel mondo del lavoro di due studenti del Cfp Falck presso due dealer ufficiali Yamaha: Valli Moto di Lissone e Motortimes di Saronno. «Una collaborazione che per noi è un fiore all’occhiello», ammette
Francesco Cristinelli, direttore del centro professionale di Sesto. Michele Musolino e Marco Crippa, entrambi studenti del percorso formativo Automotive, sono stati prima selezionati per seguire i corsi e il tirocinio formativo presso Yamaha. A giugno hanno poi conseguito il diploma tecnico presso la scuola professionale salesiana e successivamente hanno ricevuto un’offerta lavorativa dalle concessionarie Yamaha. «È il massimo! Ho trovato persone brave e disponibili e potrò fare un lavoro che mi piace», commenta Michele. «Il mio è un contratto di apprendistato con durata massima di 3 anni ha lo scopo di formarmi come addetto meccanico riparatore di moto. Comprende, oltre al lavoro full time di 40 ore settimanali, alcuni corsi di formazione riguardanti la mia specializzazione», spiega Marco. «Con questa partnership diamo il nostro contributo in termini di competenze per creare nuove professionalità altamente tecniche, che possano integrarsi immediatamente nel mondo del lavoro – sottolinea
Andrea Colombi, Country Manager Yamaha Motor -. Un’azienda come Yamaha, per poter lavorare con standard qualitativi d’eccellenza, deve poter contare su risorse formate e già pronte a soddisfarli».

La profezia dei giovani. Così la Chiesa riscopre la sua vocazione

Da NPG settembre/ottobre 2020

di Michele Gianola

Nel tempo dell’epidemia di COVID-19 tutti siamo stati costretti a confrontarci più o meno duramente con la realtà, tutti «ci siamo resi conto di trovarci tutti sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma allo stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda» (FRANCESCO, Momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia, 27 marzo 2020) e tutti abbiamo vissuto lo spaesamento, la paura, il dolore e la speranza.
Laddove è stata sperimentata, questa immersione nella comune umanità ha offerto la possibilità di quella rinnovata postura ecclesiologica e pastorale sancita dal Concilio Ecumenico Vaticano II per il quale «la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e la sua storia» (Gaudium et spes, 1); nella lingua originale del testo, il sapore di questa solidarietà suona con il termine ‘coniugata’, il gusto sponsale del divenire una carne sola.

L’opera di Dio al modo di Dio

Intuisco la fecondità di questa prospettiva nella sua dirompente esigenza di conversione. Essa costringe, infatti, i credenti a non sentirsi ‘fuori’ o ‘di fronte’ al mondo, alla storia, alla società, ma a riconoscersi – umilmente – ‘dentro’. In fondo, è il medesimo sguardo a cui lo stesso papa Francesco ha invitato l’assemblea radunata al Circo Massimo nell’estate di un paio d’anni fa quando ha raccontato questo semplice aneddoto: «Una volta, un sacerdote mi ha fatto una domanda: “Mi dica, qual è il contrario di ‘io’?”. E io, ingenuo, sono scivolato nel tranello e ho detto: “Il contrario di ‘io’ è ‘tu’” – “No, Padre: questo è il seme della guerra. Il contrario di ‘io’ è ‘noi’”. Se io dico: il contrario sei tu, faccio la guerra; se io dico che il contrario dell’egoismo è ‘noi’, faccio la pace, faccio la comunità, porto avanti i sogni dell’amicizia, della pace. Pensate: i veri sogni sono i sogni del ‘noi’. I sogni grandi includono, coinvolgono, sono estroversi, condividono, generano nuova vita. E i sogni grandi, per restare tali, hanno bisogno di una sorgente inesauribile di speranza, di un Infinito che soffia dentro e li dilata» (FRANCESCO, Veglia di preghiera con i giovani italiani, 11 agosto 2018).

 

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Il nuovo Consigliere per la Regione Mediterranea: “Il mio sogno parte dalla nostra storia ed è promessa di futuro”

Pubblichiamo l’intervista che don Juan Carlos Pérez Godoy, nuovo Consigliere per la Regione Mediterranea, ha rilasciato all’agenzia salesiana ANS.

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Cosa l’ha spinto a farsi salesiano?

Non conoscevo affatto i salesiani. Grazie a una borsa di studio richiesta dalla mia insegnante, la signorina Carmen Gabaldón, e per la quale superai l’esame, conobbi i salesiani ad Utrera, la prima casa salesiana in Spagna, quando avevo 10 anni, e vi rimasi sette anni come internista. La cosa che attirò la mia attenzione erano proprio i salesiani stessi: erano religiosi speciali, felici, vicini, si prendevano cura di noi, giocavano con noi e allo stesso tempo erano esigenti. In seguito, conobbi la vita di Don Bosco, attraverso alcuni filmini e letture. Ricordo che un anno, per un concorso scolastico, imparai a memoria l’opuscoletto di Don Bosco sul Sistema Preventivo (però non chiedetemelo oggi, eh!). Man a mano, capii perché i salesiani erano così: perché erano figli di Don Bosco, che amava profondamente i giovani, e stava vicino a loro e ai loro problemi. Da più piccolo mi colpivano molto gli aneddoti di Don Bosco, gli avvenimenti particolari, i miracoli… Col passare del tempo compresi un po’ più della spiritualità salesiana, delle opere salesiane (a scuola c’erano dei cartelli con foto di tutto il mondo salesiano, delle missioni). Ma soprattutto compresi il significato del clima di festa e di gioia: ci dicevano che la santità consisteva nello stare sempre allegri. Quando giunse il momento di decidermi per il futuro, all’epoca del Corso di Orientamento Universitario, mi ritrovai ad un ritiro con questa frase: “Dal tuo sì o dal tuo no dipende la felicità di molti”. E decisi di dire SÌ al Signore.

Cosa porta con sé dell’esperienza del CG28?

È stato il quarto Capitolo Generale cui ho partecipato, ma se nessuno mi è rimasto indifferente, questo ancor meno. La prima cosa che mi ha colpito è averlo celebrato a Torino, in quei luoghi salesiani, luoghi santi per noi. Tutto parlava della presenza di Don Bosco e dell’Ausiliatrice, con un forte richiamo alla fedeltà e alla santità.

La seconda cosa è stata la presenza dei giovani. Porto ancora nel cuore quei giorni con loro, rappresentanti di tutti i giovani del mondo salesiano. Hanno riempito di freschezza e di spontaneità l’ambiente capitolare, richiamandoci, come salesiani, all’essenziale. La loro presenza, i loro messaggi, le testimonianze e le richieste – di stare tra di loro, di amarli, di essere segni di paternità, di accompagnarli all’incontro con Dio… – sono stati una nuova “Lettera da Roma”.

E infine, non mi è indifferente, l’essere stato eletto Consigliere Regionale per la Regione Mediterranea. Senza dubbio, si apre una nuova tappa della mia vita salesiana.

Covid-19 ha condizionato il modo in cui ci incontriamo, ci rapportiamo… Come pensa che la tecnologia e i media abbiano accompagnato e stiano accompagnando questo processo nella sua regione?

Certamente Covid-19 ha condizionato l’inizio del mio servizio, sia nella possibilità di visitare le Ispettorie della Regione, sia nello sviluppo di alcuni incontri che erano stati pianificati. Ma, d’altra parte, ci ha fatto scoprire la possibilità di questa comunicazione “virtuale” che ci ha permesso di realizzare buona parte del programma secondo le previsioni. Ho potuto salutare tutte le comunità di alcune Ispettorie, abbiamo avuto tutti i curatoria delle case di formazione, le feste della comunità ispettoriali che si sono svolte online… Nello stesso Consiglio Generale, vista l’impossibilità di essere tutti noi in sede, abbiamo appreso questa modalità di svolgimento delle nostre riunioni, anche se devo dire che non è la soluzione perfetta, nel senso che risolve un ostacolo, ma si perdono altri elementi che la presenza fisica rende possibile.

Cosa ha potuto conoscere finora del nuovo incarico? Cosa si aspetta per il futuro?

Ho imparato che il primo compito è quello di collaborare con il Rettor Maggiore nell’animazione e nel governo della Congregazione. E all’interno del Consiglio promuovere un’unione più diretta tra le Ispettorie della Regione Mediterranea con il Rettor Maggiore e il suo Consiglio; dovrò curare gli interessi, la vita e la missione, delle Ispettorie che mi sono state affidate e dovrò facilitare in Consiglio la conoscenza delle situazioni locali in cui si sviluppa la nostra missione. Tutto ciò comporterà frequenti contatti con gli Ispettori e i consigli ispettoriali, visite straordinarie, presenza ai vari curatoria delle case di formazione e negli organismi regionali, momenti di incontro e di coordinamento…

Guardando al futuro, questa è una Regione preziosa che ha le sue ricchezze – prima fra tutte, le persone – e ovviamente anche delle sfide. Ciò che ci farà consolidare e crescere come Regione sarà affrontare queste sfide con coraggio e decisione, mettendo il meglio di ciascuno al servizio del carisma e della missione salesiana, nel nostro contesto territoriale e storico, con grande fiducia nel Signore: “Avanti, sempre avanti, con lo sguardo fisso sul Signore”, come ci ha insegnato Don Bosco.

Tra sei anni, cosa sogna per la sua Regione?

Don Bosco fu un grande sognatore, ma con i piedi per terra. Il mio sogno parte dalla nostra storia, che non è passato, è promessa di futuro, e da cui abbiamo tanto da imparare. Una storia fatta da tanti confratelli, con nome e cognome, che hanno donato la loro vita e che parla di generosità, vitalità e fedeltà, delle nostre Ispettorie, dei mei confratelli, della Famiglia Salesiana e di tanti giovani e laici impegnati.

Certamente, abbiamo anche alcune sfide: la fecondità vocazionale; la rivitalizzazione della nostra vita consacrata salesiana; l’attenzione ai giovani poveri e a rischio esclusione – con particolare attenzione all’immigrazione; il nostro orizzonte missionario – la sensibilità missionaria della nostra regione è impressionante, con molte Ispettorie da cui dipendono delle case nei territori missionari, e con l’orizzonte missionario all’interno della nostra stessa Regione, con il Medio Oriente che esige da noi una grande solidarietà.

Non possiamo smettere di sognare. E io sogno una grande comunione di persone, salesiani di ogni età e condizione, laici innamorati di Don Bosco, Famiglia Salesiana tutta, che, uniti e in comunione di intenti e sinergia di forze, lavorano per l’educazione e l’evangelizzazione dei giovani. Stare con loro, in mezzo a loro, poter contare su di loro è il segreto della nostra fedeltà. Senza di loro non saremo fedeli al prezioso tesoro della vocazione salesiana che ci è stata donata. Loro sono la garanzia del nostro futuro.

In questo senso vorrei che noi, come Don Bosco, vivessimo come se vedessimo l’invisibile.

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Cristiani nel mondo

Dall’ultimo numero di Note di Pastorale Giovanile, pubblichiamo una raccolta di testimonianze delle fatiche e delle gioie dei giovani a cura di Elena Marcandella.

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“Si inizia per piacere, si continua per amore”
Serena Dal Pos 

Questa frase mi ha guidata quando ancora la strada non mi era chiara. Negli anni di animazione all’oratorio mi veniva spontaneo avvicinare in modo particolare i ragazzi più poveri, in tutte le sfaccettature della povertà. Mi dicevano che avevo una propensione speciale per ‘i casi difficili’ ma non lo capivo bene, perché mi veniva spontaneo, e non mi costava affatto fatica, anzi mi faceva piacere.
Così, finito il liceo, ho intrapreso gli studi universitari per diventare assistente sociale. Una decisione presa probabilmente con un pizzico di ingenuità, pensando di poter salvare il mondo, almeno quello più povero.
Ora lavoro presso un piccolo comune della provincia di Treviso. Essendo l’unica assistente sociale mi occupo di tutte le aree: minori, famiglie, anziani, stranieri, disabilità. Le povertà con cui mi scontro quotidianamente sono svariate. L’entusiasmo iniziale è ben presto svanito lasciando spazio a paure, incertezze, delusioni e fortunatamente da subito ho percepito un forte senso del mio limite. Ho capito che la professionalità acquisita negli studi e nei tirocini formativi e il mio desiderio (seppur buono) di voler essere d’aiuto, non bastavano ma era necessario andare oltre. Oggi mi è chiaro che non è possibile tenere separati il lavoro dal cammino cristiano che, seppur con le fragilità che vivo, mi permette di essere una professionista che – oltre a guardare il bisogno per cui la persona è in carico ai servizi sociali – tenta anche di avere uno sguardo “diverso” sul prossimo che mi ritrovo davanti. Qualche volta mi chiedo: come le guarderebbe Dio queste persone? Sono convinta che vivere cristianamente il proprio lavoro non significhi essere professionalmente più bravi di altri, ma avere appunto questo sguardo “diverso”, che guarda la persone nella loro interezza, che non si accontenta di offrire “solo” una risposta immediata ed efficace al bisogno espresso (che molte volte non è altro che la punta dell’iceberg), ma che ha a cuore la “salvezza” delle persone.
Penso alla storia di Paola (nome di fantasia) che un giorno si è presentata chiedendo informazioni per poter interrompere la gravidanza. In quel momento, se mi fossi basata solo ed esclusivamente sulla sua domanda, le avrei consegnato un depliant con le indicazioni che cercava. Ma la vita ha un valore inestimabile e non avrei mai potuto lasciarla uscire dall’ufficio solo con un depliant e le sue angosce. Da lì è nato un veloce percorso (veloce perché ci sono dei tempi precisi per poter scegliere di interrompere la gravidanza) di conoscenza, fiducia, dialogo, di incontri personali e telefonate. Paola aveva paura, aveva dentro di sé il terrore di non riuscire a dare al suo bambino ciò di cui aveva bisogno perché sia lei che il marito erano senza lavoro. Si vergognava a condividere la reale motivazione per la quale voleva abortire, il suo bisogno quindi non era l’interruzione di gravidanza ma trovare qualcuno che le dicesse che non era sola, di aver fiducia e che il loro bambino era (è!) una ricchezza superiore a qualsiasi conto bancario.
Nel mio lavoro c’è il rischio di diventare dei burocrati, di starsene dietro una scrivania compilando carte. Purtroppo servono anche quelle, e si può fare tanto da dietro una scrivania, ma si può fare ed essere molto di più in trincea, in prima linea. Lì sul fronte delle anime in tempesta, nei tumulti di cuori soli, sulle creste della sofferenza. Ed è lì che io voglio stare, è lì che sento di poter dare un po’ di me assieme al mio bagaglio di vita. Il mio cammino cristiano, la certezza dell’Amore del Signore che ci sostiene, mi aiuta anche a rischiare, a non rimanere riparata nel bivacco sicuro della mia postazione d’ufficio, distante dal cuore delle persone. Nel mio piccolo e con tutta l’umiltà di cui c’è bisogno.
Molte volte chiedo al Signore che ci sia Lui dove io, con la mia professionalità e con i miei limiti, non riesco ad arrivare; ciò non mi fa sentire “perdente” ma in cordata con Lui, consapevole del fatto che da sola non raggiungerei nessuna meta. In fondo si rimane in piedi grazie ad affetti veri e profondi, grazie a relazioni che si basano sulla Verità e che portano in sé l’intento reale della salvezza, e non perché si è forti. Le mie battaglie più grandi le vivo quando intuisco che il bene “vero” delle persone viene messo in secondo piano e viene data priorità a scelte più vantaggiose, quando la persona diventa un mezzo e non il fine. In quei momenti, più che mai, devo trovare la forza (e anche il coraggio) di espormi, costi quel che costi, cosciente del fatto che non vi è nulla di più importante e prezioso rispetto alla vita di una persona e alla sua dignità.

 

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Covid-19, la Fundamental Rights Agency riconosce l’impegno di Salesiani per il Sociale nei confronti dei giovani

La Fundamental Rights Agency (FRA) dell’Unione Europa ha pubblicato un Tweet e un post su Facebook in cui descrive l’impegno della Plataformas Sociales Salesianas e Salesiani per il Sociale per i giovani e minori nei servizi residenziali come una storia di speranza: Cosa significava l’isolamento #Covid19 per i giovani vulnerabili? A questa domanda Don Bosco International ha risposto raccontando come i salesiani in Spagna e Italia hanno sostenuto i giovani durante l’emergenza.

Tutto questo è stato possibile grazie al sostegno di Don Bosco International che ha facilitato l’interazione con la FRA, in quanto membro della Fundamental Rights Platform.

Queste le storie raccolte da Don Bosco International:

Tutte le famiglie si sono dovute adattare e hanno imparato a vivere insieme nella quarantena, a casa, senza poter uscire. Ma quale è stata la protezione di bambini e giovani? Quale è stata la loro esperienza in questa speciale circostanza? Abbiamo raccolto notizie incoraggianti da due partner di Don Bosco International, Salesiani per il Sociale e Plataformas Sociales Salesianas, rispettivamente le associazioni per il sociale dei Salesiani in Italia e in Spagna.

Noi ci siamo! Questa frase l’abbiamo ripetuta più volte durante gli ultimi mesi. Appena iniziata l’emergenza ci siamo subito messi a disposizione dei tanti bambini e ragazzi accolti nelle comunità e centri sparsi in tutta Italia, garantendo vicinanza e supporti concreti per affrontare questa difficile pandemia.

Per le nostre Case Famiglia è stato ancora più difficile convivere con questa emergenza: non potevamo permetterci di chiuderle perché molti dei ragazzi accolti non avevano una casa dove andare mentre altri rischiavano di rientrare in una famiglia che non gli avrebbe garantito sostegno. I nostri responsabili, educatori e operatori, pensando al loro bene, hanno preso tutte le precauzioni per evitare i contagi (mascherine, guanti, distanziamenti): un’emergenza nell’emergenza!

Don Antonio che a Torre Annunziata coordina due comunità per minori è stato uno dei primi a chiederci aiuto. «Ci servono urgentemente tre macchine da cucito! Modu, uno dei nostri ragazzi, faceva il sarto e ora è disposto a cucire 300 mascherine al giorno da distribuire gratuitamente ai poveri della città». In poche settimane abbiamo provveduto a recapitare tre nuove macchine professionali in comunità permettendo così a Modu e ai suoi compagni di avviare la produzione. In piena carenza di mascherine il contributo di Modu e dei suoi amici è stato essenziale: «Sto mettendo le mie capacità al servizio di don Antonio, dei torresi, degli italiani – ci ha scritto Modu – non preoccuparti Italia, tutto andrà bene!».

Eleonora, che invece a Santa Severa è responsabile della Casa famiglia “Stella del Cammino” ci ha chiesto supporto per i beni di prima necessità e un aiuto per pagare le utenze della casa. Grazie al contributo tempestivo inviato da Salesiani per il Sociale, Eleonora ha potuto acquistare igienizzanti, mascherine e guanti per mettere in sicurezza gli ambienti della casa vissuti dai dieci bambini accolti.

L’apprendimento a distanza è stata una modalità adottata in molte nostre strutture, soprattutto per l’affiancamento scolastico, garantito anche durante questi mesi di emergenza. Molte famiglie, però, si sono trovate impreparate a queste nuove formule didattiche perché prive di Pc, Tablet o di una connessione stabile per far partecipare i propri figli alle video-lezioni. Don Enzo, direttore della casa salesiana di Santa Chiara a Palermo ha voluto farsi voce di molti genitori in difficoltà del quartiere Ballarò, chiedendoci al più presto dispositivi connessi alla rete mobile. Grazie a un nostro fornitore in pochi giorni abbiamo recapitato in Sicilia 5 tablet (con possibilità di connessione) che grazie ai volontari della struttura, sono stati distribuiti subito a quelle case che ne avevano urgente bisogno.

Lo sforzo di queste settimane è stato notevole ma niente di tutto ciò sarebbe stato possibile senza la risposta generosa di molti nostri benefattori a cui vogliamo dire, a nome di tutti i nostri ragazzi, Grazie! Grazie per non averli lasciati soli, soprattutto in queste settimane difficili per tutti!

Sono ancora molte le richieste che stiamo ricevendo in queste ore e a cui vorremmo dare risposta al più presto. Anche per noi, Salesiani per il sociale, inizia un nuova fase dell’emergenza, ci sono nuovi bisogni da soddisfare e precauzioni da prendere. Ma ancora una volta, con più forza, vogliamo ribadire che «Noi ci siamo e non vogliamo fermarci!».

Don Bosco International

Ho e dono. Non ho e chiedo. La raccolta dei Salesiani di Macerata per chi è in difficoltà

Pubblichiamo l’appello dei Salesiani di Macerata per raccogliere fondi e aiutare le famiglie e i giovani in difficoltà per l’emergenza sanitaria

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È cominciata oggi l’avventura della raccolta fondi per cercare di venire incontro alle tante situazioni di emergenza che coinvolgono i giovani e le loro famiglie!

La raccolta fondi è organizzata dal nostro oratorio, attraverso l’associazione M.G.S. Ser.Mi.G.O. Don Ennio Borgogna, per sostenere concretamente i giovani e le famiglie più in difficoltà in seguito all’emergenza Covid-19.

Si può contribuire attraverso un bonifico bancario, con la causale EMERGENZA FAMIGLIE COVID-19, con le seguenti coordinate:

IT08C0311113474000000010699

Possa essere per tutti la possibilità di fare esperienza di autentica comunione!

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