Articoli

Tavola rotonda online “Sguardi sulla pastorale giovanile”

Lunedì 26 aprile, dalle ore 15 alle ore 17, si terrà online la tavola rotonda “Sguardi sulla pastorale giovanile“, un confronto a partire da alcune recenti pubblicazioni. Intervengono i docenti della Facoltà di Teologia dell’Università Pontificia Salesiana:

Modera:

  • Marcello Scarpa, Istituto di Teologia Pastorale

Conclusioni:

  • Alberto Martelli, docente di Teologia dell’educazione – Istituto Universitario Salesiano di Torino

Università Pontificia Salesiana
Facoltà di Teologia – Istituto di Teologia Pastorale
Piazza dell’Ateneo Salesiano, 1 Roma
www.unisal.it

Giocando si impara. Il nuovo numero di NPG

Un primo approccio “ecclesiale” allo sport

di don Rossano Sala

L’approccio integrale del Sinodo sui giovani ha chiaramente incluso anche lo sport. L’Instrumentum laboris, che è di gran lunga il documento più sistematico dell’intero percorso sinodale – è la raccolta ordinata e sintetica di tutti i temi emersi nella lunga e articolata fase di ascolto del popolo di Dio – ha tre numeri interamente dedicati allo sport. Emerge sostanzialmente ciò che è largamente risaputo e condiviso in merito al tema. Riconoscendo fin dal subito che «lo sport è un altro grande ambito di crescita e di confronto per i giovani, nel quale la Chiesa sta investendo in molte parti del mondo»[1], si gioca un poco sulla difensiva, chiedendo di interrogare questo mondo sui valori e sui modelli che, «al di là della retorica, la nostra società trasmette attraverso la pratica sportiva, assai spesso focalizzata sul successo a ogni costo»[2]. Si riconosce fin da subito l’energia positiva dello sport, per esempio per «quanti patiscono forme di esclusione e marginalità, come provano molte esperienze, ad esempio quella del movimento paraolimpico».[3]
Così come emerge fin da subito – è un difetto congenito della Chiesa! – un utilizzo tendenzialmente “strumentale” dello sport: «Visto l’influsso dello sport, molte Conferenze Episcopali suggeriscono la necessità di valorizzarlo in chiave educativa e pastorale»[4]. Al di là dell’intenzione poi i redattori evidenziano le chiavi umanistiche della pratica sportiva:

La cura e la disciplina del corpo, la dinamica di squadra che esalta la collaborazione, il valore della correttezza e del rispetto delle regole, l’importanza dello spirito di sacrificio, generosità, senso di appartenenza, passione, creatività, fanno dello sport una occasione educativa promettente per percorrere un vero cammino di unificazione personale[5].

Segue, nello stesso numero 164, una bella e sempre opportuna “lista dei desideri” che di solito accompagna i cammini ecclesiali, e che comunque ci può far bene risentire:

Successo e insuccesso scatenano dinamiche emotive che possono diventare palestre di discernimento. Perché questo accada occorre che siano proposte ai giovani esperienze di sana competizione, che sfuggano al desiderio di successo a tutti i costi, e che permettano di trasformare la fatica dell’allenamento in una occasione di maturazione interiore. Occorrono quindi società sportive – e questo vale in particolare per quelle che fanno riferimento alla Chiesa – che scelgano di essere autentiche comunità educanti a tutto tondo, e non solo centri che erogano servizi. Per questo è fondamentale sostenere la consapevolezza del ruolo educativo di allenatori, tecnici e dirigenti, curando la loro formazione continua. Al di là della sfera strettamente agonistica, sarebbe opportuno pensare a nuove configurazioni dei luoghi educativi che contribuiscano a rinsaldare il riconoscimento reciproco, il tessuto sociale e i legami comunitari, soprattutto in ambito interculturale[6].

Il Documento finale, ad uno sguardo attento, contiene un unico numero che solo in parte è dedicato allo sport, il n. 47. Esso si occupa di arte, musica e sport. Ecco la terza parte di quel numero:

Altrettanto significativo è il rilievo che tra i giovani assume la pratica sportiva, di cui la Chiesa non deve sottovalutare le potenzialità in chiave educativa e formativa, mantenendo una solida presenza al suo interno. Il mondo dello sport ha bisogno di essere aiutato a superare le ambiguità da cui è percorso, quali la mitizzazione dei campioni, l’asservimento a logiche commerciali e l’ideologia del successo a ogni costo. In questo senso si ribadisce il valore dell’accompagnamento e del sostegno delle persone nella pratica sportiva[7].

Il poco spazio dedicato allo sport nel Documento finale è dato dal fatto che nell’Assemblea sinodale solo un Padre sinodale ha fatto un intervento specifico e qualificato sul tema, che porta come titolo “L’importanza della fede nello sport” e che approfondisce l’idea che il mondo dello sport è un crocevia che la Chiesa non può evitare. Sporadiche battute sono poi rinvenibili sul nostro tema nei lavori dei “circoli minori”, cioè nei lavori di gruppo del Sinodo.
Christus vivit, l’Esortazione apostolica postsinodale di Papa Francesco datata 25 marzo 2019 non allarga di molto la questione. Allo sport viene dedicato il n. 227, che rispetto al fin qui detto aggiunge che diversi Padri della Chiesa, sulla scia di san Paolo, utilizzano la metafora sportiva per spingere i giovani ad affrontare con coraggio e intraprendenza la buona battaglia della fede.

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Educare ancora, educare sempre

Dal numero di marzo di Note di Pastorale Giovanile, l’introduzione di don Rossano Sala al Dossier sull’educazione.

***

Presentando il Dossier che occupa gran parte di questo numero di NPG, vorrei subito affermare che il “decalogo per l’educazione” è un convinto e coraggioso rilancio di un decennio dedicato dalla Conferenza Episcopale Italiana all’educazione. Come tutti sappiamo, gli “Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano” per il 2010-2020 erano intitolati Educare alla vita buona del Vangelo. Tutta la Chiesa italiana ci ha lavorato, a questo, per dieci anni in moltissime modalità.
Ma evidentemente non possiamo pensare che, finito questo tempo dedicato esplicitamente a pensare e proporre l’educazione, finisca anche il compito educativo che, in realtà, non è mai finito. Invece, ne siamo davvero convinti, che bisogna educare ancora, per il semplice motivo che bisogna educare sempre!
L’educazione ha un fine preciso, quello di far maturare ogni giovane verso la pienezza della vita; ma per questo compito non ha mai fine, perché abbiamo sempre davanti a noi degli spazi di perfezionamento, di crescita, di affinamento, di progresso. Si tratta appunto, di accompagnare il movimento della vita delle persone e la storia degli uomini, di un compito quindi permanente e ineludibile. Anche perché le giovani generazioni si susseguono continuamente e quindi è normale che siamo chiamati ogni volta a ripartire sempre di nuovo.

Il decennio che abbiamo appena concluso ha avuto vari momenti che ci hanno aiutato a camminare: il Sinodo sulla “nuova evangelizzazione”, che ci ha reso tutti consapevoli del cambio d’epoca in cui siamo inseriti; l’esortazione apostolica Evangelii gaudium, con cui papa Francesco ci ha consegnato la “Magna Charta” del suo pontificato, tutto pensato e realizzato nel pressante invito alla “conversione missionaria” della Chiesa; al centro del decennio c’è stato, a livello italiano, il grande Convegno di Firenze, vissuto in una forma sinodale, che ci ha fatto prendere coscienza che la questione educativa affonda le sue radici in un terreno antropologico e ultimamente cristologico; poi abbiamo vissuto i due sinodi sulla famiglia, che ci hanno aiutato a maturare una sensibilità per il lavoro pastorale sulla fragilità e nella fragilità; infine – non dimenticando la Laudato sì’, che ci ha aiutato a maturare una sensibilità non solo per l’ecologia in generale, ma per una “ecologia integrale” – ci siamo concentrati sull’universo giovanile attraverso un percorso partito nel 2016 con l’indizione del Sinodo dal tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” e rilanciato da papa Francesco con l’Esortazione Apostolica postsinodale Christus vivit del 25 marzo 2019.

Mi piace introdurre questo decalogo riconsegnandovi, nella forma della testimonianza, alcune sensibilità educative maturate durante il Sinodo sui giovani. Chiamato ad essere “Segretario speciale” di questo evento ecclesiale anch’io sono cresciuto camminando insieme con i giovani. Sinteticamente, mi permetto quindi di offrire alcune piste di lavoro maturate al Sinodo in merito all’educazione, che per sua natura è una realtà poliedrica e dinamica, in quanto si presenta sempre in movimento e con una quantità enorme di differenti sfaccettature. Si tratta evidentemente di sfide, intendendo con questa parola sia una dinamica di opportunità positiva che di rischio da affrontare. Lo faccio riprendendo alcune parole chiave tra le tante che sono state valorizzate durante i tre anni di lavoro in cui il Sinodo sui giovani ha preso corpo.

Il grande appello alla sinodalità

Prima di tutto riconsegno la necessità di metterci di nuovo in cammino con i giovani. L’educatore è prima di tutto uno che si mette in cammino e che non ha paura di mettersi in gioco. Mi impressiona sempre il vangelo, perché ci presenta sempre Gesù in movimento, mai fermo, mai bloccato. Alla domanda “dove abiti?” i primi discepoli sono invitati a venire e a vedere, e pian piano scopriranno che Gesù ha per casa il mondo intero! Effettivamente al Sinodo siamo partiti dalla domanda pratica “che cosa dobbiamo fare con i giovani?” e siamo arrivati alla domanda esistenziale “chi dobbiamo essere con i giovani?”. Si tratta di una chiara conversione dal “fare per” all’“essere con”, e non è cosa da poco. L’educazione cristiana dei giovani si gioca prima di tutto qui, in questa prima e decisiva sfida dello stare con i giovani e camminare con loro!

Il primato comunitario nell’educazione

In secondo luogo desidero sottolineare con convinzione la forma comunitaria dell’educazione. Siamo partiti da una prospettiva piuttosto individualistica nel cammino sinodale, ma pian piano abbiamo riscoperto la bellezza di essere comunità che educa. Lo ripetiamo spesso, nel mondo dell’educazione, che “per educare ci vuole un villaggio”. Abbiamo riabilitato la forza e la fecondità dell’accompagnamento e del discernimento ecclesiale e comunitario. E solo dopo e dentro questo matura un’appartenenza ad un gruppo specifico e anche un cammino di approfondimento e discernimento personale. Creare luoghi ecclesiali aperti al confronto, al dialogo e alla condivisione è oggi sempre più essenziale per offrire solidità alle nostre proposte educative!

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I ragazzi delle medie

Una rinnovata attenzione e dedizione verso i preadolescenti

di don Rossano Sala

Uno snodo pastorale strategico

Nella conclusione del Dossier dello scorso mese di gennaio, don Michele Falabretti individuava alcuni “snodi pastorali” da affrontare per essere fedeli a questo tempo così come esso si presenta. Ne metteva cinque alla nostra attenzione: la necessità di raccogliere la sfida dettata dalla pandemia; il compito di suscitare narrazioni, ascoltare i vissuti e provocare le coscienze; la chiamata ad alzare le competenze negli spazi esistenti; avere una rinnovata attenzione verso le diverse età della vita; infine migliorare la nostra capacità di riconoscere luoghi ed esperienze da integrare in una visione più ampia[1].
A riguardo della quarta sfida, quella riguardante le età della vita, così scriveva:

Sempre irrisolto rimane il tema dell’accompagnamento negli anni della preadolescenza e dell’adolescenza, affidato all’oratorio (dove c’è) e a qualche esperienza associativa, ma mai radicato seriamente nell’ordinario della vita della comunità. […] La cosiddetta “mistagogia” rimane nell’immaginario comune la spiegazione dei misteri: una sorta di approfondimento teologico lontano dalle domande poste da un’identità personale che va formandosi, da una libertà che scalpita, da una vita che scorre altrove, lontana dalla Chiesa e dai suoi riti; dimensioni segnate da un corpo che si forma, da amicizie che quotidianamente appaiono come questioni di vita o di morte[2].

A noi di NPG è sembrato importante ripartire, in questo secondo numero del 2021, da una concentrazione maggiore verso le “età della vita”, riconoscendo che non sempre in questi ultimi anni siamo stati davvero capaci di inserire l’età giovanile nel ciclo dell’esistenza: sia verso ciò che segue – la vita adulta – sia nei confronti di ciò che la precede – in particolare l’adolescenza e la preadolescenza. Effettivamente, se guardiamo solo alla programmazione degli ultimi dieci anni, poco ci siamo occupati degli adolescenti e quasi per nulla dei preadolescenti. Anche perché ci siamo concentrati di più sull’allungamento della giovinezza, cioè sui cosiddetti “giovani adulti”, arrivando a prendere sul serio l’età universitaria e anche oltre…
Eppure siamo chiamati a pensare alla giovinezza in relazione di continuità e di discontinuità con ciò che precede e con ciò che segue questa promettente ed entusiasmante età dell’esistenza umana. La stessa teoria pedagogica lo afferma con chiarezza:

In quanto l’uomo attua la sua natura in una vicenda storica, l’educazione è cura degli itinerari di maturazione. Fuorviante è in tal senso la piega “progressistica” della pedagogia moderna, che riduce i figli a “bambini” e i bambini a “minori”. Promettente è invece lo sviluppo di una riflessione sulle età della vita: il nascere e il crescere dell’uomo non sono accidentali, ma sostanziali. […] L’“identità” dell’uomo si sviluppa in un itinerario di “identificazione”, ed afferma che l’educazione si caratterizza essenzialmente per l’attenzione ai significati specifici della crescita e delle età della vita, colti nella loro linearità e nelle loro cesure, nel “trascorrere” del tempo e nel “succedersi” delle stagioni, nelle “possibilità” che vengono dischiuse alla libertà e nell’“irreversibilità” delle sue decisioni[3].

Ecco perché diventa per noi strategico e decisivo attuare una concentrazione sulle diverse fasi di maturazione della libertà, incontrando i ragazzi, gli adolescenti e i giovani esattamente lì dove si trova la loro libertà. Mai altrove.

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Vita pastorale gennaio 2021: don Rossano Sala – Il nuovo spazio dell’annuncio cristiano

Dalla “tradizione” alla “convinzione”: il nuovo spazio dell’annuncio cristiano. Un tema che durante il Sinodo sui giovani ha trovato ampio eco tra i padri sinodali. Un cambiamento lento e inesorabile che riguarda la vita intera della cristianità occidentale e che trova nei giovani una realizzazione più evidente che in altri strati della popolazione. Si riporta di seguito l’articolo a cura di don Rossano Sala sdb (professore ordinario di Teologia pastorale e Pastorale giovanile presso l’Università Pontificia Salesiana) pubblicato sul mensile “Vita pastorale” (periodico San Paolo) di questo mese, gennaio 2021.

Rossano Sala sdb
«Vita pastorale» 1 (2021) 54-55

SCELTA DI VITA CONVINTA

Dalla “tradizione” alla “convinzione”: è questo il nuovo spazio dell’annuncio cristiano

Non siamo più nella cristianità!

Era una cosa che gli studiosi andavano dicendo da tempo, ma adesso è di dominio pubblico: «Fratelli e sorelle, non siamo nella cristianità, non più! […] Abbiamo pertanto bisogno di un cambiamento di mentalità pastorale, che non vuol dire passare a una pastorale relativistica. Non siamo più in un regime di cristianità perché la fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente – non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata». Queste le parole di Papa Francesco del 21 dicembre 2019, durante il tradizionale discorso alla curia romana per gli auguri di Natale. Il nostro tempo si trasforma: non è diventato “secolare” – dove il religioso non avrebbe più alcuno spazio – ma “post-secolare”, contraddistinto cioè dalla persistenza e dalla metamorfosi del fenomeno religioso.

Dalla “tradizione” alla “convinzione”

Come possiamo descrivere questo processo in atto? Per usare un’immagine, proviamo a pensarci mentre navighiamo su un fiume seguendo la direzione della corrente. Tutto è facile, perché anche se non remiamo la nostra imbarcazione sarà naturalmente portata ad andare avanti. In un contesto del genere ci possono certo essere difficoltà, e potremo anche essere chiamati a superare diversi ostacoli, ma in discesa. Immaginiamo ora la situazione rovesciata, navigando cioè controcorrente. Il fiume magari è lo stesso, ma le difficoltà e le fatiche aumentano perché siamo chiamati a salire. Questo è il mutamento epocale: se prima era scontato crescere in un mondo orientato cristianamente, oggi sembra essere ovvio esattamente il contrario. Se prima si poteva evitare di prendere posizione, lasciandosi trasportare dalla corrente della tradizione, oggi è necessario scegliere attraverso una decisione.

I giovani nel nuovo contesto

Allo stesso modo in cui un testo è comprensibile nel suo contesto, la vita concreta dei giovani lo è solo all’interno dell’ambiente in cui nascono, vivono e crescono. I giovani sono sismografi e sentinelle, perché percepiscono prima e meglio di altri i cambiamenti in atto. Non è più ovvio crescere in un’ambiente sociale connotato da un contesto religioso; non è più normale che i loro genitori siano i primi testimoni della fede; tante volte nell’ambiente scolastico e universitario c’è ostilità verso la fede. Se poi assommiamo a questo la digitalizzazione in atto e l’elevata mobilità a livello globale, è facile rendersi conto che i giovani più di altri siano lasciati a sé stessi da tutti i punti di vista. La fede sarà per loro possibile, più che per altre categorie sociali, solo come il frutto di una ricerca spirituale personale e di una scelta di vita convinta.

Il dato statistico più evidente

L’abbandono della pratica religiosa ufficiale è l’effetto più visibile della fine della cristianità. Come dire, quando si tratta di remare controcorrente i più si tirano indietro. Ne rimangono pochi, un piccolo resto, una minoranza. E i giovani sono i primi a non partecipare più alla vita ordinaria della comunità cristiana. È il dato più eclatante, tra l’altro previsto da alcuni teologi, tra cui il giovane J. Ratzinger nel lontano 1969. Per lui era l’effetto della necessaria purificazione operata dal Concilio Vaticano II: la Chiesa del futuro «diventerà più piccola, dovrà ricominciare tutto da capo. Essa non potrà più riempire molti degli edifici che aveva eretto nel periodo della congiuntura alta. Essa, oltre che perdere degli aderenti numericamente, perderà anche molti dei suoi privilegi nella società. Essa si presenterà in modo molto più accentuato di un tempo come la comunità della libera volontà, cui si può accedere solo per il tramite di una decisione» (Fede e futuro, Queriniana, Brescia 20053, 115).

Un tempo per la purificazione

Non è quindi un male la fine della cristianità occidentale. Dice solo che il contesto entro cui vivere la fede si è trasformato. Non si tratta di giudicare questo fatto, ma di prendere atto della diversità di condizioni di accesso alla fede rispetto alle epoche precedenti. Per esempio, a proposito della pandemia che sta accelerando questo processo, in una recente intervista all’agenzia AdnKronos del 30 ottobre 2020, Papa Francesco ha affermato: «Ho saputo di un vescovo che ha affermato che con questa pandemia la gente si è “disabituata” – ha detto proprio così – ad andare in chiesa. […] Io dico che se questa “gente”, come la chiama il vescovo, veniva in chiesa per abitudine allora è meglio che resti pure a casa. È lo Spirito Santo che chiama la gente. Forse dopo questa dura prova, con queste nuove difficoltà, con la sofferenza che entra nelle case, i fedeli saranno più veri, più autentici. Mi creda, sarà così».

Lo spazio promettente dell’autenticità

Secondo Charles Taylor, uno dei maggiori pensatori cattolici viventi, il nostro è “il tempo dell’autenticità”: significa che le cose che faccio devono essere il frutto di una mia libera elezione, che nelle mie opzioni di vita – che oggi si sono moltiplicate a dismisura – non posso né devo essere costretto da nessuno. Questo significa per lui “autenticità”: una scelta realmente personale, frutto di una convinzione, esito di un discernimento. I giovani oggi sono immersi in questo “contesto di autenticità”: chi potrebbe, nel mondo occidentale, imporgli qualcosa? È questo il nuovo spazio dell’annuncio cristiano, perché oggi «nelle società secolari assistiamo anche a una riscoperta di Dio e della spiritualità. Questo costituisce per la Chiesa uno stimolo a recuperare l’importanza dei dinamismi propri della fede, dell’annuncio e dell’accompagnamento pastorale» (Documento finale del Sinodo sui giovani, n. 14).

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Vita Pastorale

Il tempo del quarto sigillo

di don Rossano Sala

L’avvento del cavallo verdastro

L’anno scorso, di questi tempi, eravamo in pieno decollo. Avevamo appena terminato l’entusiasmante processo sinodale con e per i giovani, avevamo appena messo in circolo le Linee progettuali della pastorale giovanile italiana preparate con cura dal Servizio Nazionale di Pastorale Giovanile della Conferenza Episcopale Italiana, si stava riaccendendo l’entusiasmo per il rinnovamento della pastorale giovanile, stavamo facendo i primi passi in vista della Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona, prevista per l’estate del 2022. E poi tanto altro ancora…
Avevamo anche impostato il decennio 2020-2030 con un Dossier programmatico di apertura sulla “sinodalità missionaria”, quello pubblicato nel gennaio 2020, esattamente un anno fa. Stavamo quindi ragionando sulle prospettive del Sinodo sia a breve che a medio termine. Il tutto ci portava a sognare la Chiesa in cammino con i giovani verso le periferie del mondo. Direi che, dai tetti in giù, le cose stavano andando bene per la pastorale giovanile. Certo, il cammino non sarebbe stato facile, infatti il Dossier di apertura aveva come sottotitolo parole assai impegnative: “Cammini di conversione spirituali, formativi e pastorali”.
E poi è arrivato l’evento della pandemia. Perché di “evento” nel significato teologale del termine si tratta. Nel senso di qualcosa che nessuno di noi ha pensato, né programmato, né pianificato. Un’esperienza del tutto imprevista nel nostro contesto globalizzato. Possiamo dire che proprio partendo da qui abbiamo fatto diverse esperienze in un certo senso “nuove”: da una parte molta solitudine e sofferenza, e siamo venuti a contatto ravvicinato con la realtà della morte; dall’altra altrettanta solidarietà e condivisione, perché ci siamo sentiti partecipi di un destino comune. Non sappiamo se ciò che sta accadendo nel suo insieme ci migliorerà o ci peggiorerà, certamente non potrà lasciarci indifferenti. Ogni nuova dinamica di vita sfida la nostra libertà e ci chiede di schierarci e di riposizionarci.
Nemmeno lo avremmo immaginato, questo evento davvero “apocalittico”, cioè – nel suo senso genuino – rivelativo. Chi l’avrebbe mai detto che questo sarebbe stato per noi il tempo dell’apertura del “quarto sigillo” da parte dell’agnello immolato fin dalla fondazione del mondo:

Quando l’Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva: “Vieni”. E vidi: ecco, un cavallo verdastro. Colui che lo cavalcava si chiamava Morte e gli inferi lo seguivano. Fu dato loro potere sopra un quarto della terra, per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra (Ap 6,7-8).

 

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“I giovani sono sismografi e sentinelle del loro tempo”: Famiglia Cristiana intervista don Rossano Sala

Pubblichiamo l’intervista di Famiglia Cristiana a don Rossano Sala, autore del libro “Intorno al fuoco vivo del Sinodo” (Elledici), di cui è stato segretario speciale. L’articolo è a firma di Antonio Sanfrancesco.

“I giovani sono sismografi e sentinelle del loro tempo. E oggi siamo di fronte ad un grande passaggio ecclesiale che ci sta portando verso una “fede di convinzione”. Non si tratta di trovare responsabili o di incolpare qualcuno, ma di entrare con fiducia e coraggio in una nuova epoca”.

Don Rossano Sala, salesiano, docente di Teologia Pastorale e pastorale giovanile alla Pontificia Università Salesiana di Roma, ha racconto nel libro Intorno al fuoco vivo del Sinodo (Elledici, pp. 608, con un invito alla lettura di papa Francesco), uscito di recente, la sua esperienza di segretario speciale del Sinodo dei giovani del 2018.

È ancora vivo quel fuoco? E come si trasmette?
«Utilizzo due immagini evangeliche per rispondere. La prima è quella del fuoco, che rimanda alla parola di Gesù quando dice di “essere venuto a portare il fuoco sulla terra”. Il Sinodo ha cercato di riaccendere nel cuore della Chiesa questo affetto profondo per le giovani generazioni. Questo fuoco si trasmette nel momento in cui lo si è ricevuto da Dio, in quanto l’ evangelizzazione è l’ irradiazione della rivelazione di Dio. E c’ è un unico modo per irradiare: essere luminosi! L’ altra immagine è quella del seminatore perché il Sinodo è stato una grande semina. Nella parabola si vede molto bene che il seminatore è molto generoso, perché semina dappertutto, e disinteressato, perché affida con fiducia il seme alla terra. Fuor di metafora, il Sinodo è ora affidato alle chiese locali, alle diocesi. Tocca a loro far germogliare e fruttificare i tanti semi che sono stati gettati».

Lei ha affrontato il tema del Sinodo, e dei suoi frutti, con lo “schema” delle costellazioni. Perché?
«Penso alla pastorale giovanile come un “campo di ricerca e di azione” piuttosto che a una disciplina specifica o a un’ azione puntuale. Le costellazioni sono un’ immagine bella per dire questo, perché hanno una loro singolarità, ma insieme formano un unico cielo stellato. Ne ho identificate cinque: la prima legata ai nostri modelli teologici e antropologici; la seconda ruota intorno ai temi dell’ accompagnamento, dell’ annuncio e del discernimento vocazionale; la quarta approfondisce i temi dell’ educazione, della scuola e dell’ università; la quinta è più direttamente “salesiana”, perché si riferisce a don Bosco, all’ oratorio e alla famiglia. La terza, “Giovani, Chiesa e Sinodo”, sta al centro del libro, perché lì ci stanno gli otto contributi più specifici che vengono dal percorso sinodale».

Scarsa frequenza, disaffezione, pochi sacramenti. Perché alla Chiesa di oggi mancano i giovani? Di chi è la responsabilità?
«I giovani sono sismografi e sentinelle del loro tempo. Sono i più sensibili ai cambiamenti d’ epoca. E oggi siamo di fronte ad un grande passaggio ecclesiale che ci sta portando da una “fede di tradizione” verso una “fede di convinzione”. Non si tratta di trovare responsabili o di incolpare qualcuno, ma di entrare con fiducia e coraggio in una nuova epoca della vita di fede. Nel 1969 il giovane teologo Joseph Ratzinger affermava profeticamente che la Chiesa del futuro “diventerà più piccola, dovrà ricominciare tutto da capo. Essa non potrà più riempire molti degli edifici che aveva eretto nel periodo della congiuntura alta. Essa, oltre che perdere degli aderenti numericamente, perderà anche molti dei suoi privilegi nella società. Essa si presenterà in modo molto più accentuato di un tempo come la comunità della libera volontà, cui si può accedere solo per il tramite di una decisione”. Ecco cosa sta avvenendo: dobbiamo farcene una ragione ed entrare nel migliore dei modi in questo nuovo scenario».

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Una pastorale giovanile adulta

Il nuovo numero di Note di Pastorale Giovanile, quello di novembre, è uscito. Di seguito pubblichiamo l’articolo di don Rossano Sala che introduce il Dossier sulla “questione dell’adulto”.

Non trovo altro da aggiungere e nemmeno il bisogno di una qualche introduzione specifica al qualificato Dossier sulla “questione dell’adulto”. Conosco e apprezzo don Armando Matteo da molto tempo e condividiamo molte cose: abbiamo la stessa età anagrafica, abbiamo alle spalle un percorso di preparazione teologica assai somigliante, molti riferimenti teologici ci sono comuni. Soprattutto condividiamo molte diagnosi culturali sul nostro tempo e sulla nostra amata Chiesa, che è chiamata a vivere una riforma che davvero sia incisiva e arrivi a toccare non solo la mente e il cuore, ma soprattutto le relazioni, le pratiche e le strutture. Oramai si è detto molto e in teoria abbiamo tante riflessioni di tanti ottimi pensatori sul cammino da fare, oltre che il supporto di Papa Francesco, che dall’inizio del suo pontificato spinge tutto e tutti ad assumere una rinnovata mentalità missionaria.
Ci manca forse ancora il “coraggio del governo”, ovvero quella capacità di andare al concreto per metterci davvero sulla via del rinnovamento attraverso scelte profetiche che sappiano arrivare ai cammini ordinari del popolo di Dio. Non è facile, certamente, ma è doveroso! Non sarà una passeggiata, ma non si può eludere la parte delle scelte! Se non si arriverà a questo, saremo sempre più insignificanti, perché resteremo sul mero piano dell’analisi o della teoria. Mentre abbiamo imparato da tutto il processo sinodale con e per i giovani che non basta “riconoscere”, e nemmeno è sufficiente “interpretare”, ma bisogna “scegliere”!

 

 

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Il nuovo libro Elledici di don Rossano Sala – “Pastorale giovanile 2. Intorno al fuoco vivo del Sinodo”

L’Editrice Salesiana Elledici segnala la pubblicazione del libro “PASTORALE GIOVANILE 2. Intorno al fuoco vivo del Sinodo”, uno strumento indispensabile per tutti gli educatori e gli operatori di pastorale giovanile che desiderano essere all’altezza del Vangelo e dei tempi che stiamo vivendo, con invito alla lettura di Papa Francesco.

Di seguito alcune informazioni inerenti al libro e l’estratto del video di Don Rossano Sala ospite al programma di TV 2000 “Il Diario di Papa Francesco” del 22 Settembre 2020 con il libro “Intorno al fuoco vivo del sinodo” (Editrice Elledici).

PASTORALE GIOVANILE 2
Intorno al fuoco vivo del Sinodo

Educare ancora alla vita buona del Vangelo

Con invito alla lettura di Papa Francesco

Caro Lettore,

abbiamo il piacere di informarti della pubblicazione del nuovo libro edito da Elledici “Pastorale giovanile 2. Intorno al fuoco vivo del Sinodo“, uno strumento indispensabile per tutti gli educatori e gli operatori di pastorale giovanile che desiderano essere all’altezza del Vangelo e dei tempi che stiamo vivendo.

Don Rossano Sala ospite al programma di TV 2000 “Il Diario di Papa Francesco” del 22 Settembre 2020
con il libro “Intorno al fuoco vivo del sinodo” (Editrice Elledici)

Il fuoco generato dal processo sinodale

Un importante testo che idealmente ci colloca intorno al fuoco generato dal processo sinodale della Chiesa universale, che si è svolto dal 2016 al 2019 , dal tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”

Ben 32 i contributi distinti in cinque significative “costellazioni”: 1) Antropologia, teologia e pastorale; 2) Accompagnamento, annuncio e animazione vocazionale; 3) Giovani, Chiesa e Sinodo; 4) Educazione, scuola e università; 5) Don Bosco, famiglia e oratorio.

Al termine del decennio dedicato dalla CEI a Educare alla vita buona del Vangelo (2010-2020) il testo si propone di tenere sveglio l’impegno educativo e pastorale della Chiesa a favore di tutti i giovani.

Dentro al libro

Un importante “Invito alla lettura” di Papa Francesco e il “Rilancio del cammino” di Giacomo Costa, sj.
Il primo testo che presenta e analizza tutto il processo sinodale e le sue conseguenze per la Chiesa e per i giovani.
Chiude un decennio (2010-2020), offrendone un bilancio, e ne apre un altro (2020-2030) offrendo importanti chiavi di lettura per entrarci nel migliore dei modi.

Autore

Rossano Sala è salesiano di don Bosco. Ha partecipato a due Capitoli Generali della Congregazione Salesiana (2008 e 2020) e agli ultimi due Sinodi: quello ordinario sui giovani del 2018 in qualità di Segretario Speciale e quello straordinario sull’Amazzonia nel 2019 come Padre Sinodale. Attualmente è Docente Straordinario di Pastorale Giovanile presso la Facoltà di Teologia della Università Pontificia Salesiana di Roma. Dal 2016 è Direttore della Rivista «Note di Pastorale Giovanile» e dal 2019 consultore della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi.

Visita il sito ufficiale Elledici

“Intorno al fuoco vivo del Sinodo”, il libro di don Rossano Sala su L’Osservatore Romano

Sull’edizione del 5 settembre de L’Osservatore Romano è uscita la presentazione dell’ultimo libro di don Rossano Sala, “Pastorale giovanile 2. Intorno al fuoco vivo del Sinodo. Educare alla vita buona del Vangelo» (Torino, Elledici, 2020, pagine 608, euro 28). Il quotidiano della Santa Sede ne riporta l’invito alla lettura di Papa Francesco, e stralci dell’introduzione – a firma di don Rossano Sala – e della parte conclusiva scritta da Padre Giacomo Costa, SJ.