Dal CFP di Castel de’ Britti arriva il «football anti-covid»

Dal sito del Corriere della Sera, edizione di Bologna

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Siamo a Castel de’ Britti e per una volta, essendo questa la patria di Alberto Tomba, non parliamo di sci, ma di calcio. Calcio in tempo di Pandemia, quindi nuovo calcio o comunque calcio alternativo. Rincorrere un pallone si può. A dirlo e praticarlo è il centro di formazione professionale salesiano Cnos Fap, impegnato con corsi di formazione per adolescenti (spesso in difficoltà per svariati motivi, problematici). In questa delicata fase di distanziamento il centro ha cercato di trovare soluzioni per far comunque stare insieme i ragazzi, confinati nella didattica a distanza (a parte i laboratori).

Gioco e sport come collante relazionale e sociale Il gioco e lo sport sono un importante collante relazionale e sociale, e così i docenti di Castel de’ Britti hanno ideato il «football anti-covid», da praticare «a distanza». Il tutto non come attività didattica, ma da svolgere nel tempo libero, nelle pause di studio. Un escamotage temporaneo certo, ma con interessanti caratteristiche e dinamiche di applicazione. Insomma, un gioco giocabile. Le regole in un video In sostanza, come viene ben spiegato in un video postato su You Tube («CdB Covid football»), è stato preso un campo da gioco a 7 ed è stato suddiviso in tante diverse zone secondo un preciso disegno geometrico che ridefinisce per certi versi le aree classiche. All’interno di ogni zona gioca perciò solo un calciatore, evitando così contatti con gli altri ora vietati. Ogni squadra disporrà di due difensori davanti al portiere, un centrocampista in mezzo al campo, uno sulla trequarti e due attaccanti sugli spazi esterni del fronte offensivo. L’opposizione fra gli avversari avverrà quindi esclusivamente schermando il rivale di fronte.

I giocatori si muovono in continuazione, «e soprattutto imparano una cosa basilare: passare la palla, farlo magari di prima e velocemente», racconta il direttore di Cnos, Carlo Caleffi. Progetto di resilienza Certo, qualcosa si perde nella capacità di dribblare così come nella marcatura difensiva «a uomo», ma si sviluppano altre qualità, a partire dallo stop, il gesto atletico più importante del gioco. «Al tempo stesso aiuta anche chi ha giocato poco, i principianti, che possono iniziare misurandosi nella propria zona senza la pressione dell’avversario. E stessa cosa per gli insegnanti che hanno una certa età e una mobilità ridotta». Naturalmente è possibile cambiare i ruoli durante la partita. L’esperimento sta andando in scena da alcune settimane nel cortile della scuola, «che finalmente si è rianimato. Ci sembra un buon progetto di resilienza, un modo per convivere e reagire, evitando depressione e impotenza. Speriamo di contagiare altre scuole e altre realtà educative», conclude Carlo Caleffi.