Il convegno dedicato a don Giuseppe Quadrio in occasione del centenario dalla nascita

Nella mattinata di sabato 27 novembre 2021, presso l’Aula Magna della Facoltà di Teologia della Crocetta – Torino, si è svolto il convegno di studio e di approfondimento sulla figura spirituale del ven. don Giuseppe Quadrio in occasione del centenario dalla nascita (Vervio 28 novembre 1922). 

Alla presenza della comunità salesiana dell’Istituto Internazionale Don Bosco e di un nutrito gruppo di compaesani provenienti dalla Lombardia, vi sono state una serie di interventi atti a sottolineare gli elementi di novità e di crescente interesse per la figura di questo salesiano, teologo, insegnate di teologia e modello luminoso di vita religiosa e sacerdotale. 

Don Silvano Oni, grazie all’ausilio di immagini e testimonianze, ha tracciato un’originale biografia del venerabile, cogliendo la specificità della terra di origine, il sorgere ed il consolidarsi della vocazione, ma anche gli anni segnati terribilmente dalla sofferenza che lo condussero ad appena 41 anni alla morte prematura.

P. F. M. Lethel, carmelitano e teologo di fama, in merito alla spiritualità di don Quadrio ha posto in luce almeno tre elementi: il binomio “sponsalità e verginità” così caratteristico della sua vita mistica, la dimensione specifica del suo evangelizzare attraverso la ferialità degli incontri, la vita costruita sulla speranza cristiana.

Don P. Cameroni, postulatore della congregazione, ha ricordato che i santi irradiano la grazia a partire dalle numerose relazioni che intersecano e rinnovano; ha condotto quindi a riflettere su come fosse specifico di don Quadrio la trasparenza dei sentimenti di Cristo (la benignitas et humanitas). 

Infine mons. Paolo Martinelli, vescovo ausiliare di Milano e fine conoscitore della teologia della vita consacrata, ha ricondotto l’assemblea a riflettere sul tema del “religioso presbitero”: se la specificità della figura sacerdotale rimane l’essere apostolo del Padre nella e per la Chiesa in un contesto storico specifico, la vita consacrata offre al ministero presbiterale la ricchezza del carisma proprio della famiglia religiosa di appartenenza. Don Quadro è stato un apostolo che “era missione“, secondo quelle specificità proprie della spiritualità di san Giovanni Bosco: la sua missione era l’insegnamento, l’accompagnamento spirituale personale; la sua missione era custodire la comunione dei confratelli ed educare a partire da un armonia di carattere, davvero trasparenza del cuore di Cristo e della sua santa umanità. P. Martinelli ha concluso la sua relazione ricordando che l’identità specifica del presbitero sarà sempre più data dalla sua “cura per l’umano”: in un tempo segnato dall’estraneità della fede dalla cultura e dalla vita.

La mattinata si è conclusa con il pellegrinaggio alla tomba del venerabile, sita presso la Chiesa esterna dell’opera, dove è stato collocato un pannello biografico e commemorativo del centenario celebrato.

Rivivi l’evento

Museo Casa Don Bosco: “Matteo 25. Restiamo umani” – Mostra pittorica

Dal 2 dicembre al 6 gennaio il Museo Casa Don Bosco ospiterà la mostra “Matteo 25. Restiamo umani“, di Massimiliano Ungarelli. Di seguito si riporta l’articolo pubblicato sul sito del Museo contenente tutte le informazioni relative all’evento.

Il titolo della mostra è tratto dal capitolo 25 del Vangelo di Matteo; i pannelli lignei, assemblati con scarti di falegnameria, riproducono foto realmente scattate, ma reinterpretate dall’artista con pastelli e carboncini. Il colore prevalente è il rosso, il colore degli estremi, ovvero l’amore, la passione, la regalità, la guerra, il sangue dei martiri, la passione di Cristo.Mt. 25 suggerisce di prendersi cura del dolore del mondo, appello e condizione unica per restare umani.

Grazie all’associazione Midrash dei frati Cappuccini di Torino, la mostra sarà accompagnata da due eventi: il 4 e il 19 dicembre, alle ore 16, musica, reading e danza aiuteranno il visitatore ad “entrare” nelle immagini, nelle vite raccontate attraverso le mani di Ungarelli.

La partecipazione è gratuita. In ottemperanza alle disposizioni governative vigenti (DPCM del 23 luglio 2021), è obbligatorio che i visitatori esibiscano il Green Pass corredato da un valido documento di identità per accedere al Museo.

La mostra verrà inaugurata giovedì 2 dicembre dalle ore 16.00 – 17.00 presso la Sala Accoglienza del Museo.

Gli operatori dei media possono registrarsi inviando una email a media@buonastampa.net oppure chiamando il 392.9533907.

LA MOSTRA

Titolo tratto dal celebre capitolo 25 del Vangelo di Matteo, famoso per la forza disturbante delle sue parole, capaci di mettere a nudo i limiti e le contraddizioni della miseria umana. Il supporto utilizzato su cui è stesa la pittura è lo stesso, umili pannelli di legno, assemblati con scarti di falegnameria:“pannelli che generano bellezza imperfetta a causa della superficie ferita, unici e irripetibili per le loro cicatrici, perfetta incarnazione metaforica di cos’è realmente la vita, di cos’è l’uomo e l’intera umanità”.

In Mt. 25 c’è più colore. Si è utilizzato come fondo base l’acrilico per irrobustire i pastelli e i carboncini. I colori prevalenti sono caldi e in tutti gli sfondi c’è la presenza del rosso che rappresenta il colore degli estremi come l’amore, la violenza, il pericolo, la vita, il sangue, il fuoco, la passione, la regalità, la guerra e molto altro. Inoltre in questo lavoro il rosso è stato posto come simbolo della Passione di Cristo, del sangue dei martiri, delle lingue di fuoco dello Spirito Santo nella Pentecoste, e per ultimo, come colore dell’inferno.

Paradiso o Inferno, salvezza o dannazione, vita o morte? Domande che obbligano una scelta: “si sceglie sempre se restare umani”.

Altro obiettivo del progetto come in “In fuga da Nazareth’ è l’aiuto concreto. In collaborazione con l’Associazione Midrash dei frati Cappuccini verranno individuate alcune famiglie di profughi alle quali destinare la metà dei proventi raccolti attraverso la vendita delle opere originali e delle ristampe in scala delle stesse. Sul sito verrà pubblicato, a fine mostra, il resoconto della raccolta e donazione.

Sito ufficiale del Museo
Scarica la locandina

Una “palestra di accoglienza” nel cuore di Palermo: la nuova sfida di Don Domenico

Dal sito di informazione dell’ispettoria Sicula.

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Santa Chiara è una delle 22 missioni dei Salesiani in Sicilia e si trova nel quartiere Albergheria di Palermo.
Apre i battenti ben 102 anni fa e fin da subito ha avuto una vocazione particolare all’accoglienza dei poveri, dei senzacasa, sfrattati.

Nel 1986 arriva Don Baldassare Meli e con lui nuove sfide e lotte come quella contro la pedofilia in quartiere. Fu lui ad esempio a denunciare un giro che coinvolgeva ben 52 bambini, da cui scaturirono numerose condanne e arresti.
Ma con lui a Ballarò arrivano anche i primi flussi migratori e da quel momento Santa Chiara ha aperto le porte, diventando la “casa di tutti”, simbolo di accoglienza a 360 gradi.

L’attuale direttore del centro è Don Domenico Luvarà, che dopo un anno di affiancamento a Don Enzo Volpe (suo predecessore), ha preso il testimone nel mese di agosto 2021.
«Avevo fatto a Santa Chiara due anni di tirocinio, dal 2003 al 2005, una parte della formazione dei dieci anni previsti dal nostro ordine – racconta Don Domenico – quando sono arrivato l’anno scorso ho trovato una situazione molto diversa rispetto ai primi anni Duemila, periodo in cui arrivai a Ballarò».

«Quando facevo il tirocinio a Santa Chiara – continua – dormivano qui più di ottanta immigrati, ricordo che c’era sempre un’emergenza, spesso litigavano tra loro, la situazione era più tesa, più affaticata, la casa sempre in disordine.

Al mio arrivo l’anno scorso invece ho trovato più quiete e serenità, sarà anche per la pandemia mondiale che viviamo, ma già da tempo Santa Chiara non deve sostituirsi più alle istituzioni per accogliere chi arriva dal mare. Ai tempi di Don Meli, invece, i migranti dormivano a piazza Santa Chiara e lui non poteva sopportarlo».

Don Domenico ha sempre definito Santa Chiara una frontiera dove si lavora in prima linea.

«In quegli anni in cui Santa Chiara funzionava come centro d’accoglienza – continua – c’era tanta confusione, ma Don Meli aveva intercettato un bisogno e un vulnus istituzionale che solo anni dopo si sarebbe regolamentato. Adesso non c’è più quella emergenza, ma Santa Chiara rimane sempre aperta a tutte le comunità che coabitano a Ballarò».

Proprio in questi giorni la comunità nigeriana aspetta un ambasciatore e si riunisce ogni giorno dentro gli spazi di Santa Chiara, «ma la settimana scorsa ci sono stati i ghanesi – aggiunge Don Domenico – e i tamil qui sono di casa. Ogni giorno è una bella palestra di accoglienza per noi, ci aiuta e ci forma.

La vita a Santa Chiara è scandita dalla vita della comunità che ci circonda».

Il nuovo parroco si è formato e ha sempre lavorato nella pastorale giovanile e proprio su quella vuole puntare perché per lui la sfida più grande in questo momento è quella educativa. Gli iscritti in oratorio e alle attività pomeridiane sono 180 tra bambini e adolescenti del quartiere.

«Spesso i genitori – aggiunge Don Domenico – si infastidiscono se li chiamiamo per qualcosa, e invece mi piacerebbe coinvolgerli di più nel percorso dei loro figli.

I pilastri che ci ha lasciato Don Bosco sono quelli educativi ed è quello su cui voglio lavorare, e per farlo al meglio voglio le famiglie al mio fianco, spero di averli sempre di più, abbiamo già attivato tanti percorsi per le mamme, a poco a poco spero di arrivare ad una vera e propria collaborazione con le famiglie e anche con le scuole».

«Noi siamo una congregazione educativa – aggiunge il parroco -. Don Bosco diceva “L’educazione è cosa di cuore, se metti amore i passi in avanti li vedrai”, e io spero di riuscire a far nascere queste nuove sinergie».

Quando gli chiediamo come vede Santa Chiara tra dieci anni, Don Domenico ci dice: «Noi Salesiani viviamo una crisi vocazionale, il personale è la prima risorsa per portare avanti le missioni che in Sicilia sono ben dodici.

Tra dieci anni magari alcune missioni non ci saranno più, ma sono certo che Santa Chiara continuerà ancora per tantissimo tempo la sua azione carismatica sul territorio, puntando sempre sull’accoglienza e l’educazione, due pilastri fondamentali che l’hanno resa un punto di riferimento per tutta la città».

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Apertura dell’Anno Accademico al San Tommaso

Riportiamo l’articolo dell’inaugurazione dell’istituto teologico San Tommaso di Messina.

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“Una comunione di soggetti in relazione, ciascuno con il proprio compito, nella quale si esercitano in unità dinamica sinodalità, collegialità e primato: è questo il cammino al quale è chiamata la Chiesa del Terzo millennio; una Chiesa in stato di missione, esistente a partire dalle chiese particolari e caratterizzata da una circolazione tra il popolo di Dio e i suoi pastori”. Ad affermarlo don Dario Vitali, ordinario di Teologia dogmatica all’Università Pontificia Gregoriana e consultore della segreteria generale del Sinodo dei Vescovi, nella prolusione tenuta venerdì 12 novembre in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Istituto Teologico San Tommaso.

Il docente nel suo intervento ha spiegato le ragioni del Sinodo dei Vescovi avviato il 10 ottobre scorso, che per la prima volta non si caratterizza come “evento”, ma come “processo” decisivo per la vita e la missione della Chiesa, “sinodale per sua stessa natura”. Un’innovazione voluta e introdotta da Papa Francesco, dopo secoli in cui l’istituzione ecclesiale era stata concepita come una piramide regolata dal principio di autorità che solo a partire dal Concilio Vaticano II, dopo aver recuperato la dimensione di “partecipazione del popolo di Dio alla funzione profetica, sacerdotale, regale di Cristo”, inizia a intravedere la sinodalità. Dopo oltre mille anni, recuperare questa dimensione – ha spiegato don Vitali – “non vuol dire sviluppare un nuovo modello di Chiesa, i cui elementi costitutivi non cambiano, quanto piuttosto educarci tutti a uno stile sinodale, camminando insieme come indica la stessa etimologia della parola”.

La cerimonia inaugurale, che si è svolta nell’aula magna “Calogero Conti”, è stata introdotta dal direttore dell’Istituto teologico S. Tommaso e della Scuola di specializzazione in bioetica e sessuologia don Giovanni Russo (membro della commissione teologica diocesana del Sinodo), che ha sottolineato la volontà della comunità accademica e religiosa – sempre più radicata nel territorio e in dialogo con le istituzioni e il laicato – di  essere “aperta, missionaria, libera e disinteressata, capace di dialogare senza paura anche con chi ha idee diverse e di guardare negli occhi i giovani delusi”. Ascolto, confronto e dialogo: sul coinvolgimento delle facoltà teologiche nel percorso sinodale, si è soffermato l’ispettore dei salesiani di Sicilia e Tunisia don Giovanni D’Andrea – particolarmente commosso per la ripresa in presenza della cerimonia dopo lo stop dello scorso anno – che in apertura ha rivolto l’indirizzo di saluto alle autorità accademiche (religiose e laiche). Anche l’arcivescovo Giovanni Accolla nel suo intervento ha ribadito l’obiettivo della chiesa messinese di “uscire da ogni forma di clericalismo che aveva indotto a circoscrivere a pochi la forza evangelizzatrice”, auspicando che i luoghi di cultura diventino “spazi di bellezza, quale segno efficace del rapporto di comunione con il Signore”. Al termine della prolusione, impreziosita dagli interventi musicali del coro dell’Istituto, sono state consegnate le borse di studio offerte dai benefattori del progetto “Seme per seme” e dalla Caritas diocesana agli studenti Davide Pintabona, Nuccio Patti, Rosario De Luca, Rocco Tasca e John Bogo.

Sono stati 120 gli studenti iscritti ai corsi di studi nell’anno accademico 2020/21, 26 dei quali hanno conseguito il baccalaureato in Teologia e 8 in Sacra teologia con specializzazione in catechetica; 43 i corsisti che hanno partecipato alla 24ma edizione della Scuola di specializzazione in bioetica e sessuologia, 11 dei quali hanno conseguito la specializzazione. Tra le iniziative, oltre al tradizionale simposio di studi catechetici sul tema “La ministerialità profetica della donna per l’evangelizzazione e la catechesi dopo il Motu Proprio Spiritus Domini di Papa Francesco” e il seminario sul “Nuovo Direttorio per la Catechesi e la Nuova Evangelizzazione”, diversi i webinar su tematiche di grande attualità fra le quali pedofilia, revenge porn e aspetti bioetici dei vaccini. “la pandemia non ha fermato il nostro impegno propositivo”, ha dichiarato don Giovanni Russo al termine del breve bilancio tracciato nel corso dell’inaugurazione del nuovo anno accademico, caratterizzato dalla ripresa in presenza delle attività didattiche e culturali.

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MGS Sicilia, approfondimento proposta pastorale 2021-2022: Capitolo II. La semina

Dal sito dell’ispettoria della Sicilia.

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E si, ci siamo! E’ arrivato il periodo della semina anche in Oratorio.

Dopo la necessaria preparazione del terreno, con l’aratura del campo e il tracciamento dei solchi, è giunto il tempo di deporre i semi e di attendere – “mossi dalla speranza” e con la proverbiale pazienza del contadino – che essi crescano e portino frutto, molto frutto.

Ed è proprio questo il processo che i membri dei Consigli di tutti i Gruppi e Associazioni dell’Oratorio hanno avviato lo scorso mercoledì, 17 novembre, nel corso di un arricchente incontro con il nostro concittadino, don Arnaldo Riggi, invitato a presentare la seconda parte della “PropostaPastorale 2021/2022” che riguarda proprio la “semina”, perché cerca di gettare le basi per poter poi camminare nel migliore dei modi.

Partendo da una rilettura del “sogno dei nove anni” – pagina “sacra” della nostra tradizione spirituale che tocca gli affetti, muove all’azione e genera identità -, don Arnaldo ha presentato l’hashtag che ci guiderà durante questo anno pastorale – #MakeTheDream – e che ci ricorda che il sogno della missione salesiana va costruito, non si può  improvvisare.

Saremo accompagnati, in questo percorso, non solo dalle parole di Maria  “Renditi umile, forte e  robusto” che  invitano Giovannino Bosco a lavorare sul suo carattere, ad assumere  una personalità tanto tenera quanto solida, ma anche da un maestro di vita  cristiana e di spiritualità giovanile, quale è San Francesco di Sales.

A questa premessa ha fatto seguito la consegna alla Comunità Educativa Pastorale di dieci “semi” da coltivare nella nostra specifica realtà sancataldese:

  1. Conversione disponibilità al cambiamento
  2. Riflessione discernere per distanziarsi dall’immediato e andare in profondità
  3. Relazione personale con Cristo Entrare in intimità con Gesù
  4. Dolcezza Essere “simpatici” … farsi voler bene
  5. Obbedienza Ascolto dell’altro. Essere obbedienti ai nostri padroni: i giovani
  6. Studio Discepoli perché disciplinati. Cura della formazione personale e comunitaria
  7. Guardarsi attorno Coltivare e allenare lo sguardo salesiano della realtà circostante
  8. Consapevolezza di sé Umili: fragili, bisognosi di Dio e degli altri. Forti: animo capace di resistere ai fallimenti. Robusti: uomini maturi nella fede e nella vita per non fuggire dal sacrificio della missione
  9. Concretezza Sguardo rivolto al cielo ma piedi ben saldati a terra! Giungere a scelte concrete senza restare troppo in aria.
  10. Ottimismo Testimonare la speranza e credere nei sogni

Un vero e proprio “decalogo” per i figli di un grande “sognatore”, un percorso  che richiede l’indispensabile passaggio dall’interpretazione alle scelte, affinché i semi producano frutto.

E se il “decalogo” può sembrare impegnativo, ancor di più lo è la premessa: saremo efficaci solo nella misura in cui saremo capaci di sognare “insieme”, capaci di vivere – insieme alla Chiesa tutta – il nostro percorso “sinodale”, perché – come ci ricorda spesso il nostro Ispettore – “da soli si va’ veloci, insieme si va’ lontano”.

A lavoro, dunque, nella certezza che, con l’impegno di tutti e di ciascuno, il raccolto sarà abbondante!

Luciano Arcarese

Online il nuovo sito dell’opera salesiana della Crocetta

In occasione del Convegno organizzato per celebrare il Centenario della nascita del Venerabile don Quadro, l’Istituto Internazionale Don Bosco di Torino-Crocetta ha deciso di rinnovare la propria immagine mediale, inaugurando una nuova presenza ufficiale sui principali social, tramite una pagina ufficiale in facebook (Salesiani Crocetta | Facebook) e un profilo instagram (Salesiani Crocetta @crocetta.sdb) e presentandosi con un rinnovato sito web all’indirizzo www.salesianicrocetta.it.

Strutturato secondo il nuovo identity brand, comune alle pagine web della maggioranza delle Case Salesiane italiane, il nuovo sito intende rendere visibile le particolarità della “Crocetta”, guardando sia all’interno, cioè alla Congregazione Salesiana, sia all’esterno, cioè verso tutti coloro che possono essere interessati a conoscere meglio il mondo salesiano nella città di Torino.

L’essere presente nella città di Don Bosco e la forte internazionalità specificano, infatti, i tratti peculiari della Comunità Salesiana, la cui prima missione è lo Studentato Teologico (Sezione torinese della Facoltà di Teologia dell’UPS), dedicato alla preparazione al sacerdozio dei giovani salesiani in formazione. Seconda, ma non meno importante, è l’apertura al territorio, grazie alla presenza del Collegio Universitario, dell’Oratorio (a cui fanno capo anche gli scout e diverse realtà sportive) e della relativa Chiesa, oltre che all’apertura dei corsi di Teologia anche a laici e studenti esterni.

Salesianicrocetta.it, inoltre, tracciando la storia dell’Istituto Internazionale Don Bosco, non dimentica che esso è punto di convergenza di diversi gruppi della Famiglia Salesiana, ricchezza che si aggiunge a quella di illustri confratelli che lì hanno potuto vivere gli anni della formazione e, ancora di più, a quella dei volti di quei confratelli che hanno trovato alla “Crocetta” un luogo in cui far brillare tratti della santità salesiana.

Vi invitiamo dunque a visitare il rinnovato sito web www.salesianicrocetta.it e ad aggiungervi al già corposo gruppo dei follower di Salesiani Crocetta | Facebook e Salesiani Crocetta (@crocetta.sdb).

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Open days al Centro Salesiano “Don Bosco” di Treviglio

Da Bergamo News, la notizia sugli open day al centro “Don Bosco” di Treviglio.

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Il Centro Salesiano “Don Bosco” di Treviglio è un Polo Educativo in cui la presenza di diversi settori scolastici, interconnessi nella modalità di Campus, offre alle famiglie l’opportunità di scegliere un servizio che copra l’intero cammino didattico-formativo dei propri figli, una risposta alle sempre nuove esigenze educative, al passo coi tempi dal 1892.

In particolare l’educazione salesiana non pensa ai giovani solo come destinatari di interventi didattici: essi sono invece i protagonisti attivi del loro percorso di formazione attraverso numerose attività, nella convinzione che la scuola non può chiudere i propri orizzonti entro il solo orario scolastico ed entro la fisicità di un istituto.

Tali attività impegnano i ragazzi a vari livelli e vengono proposte agli studenti in modo rispettoso della libertà e del cammino di maturazione di ciascuno. Per conoscere le nostre attività e la nostra offerta formativa, prendere visione dei curricoli e dei vari ambienti, vi aspettiamo ai prossimi Open Day, in agenda per sabato 27 novembre e sabato 4 dicembre. Si tratta di un’opportunità in più per conoscere la nostra Scuola: maggiori informazioni al link https://openday.salesianitreviglio.it/open-day/

Ulteriori informazioni sullo stile che caratterizza il modo di fare scuola nella Casa di Don Bosco di Treviglio e sulle scelte comuni ai vari settori scolastici, della Scuola Primaria, della Scuola Secondaria di Primo e Secondo Grado, dell’Istruzione e Formazione Professionale, nella brochure consultabile on line al link https://openday.salesianitreviglio.it/brochure/

Ed ora lasciamo la parola a Matteo, che presenta una delle tante attività proposte dalla Scuola quest’estate.

Le comodità della vita di tutti i giorni, delle quali sentiamo ogni giorno di più un disperato bisogno, e la nostra tendenza a tornare, non appena possibile, ad una situazione di agio e benessere ci inducono a provare un sentimento di rifiuto, o quantomeno di vago disappunto, ogni qual volta ci sentiamo privati della nostra “comfort zone”.

Perché mai, dunque, un adolescente dovrebbe abbandonare la propria vita quotidiana per passare una settimana in un rifugio della Val Formazza a 2.500 m?

Questa stessa domanda se la sono posta anche coloro che, come me, l’estate scorsa hanno preso parte a quest’iniziativa. Probabilmente, per molti di noi la risposta a questo quesito non è stata immediata, ma abbiamo dovuto aspettare di vivere quest’esperienza in prima persona per poterla cogliere. Infatti, benché ciascuno di noi abbia rimpianto, di tanto in tanto, l’uso dello smartphone o la confortevolezza della propria camera, sono certo che tutti, col passare dei giorni, si sono sentiti a casa, pur non essendovi fisicamente. Inoltre, azioni come accendere la stufa, unico mezzo di riscaldamento a nostra disposizione, preparare il pasto e, dopo averlo consumato, lavare i piatti e spalare la neve nei pressi del rifugio sono state fondamentali per farci entrare nel clima di condivisione e aiuto reciproco che ha reso speciale la settimana. In altre parole, ciò che più mi ha colpito è stata la facilità con cui ciascuno ha saputo mettere a tacere il proprio egoismo e dare la precedenza al bene collettivo.

Sono certo che ciascuno di noi, in quei giorni, ha riscoperto il valore dell’umiltà, nel vero senso etimologico del termine: essa è l’attaccamento alla terra (humus), a ciò che di più indispensabile permea la nostra esistenza e sul quale, solo in un secondo momento, l’uomo ha edificato costruzioni accessorie che a confronto appaiono deboli ed illusorie. In quei giorni abbiamo avuto la fortuna di sperimentare il culto (cultum, cioè coltivazione, ma anche venerazione) della terra (humus), l’atto di amore più antico e sincero nella storia dell’umanità. In altri termini, abbiamo messo da parte la nostra arroganza (ad rogare, cioè chiedere insistentemente [per sé]) per metterci a disposizione degli altri, acquisendo una consapevolezza nuova, quella del valore dell’umiltà appunto. Solo divenuti padroni dei valori di umiltà e generosità sapremo migliorare la vita altrui e al contempo arricchire la nostra.

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“Chiamati a riBellarsi”: l’iniziativa dell’associazione LaViarte per approfondire la Laudato Sì

Pubblichiamo l’iniziativa della Comunità Laudato sii (Salesiani di Santa Maria La Longa, Udine) su un ciclo di incontri che prendendo spunto dalla Laudato sii, propone pratiche per la gestione del bene comune.
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Sempre più nella nostra quotidianità e dalle notizie che ascoltiamo ci rendiamo conto di quanto una riflessione sui temi dell’ecologia integrale e della sostenibilità sia di fondamentale importanza per garantire un presente migliore e un futuro possibile al pianeta e a chi vive su di esso.
Il ciclo di incontri che vogliamo presentarvi prende spunto dall’Enciclica “Laudato Si” di Papa Francesco, esplorando applicazioni praticabili e ragionevoli negli ambiti della GESTIONE DEL BENE COMUNE, ALIMENTAZIONE, EDUCAZIONE e SALUTE, cercando di proporre un approccio integrale e integrato a queste tematiche, assumendo una prospettiva sociale che si fonda sul riconoscimento della dignità umana e dei suoi diritti fondamentali con una opzione preferenziale per i più poveri.
L’invito è rivolto a TUTTI, in quanto occasioni di incontro tra realtà diverse e conoscenza reciproca, dialogo e collaborazione, affinché si generi una rete di conoscenze ed esperienze, nel perseguimento e rigenerazione del Bene Comune e nell’interesse primario della tutela dell’essere umano.
Vi aspettiamo numerosi!
Per iscrizioni: https://forms.gle/U5uVPXLgwJ7xXNQ39

“Hai redento il mondo”: mostra di diorami nella Chiesa del Redentore Bari dal 14 al 28 novembre

Pubblichiamo il comunicato stampa della Casa di Bari Redentore.

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In Occasione della Festa di Cristo Redentore, che coincide con la domenica in cui celebriamo la  regalità universale di Gesù, la Chiesa omonima nel quartiere Libertà realizza un’esposizione di diorami. 

Un “diorama” è la plastica ambientazione in scala ridotta che ricrea scene di vario genere. I più  antichi diorami sono probabilmente quelli realizzati nella prima metà dell’Ottocento. Fra gli utilizzi più  diffusi dei diorami vi sono quelli che rappresentano scene della vita di Gesù. Quello più consueto è la  raffigurazione della nascita del Redentore. Da alcuni anni in Italia si è diffuso anche il “Presepe Pasquale” con la ricostruzione plastica di scene tratte dalla Passione di Cristo che sempre più coinvolge artisti e  appassionati del presepe. 

L’iniziativa desidera ancora una volta raccontare la storia di Gesù in maniera creativa e semplice  mettendo in risalto il grande valore della inventività e della manualità di cui i diorami sono una artistica  espressione.  

La mostra è stata possibile grazie alla disponibilità dei membri dell’Associazione Amici del Presepio  della sede di Candela-Sant’Agata di Puglia (FG) guidati dall’ottimo presidente Savino Freda che hanno  realizzato i diorami. 

La mostra si potrà visitare nella Chiesa del Redentore dal 14 al 28 novembre dalle 9 alle 12 e dalle  17 alle 20. Per informazioni: 3276341421

Confartigianato Udine regala cinquanta tute da lavoro al Bearzi

Confartigianato-Imprese Udine rinsalda simbolicamente il legame con il mondo della formazione regalando agli studenti del Centro professionale del Bearzi 50 tute da lavoro. Destinatari dell’omaggio, che è stato consegnato nel corso di una cerimonia a scuola, sono gli studenti del corso di meccanica industriale.

“E’ un modo per ringraziare il Bearzi per prezioso lavoro che la scuola sta facendo a supporto dell’artigianato – ha detto nel consegnare le tute il presidente di Confartigianato-Imprese Udine, Graziano Tilatti -. Questa realtà è tra le eccellenze della formazione professionale in regione e siamo felici di poter collaborare per il bene dei nostri giovani e delle nostre aziende”. Realtà come il Bearzi si stanno più che mai oggi rivelando fondamentali nel mismatch tra domanda e offerta di lavoro, nell’offrire al mercato profili professionali che sono sempre più difficili da trovare. Tilatti ha quindi ringraziato anche i ragazzi, “per la scelta che hanno fatto e per l’investimento che le famiglie fanno sul loro futuro. Gli artigiani e le imprese del territorio hanno bisogno di collaboratori formati e specializzati”. Profili che da sempre il Bearzi contribuisce a formare. Da quest’anno anche con un percorso in più, quello per conseguire il diploma di tecnico della saldatura, figura tra le più ricercate dalle aziende in questo momento.

Il mondo della formazione – ha detto dal canto suo il direttore del Bearzi, don Lorenzo Teston, ringraziando Confartigianato per l’iniziativa – è al servizio del territorio per il bene dei giovani e siamo ben contenti di lavorare insieme con altre agenzie del territorio che condividono con noi da tempo gli stessi obiettivi”. Alla cerimonia, che segue quella recente al Civiform di Cividale, hanno preso parte oltre a Tilatti e al direttore dell’Istituto, don. Lorenzo Teston, anche il coordinatore del coordinatore del CNOS-FAP Bearzi, Giulio Armano, il coordinatore del settore meccanico, Guerrino Castellani, e alcuni allievi in rappresentanza delle classi terze.