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Ansa – Artime (Salesiani), lavoriamo per una pace giusta in Ucraina

Dall’agenzia ANSA.

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(ANSA) – CITTA DEL VATICANO, 30 MAG – “Sono pienamente d’accordo con il Santo Padre e credo che lui ci offre su questo tanta luce e tanta fortezza”: lo ha detto il Rettor Maggiore dei Salesiani, don Angel Fernandez Artime, parlando della missione di pace tra Ucraina e Russia voluta dal Papa.

“Penso che anche quando i movimenti politici e le nazioni vanno per una strada, noi dobbiamo continuare ad offrire questi elementi di speranza, di cercare l’incontro e il dialogo quando è possibile”, ha aggiunto il decimo successore di Don Bosco.

Il salesiano parla anche della giustizia: “Credo che dobbiamo fare un cammino di dialogo e, se possibile, come il Santo Padre cerca, un cammino per la pace nella giustizia”. Fernandez Artime ha parlato del conflitto in Ucraina a margine della presentazione del libro “Il carisma della presenza e della speranza”, a cura di don Giuseppe Costa, che ripercorre i viaggi del Rettor Maggiore negli ultimi quindici mesi. “Sono stato in Ucraina e in Russia prima della guerra, ora è difficile una visita, continuiamo ad accompagnarli diversamente”. “Questa realtà della guerra è un grande dolore, per me è incredibile che oggi stiamo di nuovo vivendo una guerra”.
I Salesiani sono in Russia con alcune presenze: “Lavoriamo in mezzo a quella gente con i ragazzi e le famiglie e la guerra non è l’espressione di quelle famiglie. In Ucraina abbiamo una presenza molto forte. Sedici opere salesiane tra l’Ucraina greco-cattolica e quella latina: accogliamo le famiglie e già prima della guerra avevamo una casa per orfani e ragazzi abbandonati, parrecchie scuole e spazi per i giovani. Ci sono anche i salesiani che quotidianamente vanno sulla linea del conflitto per portare gli aiuti. La nostra idea è continuare ad aiutare l’Ucraina salesianamente”.
“Le case salesiane hanno accolto i profughi ucraini scappati dalla guerra nei loro centri in Polonia, Slovacchia, in Italia e anche nella stessa Valdocco”, il cuore dei luoghi di don Bosco.
“E’ stata una grande emozione ricevere, un anno fa, nella casa di Don Bosco, le prime 84 persone che erano venute lì per poter vivere. La maggior parte di loro sono tornati in Ucraina”. (ANSA).

Salesiani Cooperatori, iniziato il triennio di preparazione al 150mo anniversario dell’Associazione

Il 9 maggio 2023 è iniziato il cammino che porterà l’associazione dei Salesiani Cooperatori al 9 maggio 2026, quando ricorrerà il 150mo anniversario del riconoscimento da parte della Santa Sede dell’Associazione come associazione pubblica di fedeli.

“Vi voglio incoraggiare per il triennio che porterà alla celebrazione dei 150 anni – dice il Rettor Maggiore -, che sarà un tempo per ricordare il cammino bellissimo fatto partendo da un sogno vero che Don Bosco ha sempre avuto nel cuore, per esprimere una realtà presente che ha tanta luce e delle belle cose. Allo stesso tempo, sarà un tempo per pensare a come i salesiani cooperatori del mondo oggi devono per fedeltà al Signore Gesù e sulle orme di Don Bosco rispondere a un mondo che certamente è molto diverso dal quello delle origini. Dio vi benedica, l’Ausiliatrice protegge senza dubbio i salesiani cooperatori del mondo”.

“Cominciamo oggi questo cammino di tre anni che ci porterà al 2026, un cammino lungo che ha segnato tante trasformazioni dell’associazione perché Don Bosco ci ha voluto come salesiani esterni e come tali viviamo nel mondo e in 150 anni le società sono cambiate. Il nostro compito è vivere il presente, guardando al futuro ma soprattutto ricordando le origini. Questo è il cammino che faremo in questi tre anni, tutti i salesiani cooperatori saranno protagonisti”, aggiunge il coordinatore mondiale Antonio Boccia.

 

Novena mondiale a Maria Ausiliatrice del Rettor Maggiore ispirata alla Strenna 2023

In occasione della Festa di Maria Ausiliatrice 2023 saranno resi disponibili i video e i libretti di accompagnamento della Novena mondiale a Maria Ausiliatrice (15-23 maggio) promossa dalla Sede Centrale Salesiana e di rilievo per tutti i membri della Famiglia Salesiana che intendono prepararsi adeguatamente per questa ricorrenza.

La proposta spirituale per la novena di quest’anno, affidata dal Rettor Maggiore al gruppo degli ExAllievi/e di don Bosco e realizzata da IME Comunicazione srl, è ispirata al al tema della Strenna 2023, «COME LIEVITO NELLA FAMIGLIA UMANA D’OGGI». Si concentrerà sull’umanità di Maria, che illumina la  dimensione laicale della Famiglia Salesiana.

Ci lasceremo condurre dalle stimolanti riflessioni di don Tonino Bello, compianto e coraggioso vescovo di Molfetta. In Maria don Tonino ha trovato una umanità vera, schietta, completa e compiuta; un’umanità che vive e comprende la nostra; ancora di più, un’umanità che è madre della nostra, nel cammino di vivere l’amore del Signore nel servizio degli ultimi e dei piccoli, di chi soffre e di chi è nel bisogno.

Ogni video vedrà alternarsi diversi momenti: una riflessione del Rettor Maggiore, una storia, scritta da Bruno Ferrero, a cui seguirà la testimonianza di un ex allievo/e degli SDB o FMA. A conclusione di ogni video, la preghiera finale di invocazione a Maria.

I video saranno accessibili in italiano, inglese, spagnolo, francese e portoghese nei diversi canali linguistici di ANSChannel e su TELEGRAM SDB.ORG. Ogni video sarà reso visibile con un giorno d’anticipo – quindi i primi video saranno pubblici il 14 maggio.

I libretti, elaborati in italiano, inglese, spagnolo, francese e portoghese saranno scaricabili liberamente sul sito istituzionale della Congregazione: www.sdb.org e pubblicati con le medesime modalità utilizzate per i video.

Scarica il libretto

 

Italia – La vicinanza e l’affetto del Rettor Maggiore verso le popolazioni di Turchia e Siria colpite dal terremoto

Dall’agenzia salesiana ANS.

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(ANS – Torino) – Esprime tutto il suo dolore e la sua vicinanza, Don Ángel Fernández Artime, il Rettor Maggiore dei Salesiani, dopo i terribili sismi che hanno scosso Turchia e Siria e causato decine di migliaia di vittime e di feriti. “Siamo davvero sofferenti… grande è il dolore” dice il X Successore di Don Bosco da Valdocco.

Ecco di seguito il messaggio condiviso dal Rettor Maggiore:

Qui da Valdocco, voglio rivolgere un saluto molto sentito, cominciando dai miei confratelli salesiani ad Istanbul e in tutta la Siria, a Damasco e particolarmente ad Aleppo.

Siamo davvero sofferenti, come tantissime persone di buona volontà, perché la natura, ancora una volta si è mostrata con tutta la sua forza, e grande è il dolore, con tantissimi morti… Con questo voglio dire che siamo con tutti voi, cittadini della Turchia e della Siria, con tutti voi carissimi che siete vicini alle presenze salesiani della Turchia, ad Istanbul, e della Siria, a tutti voi miei cari confratelli salesiani e Famiglia Salesiana di queste parti del mondo.

Vogliamo esprimere la nostra solidarietà con il sentimento, con la parola, con la preghiera, con la fede nel Signore che accompagna anche il momento di dolore provocato dalla natura, e allo stesso tempo, vogliamo continuare a dirvi che vogliamo essere solidali con voi in tutti i sensi: siamo con voi e vogliamo essere un po’ di aiuto per gli altri, come fanno migliaia e migliaia di persone. Perché anche in questo dolore c’è una grande solidarietà.

A presto, ciao!”.

Il video-messaggio è visibile nelle versioni originali in italiano e spagnolo su ANSChannel.

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Il Rettor Maggiore, così come fece Don Bosco, visita il carcere minorile – Avvenire

Il giornale “Avvenire” ha riportato una notizia, a cura di Marina Lomunno, sulla storica visita del Rettor Maggiore ai ragazzi dell’Istituto penitenziario minorile (Ipm) “Ferrante Aporti” di corso Unione Sovietica a Torino, lo scorso mercoledì 1 febbraio. Di seguito l’articolo.

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Al riformatorio “La Generala”, oggi l’istituto penale minorile (Ipm) “Ferrante Aporti”, don Giovanni Bosco inventò il suo sistema preventivo e gli oratori visitando, su invito del suo padre spirituale don Giuseppe Cafasso, i ragazzi «discoli e pericolanti» della Torino dell’Ottocento.

«Se questi giovanetti avessero fuori un amico che si prendesse cura di loro chissà che non possano tenersi lontani dalla rovina o almeno diminuire il numero di coloro che ritornano in carcere?»

scriveva nel 1855 nelle sue «Memorie dell’oratorio». Parole che possono essere prese a prestito per raccontare i 34 giovani «pericolanti» detenuti oggi al “Ferrante Aporti”, per la maggior parte stranieri, alcuni figli di immigrati di seconda generazione, altri non accompagnati. Come ai tempi di don Bosco, le presenze nel carcere sono lo specchio del disagio giovanile. Ma come nell’Ottocento la soluzione all’emarginazione e alla recidiva anche oggi sono le opportunità di reinserimento nella società “sana” dopo aver scontato la pena. Ed ecco perché non c’è luogo più significativo del carcere minorile torinese per capire l’attualità della mission di don Bosco: «Mi basta che siate giovani perché io vi ami assai».

Lo sa bene il rettor maggiore dei salesiani, don Ángel Fernàdez Ártime, che nella mattinata di mercoledì 1 febbraio, ha voluto concludere le celebrazioni della festa del santo proprio al “Ferrante Aporti”. Una visita storica perché mai, dopo don Bosco, era entrato nell’Ipm torinese un suo successore (don Ángel è il 10°), anche se il carisma salesiano tra queste mura non è mai venuto meno: una targa ricorda le sue visite alla «Generala» e qui è tradizione che i cappellani siano salesiani perché il “Ferrante” per i figli di don Bosco è un «oratorio dietro le sbarre». Tra i cappellani storici, è stato ricordato dal rettor maggiore don Domenico Ricca, andato in pensione lo scorso anno dopo oltre 40 anni di servizio, che ha riaperto la cappella del “Ferrante” a cui alcuni benefattori hanno donato le statue di don Bosco e di Maria Ausiliatrice. A don Ricca è subentrato il confratello don Silvano Oni, che ha organizzato la visita del rettor maggiore in collaborazione con la vicedirettrice Gabriella Picco, i formatori, gli insegnanti e gli educatori.

«In questi giorni spediremo una lettera a papa Francesco – annuncia don Silvano – con le foto del presepe che a Natale abbiamo allestito con i ragazzi, la maggior parte musulmani: è una natività in cui i personaggi di cartone non hanno volto: sopra Gesù Bambino una luce illumina la notte e un soccorritore e un medico attendono un barcone carico di giovani migranti come alcuni dei nostri giovani che hanno lasciato la loro terra e qui sono soli e preda dell’illegalità. Il loro salvagente per ora siamo noi».

Don Ángel, salutando uno per uno i ragazzi, si è informato sulla loro storia e provenienza: «io sono rumeno», «io egiziano» «io di Tangeri». «Sono stato nei vostri bellissimi Paesi a visitare le nostre comunità e i nostri oratori. Conosco qualche parola delle vostre lingue: io sono spagnolo, sono nato in Galizia, figlio di un pescatore. Ho studiato teologia e filosofia ma so molto di più della pesca che mi ha insegnato mio papà». Così si è presentato il rettor maggiore ai ragazzi radunati nel salone della ricreazione, dopo una danza e una scenetta su don Bosco animate dai novizi salesiani che ogni venerdì, accompagnati dal loro maestro don Enrico Ponte, animano l’oratorio del “Ferrante”.

«È per questo che ho scelto di diventare salesiano, 43 anni fa – ha continuato don Ángel –. Volevo fare il medico ma poi ho capito che don Bosco mi chiamava a curare le anime dei più giovani perché non ci sono buoni e cattivi ma ragazzi e ragazze che hanno avuto di meno e, come diceva il nostro santo, “in ogni giovane, anche il più disgraziato, c’è un punto accessibile al bene e dovere primo dell’educatore è di cercare questo punto, questa corda sensibile del cuore e di trarne profitto”. Tutti possiamo sbagliare ma se credete in voi stessi, vi fidate dei vostri educatori uscirete di qui migliori. Il mio sogno è di incontrarvi tutti a Valdocco con i giovani che ho incontrato ieri alla festa del nostro santo».

Quando la visita è finita, i ragazzi commossi hanno chiesto a don Ángel: «Quando torni?».

-Marina Lomunno

Avvenire

Don Bosco torna nel carcere dei ragazzi – La Voce e il Tempo

Il giornale “La Voce e il Tempo” ha dedicato una notizia, a cura di Marina Lomunno, sulla storica visita del Rettor Maggiore ai ragazzi dell’Istituto penitenziario minorile (Ipm) di corso Unione Sovietica a Torino, lo scorso mercoledì 1 febbraio. Di seguito l’articolo.

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«Quando torni?». Ha gli occhi lucidi uno dei 34 ragazzi detenuti al «Ferrante Aporti» mentre saluta il Rettor Maggiore dei salesiani don Ángel Fernàndez Ártime, decimo successore di don Bosco, che nella mattinata di mercoledì 1 febbraio ha voluto concludere le celebrazioni del Santo dei giovani all’Istituto penitenziario minorile (Ipm) di corso Unione Sovietica. E non c’è luogo più significativo del «Ferrante» per capire il carisma di don Bosco che diceva: «mi basta che siate giovani perché io vi ami assai», come ha ricordato don Ángel salutando uno per uno i ragazzi e informandosi sulla loro storia e provenienza: «io sono rumeno», «io egiziano» «io di Tangeri»…

«Sono stato nei vostri bellissimi paesi a visitare le nostre comunità e i nostri giovani. Conosco qualche parola delle vostre lingue: io sono spagnolo, sono nato in Galizia, figlio di un pescatore… ho studiato teologia e filosofia ma so molto di più della pesca che mi ha insegnato mio papà».

Così si è presentato il Rettor Maggiore ai ragazzi radunati nel salone della ricreazione, dopo un «bans» e una scenetta su don Bosco guidato dai novizi salesiani di Colle don Bosco che ogni venerdì, accompagnati dal loro maestro, don Enrico Ponte, animano «il cortile dietro le sbarre», l’oratorio del Ferrante.

«È per questo che ho scelto di diventare salesiano, 43 anni fa» ha continuato don Ángel «volevo fare il medico, ma poi ho capito che don Bosco mi chiamava a curare le anime dei più giovani, perché non ci sono buoni e cattivi ragazzi e ragazze, ma giovani che hanno avuto di meno e, come diceva il nostro santo ‘in ogni giovane, anche il più disgraziato, c’è un punto accessibile al bene e dovere primo dell’educatore è di cercare questo punto, questa corda sensibile del cuore e di trarne profitto’. Ecco perché noi salesiani amiamo i giovani. Tutti possiamo sbagliare, ma se credete in voi stessi, vi fidate dei vostri educatori uscirete di qui migliori. Il mio sogno è di incontrarvi tutti a Valdocco con i giovani che ho salutato ieri nella festa del nostro Santo».

La visita di don Ángel è storica perché mai dopo don Bosco è entrato al «Ferrante» un suo successore: l’incontro con i ragazzi detenuti prima alle Carceri Senatorie di Torino nel 1841, poi alla «Generala» nel 1855 (così si chiamava l’Ipm, allora riformatorio per minorenni) fu la scintilla che spinse il santo torinese ad escogitare soluzioni «preventive» allo sbando in cui versavano migliaia di adolescenti delle periferie torinesi.

Fu durante le ripetute visite alla «Generala», invitato dal suo padre spirituale don Giuseppe Cafasso, che nacque appunto il «sistema preventivo», pilastro dell’impianto educativo che farà di don Bosco il «santo degli oratori».

Don Bosco intuì che se ci fosse una famiglia solida, una comunità accogliente e una scuola con adulti significativi non ci sarebbero le carceri. Ed è da quei pomeriggi trascorsi con i «giovanetti discoli e pericolanti» che il santo inventa l’oratorio. Addirittura, come ha ricordato il Rettor Maggiore, don Bosco chiese il permesso di portare con sé i ragazzi per una gita fuori porta: «il direttore della Generala acconsentì, ma se solo un giovane non fosse rientrato, in carcere ci sarebbe finito don Bosco. Ma tutti tornarono in cella».

Parole che colpiscono i ragazzi che ascoltano don Ángel senza fiatare, cosa non usuale qui, commentano alla fine dell’incontro gli educatori e gli agenti.

La presenza del carisma di don Bosco al «Ferrante» non è mai venuta meno: una targa nell’ala più antica dell’Istituto ricorda le sue visite alla «Generala» ed è tradizione che i cappellani siano salesiani. Tra i cappellani «storici» l’amato don Domenico Ricca, andato in pensione lo scorso anno dopo oltre 40 anni di servizio, che qui ha riaperto la cappella a cui alcuni dove alcuni benefattori hanno donato le statue di don Bosco e di Maria Ausiliatrice. Ha preso il suo testimone il confratello don Silvano Oni, che ha organizzato la visita del Rettor Maggiore con la collaborazione della vicedirettrice Gabriella Picco, dei formatori, degli insegnanti e degli educatori.

«In questi giorni spediremo una lettera a Papa Francesco» annuncia don Silvano «con le foto del presepe che a Natale abbiamo allestito con i ragazzi, la maggior parte non cristiani: per questo è una natività in cui i personaggi non hanno volto. Verso la capanna si avvicina in mare un barcone con tanti giovani migranti come alcuni dei nostri ragazzi che hanno lasciato la loro terra e qui sono soli e preda dell’illegalità. Il loro salvagente per ora siamo noi. E la richiesta al Rettor maggiore di tornare tra loro è il segno che don Bosco parla ancora al cuore dei  ragazzi più fragili di oggi».

-Marina Lomunno

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“Vita in noi”: il nuovo brano di don Palazzo per la Strenna 2023

Il salesiano don Maurizio Palazzo, maestro di cappella della Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino Valdocco, ha realizzato un brano musicale intitolato “Vita in noi”, ispirandosi al messaggio della Strenna 2023.

 

Dalla notizia ANS – Torino:

Dopo il successo del brano “Il Cuore parla al cuore” relativo alla Strenna 2022, il salesiano don Maurizio Palazzo, maestro di cappella della Basilica di Maria Ausiliatrice, ha realizzato un brano musicale in occasione delle Giornate di Spiritualità della Famiglia Salesiana tenutesi a Valdocco dal 12 al 15 gennaio. Il nuovo brano si ispira al messaggio della Strenna 2023, e s’intitola “Vita in noi”.

Differentemente dalla composizione precedente, di carattere meditativo e melodico, questa risulta più adatta a momenti di animazione, perché caratterizzata da un ritmo gioioso e da una versificazione breve, incisiva e d’impatto: in questo modo si vuole imprimere dinamismo alla musica ed al messaggio spirituale, inerente al “lievito” suscitato dallo Spirito, che si diffonde e porta vita.

Siamo Uniti – Nell’ Amore – seminati da Lui – Nell’Amore – Pasta Viva – Che fermenta – Regno che cresce fuori e dentro noi!”

Sono le parole scritte, non a caso, nel bridge e nella coda del testo del brano, che riprendono una delle espressioni più significative del documento stilato dal Rettor Maggiore.

Lo stile blues, peraltro, è un genere musicale “laico” nato in contesto afroamericano come reazione alle discriminazioni, ma anche “sacro”, perché garantiva l’esistenza di una forma autentica e spontanea di preghiera, non formalmente istituzionale, per le popolazioni di colore. È, dunque, un modo ulteriore per sottolineare la comunione di cammino e di intenti della fraternità umana, attraverso un genere musicale che ha molto presto varcato i confini del contesto iniziale, per diventare universalmente riconosciuto.

Oltre che di don Palazzo, (musica, testo, collaborazione per arrangiamento), il brano è debitore anche dell’impegno di diverse altre persone che hanno messo a frutto con generosità i loro talenti: si tratta di Paolo Guercio, (arrangiamento della base musicale, mixaggio conclusivo e rendering); Luca Ferrera (registrazione e mixaggio voci); di Francesca Incardona, solista, supportata dalle voci di Rossella Incardona, Francesca Rosa e Federico Cucinella (che ha pure curato la realizzazione del video di accompagnamento della performance). Con la presenza professionale di Alessio Boschiazzo, (batterista e concertista jazz) si è resa possibile l’esecuzione del brano live nella serata finale delle GSFS.

L’autore del brano desidera anche ringraziare, per aver reso possibile la realizzazione del progetto, il Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, il Delegato del Rettor Maggiore per il Segretariato per la Famiglia Salesiana, don Joan Lluís Playà, e il coordinatore delle GSFS 2023, don Alejandro Guevara, Animatore Spirituale Mondiale dell’Associazione di Maria Ausiliatrice (ADMA).

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Messaggio del Rettor Maggiore ai giovani nella Festa di Don Bosco

Si pubblica di seguito il messaggio del Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, ai giovani del Movimento Giovanile Salesiano in occasione della Festa di Don Bosco 2023.

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Torino-Valdocco, 31 gennaio 2023

I nostri giovani come lievito nella Famiglia umana di oggi

Messaggio del Rettor Maggiore ai giovani del Movimento Giovanile Salesiano

 

Carissimi giovani di tutto il mondo salesiano,

come Rettor Maggiore, a nome di Don Bosco e dell’intera Famiglia Salesiana, desidero inviarvi un saluto e una parola nel giorno della sua festa.

Desideriamo continuare a camminare insieme sulla strada della vita, come ci avete chiesto in occasione dei giorni della vostra presenza durante il XXVIII Capitolo Generale dei Salesiani. Lì ci avete detto:

«Vogliamo dirvelo forte, con tutto il cuore. Essere qui per noi è stato un sogno che si è fatto realtà: in questo luogo speciale che è Valdocco, dove è iniziata la missione salesiana, insieme salesiani e giovani per la missione salesiana, con la nostra comune volontà di essere santi insieme. Avete i nostri cuori nelle vostre mani. Prendetevi cura di questo vostro prezioso tesoro. Per favore, non dimenticatevi mai di noi e continuate ad ascoltarci»

Carissimi giovani, mi ha sempre commosso la vostra richiesta di essere santi, insieme, invitandoci a prenderci cura di voi e del tesoro prezioso dei vostri giovani cuori; di tutti voi che desiderate essere autentici, solidali, fraterni e veri credenti, donne e uomini di profonda fede nel Signore della Vita.

Cari giovani, siete chiamati ad una grande missione! Gli ultimi tre papi – Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco – hanno pensato molto a voi e vi hanno prospettato sfide coraggiose e forti. Sono sfide molto attuali, molto puntuali e – mi permetto di dire – molto “salesiane”.

Dunque, nel nome di Gesù vi è proposta una missione impegnativa: quella di essere attivi nel vostro impegno sociale, come vero lievito nella famiglia umana.

  • Avete davanti a voi la grande sfida di continuare ad accogliere la responsabilità per il dono della vita, di tutta la vita umana. Servire la “cultura della vita” sarà sempre un compito attraente e stimolante per ognuno di voi.
  • La promozione dei valori della famiglia e l’impegno per eliminare la povertà che porta molte persone a vivere ai margini, così come la lotta contro la fame, sono temi che spesso, come giovani, non vi lasciano indifferenti.
  • È positivo che alcuni di voi si stiano impegnando nella difesa dei diritti umani e dei diritti dei minori. Per non parlare della grande sfida per la costruzione della Pace. Gli sforzi che compiamo nella ricerca della pace non sono mai abbastanza.
  • Siete anche molto sensibili al buon uso delle risorse della terra, alla cura del Creato, rispettando tutto ciò che ha a che fare con una corretta ecologia.

A voi che leggete questo Messaggio in tutto il mondo, in migliaia di case salesiane condividendo la medesima fede, dico: favorite un autentico dialogo tra di voi. L’altro, il compagno, colui che è diverso per cultura e religione, è sempre un giovane come voi, con il quale potete incontrarvi, dialogare e persino diventare amici. Le differenze, infatti, non possono rimanere solo un ostacolo, ma devono diventare un’opportunità per un reciproco arricchimento.

Cari giovani, tutte queste sfide e molte altre interessano oggi la famiglia umana. Per essa, oggi, vogliamo essere lievito, sale, luce. Queste sfide chiedono che con la vostra vita, la vostra formazione, i vostri studi, il vostro lavoro e la vostra vocazione, esprimiate un “sì” che dimostri concretamente il vostro impegno per costruire un mondo più giusto e fraterno.

Queste sfide vi pongono di fronte al bivio di accettare o rifiutare una vita impegnata ed entusiasmante in cui concentrare tutte le vostre migliori forze ed energie secondo il sogno di Dio per ciascuno di voi. Certamente non vi è chiesto un eroismo particolare o straordinario, ma unicamente – ed è già molto – di far fruttare i doni e i talenti che Dio ha concesso a ciascuno di voi, impegnandovi a crescere nella fede, nell’amore vero, nella fraternità e nel servizio a favore di tutti, soprattutto degli ultimi, dei più colpiti dalla vita, di coloro che hanno meno opportunità.

Mi sembra questa una formidabile proposta per ogni giovane cristiano e salesiano che voglia essere discepolo missionario del Signore oggi, e per ogni giovane di altre fedi religiose presenti nelle case di Don Bosco.

Concludo ringraziando il Signore per tante espressioni di bellezza, pienezza e bontà presenti nella vostra vita, cari giovani, e che vi porta a pensare ad altri ragazzi, ragazze e giovani come voi ma che sono smarriti, disorientati e molto lontani da quei valori che danno loro dignità.

Il nostro Dio, che è Padre di tutti i suoi figli e figlie, ha bisogno di voi e vi chiede di essere il Suo volto e le Sue mani per raggiungere coloro che hanno meno possibilità. Vi incoraggio in questo impegno e vi auguro di cuore ¡buona festa di Don Bosco!

 

Con vero affetto vi saluto,
Don Ángel Fernández Artime, SDB
Rettor Maggiore

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ANS – Una nuova pubblicazione salesiana: il “Bollettino Salesiano OnLine”

Pubblicato oggi, 31 gennaio 2023, il “Bollettino Salesiano OnLine”, un progetto del Rettor Maggiore in sette lingue unicamente online, che fungerà da rivista mensile per continuare una tradizione che viene dai tempi di Don Bosco.

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Dalla notizia ANS:

Domani, 31 di gennaio, nella Festa di San Giovanni Bosco, sarà lanciata una nuova pubblicazione ufficiale della Congregazione Salesiana, denominata “Bollettino Salesiano OnLine”. È un progetto del Rettor Maggiore e sarà pubblicato in sette lingue unicamente online, come afferma anche il nome.

Avrà il suo ruolo al fianco gli altri canali salesiani di comunicazione. Se il sito sdb.org è il sito istituzionale della Congregazione e il sito infoans.org dell’Agenzia iNfo Salesiana (ANS) offre notizie quotidiane, il sito del Bollettino Salesiano OnLine (BSOL) sarà una rivista mensile che continuerà una tradizione che viene dai tempi di Don Bosco.

È una ripresa delle indicazioni del santo fondatore che, infatti, nel Capitolo Superiore del 17 settembre 1885, aveva stabilito alcuni aspetti fondamentali per il Bollettino Salesiano:

“Il Bollettino non dev’essere un foglio particolare per ciascuna regione, come Francia, Spagna, Italia ecc., ma dev’essere l’organo generale di tutte queste regioni, cioè dell’Opera salesiana non in particolare, ma in generale. Le notizie siano raccolte in modo che tutte le regioni diverse vi abbiano interesse e che tutte le edizioni in varie lingue siano identiche. Per questo fine in tutte le varie lingue siano stampati nella casa madre, perché così si darà l’indirizzo uguale a tutti”. (MB XVII,668)

Se all’inizio Don Bosco parlava di alcuni Paesi, oggi la Congregazione Salesiana è presente in 135 nazioni nel mondo. La tecnologia odierna permette di arrivare a comunicare in tempo reale in un modo impensabile fino pochi anni fa. Avere la possibilità di usare questi strumenti per trasmettere il carisma salesiano è una grande opportunità che non va tralasciata. Si parte con le lingue più diffuse nella Congregazione: inglese, italiano, spagnolo, francese, portoghese, polacco, tedesco. Per le altre lingue si potranno usare – per adesso – i servizi gratuiti di traduzione dei siti web (la procedura è indicata anche nel nuovo sito).

Qual è il suo scopo? Nient’altro che quello definito nell’articolo 41 dei Regolamenti salesiani:

“Il Bollettino salesiano, fondato da Don Bosco, diffonde la conoscenza dello spirito e dell’azione salesiana, specialmente di quella missionaria ed educativa. Si interessa ai problemi dei giovani, incoraggia la collaborazione e cerca di suscitare vocazioni. È inoltre uno strumento di formazione e un vincolo di unità per i vari gruppi della Famiglia Salesiana. Viene redatto secondo le direttive del Rettor Maggiore e del suo Consiglio in varie edizioni e lingue.”

E quale sarebbe lo spirito salesiano? Un’imparziale definizione la ricordiamo proprio dai tempi di Don Bosco da parte del Cardinale Lucido Maria Parocchi, Vicario di Sua Santità, alla fine di una conferenza ai Salesiani Cooperatori nella chiesa di Santa Francesca Romana tenuta da Don Bosco l’8 maggio 1884.

«Che cosa, dunque, di speciale vi sarà nella Congregazione Salesiana? Quale sarà il suo carattere, la sua fisionomia? Se ne ho ben compreso, se ne ho bene afferrato il concetto, se non mi fa velo all’intelligenza, il suo scopo, il suo carattere speciale, la sua fisionomia, la sua nota essenziale, è la Carità esercitata secondo le esigenze del nostro secolo: Nos credidimus caritati; Deus caritas est, e si rivela per mezzo della Carità. Il secolo presente soltanto colle opere di Carità può essere adescato, e tratto al bene.

Il mondo ora null’altro vuole conoscere e conosce, fuorché le cose materiali; nulla sa, nulla vuol sapere delle cose spirituali. Ignora le bellezze della fede, disconosce le grandezze della religione, ripudia le speranze della vita avvenire, rinnega lo stesso Iddio. Potrà un cieco giudicar dei colori, un sordo intendere le sublimi armonie di un Beethoven o di un Rossini, un cretino giudicar delle bellezze di un’arte? Così è il secolo presente: cieco, sordo, senza intelligenza per le cose di Dio e per la Carità. Questo secolo comprende della Carità soltanto il mezzo e non il fine ed il principio. Sa fare l’analisi di questa virtù, ma non sa comporne la sintesi. Animalis homo non percipit quae sunt spiritus Dei; così S. Paolo. Dite agli uomini di questo secolo: Bisogna salvare le anime che si perdono, è necessario istruire coloro che ignorano i principii della religione, è uopo far elimosina per amor di quel Dio, che un giorno premierà largamente i generosi; e gli uomini di questo secolo non capiscono.

Bisogna dunque adattarsi al secolo, il quale vola terra terra. Ai pagani Dio si fa conoscere per mezzo della legge naturale; si fa conoscere agli Ebrei col mezzo della Bibbia; ai Greci scismatici per mezzo delle grandi tradizioni dei Padri; ai Protestanti per mezzo del Vangelo: al secolo presente si fa conoscere colla CaritàNos credidimus caritati.

Dite a questo secolo:

Vi tolgo i giovani dalle vie perché non siano colti sotto i tramvai, perché non cadano in un pozzo; li ritiro in un ospizio perché non logorino la loro fresca età nei vizi e nei bagordi; li raduno nelle scuole per educarli perché non diventino il flagello della società, non cadano in una prigione; li chiamo a me e li vigilo perché non si cavino gli occhi gli uni gli altri, e allora gli uomini di questo secolo capiscono ed incominciano a credere: Et nos cognovimus et credidimus caritati, quam habet Deus in nobis.» (MB XVII, 94-95)

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Rettor Maggiore: “La missione dei salesiani è stare sempre accanto ai giovani” – Avvenire

Il Rettor Maggiore, don Ángel Fernández Artime, è stato intervistato da Avvenire sull’impegno pastorale dei salesiani e la realtà della congregazione oggi. Di seguito l’articolo.

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Artime: «La missione dei salesiani è stare sempre accanto ai giovani»

Il Rettor Maggiore illustra l’impegno pastorale della congregazione. «Anche un solo caso di abuso è terribile. Siamo vicini alle vittime»

 

L’8 dicembre 1844, don Giovanni Bosco, fondatore della Congregazione salesiana, inaugurava nella periferia di Torino un “oratorio” dedicato proprio a san Francesco di Sales.

Era il nucleo di quella che è diventata la “cittadella” di Valdocco. Dove “tutto è cominciato”. Qui un gruppo di giornalisti incontra il decimo successore del grande santo dei giovani, don Ángel Fernández Artime, spagnolo delle Asturie, figlio di pescatori.

Vengono da Roma grazie all’iniziativa di don Giuseppe Costa, segretario del rettor maggiore e co-portavoce della Congregazione, e sotto la sapiente guida di don Mike Pace visiteranno i luoghi più cari al mondo salesiano, Valdocco appunto con l’annesso Museo Casa don Bosco rinnovato di recente, poi Castelnuovo d’Asti oggi Castelnuovo don Bosco, dove Giovannino venne battezzato nella stessa chiesa dove ricevettero il primo Sacramento anche san Giuseppe Cafasso e il beato Giuseppe Allamano, e quindi il monumentale complesso a Colle don Bosco, edificato dove nacque il santo e dove si sono formate generazioni e generazioni di missionari poi partiti per ogni angolo del mondo.

«In quasi nove anni, gran parte dei quali trascorsi in giro per il mondo, a visitare le missioni, – esordisce don Angel – ho potuto toccare con mano il bene grandissimo che i nostri confratelli fanno, insieme con tutta la Chiesa e con tante persone di buona volontà. Lo dico senza trionfalismi: credo che oggi siamo una congregazione serena, che può guardare al futuro con speranza».

Lo confortano alcuni dati. Attualmente sono 14.000 i Salesiani di don Bosco, presenti in 134 Paesi, che presto diventeranno 136. Sono tra i 440 e i 460 i novizi che ogni anno pronunciano la prima Professione, con un rapporto «molto buono» di un giovane in formazione ogni 4,2 salesiani.

Don Angel parla della presenza della Congregazione in Ucraina sia nella comunità di rito latino che in quella di rito greco-cattolico. In quest’anno di guerra, racconta,

«i nostri confratelli in Ucraina sono molto coraggiosi, alcuni di loro sono sempre alle frontiere e in prima linea, per portare medicinali e aiuti. Non abbiamo perso nessun salesiano, ma la realtà è durissima. A novembre ho potuto visionare le foto della prima linea di guerra: non posso immaginare come nel XXI secolo si possa causare tanto danno umano».

Il Rettor Maggiore fa cenno anche alla presenza, discreta, nella Cina continentale dove vi sono «alcuni salesiani», conosciuti come tali dalle autorità, che svolgono una attività professionale.

«Ad esempio – specifica – abbiamo un italiano che da anni lavora con i lebbrosi e un eccellente professore di lettere classiche che vive in un campus universitario».

Durante l’incontro c’è spazio anche per particolarmente temi delicati, come il triste fenomeno degli abusi sui minori. Don Angel è chiaro e netto:

«per noi che abbiamo promesso a Dio e pubblicamente di consegnare la nostra vita per il bene dei ragazzi, anche soltanto un caso di abuso è terribile. Per quanto riguarda noi salesiani, qualunque caso che ci arriva non lo lasciamo dormire: si fa subito un processo sul posto in cui è accaduto per chiarire. Poi si presenta il caso alle autorità di Roma».

Detto questo il rettor maggiore aggiunge:

«È importante assicurare la giustizia per le vittime, ma se una persona è innocente gettarlo in pasto al pubblico è radicalmente ingiusto, perché la sua reputazione non sarà più come prima. Noi crediamo tantissimo nella giustizia riparativa: bisogna incontrare le vittime, vedere i loro bisogni e qual è la loro richieste di giustizia».

Interpellato su quelle che Papa Francesco definisce le “colonizzazione ideologiche” e sul tema del “gender”, il rettor maggiore dei Salesiani ha ricordato che

«la cosa più importante è il rispetto della persona. Non si possono trattare questi temi così delicati in un modo superficiale. La persona è la realtà più sacra che abbiamo: la Chiesa deve essere capace di misericordia, di ascolto, di accoglienza, di comprensione, il che non significa benedire o giustificare tutto».

Riguardo alla questione di come trasmettere la fede alle giovani generazioni, don Angel osserva:

«Rispetto al tempo di don Bosco, tutto è cambiato, ma, nello stesso tempo, nulla è cambiato». Dunque, anche in una società profondamente diversa sa quella di metà Ottocento, «non muta il nostro centro: una fede vissuta nella trasparenza, con declinazioni che, naturalmente, mutano da realtà a realtà».

Senza cadere nel proselitismo, d’altronde impossibile in realtà come i Paesi musulmani e induisti, ma senza rinunciare a proporre la propria testimonianza di fede.

«L’importante – rimarca – è che non ci vergognamo di fare proposte. Poi ciascuno, secondo la propria libertà e interesse, sceglie. Quando questo accade, a me dà tanta tranquillità».

Infine don Angel sottolinea che il lavoro dei salesiani si svolge non solo nel classico oratorio ma anche con altre modalità, determinate dalla realtà. Con i centri giovanili e con le scuole, con le case per i ragazzi di strada e per le ragazze sfruttate sessualmente, nelle 2800 parrocchie affidate alla Congregazione, in 92 istituzioni universitarie. E anche, ci tiene a sottolinearlo, nei campi profughi come quelli di Kakuma in Kenya, di Palabek in Uganda e di Juba in Sud Sudan:

«Lavoriamo per la formazione professionale dei giovani, perché non rimangano lì ma imparino un mestiere e appena possibile possano lasciare quei campi».

Avvenire