Corso di Alta Formazione all’impegno sociale e politico, domani primo incontro con don Pascual Chavez

Il 12 febbraio si terrà il primo incontro del Corso di Alta Formazione all’impegno sociale e politico promosso dai Salesiani Cooperatori, dagli Exallievi e dallo IUSVE. Interverrà don Pascual Chavez, Rettor Maggiore emerito. Gli appuntamenti del venerdì sono aperti a tutti e potranno essere seguiti on line sulla pagina YouTube dello IUSVE.

 

 

Osservatore Romano – Contro le disuguaglianze scolastiche

Da L’Osservatore Romano, un articolo in cui si racconta del progetto «La risposta del Vis, Salesiani per il sociale Aps e Cnos-Fap all’emergenza Covid-19 in Italia – Salesian Solidarity with Italy: the Emergency Response to covid-19».

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Quattrocentosettanta dispositivi informatici, tra tablet e pc, sono stati distribuiti nelle settimane scorse agli studenti vulnerabili di 16 regioni italiane, grazie al progetto: «La risposta del Vis, Salesiani per il sociale Aps e Cnos-Fap all’emergenza Covid-19 in Italia – Salesian Solidarity with Italy: the Emergency Response to covid-19». I supporti informatici sono stati consegnati a quei ragazzi per i quali la didattica a distanza (dad) ha creato enormi difficoltà di apprendimento. Infatti, secondo una ricerca effettuata dalla Global Campaign for Education Italia, tra le cause che hanno aumentato le disuguaglianze tra gli studenti durante la dad vi sono principalmente problemi di connettività per il 44,7 per cento, di mancanza di strumenti per il 42 per cento e la limitata capacità di utilizzo del software necessario per il 25,9 per cento. L’indagine, realizzata in collaborazione con AstraRicerche, ha coinvolto oltre 2.800 docenti in tutta la penisola, che hanno raccontato le difficoltà quotidiane degli studenti, tra disagio in famiglia, problemi di connessione e la fatica di mantenere la concentrazione davanti a uno schermo. Per l’82,4 per cento degli insegnanti la didattica a distanza ha accentuato le differenze tra gli studenti per diverse possibilità in merito all’hardware, al software, alla capacità di utilizzo degli strumenti da parte dei bambini e dei ragazzi, mentre il 69,2 per cento ha rilevato svantaggi per gli studenti con bisogni educativi speciali, disturbi dell’apprendimento, disabilità. Dunque, c’è una categoria di alunni per cui la dad rappresenta ancora oggi una sfida doppia e sono gli oltre 512.000 studenti degli istituti di formazione professionale presenti in Italia. Per loro fare didattica a distanza significa non solo seguire le materie teoriche tramite un pc o tablet a disposizione, ma anche cercare di esercitarsi nelle attività di laboratorio. Ecco perché i salesiani sono scesi in campo a sostegno dell’istruzione con il supporto di un’organizzazione statunitense e in partnership con Salesian Missions.

Tra gli studenti che hanno beneficiato di questa iniziativa, vi sono le ragazze che frequentano il primo anno per diventare estetiste al Centro di formazione professionale salesiano Pio XI di Roma. Molte hanno già ricevuto un tablet per poter seguire fin da subito le materie teoriche a distanza e per prepararsi a usarlo anche per i laboratori di onicotecnica, trucco e massaggi.

«Il progetto — spiega al nostro giornale don Robert Dal Molin, presidente di Salesiani per il sociale e di Cnos-Fap — finanziato dall’agenzia statunitense governativa di sviluppo Usaid che opera in oltre 100 Paesi del mondo, punta a mitigare le conseguenze educative, sociali ed economiche della pandemia» e coinvolge più di 24.000 destinatari totali tra studenti, insegnanti, famiglie, migranti e rifugiati per i prossimi 12 mesi.

Nella seconda fase del progetto, saranno sperimentate in alcune scuole nuove modalità di insegnamento per le materie laboratoriali attraverso l’utilizzo della realtà virtuale. Il sostegno dei salesiani non si limita soltanto alla fornitura di supporti tecnologici. Infatti, sottolinea don Roberto «nei nostri 36 centri residenziali e diurni, dove vengono ospitati 400 ragazzi, sono stati distribuiti dispositivi di protezione individuale come igienizzanti, mascherine e guanti». Inoltre, sono state individuate 380 famiglie indigenti sul territorio nazionale alle quali è stato distribuito (e continuerà anche nei prossimi mesi) un kit alimentare per il loro sostentamento. Don Roberto non ha dubbi nell’affermare che tutto questo è opera della provvidenza. «Il nostro compito è quello di educare i ragazzi alla gratitudine che, se è accolta bene, attiva azioni misericordiose».

di Francesco Ricupero

 

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“Human rights work in challenging times”: l’incontro sui diritti umani con la testimonianza di un giovane di Salesiani per il Sociale

Salesiani per il Sociale ha preso parte all’evento della FRA, l’Agenzia dell’UE per i diritti fondamentali, dal titolo “Human rights work in challenging times – ways forward”, svoltosi il 1° febbraio, grazie al Don Bosco International (DBI), che è l’ente che rappresenta i salesiani di Don Bosco presso le istituzioni europee ed è membro della Fundamental Right Platform (FRP). L’incontro ha permesso il confronto tra organizzazioni della società civile, rappresentanti delle istituzioni europee, delle Nazioni Unite ed esperti sui temi dei diritti umani soprattutto ponendo l’attenzione sugli sforzi, sfide e soluzioni affrontate durante il periodo pandemico. 

L’incontro è stato aperto dal direttore della FRA Michael O’Flaherty, con la presenza della Commissaria dell’UE Helena Dalli e Mary Lawlor,  relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei difensori dei diritti umani.

Salesiani per il Sociale ha preso parte alla sessione Promoting the rights of young third-country nationals in alternative care services , condotta da Renato Cursi, Segretario Esecutivo del DBI, attraverso la testimonianza di Momodou  Jallow, che ha raccontato la sua storia, le sfide che ha affrontato una volta in Italia, ma soprattutto le opportunità che è riuscito a cogliere grazie all’accoglienza e all’accompagnamento educativo all’interno della realtà salesiana del Don Bosco di Napoli.

Questa sessione ha avuto proprio l’obiettivo di riflettere sul tema dei minori stranieri non accompagnati e dei giovani cittadini di paesi terzi che hanno ricevuto supporto soprattutto durante la pandemia di Covid-19. 

Momodou è un giovane del Gambia,  che è stato accolto dalla realtà del Don Bosco di Napoli in questi anni, è arrivato in Italia come minore ed è stato accompagnato nel percorso educativo e lavorativo. Ama il calcio, studiare, è attivo con il volontariato e ha iniziato da poco un tirocinio. È stato supportato all’interno del centro diurno e dell’housing attivati nell’ambito del progetto M’Interesso di te, promosso da Salesiani per il Sociale, e finanziato dal Fondo di Beneficienza Intesa San Paolo.

La testimonianza di Mamadou è stata intensa. Il dibattito all’interno della sessione ha messo in luce alcuni punti cardine che ruotano attorno al tema dell’accoglienza dei minori e dei giovani adulti, come il focus sulla transizione dei giovani migranti verso l’età adulta e il rischio di uscire dai percorsi di accoglienza, il dare voce ai giovani migranti, alle loro esperienze, il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze pregresse nel paese di origine. Momodou ha lanciato un messaggio alle istituzioni, chiedendo sempre più supporto per i giovani, pensando anche ai tanti suoi coetanei che hanno bisogno di un indirizzo e una guida, ma allo stesso tempo di mettere a servizio degli altri e della comunità, in cui vivono, le proprie capacità, la propria creatività con volontà e determinazione. Mamadou è un ragazzo che si è messo in gioco e sta continuando a farlo e anche durante il Covid ha supportato la comunità con raccolta e distribuzione di beni alimentari, aiutando lì dove ha ricevuto il sostegno e un’opportunità di crescita.

Recovery Plan, Agorà della Parità: Fondi vanno usati per cambio di passo nell’istruzione

Agorà della Parità, in seguito alla richiesta di un contributo ricevuta dalla Commissione Cultura della Camera dei Deputati, ha presentato alcune proposte migliorative della Missione 4 (Istruzione e Ricerca) del Recovery Plan. I punti toccati dal documento firmato da CdO Opere Educative, CNOS Scuola, CIOFS scuola, FAES, FIDAE, FISM e Fondazione GESUITI EDUCAZIONE, riguardano il rafforzamento dell’autonomia, un diretto riferimento alla pluralità dell’offerta educativa e la necessità di massicci investimenti volti ai minori e alla natalità.

Ecco il documento inviato alla Commissione Cultura della Camera dei Deputati:

CONTRIBUTO SCRITTO PER LA VII COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI (CULTURA, ISTRUZIONE, RICERCA, EDITORIA, SPORT) CHE STA ESAMINANDO PER ESPRIMERE IL PROPRIO PARERE ALLA V COMMISSIONE (BILANCIO), CHE A SUA VOLTA RIFERIRÀ ALL’ASSEMBLEA DEI DEPUTATI SULLA PROPOSTA DI PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E  RESILIENZA (RECOVERY PLAN) PREDISPOSTA DAL GOVERNO

ROMA 2 FEBBRAIO 2021 

Gent.mo Presidente e membri della VII Commissione cultura della Camera dei deputati, scriviamo in relazione al Piano di Ripresa e Resilienza che il Governo ha presentato alle Camere in  esito all’approvazione del Regolamento UE 2020/2094 volto all’istituzione dello strumento dell’UE  per la ripresa a sostegno dell’economia dopo la crisi Covid-19, nel quadro del QFP approvato con  regolamento 2020/2093 del 17.12.2020 che stabilisce appunto il quadro finanziario pluriennale per il  periodo 2021-2027. 

Il documento approvato dal Consiglio dei Ministri il 12 gennaio con riferimento al Potenziamento delle  competenze e diritto allo studio, nell’ambito della missione Istruzione e ricerca, evidenzia in primis il  divario esistente tra il nostro paese e la media dei paesi OCSE: 

  • secondo il Programme for International Student Assessment (PISA), gli studenti italiani di 15 anni si collocano al di sotto della media OCSE in lettura, matematica e scienze, con ampie  differenze territoriali che documentano risultati migliori della media OCSE al Nord ma molto  inferiori al Sud; 
  • il tasso di abbandono scolastico nel 2018 in Italia ammonta al 14,5% rispetto alla media UE del  10,6%; 
  • la popolazione compresa tra i 25 e i 34 anni in possesso di un titolo di studio di livello terziario  è pari al 28% in Italia rispetto al 44% di media nei paesi dell’OCSE. 

Viene descritta, di fatto, la c.d. emergenza educativa, alla quale il PNRR dovrebbe contribuire a  rispondere. 

A tale proposito le riforme proposte non ci sembra possano comportare un “cambio di passo”. In  particolare non si fa alcun riferimento all’autonomia, mentre l’emergenza sanitaria ha mostrato nelle  scuole italiane l’importanza dei “fattori sensibili” che costituiscono al contempo le forze vitali  dell’educazione: l’affezione al servizio, il radicamento nel territorio, il valore della relazione educativa,  la responsabilità e il rinnovamento.  

Forze che possono fiorire solo all’interno di una vera autonomia scolastica. 

Il secondo aspetto che manca sia nelle riforme proposte che nei progetti, è il riferimento alla pluralità  dell’offerta educativa: tutti i riferimenti del documento, anche normativi, sembrano contemplare la sola  scuola pubblica statale e non la scuola pubblica paritaria, in gran parte gestita dal privato sociale. Come  è risaputo i molti paesi europei la pluralità dell’offerta scolastica è sostenuta e garantita dagli Stati e la  qualità e l’efficienza del sistema di istruzione sono maggiori nei paesi che promuovono il  pluralismo scolastico.  

Il terzo aspetto attiene alla carenza di visione strategica del piano in parola in ordine alla necessità di  massicci investimenti volti ai minori e alla natalità. Le povertà educative che la pandemia ha  moltiplicato si combattono proprio con il massimo investimento sui minori. D’altro canto la crisi delle  nascite è la spia più chiara dell’incertezza sul futuro di una comunità. Da questo investimento, che le  scriventi associazioni chiedono con forza e da tempo, verrà maggiore parità di genere, maggiore  conciliazione lavoro-famiglia, maggiore occupazione femminile, maggiore occupazione giovanile, promozione del Terzo Settore applicato all’interesse generale della funzione di cura, istruzione ed  educazione. Una grande manovra sull’educazione deve considerare il sistema educativo nazionale nella  sua interezza e quindi la funzione pubblica di educazione ed istruzione va considerata tanto in relazione  alla scuola statale, quanto a quella paritaria a partire da quella no profit. 

Il Recovery Plan deve fornire un’ampia dotazione finanziaria per ottenere anche dal sistema paritario un  forte incremento nell’offerta educativa. 

In particolare siamo a richiedere l’inserimento dei seguenti punti: 

  • il programma per l’edilizia scolastica della componente Efficientamento energetico e  riqualificazione degli edifici (pag. 90) deve fare riferimento anche agli edifici di proprietà o  utilizzati a qualunque titolo da scuole paritarie, Il Bonus 110 deve essere esplicitamente esteso  anche a tali soggetti e con riferimento a massimali che tengano conto delle dimensioni  dell’immobile; 
  • il Piano per gli asili Nido ed il Potenziamento delle scuole per l’infanzia (pag. 123) deve riferirsi  esplicitamente ad iniziative volte a favorire, promuovere, incentivare e sviluppare politiche  attive a favore dei minori nel segmento 0-6 anche per il tramite di sinergie con il non profit e del privato sociale (che ad oggi è parte integrate del sistema 0-6 anni), mentre il documento fa  riferimento a testi normativi che riguardano esclusivamente edifici di proprietà di enti pubblici
  • sempre con riferimento alla scuola dell’infanzia, auspichiamo il convenzionamento diretto con  le scuole paritarie dell’infanzia espressione del privato sociale. Lo strumento principe è quello  della convenzione pluriennale, basata su un fondo di dotazione adeguatamente capiente; 
  • con riferimento al punto Scuola 4.0. scuole innovative, cablaggio, nuove aule didattiche e  laboratori (pag. 124) si faccia esplicito riferimento anche alle scuole paritarie. 

Da ultimo riteniamo di dover sottolineare, con riferimento alle riforme proposte (pag. 120-121), che da  una parte viene proposto di rendere l’esame di laurea coincidente con l’esame di stato, velocizzando  l’accesso al mondo del lavoro da parte dei laureati, e dall’altra parte, poche righe prima, questa ipotesi  non è contemplata per coloro che desiderano insegnare, per i quali si prevede l’ennesima “riforma  ridisegna le procedure Concorsuali per l’immissione nei ruoli del personale docente rafforzando,  secondo modalità innovative, l’anno di formazione e prova.”. Riteniamo che debba essere separato il  percorso abilitante all’insegnamento da quello di assunzione nei ruoli dello stato, (ad es, ritenendo  abilitante all’insegnamento nella scuola secondaria la laurea + 24 CFU in materie psico pedagogiche). 

Ribadiamo la disponibilità ad approfondire quanto sopra dentro un contesto che possa tenere presente  tutte le voci della scuola. 

Massimiliano Tonarini – Presidente nazionale CdO Opere Educative 

Pietro Mellano – Presidente nazionale CNOS Scuola 

Marilisa Miotti – Presidente nazionale CIOFS scuola 

Giovanni Sanfilippo – Delegato nazionale per le Relazioni Istituzionali FAES  

Virginia Kaladich – Presidente nazionale FIDAE  

Luigi Morgano – Segretario Nazionale FISM 

Vitangelo Denora – Delegato Fondazione GESUITI EDUCAZIONE

 

Su e Zo per i Ponti di Venezia: appuntamento ad Aprile 2022

Si riporta il comunicato stampa del TGS Eurogroup sul rinvio della Su e Zo per i Ponti di Venezia al 2022.

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A causa dell’emergenza sanitaria in corso, dopo lunga riflessione e attento confronto con l’amministrazione comunale  della Città di Venezia, il Comitato Promotore della Su e Zo per i Ponti di Venezia e il Consiglio Direttivo TGS Eurogroup,  l’associazione di promozione sociale promossa dai Salesiani di Don Bosco che organizza la manifestazione fin dalle  origini, hanno ritenuto necessario rinviare l’organizzazione della 42° edizione della “Su e Zo per i Ponti di Venezia” alla  primavera del prossimo anno. 

Così affermano gli organizzatori: “Purtroppo le misure stringenti ma necessarie che caratterizzano questo periodo  eccezionale, unite alla proroga dello stato di emergenza al 30 aprile 2021, non ci hanno consentito di confermare  l’edizione di quest’anno. L’appuntamento è dunque rinviato ad Aprile 2022: non vediamo l’ora di ritrovarci tutti uniti a  Venezia in sicurezza e con serenità, in una giornata all’insegna dell’aggregazione, dell’amicizia e della solidarietà!” 

La Su e Zo per i Ponti, però, non va in vacanza: il Comitato Promotore della manifestazione sta pensando ad un nuovo progetto che ha l’obiettivo di accogliere nuovamente a Venezia i tanti amici della passeggiata di solidarietà sparsi  in tutta Italia ed oltre, in una forma inedita e originale, a partire già da questa primavera. 

Previste anche altre iniziative rivolte più specificatamente ai Volontari della Su e Zo, in un percorso di preparazione in  vista dell’edizione dell’anno prossimo. 

Tutti gli aggiornamenti e le novità saranno raccontati nei prossimi mesi nelle pagine web di “Su e Zo Live”, il blog della  Su e Zo. 

Nell’attesa, l’invito è a partecipare ad un’importante campagna di solidarietà

Con l’annullamento delle edizioni 2020 e 2021, per due anni consecutivi sono venute a mancare tutte le fonti di sostegno  alle attività della Su e Zo. Gli Amici della Su e Zo per i Ponti sono sempre stati al fianco della manifestazione come  attori protagonisti: è rivolto a loro l’invito ad acquistare oggi un “Cartellino di Solidarietà” per la Su e Zo, cartellino  simbolico e immateriale che potrà essere riscattato e utilizzato per la partecipazione alla edizione 2022 della Su e Zo per  i Ponti. Acquistando il Cartellino di Solidarietà oggi, allo stesso costo inizialmente previsto per la Su e Zo 2020, si avrà  l’opportunità di ricevere per primi il Cartellino Su e Zo 2022 non appena sarà messo ufficialmente in vendita, evitando di  incorrere in possibili aumenti che potrebbero essere previsti per l’edizione del prossimo anno. 

Assieme al Cartellino di Solidarietà è possibile anche acquistare la T-Shirt Solidale della Su e Zo: per ciascuna  maglietta venduta sarà devoluto 1 euro alle Missioni Salesiane

Non solo: all’acquisto del “Cartellino di Solidarietà” o della “T-Shirt Solidale” è possibile abbinare una Donazione facoltativa, dell’importo a piacere: ogni erogazione liberale consentirà alla Su e Zo per i Ponti di garantire anche per il  futuro una base solida per il fondo di beneficenza dedicato alle iniziative solidali a sostegno del territorio locale (“Premio per le Scuole Don Dino Berti”) e delle Missioni salesiane nel mondo (per il biennio 2020-2021 il sostegno è  diretto alla comunità salesiana Monte Salvado di Quebrada Honda in Perù). 

Per maggiori informazioni è possibile visitare il sito web dell’evento all’indirizzo www.suezo.it, scrivere a  info@suezoperiponti.it o visitare i canali social Facebook, Instagram e Twitter.

Anem’e pizza, un nuovo forno (e opportunità) per i giovani del Don Bosco Napoli

Pubblichiamo l’iniziativa di Salesiani per il Sociale APS che, grazie alle donazioni, ha potuto acquistare un nuovo forno per il laboratorio per pizzaioli dell’istituto Don Bosco di Napoli.

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Il desiderio era di donarlo ai ragazzi in occasione della festa di Don Bosco e ci siamo riusciti!

Da oggi i giovani accolti presso l’Istituto salesiano Menichini di Napoli, socio di Salesiani per il Sociale APS, hanno un laboratorio per pizzaioli rinnovato, con un forno più veloce e sicuro. Quest’ultimo, infatti, è adatto anche ai processi di panificazione e ciò permetterà a molti di loro di seguire più corsi specialistici come quello di panettiere o pasticcere.

«Da un’indagine che abbiamo condotto sul territorio – ci spiega Don Fabio, direttore della casa di Napoli – ci siamo resi conto che una figura molto richiesta ma poco presente, è quella del panettiere. Nel territorio napoletano (e non solo) ci sono tanti bravi pizzaioli in formazione ma pochissimi artigiani del pane. Così, ci è venuto in mente di ripensare il laboratorio per pizzaioli  – che già da alcuni anni formava professionisti della pizza – per dare un ulteriore possibilità ai nostri ragazzi che cercano un’occupazione. Qualche mese fa abbiamo chiesto un contributo a Salesiani per il Sociale e siamo felicissimi che questo 31 gennaio lo stiamo donando ai ragazzi!».

Significativo anche il logo del laboratorio ispirato al progetto di vita salesiano riassunto nella frase “Da mihi animas”. Così lo spiegano i realizzatori:

Il logo del laboratorio include i processi del laboratorio: l’impastare con le mani, le mani del “maestro” e le mani del ragazzo, la pasta che va lavorata con costanza pazienza e forza, il forno in cui mandare a cottura l’impasto lavorato. Sotto c’è il prodotto di questo processo, la pizza, ma il condimento sono i simboli che richiamano il Da mihi Animas, “dammi le anime”, che è il progetto di vita di don Bosco e dei salesiani. L’ancora è il simbolo della speranza, che è la virtù più importante di un educatore, ma l’ancora richiama anche che un laboratorio e un educatore possono essere un’ancora di salvezza per il ragazzo, perché per don Bosco i ragazzi hanno “l’intelligenza nelle mani”. Il cuore che arde è il simbolo stesso del processo educativo perché per don Bosco l’educazione è cosa di cuore. La stella richiama il bisogno di Dio, il bisogno di guardare il cielo, il bisogno di avere una stella da seguire. La foglia richiamo il bosco, don Bosco, l’albero sotto il quale tanti ragazzi trovano ristoro e protezione.

Se anche quest’anno, nonostante l’emergenza sanitaria, stiamo donando accoglienza, sostegno e strumenti essenziali per la formazione dei ragazzi più fragili, è grazie ai nostri benefattori, che insieme a noi scommettono sul futuro dei giovani, specialmente i più fragili. Don Bosco è ancora oggi presente, buona festa a tutti noi!

Dal CFP di Castel de’ Britti arriva il «football anti-covid»

Dal sito del Corriere della Sera, edizione di Bologna

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Siamo a Castel de’ Britti e per una volta, essendo questa la patria di Alberto Tomba, non parliamo di sci, ma di calcio. Calcio in tempo di Pandemia, quindi nuovo calcio o comunque calcio alternativo. Rincorrere un pallone si può. A dirlo e praticarlo è il centro di formazione professionale salesiano Cnos Fap, impegnato con corsi di formazione per adolescenti (spesso in difficoltà per svariati motivi, problematici). In questa delicata fase di distanziamento il centro ha cercato di trovare soluzioni per far comunque stare insieme i ragazzi, confinati nella didattica a distanza (a parte i laboratori).

Gioco e sport come collante relazionale e sociale Il gioco e lo sport sono un importante collante relazionale e sociale, e così i docenti di Castel de’ Britti hanno ideato il «football anti-covid», da praticare «a distanza». Il tutto non come attività didattica, ma da svolgere nel tempo libero, nelle pause di studio. Un escamotage temporaneo certo, ma con interessanti caratteristiche e dinamiche di applicazione. Insomma, un gioco giocabile. Le regole in un video In sostanza, come viene ben spiegato in un video postato su You Tube («CdB Covid football»), è stato preso un campo da gioco a 7 ed è stato suddiviso in tante diverse zone secondo un preciso disegno geometrico che ridefinisce per certi versi le aree classiche. All’interno di ogni zona gioca perciò solo un calciatore, evitando così contatti con gli altri ora vietati. Ogni squadra disporrà di due difensori davanti al portiere, un centrocampista in mezzo al campo, uno sulla trequarti e due attaccanti sugli spazi esterni del fronte offensivo. L’opposizione fra gli avversari avverrà quindi esclusivamente schermando il rivale di fronte.

I giocatori si muovono in continuazione, «e soprattutto imparano una cosa basilare: passare la palla, farlo magari di prima e velocemente», racconta il direttore di Cnos, Carlo Caleffi. Progetto di resilienza Certo, qualcosa si perde nella capacità di dribblare così come nella marcatura difensiva «a uomo», ma si sviluppano altre qualità, a partire dallo stop, il gesto atletico più importante del gioco. «Al tempo stesso aiuta anche chi ha giocato poco, i principianti, che possono iniziare misurandosi nella propria zona senza la pressione dell’avversario. E stessa cosa per gli insegnanti che hanno una certa età e una mobilità ridotta». Naturalmente è possibile cambiare i ruoli durante la partita. L’esperimento sta andando in scena da alcune settimane nel cortile della scuola, «che finalmente si è rianimato. Ci sembra un buon progetto di resilienza, un modo per convivere e reagire, evitando depressione e impotenza. Speriamo di contagiare altre scuole e altre realtà educative», conclude Carlo Caleffi.

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I “catechisti” Rosmini e Don Bosco, un’accoppiata vincente – Famiglia Cristiana

Alla vigilia della festa del 31 gennaio, “Famiglia Cristiana” pubblica la storia dell’ incontro tra il Santo dei giovani e l’Abate riformatore avvenuto nel 1846 così come ci viene consegnata dalle “Memorie biografiche” del sacerdote torinese, redatte da Giovanni Battista Lemoyne. Di seguito l’articolo pubblicato il 22 gennaio 2021 su “Famiglia Cristiana“, a cura di Antonio Tarallo.

Le vite degli uomini santi si incrociano spesso. E così è stato nel 1800 per due uomini che hanno rappresentato la Chiesa del Piemonte: don Giovanni Bosco e il filosofo Antonio Rosmini. Due menti, due cuori, due biografie del tutto – e in molto – assai differenti. Hanno animato il dibattito ecclesiale di un’epoca complessa e – al contempo – ricca: sono anni difficili che precedono l’ unità d’ Italia.  La forte tempra spirituale di Rosmini si consumava nei dibattiti politico-culturali, nella missione diplomatica romana, vicino a papa Mastai Ferretti, Pio IX, e nello studio “matto e disperatissimo” (come scriverebbe Leopardi) della dottrina cristiana.  Don Bosco, invece, sacerdote “di strada” era sempre alla ricerca dei mezzi materiali per aiutare concretamente i suoi ragazzi “pericolanti e pericolosi”.

Il santo sacerdote torinese, di diciotto anni più giovane del fine letterato, durante la sua missione, si rivolse a lui in più occasioni per poter chiedere aiuti economici per la sua opera.  Ma prima di tutto ciò, vi è un episodio assai particolare: un incontro che avvenne sul “campo dell’ educazione”, potremmo dire. Educare, verbo fondamentale per entrambi: chi in un modo, chi in un altro, entrambe le figure erano dedite a questo ideale di “formazione”. L’ uno, Don Bosco, aveva a cuore le anime dei ragazzi; l’ altro, il Rosmini, le menti degli italiani. Eppure avvenne un giorno in cui i due cooperano assieme per il catechismo dei “poveri e abbandonati” ragazzi.

Oratorio di San Francesco di Sales, in Valdocco, a Torino. Siamo nel 1846. Mentre Don Bosco è intento a fare catechismo ai suoi ragazzi “ebbe la visita di due rinomatissimi sacerdoti forestieri”, così viene descritta la scena nelle “Memorie biografiche di Don Giovanni Bosco” raccolte dal sacerdote salesiano Giovanni Battista Lemoyne (1904). Lasciamoci, allora, avvolgere da questo avvincente racconto: «Trovandosi in Torino, si presentarono all’Oratorio per fare conoscenza con Don Bosco. Erano circa le ore due. I giovani stavano allogandosi, e Don Bosco vedendovi mancare parecchi catechisti si torturava il capo per improvvisarne e disporre le classi, quando i due Ecclesiastici accostatisi a lui, mostrarono vaghezza di parlargli. – Vi è questo signor Abate, disse uno dei due accennando al compagno, ed io pure, che desideriamo di visitare il suo Oratorio e di osservare il metodo che la S. V. vi tiene. – Troppo volentieri, rispose Don Bosco, io farò loro visitare l’Oratorio in tutte le sue particolarità; ma piuttosto dopo le funzioni: ora, come vedono, sono qui tutto occupato tra queste centinaia di giovani. Ma è Iddio che in questo momento li ha mandati. Abbiano la bontà di aiutarmi a fare il Catechismo e poi parleremo a nostro bell’agio. Ella, soggiunse ad un di essi che gli sembrava di maggiore autorità, vorrebbe favorire di fare il catechismo alla classe che è nel coro dove sono i più grandicelli? – Ben volentieri! rispose quel sacerdote. – Ella, proseguì Don  Bosco rivolgendosi al secondo, avrà in presbiterio la classe d’i più dissipati! Anche il secondo religioso aderì all’invito colla miglior voglia del mondo».

Il silenzio dei ragazzi alla spiegazione di quel sacerdote, sorprese immensamente don Bosco che si era posto in un luogo “donde poteva udire colui che catechizzava in coro, l’udì parlare della fede con esempi e paragoni. – La fede, diceva, si aggira intorno a quelle cose che non si vedono; delle cose che noi vediamo, non si dice: “Io le credo”; le cose che noi vediamo, le giudichiamo: si credono invece le cose che non sono a noi sensibilmente presenti”. Il giovane sacerdote torinese aveva trovato un catechista perfetto: un oratore che riusciva a parlare – con semplicità – del mistero di Dio. Questo catechista aveva un nome: Antonio Rosmini.

Famiglia Cristiana