Educare ancora, educare sempre

Dal numero di marzo di Note di Pastorale Giovanile, l’introduzione di don Rossano Sala al Dossier sull’educazione.

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Presentando il Dossier che occupa gran parte di questo numero di NPG, vorrei subito affermare che il “decalogo per l’educazione” è un convinto e coraggioso rilancio di un decennio dedicato dalla Conferenza Episcopale Italiana all’educazione. Come tutti sappiamo, gli “Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano” per il 2010-2020 erano intitolati Educare alla vita buona del Vangelo. Tutta la Chiesa italiana ci ha lavorato, a questo, per dieci anni in moltissime modalità.
Ma evidentemente non possiamo pensare che, finito questo tempo dedicato esplicitamente a pensare e proporre l’educazione, finisca anche il compito educativo che, in realtà, non è mai finito. Invece, ne siamo davvero convinti, che bisogna educare ancora, per il semplice motivo che bisogna educare sempre!
L’educazione ha un fine preciso, quello di far maturare ogni giovane verso la pienezza della vita; ma per questo compito non ha mai fine, perché abbiamo sempre davanti a noi degli spazi di perfezionamento, di crescita, di affinamento, di progresso. Si tratta appunto, di accompagnare il movimento della vita delle persone e la storia degli uomini, di un compito quindi permanente e ineludibile. Anche perché le giovani generazioni si susseguono continuamente e quindi è normale che siamo chiamati ogni volta a ripartire sempre di nuovo.

Il decennio che abbiamo appena concluso ha avuto vari momenti che ci hanno aiutato a camminare: il Sinodo sulla “nuova evangelizzazione”, che ci ha reso tutti consapevoli del cambio d’epoca in cui siamo inseriti; l’esortazione apostolica Evangelii gaudium, con cui papa Francesco ci ha consegnato la “Magna Charta” del suo pontificato, tutto pensato e realizzato nel pressante invito alla “conversione missionaria” della Chiesa; al centro del decennio c’è stato, a livello italiano, il grande Convegno di Firenze, vissuto in una forma sinodale, che ci ha fatto prendere coscienza che la questione educativa affonda le sue radici in un terreno antropologico e ultimamente cristologico; poi abbiamo vissuto i due sinodi sulla famiglia, che ci hanno aiutato a maturare una sensibilità per il lavoro pastorale sulla fragilità e nella fragilità; infine – non dimenticando la Laudato sì’, che ci ha aiutato a maturare una sensibilità non solo per l’ecologia in generale, ma per una “ecologia integrale” – ci siamo concentrati sull’universo giovanile attraverso un percorso partito nel 2016 con l’indizione del Sinodo dal tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” e rilanciato da papa Francesco con l’Esortazione Apostolica postsinodale Christus vivit del 25 marzo 2019.

Mi piace introdurre questo decalogo riconsegnandovi, nella forma della testimonianza, alcune sensibilità educative maturate durante il Sinodo sui giovani. Chiamato ad essere “Segretario speciale” di questo evento ecclesiale anch’io sono cresciuto camminando insieme con i giovani. Sinteticamente, mi permetto quindi di offrire alcune piste di lavoro maturate al Sinodo in merito all’educazione, che per sua natura è una realtà poliedrica e dinamica, in quanto si presenta sempre in movimento e con una quantità enorme di differenti sfaccettature. Si tratta evidentemente di sfide, intendendo con questa parola sia una dinamica di opportunità positiva che di rischio da affrontare. Lo faccio riprendendo alcune parole chiave tra le tante che sono state valorizzate durante i tre anni di lavoro in cui il Sinodo sui giovani ha preso corpo.

Il grande appello alla sinodalità

Prima di tutto riconsegno la necessità di metterci di nuovo in cammino con i giovani. L’educatore è prima di tutto uno che si mette in cammino e che non ha paura di mettersi in gioco. Mi impressiona sempre il vangelo, perché ci presenta sempre Gesù in movimento, mai fermo, mai bloccato. Alla domanda “dove abiti?” i primi discepoli sono invitati a venire e a vedere, e pian piano scopriranno che Gesù ha per casa il mondo intero! Effettivamente al Sinodo siamo partiti dalla domanda pratica “che cosa dobbiamo fare con i giovani?” e siamo arrivati alla domanda esistenziale “chi dobbiamo essere con i giovani?”. Si tratta di una chiara conversione dal “fare per” all’“essere con”, e non è cosa da poco. L’educazione cristiana dei giovani si gioca prima di tutto qui, in questa prima e decisiva sfida dello stare con i giovani e camminare con loro!

Il primato comunitario nell’educazione

In secondo luogo desidero sottolineare con convinzione la forma comunitaria dell’educazione. Siamo partiti da una prospettiva piuttosto individualistica nel cammino sinodale, ma pian piano abbiamo riscoperto la bellezza di essere comunità che educa. Lo ripetiamo spesso, nel mondo dell’educazione, che “per educare ci vuole un villaggio”. Abbiamo riabilitato la forza e la fecondità dell’accompagnamento e del discernimento ecclesiale e comunitario. E solo dopo e dentro questo matura un’appartenenza ad un gruppo specifico e anche un cammino di approfondimento e discernimento personale. Creare luoghi ecclesiali aperti al confronto, al dialogo e alla condivisione è oggi sempre più essenziale per offrire solidità alle nostre proposte educative!

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