Pubblichiamo l’intervista fatta al nuovo vicario del Rettor Maggiore, don Stefano Martoglio, da Marina Lomunno per l’Agenzia di informazione Salesiana ANS
(ANS – Roma) – Il lavoro per i giovani e con i giovani, la concretezza salesiana, il cuore oratoriano che palpita a Valdocco, il salesiano per i giovani d’oggi … Di tutto questo ci parla il nuovo Vicario del Rettor Maggiore, don Stefano Martoglio.
Don Martoglio, lei è stato fino all’altro ieri Consigliere per la Regione Mediterranea; come la descrive?
La Regione Mediterranea se paragonata al mondo intero è relativamente circoscritta. Allo stesso tempo, pur essendo geograficamente più limitata, dal punto di vista del coordinamento salesiano è estremamente ricca perché il Mediterraneo è una zona in cui si incontrano Europa, Africa e Asia e quindi è una realtà non solo internazionale ma intercontinentale.
Tre mondi diversi in un crocevia di situazioni splendide ma anche di drammi come le guerre. La zona dell’Europa del sud, dal Portogallo all’Italia, ha le sue fatiche ma sostanzialmente è un’area di benessere e di grande espansione; l’Africa del nord, il Magreb e l’Egitto sono zone di povertà, emigrazione e forti tensioni sociali. E poi il Medio Oriente, dove comincia l’Asia, è terreno di contrasti, di guerre permanenti o striscianti.
Infine i Balcani dove siamo presenti in Romania e Moldavia: è un’Europa in crescita ma molto diversa dai paesi dell’Unione europea: ad Est ci sono complementarietà splendide ma anche tante divisioni. Panorami, situazioni sociali, economiche e religiose diversissimi anche dal punto di vista demografico: l’Europa del sud in recesso, la zona balcanica con una presenza giovanile forte così pure l’Africa del nord e il Medio Oriente, sebbene in contesti religiosi molto diversi: la nostra Europa laicizzata e secolarizzata, i Balcani con una dimensione più tradizionale, l’Africa del nord e Medio Oriente a maggioranza musulmana in cui noi siamo minoranza ma dove chi è arabo-cristiano ha dignità e identità che noi ci sogniamo perché là essere cristiani lo paghi sulla pelle…
In un contesto così variegato come rispondere alla domanda posta dal Capitolo: “Quali salesiani per i giovani d’oggi?”
Crediamo che ci siano molteplici elementi che rendono preziosa la presenza del carisma salesiano nell’area Mediterranea: innanzitutto per i giovani e le giovani famiglie che frequentano le nostre opere, ricche, variegate, motivate nei campi che ci caratterizzano e cioè oratori, attività giovanili, scuole, formazione professionale.
E poi il sostegno a povertà antiche e nuove che si incrociano come i migranti, i rifugiati, i minori stranieri non accompagnati… In questo contesto se si “spacchetta” il tema generatore del capitolo, “Quali salesiani per i giovani d’oggi?”, abbiamo tre filoni d’intervento: la missione, che esprime la presenza di Dio in mezzo ai ragazzi di oggi, e la formazione del salesiano che non può essere un singolo, un solitario. C’è poi una dimensione comunitaria che integra stati di vita diversi: il salesiano consacrato opera sempre e comunque con i laici, terzo elemento della riflessione del Capitolo. Noi salesiani non possiamo fare tutto, non dobbiamo fare tutto, c’è la corresponsabilità laicale: si tratta di mettere in pratica il Concilio Vaticano II e renderlo vitale sebbene siano passati 50 anni.
Papa Francesco invita i salesiani ad essere uomini di Dio, ma gente concreta. Cosa significa essere concreti nelle vostre opere in Siria dilaniata dalla guerra?
Nei contesti più terribili il primo elemento di concretezza è la testimonianza. Essere concreti in un paese in guerra come la Siria è rimanere: mentre tutti se ne vanno per la gente i salesiani che rimangono sono segno di speranza.
In Siria la presenza degli arabi cristiani si è quasi dimezzata a causa di una strategia della tensione esercitata ad arte che rende la vita impossibile: per questo la gente cerca di fuggire. Per la congregazione la prima forma di testimonianza per gli arabi cristiani è restare, aiutare a riappropriarsi della vita, accompagnare la gente a ricominciare laddove la guerra ha distrutto anche l’educazione strutturata come le scuole e gli oratori.
Ad esempio a Damasco stiamo cercando di avviare un Centro di Formazione Professionale: è un modo semplice, concreto come dice Papa Francesco, per dare speranza e, come ci invitava don Bosco, per “insegnare futuro”. Ecco l’umanesimo cristiano: e la formazione professionale è uno strumento che vale a Damasco come a Torino.
Don Stefano, cosa si porta di Valdocco da quando è lontano da Torino?
Valdocco te lo porti nel cuore sempre: qui anche le pietre ti parlano della fede di chi le ha posate. Vivendo per anni in questi cortili ho sentito tante volte i confratelli richiamarci alla centralità delle relazioni senza sentirci “padroni della messe”, ma sentendoci “servitori inutili”: il beato Filippo Rinaldi, terzo Successore di Don Bosco, aveva questa “santa” abitudine: dopo la preghiera di compieta, l’ultima del giorno, come un fanciullo scriveva su alcuni fogliettini nomi, situazioni, problemi che poneva sotto una statua della Madonna che teneva sul comodino. È un gesto semplice ma di grande spiritualità che ci dice “Signore io arrivo fin qui, Vergine santa io non uscirò mai da solo da tutti questi problemi: te li consegno perché non sono in grado da solo di trovare soluzioni e poi perché sei tu che illumini la mia vita e il mio cuore. Domattina mi riprendo i foglietti ma questa notte li tieni tu: ti affido queste persone, aiutami a dare delle risposte”. Ecco il salesiano per i giovani d’oggi: un uomo che ha una relazione verticale con Dio. Così ti salvi, perché tutto passa di lì.