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Fortunato, il campione dello Zoncolan, si racconta agli studenti dell’istituto salesiano di Castel de Britti

Dal sito di Repubblica TV.

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Lorenzo Fortunato, il campione 25enne di ciclismo che ha vinto la tappa dello Zoncolan al giro d’Italia, stamattina è arrivato (in bici, ovviamente) a Castel de Britti, il comune alle porte di Bologna dove è nato e vive, per incontrare gli studenti dell’istituto salesiano di formazione professionale Cnos-Fap. Per raccontare la sua storia, parlare di salite, della fatica, della vittoria. “Lorenzo Fortunato è nostro vicino di casa – racconta Carlo Caleffi, direttore della scuola – anche lui ex allievo salesiano. Suo padre era in classe con Alberto Tomba, entrambi vivono qui”. Fortunato è arrivato con don Antonio. “Preferivo andare in bici che studiare. Mi sono allenato sulle strade di Bologna. Più sei magro e più vai forte, ci devi stare attento, non è che puoi andare a mangiare la pizza tutti i giorni”.

Castel de’ Britti, una casa per profughi eritrei

Su Avvenire è uscito un articolo che racconta l’esperienza di accoglienza e integrazione che si sta realizzando a Caste de’ Britti con una cordata di partner, tra i quali i Salesiani di quella casa.

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Una nuova comunità di accoglienza e integrazione sociale: è quanto sta realizzando a Castel de’ Britti la Cooperativa DoMani, assieme a numerosi partner: Arcidiocesi, Comunità di Sant’Egidio, Caritas Italia, Salesiani e associazione «Amici del Sidamo – in missione Onlus». Il progetto è denominato Casa Bereket, è inserito nella struttura dei Salesiani a Castel de’ Britti ed è destinato ad accogliere i ragazzi arrivati e che arriveranno in Italia attraverso i Corridoi umanitari, progetto nato nel 2017 da Comunità di Sant’Egidio, Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Tavola Valdese, Cei-Caritas e Governo. «Verranno accolti 16 ragazzi eritrei in fuga dal loro Paese a causa della guerra, scoppiata in Etiopia, nella regione del Tigray – spiegano i responsabili della cooperativa -. Come in tutte le guerre molte persone soffrono e sono sempre i più fragili, gli ultimi, a perdere la possibilità di costruirsi un futuro.
Gestiremo la nuova comunità garantendo accoglienza e un percorso personalizzato di integrazione sociale per un anno, con servizi come l’insegnamento dell’italiano, l’inserimento scolastico, corsi di formazione, accompagnamento al lavoro, supporto socio-sanitario». «La nostra cooperativa in collaborazione coi partner si è recata in Etiopia, nei campi profughi – raccontano sempre i responsabili – per prevenire il traffico di esseri umani facilitato dall’emergenza della guerra e per garantire un ingresso legale e sicuro in Italia ai ragazzi, che sono arrivati a Castel dei Britti il 28 maggio. Quel giorno si è svolto un evento non aperto al pubblico per questioni di sicurezza legate alla quarantena dei beneficiari, ma si prevede prossimamente l’inaugurazione ufficiale».

Castel de’ Britti, grazie ai Corridoi Umanitari verranno ospitati 19 giovani eritrei

Su Il Resto del Carlino un articolo racconta l’accoglienza a Castel de’ Britti di 19 ragazzi eritrei grazie ai corridoi umanitari.

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SAN LAZZARO I corridoi umanitari faranno tappa anche a Castel de’ Britti. Venerdì, nel centro don Antonio Gavinelli, arriveranno 19 ragazzi provenienti dall’Eritrea. La loro partenza da un campo profughi dell’Etiopia è stata preceduta da una scrupolosa ricognizione per cui sono tutte persone che hanno i requisiti necessari per chiedere e ottenere sia l’asilo che il permesso di soggiorno in Italia per motivi umanitari. Tra l’altro, in attesa di questa verifica hanno anche seguito un corso di lingua italiana proprio per favorire la loro accoglienza e accelerare la loro integrazione. Il progetto è finanziato da Caritas Italia, dall’arcidiocesi di Bologna, e da una serie di benefattori che preferiscono l’anonimato, mentre la sua esecuzione è affidata alla Cooperativa DoMani che già si occupa di profughi africani all’Eremo di Ronzano. Sono ragazzi che sono sfuggiti a due guerre civili. La prima nel loro paese, l’Eritrea, dove il servizio militare è obbligatorio e non ha limiti di tempo, con il governo che preferisce armare i propri soldati
contro i ribelli, piuttosto che acquistare le mascherine per la popolazione. Fino all’anno scorso, chi sfuggiva a questa oppressione, si rifugiava in Etiopia nella regione del Tigrai, ma anche lì ad ottobre è scoppiata una guerra civile e le prime vittime del genocidio sono state le persone che erano ospiti dei diversi campi profughi. Scampati a questa seconda persecuzione questi ragazzi hanno raggiunto Addis Abeba, dove tra le tante organizzazioni umanitarie impegnate nella protezione dei profughi, vi è anche la Comunità di Sant’Egidio, a cui appartiene anche il cardinale Matteo Zuppi e grazie a questo collegamento e alla disponibilità dei Salesiani di Don Bosco ad ospitare questo progetto nella loro struttura, il corridoio umanitario si è concretizzato. Operando nello stile di Don Bosco, quella a Castel de’ Britti non sarà una semplice accoglienza, ma compatibilmente con quelli che sono i tempi di ambientamento, l’obiettivo della Cooperativa DoMani è anche quello di formare questi ragazzi anche dal punto di vista professionale, sapendo che il loro grado di scolarizzazione è praticamente nullo. Il progetto ha anche l’ambizione di rompere il silenzio che avvolge il conflitto etnico in Etiopia e la guerra civile in Eritrea. Il primo si è sviluppato con il Covid che già si diffondeva in tutto il pianeta, il secondo si trascina stancamente dal 1993, da quando una dittatura totalitaria è a capo dello stato eritreo. Stando all’ultimo rapporto dell’Unicef, il 60% dei suoi bambini è malnutrito e sottopeso.

 

Dal CFP di Castel de’ Britti arriva il «football anti-covid»

Dal sito del Corriere della Sera, edizione di Bologna

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Siamo a Castel de’ Britti e per una volta, essendo questa la patria di Alberto Tomba, non parliamo di sci, ma di calcio. Calcio in tempo di Pandemia, quindi nuovo calcio o comunque calcio alternativo. Rincorrere un pallone si può. A dirlo e praticarlo è il centro di formazione professionale salesiano Cnos Fap, impegnato con corsi di formazione per adolescenti (spesso in difficoltà per svariati motivi, problematici). In questa delicata fase di distanziamento il centro ha cercato di trovare soluzioni per far comunque stare insieme i ragazzi, confinati nella didattica a distanza (a parte i laboratori).

Gioco e sport come collante relazionale e sociale Il gioco e lo sport sono un importante collante relazionale e sociale, e così i docenti di Castel de’ Britti hanno ideato il «football anti-covid», da praticare «a distanza». Il tutto non come attività didattica, ma da svolgere nel tempo libero, nelle pause di studio. Un escamotage temporaneo certo, ma con interessanti caratteristiche e dinamiche di applicazione. Insomma, un gioco giocabile. Le regole in un video In sostanza, come viene ben spiegato in un video postato su You Tube («CdB Covid football»), è stato preso un campo da gioco a 7 ed è stato suddiviso in tante diverse zone secondo un preciso disegno geometrico che ridefinisce per certi versi le aree classiche. All’interno di ogni zona gioca perciò solo un calciatore, evitando così contatti con gli altri ora vietati. Ogni squadra disporrà di due difensori davanti al portiere, un centrocampista in mezzo al campo, uno sulla trequarti e due attaccanti sugli spazi esterni del fronte offensivo. L’opposizione fra gli avversari avverrà quindi esclusivamente schermando il rivale di fronte.

I giocatori si muovono in continuazione, «e soprattutto imparano una cosa basilare: passare la palla, farlo magari di prima e velocemente», racconta il direttore di Cnos, Carlo Caleffi. Progetto di resilienza Certo, qualcosa si perde nella capacità di dribblare così come nella marcatura difensiva «a uomo», ma si sviluppano altre qualità, a partire dallo stop, il gesto atletico più importante del gioco. «Al tempo stesso aiuta anche chi ha giocato poco, i principianti, che possono iniziare misurandosi nella propria zona senza la pressione dell’avversario. E stessa cosa per gli insegnanti che hanno una certa età e una mobilità ridotta». Naturalmente è possibile cambiare i ruoli durante la partita. L’esperimento sta andando in scena da alcune settimane nel cortile della scuola, «che finalmente si è rianimato. Ci sembra un buon progetto di resilienza, un modo per convivere e reagire, evitando depressione e impotenza. Speriamo di contagiare altre scuole e altre realtà educative», conclude Carlo Caleffi.

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Bologna, solidarietà e riscatto col il progetto “Liberi di partire, liberi di restare”

A tre anni dal lancio della campagna Cei «Liberi di partire, liberi di restare», Avvenire pubblica un viaggio tra le realtà bolognesi che hanno sostenuto e offerto integrazione: tra questa, il Cnos Fap Emilia Romagna di Castel de’ Britti. L’articolo è di Luca Tentori.

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Donne liberate dalla tratta della prostituzione, assistenza di minori non accompagnati,  formazione al lavoro. Sono alcuni esempi di come il progetto «Liberi di partire, liberi di restare» è entrato concretamente nel riscatto di molti migranti. L’iniziativa della Conferenza episcopale italiana, sovvenzionato con i fondi dell’8Xmille, ha chiuso la sua campagna la scorsa settimana a Roma e ha tirato le somme con un primo bilancio. Per la diocesi di Bologna  la Caritas italiana ha istituito un tavolo di progetto a partire dal 2018, che ha coinvolto quattro realtà già operanti sul territorio: l’associazione Albero di Cirene, l’associazione papa Giovanni XXIII, l’Associazione Cnos Fap Emilia Romagna presente a Castel de’ Britti con i salesiani, e il Ceis Arte – cooperativa sociale che gestisce dal 2001 in convenzione con Asp Bologna, il servizio di Pronta Accoglienza per minori maschi in stato di bisogno, attraverso la comunità di pronta emergenza «Il Ponte» al Villaggio del fanciullo.

«Questo tipo di esperienza  – spiega Elisabetta Cecchieri, responsabile della Caritas diocesana per il progetto “Liberi di partire, liberi di restare”- ci ha permesso di lavorare e ragionare insieme su soluzioni concrete  e di conoscerci ancora meglio. Abbiamo voluto creare una cabina di regia per investire al meglio sul nostro territorio i 60.000 euro ricevuti dal progetto». Nel dettaglio l’Albero di Cirene, che ha attività di aiuto sulla strada, ha scelto di creare percorsi di formazione per i giovani volontari e ha implementato la capacità di accoglienza per le donne che uscivano dalla tratta. Al Villaggio del fanciullo, che ospita casa di accoglienza per minori stranieri non accompagnati, hanno promosso una scuola di cultura italiana come servizio per una maggiore accoglienza e integrazione. Ben due i progetti attivati anche al centro salesiano di formazione professionale Cnos- Fap di Castel de’ Britti, fra i quali un corso per saldatori. Il progetto si è svolto fra l’aprile del 2018 e il marzo di quest’anno, per una durata totale di circa 50 ore, alle quali vanno aggiunte quelle dedicate alla formazione sulla sicurezza sul lavoro.

«Hanno partecipato sia ragazzi minorenni che maggiorenni, fra i quali alcuni segnalato dall’Asp, per un totale di nove persone – spiega Lucia Mele, del Cnos-Fap -. Per l’abilitazione alla professione di saldatore è necessario il possesso di un patentino che, a seconda della tipologia di lavoro, necessita di un aggiornamento e il cui costo si aggira intorno ai 1.500 euro. I nostri ragazzi nella maggioranza dei casi non posseggono questa somma. Avendo però una formazione, in parte svoltasi proprio in azienda, possono comunque invogliare i datori di lavoro ad assumerli. Sarà poi il datore di lavoro a provvedere al patentino». Una tipologia di assunzione che ha già dato i suoi frutti, portando all’occupazione diversi ragazzi nell’ultimo periodo. Il cardinale Zuppi è intervenuto la scorsa settimana a Roma alla chiusura di questa campagna triennale della Cei. Nel suo intervento ha offerto alcune riflessioni sul tema dell’immigrazione e dell’accoglienza: «Il fenomeno della migrazione è da considerarsi alla stregua di “una pandemia, perché la tragedia continua e non ci sono risposte forti e adeguate». Il suo intervento integrale è sul sito della diocesi. La campagna è un segno della Chiesa italiana, perché cresca la consapevolezza delle storie dei migranti, si sperimenti un percorso di accoglienza, tutela, promozione e integrazione dei migranti che arrivano tra noi, non si dimentichi il diritto di ogni persona a vivere nella propria terra. 

 

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