CS – Istituto Internazionale Edoardo Agnelli: Il Rettor Maggiore visita e benedice i nuovi laboratori

Il Comunicato Stampa dell’Istituto Internazionale Edoardo Agnelli di Torino relativo all’inaugurazione dei nuovi laboratori parte del progetto di rinnovamento “Insieme Costruiamo Futuro”, al quale parteciperà il Rettor Maggiore dei Salesiani don Ángel Fernández Artime.

– Comunicato Stampa –

Progetto #InsiemeCostruiamoFuturo

Il Rettor Maggiore dei Salesiani visita e benedice

i nuovi laboratori dell’Istituto Edoardo Agnelli

Sabato 11 settembre 2021

A pochi giorni dalla ripresa della scuola dopo la pausa estiva, e terminati i lavori dell’ambizioso progetto di rinnovamento “Insieme Costruiamo Futuro”, in occasione dell’inaugurazione dei nuovi laboratori di meccatronica, elettronica, informatica ed energia, l’Istituto Agnelli è lieto di annunciare la presenza del Rettor Maggiore dei Salesiani don Ángel Fernández Artime.

Sabato 11 settembre alle ore 17.00, accolto dal Direttore dell’Istituto Don Claudio Belfiore, dalla famiglia salesiana, dai laici corresponsabili, dai genitori e dai giovani, il Rettor Maggiore taglierà il nastro e benedirà le nuove aule dell’Istituto Tecnico Tecnologico, frutto di un’innovativa riqualificazione edilizia e riorganizzazione didattica.

Alla conferenza di presentazione prenderanno inoltre parte:

  • la Fondazione Agnelli,
  • i consulenti che hanno progettato i laboratori: lo Studio Tavella Marco, il perito Mauro Racca e l’ing. Alessandro Apolloni
  • le ditte costruttrici: la D’Engineering di Marco D’Elia e la IET di Alessandro Marchesi
  • i rappresentanti delle aziende partner dei progetti di formazione e lavoro che collaborano abitualmente con l’Istituto Tecnico
  • il presidente di Missioni Don Bosco, con cui l’Edoardo Agnelli collabora da diversi anni
  • i docenti e gli studenti dell’Istituto Tecnico

    La cerimonia di inaugurazione si svolgerà in presenza nel rispetto delle normative covid vigenti, pertanto gli accessi saranno contingentati. Sarà possibile seguire l’evento in diretta attraverso il canale facebook dell’Istituto.

Insieme costruiamo futuro” è il progetto di innovazione e potenziamento dell’ITT che l’Edoardo Agnelli ha lanciato nell’aprile 2021.

In tempo di pandemia e di tanto parlare su importanza e investimenti per la Scuola, l’Istituto salesiano che da più di 80 anni si trova a Torino Mirafiori Nord ha deciso di agire, con un intervento innovativo e di notevole impatto ambientale e didattico.

«Noi crediamo nei giovani, crediamo nella Scuola, crediamo negli studenti. E investiamo», così si esprime il direttore dell’Edoardo Agnelli, don Claudio Belfiore. «In due anni abbiamo dato fondo alle nostre casse, riqualificando e migliorando le aule e i laboratori dell’Istituto Tecnico. Sono luoghi in cui i nostri studenti imparano, apprendono, sperimentano, vivono. E devono essere ambienti belli, sicuri, innovativi, che guardano al futuro. Questi giovani, segnati dalla pandemia, ma non ad essa sottomessi, meritano questi investimenti, hanno diritto di ricevere di più».

A coronamento di questi lavori, iniziati il 24 maggio 2021 e completati in tempo record il 31 agosto 2021, la presenza del Rettor Maggiore dei Salesiani, don Ángel Fernández Artime, rappresenta un momento unico e di grande valore per tutta la Comunità.

Superiore Maggiore dei Salesiani, decimo successore di Don Bosco, è il Padre della Famiglia Salesiana nel Mondo. La sua visita, breve per i numerosi impegni e pertanto intrisa di attesa, è testimonianza concreta del valore e dell’importanza di questo momento e dei lavori attuati dall’Istituto salesiano.

La compresenza del Rettor Maggiore e della Fondazione Agnelli, che ha dato un apporto ai lavori di questa estate con un contributo, si ricollega idealmente a quanto avvenuto nel 1938, quando il Senatore Giovanni Agnelli, fondatore della FIAT, e don Pietro Ricaldone, allora Rettor Maggiore dei Salesiani, posero la prima pietra, che fu l’inizio dell’Istituto Edoardo Agnelli.

Allora come oggi il senso e l’orizzonte verso cui ci si intende muovere è il medesimo: «Formare buoni cristiani e onesti cittadini», ribadisce con vigore don Ángel Fernández Artime, «così come ci ha insegnato Don Bosco: li prepariamo ad essere ottimi operai, periti competenti, professionisti appassionati e innovativi. E Perché questo sia vero e permanente, è importante che il cuore dei giovani, le loro mani, la loro intelligenza siano mossi dalla speranza, che non è illusione, non è semplice ottimismo, non vive di slogan e frasi ad effetto, ma si nutre di fiducia, di relazioni, di collaborazione, di sacrificio e di amicizia don Dio».

Alle 18 il Rettor Maggiore presiederà la Santa Messa, che verrà celebrata nei cortili dell’Istituto per garantire il distanziamento. Sarà possibile seguire la diretta streaming sul canale youtube dell’Istituto Internazionale Edoardo Agnelli, rilanciata sui propri canali social.

Ufficio Comunicazione dell’Edoardo Agnelli

Michele Dettoni

Telefono: 011-6198311

Email: ufficiostampa@istitutoagnelli.it                                                                                                                                                                                                                                                                                                     

Inaugurazione della mostra temporanea “Lock art” e delle Sale della Famiglia Salesiana

Nel pomeriggio di mercoledì 8 settembre 2021 presso Museo Casa Don Bosco si è svolta l’inaugurazione delle Sale dedicate alla Famiglia Salesiana e della mostra temporanea “Lock art, realizzata in collaborazione con ArtFullFrame: la visione del tempo della pandemia da parte di 15 fotografi di tutto il mondo.

L’inaugurazione ha visto la presenza del Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Ángel Fernández Artime; il Direttore Artistico e Capo progetto Lock Art Chiara Candellone Sticca; Don Leonardo Mancini, Ispettore Salesiani Piemonte Valle D’Aosta e Lituania; Don Cristian Besso, Responsabile progetto museologico Museo Casa don Bosco; i fotografi torinesi Claudio Gottardo e Gabriele Zago con loro testimonianza.

A moderare l’incontro di inaugurazione, la dottoressa Stefania De Vita – Direttrice del Museo Casa Don Bosco.

Foto - Inaugurazione Mostra Lock Art e Sale della Famiglia Salesiana

Per l’occasione il Rettor Maggiore ha presentato i nuovi spazi del Museo Casa Don Bosco dedicati alle figure più significative della missione educativa salesiana: i gruppi della Famiglia Salesiana con ciascuno dei Santi/e e Beati/e di riferimento, rappresentati nella loro origine carismatica al fine di trasmettere quel clima di famiglia che don Bosco dedicava ai proprio figli.

Oggi è il giorno nel quale possiamo dire che la realtà del Museo Casa Don Bosco finisce tutti i suoi lavori e impegni. Mancava infatti una parte molto importante, ovvero quella di mostrare la vita e la realtà di tanti che hanno preso il carisma di Don Bosco e lo hanno trasmesso in tutto il mondo. Siamo riusciti dopo 11 mesi a riempire le due stanze dedicate alla Famiglia Salesiana di una grande significatività.

Don Ángel Fernández Artime

Al termine dell’evento, i partecipanti hanno potuto effettuare il tour della mostra e la visita dei nuovi ambienti del Museo.

RIVIVI L’EVENTO:

Mostra Lock Art
Articolo Museo Casa Don Bosco

Salesiani, Don Francesco Preite: ‘La ricerca del punto accessibile al bene’

Sul sito Affari Italiani è uscito un articolo con una intervista a don Francesco Preite, nuovo presidente di Salesiani per il Sociale.

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Don Francesco Preite, nato a Potenza 44 anni fa, nell’abbraccio riconoscente della comunità che ne ha apprezzato impegno, passione e dedizione, lascia la Direzione dell’Istituto Salesiano Redentore di Bari, per prendere la Presidenza Nazionale di “Salesiani per il Sociale APS”, la cui Assemblea lo ha eletto per il quadriennio 2021-2025.

L’azione di don Francesco, in una sorta di continua sintonia con lo spirito di FARE – Futuro d’Autore, il progetto selezionato da “Con i Bambini” nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, è stata sempre tesa a ridurre i fenomeni di Povertà Educativa e di Dispersione Scolastica. Intervenendo, insieme alla comunità non solo parrocchiale, per evitare la diffusione di comportamenti criminali o devianti e soprattutto offrire ai minori prospettive concrete di recupero e di reinserimento sociale.

“Sempre per e con i giovani. Tutto quello che siamo e che facciamo, la nostra identità e la nostra missione di Associazione, è per i giovani, specialmente i più poveri”, ha dichiarato in occasione della nomina ai vertici nazionali, “Siamo una grande comunità nazionale, fatta di persone e di Enti del Terzo Settore con un buon radicamento territoriale: desidero davvero raccomandarvi di ricercare costantemente innanzitutto il dialogo con le Comunità Educative Pastorali locali ed i Comitati territoriali di riferimento. Scegliere il Sud: non come semplice luogo geografico, ma come scelta preferenziale rivolta ai più fragili, che popolano le periferie delle nostre Città, dei nostri territori, della nostra Italia”.

E poi a proposito dell’esperienza complicata sul territorio ha aggiunto: “È evidente che laddove mancano diritti, servizi, cultura educativa, il disagio è più forte ed i ragazzi sono più esposti ai pericoli. Non siamo eroi, ma siamo persone chiamate nel Buon Samaritano a rendere un servizio educativo ai giovani. Continuiamo insieme a scegliere la via dell’educazione e del servizio responsabile per costruire un pezzo di Italia con e per i giovani. Ce lo chiede Don Bosco, ce lo chiedono i giovani”.

Il quartiere Libertà di Bari fa tesoro degli stimoli di Don Francesco Preite, che ha sempre continuato a sottolineare che: “Se da una parte non mancano i segnali di una giustizia viva e tenace nella sua quotidiana funzione di presidio di legalità, dall’altra l’appartenenza mafiosa – in maniera forse ancor più pervicace – diventa per molti ragazzi una straordinaria occasione di riscatto esistenziale e sociale”.

“La sola repressione non basta – insiste – bisogna investire nella prevenzione educativa dei ragazzi. Bisogna essere capaci di dare opportunità concrete ai tutti i ragazzi, nessuno escluso, garantendo opportunità e possibilità per tutti. Il problema non è la mafia, scrive don Luigi Ciotti, intesa come organizzazione criminale quanto la mafiosità, il mare dentro cui nuota il pesce mafioso. È una questione culturale. Se non diamo ai ragazzi un mare pulito, li diamo in pasto ai clan. Questo non può essere tollerato in una società civile che ha il dovere di tutelare, proteggere, promuovere i più piccoli. Ed allora c’è bisogno di un sogno, di una visione più forte al Libertà. Un sogno che permetta ai “lupi di diventare agnelli”, e perché no, pastori: modelli positivi”.

Per don Preite bisogna agire su tre fronti: “Più scuola e formazione. Potenziare le scuole del Libertà, rendendole maggiormente attrattive e soprattutto rendere pubblica la partecipazione e l’iscrizione dei ragazzi ai Centri di Formazione Professionale. Bisogna dire basta nel rendere subordinata a progetti, la formazione professionale per i ragazzi in obbligo formativo in possesso di licenza media. L’iscrizione delle famiglie dei ragazzi alla formazione professionale deve essere libera e pubblica”.

“Sono giovani con l’intelligenza nelle mani – afferma con emozione don Francesco – ragazzi svegli e vivaci, con grande praticità ed enorme voglia di applicarsi. Non mi piace stigmatizzarli come giovani che hanno vissuto un fallimento nel tradizionale percorso scolastico, ma certamente sono arrivati da noi perché hanno avuto delle difficoltà. Ora studiano per diventare elettricisti o meccanici”.

Un approccio sociale che passa anche attraverso un’altra battaglia condotta con lungimiranza e spesso tra mille contrasti: la riqualificazione degli spazi urbani, come primo passo per creare attorno ad essi una nuova idea di comunità. E la prima occasione è stata proprio piazza Redentore, trasformata in un’isola pedonale, dopo un lungo cantiere che non si è fermato neppure un giorno durante il lockdown.

“Un passaggio cruciale per fare comprendere a tutti l’importanza del rispetto delle regole. Cosa che non riuscirà ad essere garantita dalla sola presenza di un presidio dei Vigili Urbani. Abbiamo eliminato la cancellata della chiesa, per aprirci ancora di più al quartiere, la scalinata e le panchine saranno un invito a sedersi. La nostra idea è formare educatori di strada e volontari, che possano muoversi senza soluzione di continuità fra l’oratorio e la piazza”.

E’ questa l’eredità che don Francesco Preite lascia al suo successore a Bari – nominato per il triennio 2021-2024 – don Pasquale Martino. Ispettore salesiano dell’Italia Meridionale dal 2005 al 2011 e fino ad oggi direttore salesiano della comunità di Salerno. Contestualmente l’Ispettore salesiano dell’Italia Meridionale, don Angelo Santorsola, ha nominato Incaricato dell’Oratorio di Bari Redentore, don Giuseppe Russo.

(gelormini@gmail.com)

*Video a cura di Arcangelo Pellegrino

 

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Salesiani Sicilia, campo dei familiari dei Salesiani di Don Bosco 2021

Dal sito dei Salesiani Sicilia, un articolo sul campo dei familiari dei Salesiani 2021, a firma di Giuditta Garufi.

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Dopo una serie di incontri online avvenuti nei mesi invernali, dal 3 al 5 settembre 2021 si è tenuto, presso la Colonia don Bosco di Catania, il Campo con i familiari dei giovani – e non solo! – Salesiani di don Bosco dell’Ispettoria Sicula. Per il quarto anno di fila, le famiglie “biologiche” di alcuni confratelli salesiani hanno avuto l’opportunità di confrontarsi tra loro e con la famiglia “acquisita” dei propri figli/fratelli/nipoti, rappresentata dalla Congregazione. Ricorrendo il 150° anniversario dall’istituzione a Patrono della Chiesa Cattolica, il Papa ha indetto un anno dedicato alla riflessione su San Giuseppe, ed è proprio a partire dalla figura di questo santo che si sono sviluppati i due momenti formativi che hanno accompagnato i partecipanti al campo.

La prima delle due relazioni è stata tenuta dai coniugi Antonino Solarino e Rosaria Perricone, Salesiani cooperatori di Ragusa, che a partire dal tema della paternità nel matrimonio hanno condiviso esperienze e punti di vista in merito alla “funzione” della famiglia per ciascun membro della stessa, laico o religioso che sia: è nella famiglia, infatti, che si apprende la grammatica delle relazioni, costituita da amore, pienezza e senso della vita. L’amore paterno va poi a caratterizzarsi quale forma di amore casto: un amore che sa custodire, capace di intimità senza possesso, di riconoscere fino in fondo la soggettività dell’altro. Parole semplici, ma che hanno fatto vibrare le giuste corde dei pensieri e dei cuori di Salesiani e familiari presenti al campo, in modo tale da riflettere e confidarsi all’interno del proprio nucleo familiare, per crescere insieme.

Il secondo momento formativo è stato condotto dall’Ispettore dei Salesiani di Sicilia e Tunisia, don Giovanni D’Andrea, il quale, rifacendosi al proprio vissuto, ha consegnato agli uditori una serie di parole chiave che riassumono la concezione di paternità nella vita consacrata e/o sacerdotale: si tratta di un amore attento, affettuoso, ma non sdolcinato, un amore che passa attraverso la sofferenza e che si fonda sul saper stare vicino all’altro e sulla pazienza. Concezione che, d’altronde, si rifà all’articolo 15 delle Costituzioni Salesiane, citato dallo stesso Ispettore:

«Mandato ai giovani da Dio che è “tutto carità” , il salesiano è aperto e cordiale, pronto a fare il primo passo e ad accogliere sempre con bontà, rispetto e pazienza. Il suo affetto è quello di un padre, fratello e amico, capace di creare corrispondenza di amicizia: è l’amorevolezza tanto raccomandata da Don Bosco. La sua castità e il suo equilibrio gli aprono il cuore alla paternità spirituale e lasciano trasparire in lui l’amore preveniente di Dio».

Il campo con i familiari degli SDB è stato poi articolato in momenti di confronto per gruppi, fraternità, buonanotte salesiana, relax, e le celebrazioni eucaristiche, nel corso delle quali sono stati vissuti momenti di preghiera particolari: la benedizione dei papà, il rinnovo delle promesse matrimoniali di due coppie di genitori, in occasione dei 25 e 30 anni di matrimonio; il ricordo dei familiari di Salesiani siciliani defunti, in particolare quelli nell’anno; il rinnovo dei voti di 9 giovani confratelli: Fabrice, Simone, Danilo, Emanuele, Antonio, Vito, Orazio, Giuseppe e Alessio.

Salesiani, genitori, fratelli, sorelle e zie, dopo questo Campo, portano con e dentro di sé istanti di conoscenza, familiarità, comunione, vissuti nella semplicità e nella gioia dello stare insieme, uniti in Dio grazie alla grande Famiglia della Congregazione Salesiana, in cui così come ogni Salesiano si fa “padre” di ciascun giovane che incontra per la sua strada, allo stesso modo i genitori di un Salesiano diventano padre e madre di ciascun Salesiano della Congregazione.

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Cinque giorni di open day all’oratorio dei Salesiani di Caserta

A partire dalla giornata di oggi, 6 settembre, fino al 10 settembre l’Oratorio salesiano di Caserta organizza 5 giornate di open day accogliendo i ragazzi dai 6 ai 13 anni per vivere insieme 5 pomeriggi con attività, laboratori e sport. Di seguito l’articolo pubblicato su Caserta News.

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Cinque giorni di open day all’oratorio dei Salesiani
Don Giancarlo d’Ercole: “I nostri ragazzi hanno bisogno di una comunità di educatori giovani e di adulti in cui sentirsi accolti”

L’oratorio salesiano di Caserta, presidio educativo per ragazzi e giovani della città, riparte con cinque giorni di open day. “Dopo i fatti di via Vico, rafforziamo ulteriormente la funzione educativa dell’oratorio come strumento preventivo per la crescita sana e completa dei ragazzi e delle ragazze”, ha affermato don Giancarlo d’Ercole. I Salesiani sono pronti ad accogliere, dal 6 al 10 settembre, i ragazzi dell’età compresa da 6 ai 13 anni. Cinque pomeriggi dedicati ai laboratori, attività e sport, che si svolgeranno durante tutto l’anno.

“I nostri ragazzi – spiega don Giancarlo d’Ercole, direttore dell’oratorio salesiano di Caserta – oggi più che mai, hanno bisogno di una comunità di educatori giovani e di adulti in cui sentirsi accolti, voluti bene e preparati ad inserirsi nella società da cittadini onesti e responsabili. L’oratorio ancora oggi è uno spazio sicuro e significativo per la crescita integrale dei ragazzi, soprattutto di quelli più poveri di risorse economiche. Prossimità, solidarietà, corresponsabilità e fede sono valori irrinunciabili per il nostro oratorio e chiunque lo frequenta li respira, perché l’oratorio di don Bosco è casa per tutti e madre per molti. Dopo gli ultimi fatti tragici accaduti nella nostra città, ancora una volta viene alla luce l’emergenza educativa che non può essere affrontata solo con più controlli e maggiori divieti. Gli adolescenti hanno bisogno di una comunità che in sinergia alla famiglia si prenda cura di loro, li aiuti ad affrontare le loro paure, le educhi a gestire le loro pulsioni e dia sostegno e futuro ai loro sogni. Per questo l’oratorio, pensato da don Bosco come strumento preventivo per la crescita sana e completa dei ragazzi e delle ragazze, conserva tutta la sua urgente attualità”.

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Salesiani Caserta

“Io, prete antimafia in prima linea, lascio Bari e i bambini del Libertà: voi continuate la lotta ai clan che tarpano le ali”

Da La Repubblica, edizione di Bari, intervista di Isabella Maselli a don Francesco Preite che lascerà il Redentore di Bari per andare a Roma come presidente di Salesiani per il Sociale APS.

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«Io credo che sia maturata l’attenzione alla legalità e alla giustizia. Prima si tollerava e si era indifferenti ai fenomeni criminali, adesso li si riconosce. Ma a vanno incoraggiati i percorsi virtuosi legati all’antimafia sociale. Il cancro di un quartiere popolare come il nostro è la presenza della mafia che tarpa le ali allo sviluppo”. Don Francesco Preite ha diretto per 11 anni l’oratorio dell’istituto salesiano del Redentore, nel cuore del Libertà. È arrivato il 31 agosto 2010, alla prima esperienza dopo essere stato ordinato sacerdote, e cinque anni dopo ha assunto la direzione dell’intera casa salesiana, che comprende oratorio, parrocchia, centro di formazione professionale, centro diurno e comunità educativa per minori, convitto, laboratorio culturale e biblioteca. Lascerà l’11 settembre per trasferirsi a Roma, dove ricoprirà il ruolo di presidente dei Salesiani per il Sociale coordinando le realtà nazionali del disagio giovanile.

Cosa porterà con sé dopo questi 11 anni a Bari?
«Sono molto grato alla gente del Libertà perché mi ha reso più forte, più attento al disagio giovanile e mi ha dato gli strumenti per poter intervenire. L’oratorio è stato la culla dei sogni, il laboratorio più bello per progettare e sognare un quartiere più attento ai più piccoli e alle famiglie nella prospettiva educativa».

Che quartiere è il Libertà dall’osservatorio del Redentore?
«Tre indici lo caratterizzano: è il più multietnico e multiculturale, il più giovane e, purtroppo, anche quello con la percentuale più alta di minori sottoposti a procedimenti penali in tutta la Puglia. In dieci anni questi primati hanno caratterizzato l’attenzione e anche l’azione educativa del Redentore, che ha vissuto un passaggio importante da un modello chiuso a un modello più aperto al territorio. Il segno plastico di questo cambiamento è aver tolto la cancellata di fronte alla chiesa: adesso l’opera è inserita nella piazza, osservatorio privilegiato per capire i cambiamenti del quartiere».

Cosa è cambiato?
«Rispetto ad alcuni anni fa c’è un senso di accoglienza nuovo, la gente del quartiere vede con meno diffidenza e aggressività gli immigrati. Su questo credo abbiamo influito la pandemia, che ci ha resi tutti più poveri costringendoci a guardarci intorno per dare una mano anche all’altro. Non mancano episodi di razzismo e di violenza, ma c’è un germe nuovo che sta crescendo».

E la presenza mafiosa?
«Il tema della criminalità organizzata ha accompagnato questo decennio, il Libertà è un territorio molto bello ma segnato dalla mafia. La svolta è stata nel 2014 l’omicidio di Florian Mesuti, un segno forte per la comunità, perché non si poteva rimanere più indifferenti di fronte a un omicidio mafioso. Quella storia ha fatto prendere coscienza sulla gravità della penetrazione mafiosa nel territorio ed è stato un campanello di allarme : ci ha detto che la mafia si nutre del degrado, della mancanza di istruzione e di lavoro».

Cosa è successo dopo?
«Su questi temi si sono sviluppati i nostri progetti più importanti, che però vanno rafforzati: qui, per esempio, c’è una dispersione scolastica molto alta e in quartieri come questi forse va pensata una scuola diffusa. Così come serve più attenzione al mondo del lavoro. Ma il Redentore da solo non può fare molto: serve rafforzare la rete di associazioni, istituzioni e realtà cooperative. Educazione per noi è essenzialmente prevenzione».

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Pandemia anno terzo, come dare speranza ai giovani: intervista a don Domenico Ricca

Da La Voce e il Tempo, intervista di Marina Lomunno a don Domenico Ricca, cappellano dell’Istituto penale per minorenni «Ferrante Aporti» di Torino sul tema delle fragilità giovanili alla luce della pandemia.

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Don Domenico Ricca, salesiano, sacerdote dal 1975, dal 1978 è cappellano dell’Istituto penale per minorenni «Ferrante Aporti» di Torino. Ha ricoperto per la sua congregazione numerosi incarichi nazionali e regionali a favore dei ragazzi più fragili. Presidente dell’associazione «Amici di don Bosco» onlus che si occupa di adozioni internazionali, è anche consigliere ecclesiastico delle Acli della Provincia di Torino.

Don Ricca, lei ha dedicato tutta la sua vita di prete ai giovani più deboli secondo il carisma salesiano «diamo di più ai giovani che hanno avuto di meno». La pandemia ha svelato fragilità nuove anche nei giovani più «fortunati» e da più parti si afferma che saranno le nuove generazioni a pagarne il prezzo più alto. Dal suo osservatorio condivide questa analisi?

Se c’è una categoria di persone su cui non si dovrebbe mai generalizzare sono proprio i giovani: solitamente siamo noi adulti dediti a quest’arte, perché li conosciamo troppo poco, è troppa la distanza di anni fra noi e loro, e così ci affidiamo agli analisti del mestiere. Mi piace partire da alcune testimonianze dirette, colte sul campo, che ho letto in questi mesi sui giornali. «Ho 12 anni, mi vaccino perché sono stufo della Dad e non voglio fare tamponi su tamponi»; «La rinuncia più grande nel periodo del Covid forse è lo sport. Pratico basket e nuoto e non sono riuscito a fare nulla per quasi due anni. Spero di rifarmi adesso. Per non restare troppo fermo ho fatto ginnastica con papà a casa. Esercizi a corpo libero, papà mi dice come si faceva una volta in palestra. Era l’unico modo per muovermi un po’». E altri giovanissimi: «Ci vacciniamo per tornare a stare con gli amici».

Mostrano fieri il cerotto sul braccio: sono giovani e adolescenti che non pensano solo alla vacanza in libertà. Scelgono il vaccino per ritrovare la normalità, rientrare in classe e superare l’incubo della Dad, riprendere le attività sportive, ma anche per tornare a vivere in sicurezza l’università o il lavoro. Tra i ventenni, c’è anche la spinta ad ottenere il Green pass per i concerti e per «uscire con gli amici e feste». Ma non solo: «Paola guarda il cerotto sul braccio e si rivolge a mamma: ‘Quando torneremo a trovare nonna, finalmente potrò abbracciarla?».

I «suoi» giovani al Ferrante Aporti sperimentano la reclusione, la sottrazione della libertà e fondamentale, nel percorso di riabilitazione, è l’incontro con adulti significativi che rimotivino a ripartire. In questi due anni anche i giovani «liberi» in qualche modo hanno vissuto «ristretti» non potendo andare a scuola in presenza, frequentare gli amici, fare sport ecc. Secondo lei il mondo degli adulti (genitori, educatori, insegnanti, politici…) cosa deve fare per aiutare ragazzi e le ragazze a guardare oltre il Covid che ci ha gettato in un clima di pessimismo e progettare il futuro?

Qui il tema rimanda a quale tipo di comunicazione va innestata tra gli adulti e i giovani. Noi adulti siamo ancora troppo legati alla comunicazione verbale fatta di buone parole, piena di «mi raccomando». Ma forse non è giunto il tempo di avviare segnali e possibili percorsi di incontro? Perché tutti sperimentiamo la ricchezza di un incontro prolungato, senza fretta, non guardando l’orologio ma trasmettendo la vera sensazione di essere lì solo per loro. Occorre condivisione di esperienze: ci abbiamo provato un po’ nel tempo del lockdown, ma poi la Dad per i ragazzi, il lavoro in remoto per gli adulti hanno di nuovo ridotto le possibilità di incontro. Dice un ragazzo «E il resto della giornata: Dad e play station, che d’altronde erano gli unici due modi per stare in contatto con i miei amici». Il tema del guardare oltre va trasmesso con segnali di speranza. Non possiamo consegnare ai giovani ciò che a noi adulti per primi manca. Mi sembra che siamo incapaci di manifestare passione, vicinanza, empatia con chi ci sta accanto, fosse anche nostro figlio. È quanto scriveva san Giovanni Bosco nel 1884 da Roma in una lettera inviata ai salesiani di Torino Valdocco: «Non basta che i giovani siano amati ma che capiscano di essere amati!». Con questo li invitava a stare in mezzo ai ragazzi, a giocare con loro, a seguirli in ogni loro attività, a praticare la vicinanza… Erano questi per don Bosco i veri segnali d’incontro. Adulti arrabbiati nelle piazze per le proteste «No Green Pass» con lo slogan di «Potere al popolo» non so cosa possano trasmettere ai giovani…

Qual è il ruolo della pastorale giovanile delle nostre diocesi?

La Pastorale giovanile ha  grandi opportunità, educatori e preti giovani che stanno in mezzo ai ragazzi. Li favorisce la vicinanza di età, le tante occasioni, anche quelle estive: Estate ragazzi, campi scuola, oratori aperti e accoglienti al di là del colore della pelle e dell’appartenenza religiosa. Ma anche qui – e io sono nessuno per insegnare agli altri – sembra ovvio che queste occasioni di incontro bisogna giocarsele a tutto campo, non aver paura, ma viverle con gioia: perché se i ragazzi vedono che noi ci crediamo, non saranno mai spettatori.

Il presidente Mattarella intervenendo al Meeting di Rimini ha invitato tutti, soprattutto i credenti, al coraggio della responsabilità: «la nostra responsabilità è immaginare il domani» ha detto. Come possiamo aiutare i nostri giovani ad immaginare il loro domani?

Rispondo con le parole di Mattarella: «Il mondo ‘globale’ viene percepito, e diviene in realtà, sempre più piccolo, le distanze si accorciano, comunichiamo on line, con immediatezza, non soltanto parole e immagini, ma speranze e paure, modelli di vita e comportamenti sociali. Un virus temibile e sconosciuto ha propagato rapidamente i suoi effetti sull’uomo, sulle società, sulle economie, diffondendo morte e provocando una crisi ancor più pesante delle altre di questo primo scorcio di millennio. Avere il coraggio ‘di dire io’ richiama la necessità di rivolgersi ad altri, a uno o a tanti tu. Si tratta, anche per i credenti, della chiave del rapporto con Dio. La pandemia ci ha dimostrato quanto ci sia bisogno di responsabilità. L’io responsabile e solidale, l’io che riconosce il comune destino degli esseri umani, si fa pietra angolare della convivenza. E, nella società civile, nella democrazia.

Lo sviluppo integrale della persona si è arricchito di ulteriori implicazioni e coerenze, connesse anche all’irrinunciabile principio di pari dignità e uguaglianza. La persona è più dell’individuo: è un io pienamente realizzato. Vive nel ‘noi’, cerca il ‘noi’. Sentiamo che cresce la voglia di ripartire: il motore è la fiducia che sapremo migliorarci, che riusciremo a condurre in avanti il nostro Paese».

Nel chiudere vorrei rivolgere a tutti l’invito a tradurre queste grandi parole in un costante, anche se faticoso, esercizio della responsabilità, ma, e ancor più in quello, tutto da inventare, del trasmettere ai giovani gli strumenti adatti per non restarne fuori.

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Italia – Don Tadeusz Rozmus insediato come nuovo Direttore della casa di Castel Gandolfo, dipendente dal Rettor Maggiore

Dall’agenzia salesiana ANS.

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(ANS – Castel Gandolfo) – È stato direttamente il Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, a presiedere, durante i vespri di mercoledì 1° settembre, l’insediamento del nuovo Direttore dell’opera e della comunità salesiana di Castel Gandolfo, nella persona di don Tadeusz Rozmus, già Consigliere per la Regione Europa Centro e Nord, nel sessennio (2014–2020). E questo perché, a seguito della decisione presa col consenso del Consiglio Generale, l’opera salesiana di Castel Gandolfo è stata incorporata tra le comunità del Rettor Maggiore (RMG), per le quali egli è direttamente responsabile.

Questo insediamento segna pertanto anche il cambio di Ispettoria della comunità di Castel Gandolfo, perché dopo molti anni di cura pastorale da parte Circoscrizione Italia Centrale (ICC), e precedentemente dell’Ispettoria Romana (IRO), la comunità con tutte le sue attività pastorali è passata direttamente sotto il coordinamento delle comunità RMG, per permetter una maggiore e migliore organizzazione di tutte le case che svolgono la loro attività con la Santa Sede: la comunità del Vaticano, la comunità delle catacombe di San Callisto ed ora anche la parrocchia pontificia di Castelgandolfo.

L’atto dell’insediamento si è svolto durante nella Chiesa Pontificia “San Tommaso da Villanova” a Castel Gandolfo, presieduto come detto dal Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, e accompagnato da diversi altri salesiani, tra cui il Vicario del Rettor Maggiore, don Stefano Martoglio, il Superiore della Circoscrizione Italia Centrale (ICC) don Stefano Aspettati, il Direttore della Comunità della Sede Centrale Salesiana, don Jean-Claude Ngoy Wa Kayumba, e altri religiosi delle comunità salesiane.

Prossimamente è previsto l’ingresso di don Rosmuz anche come parroco della parrocchia pontificia di Castel Gandolfo.

Don Tadeusz Rozmus è presente in Italia dal 2006 quando, dopo il suo sessennio come Ispettore di Cracovia (PLS), venne chiamato a Roma dall’allora Rettor Maggiore, Don Pascual Chávez, come Direttore dell’opera salesiana di San Callisto. Successivamente è stato Direttore dell’opera di Perugia e per alcuni anni ha lavorato anche nella Congregazione vaticana per il Clero. Il CG27 lo ha eletto come membro del Consiglio Generale responsabile per la Regione Europa Centro e Nord (2014-2020).

Nell’occasione il Rettor Maggiore ha speso delle parole di ringraziamento anche verso il Direttore uscente, don Enzo Policari, sottolineandone la sua grande generosità ed esperienza come Direttore e Parroco delle comunità salesiane – Roma-Don Bosco, Roma-Borgo Ragazzi Don Bosco, Roma-Sacro Cuore, Civitavecchia e infine Castel Gandolfo – e verso don Aspettati e verso tutti i salesiani che in questi anni hanno lavorato con grande dedizione al servizio di questa parrocchia pontifica.

La celebrazione è stata completata da un momento di condivisione e fraternità.

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Don Antonio Carbone saluta Torre Annunziata: “La città del mio cuore”

Da Lo Strillone web.

“Lascio la mia città. Torre Annunziata è nel mio cuore”. Dopo nove anni di lavoro sul territorio in mezzo ai giovani, don Antonio Carbone lascia i salesiani e si trasferisce nella comunità di Foggia. Una presenza costante per il parroco, che ha svolto un lavoro importante con i ragazzi, che anche distanza di tanti anni hanno per lui grani attestati di stima.

Al suo posto arriverà don Gino Cella in quello che è uno scambio tra Torre Annunziata e Foggia. Alla vigilia del suo passaggio in Puglia, il padre salesiano traccia un po’ quello che è stato il bilancio della sua seconda avventura nella città oplontina (la prima dal 2002 al 2006).

Tante sono state le attività per fornire un futuro migliore anche a ragazzi provenienti da realtà difficili nel mondo.

“In questi ultimi 9 anni abbiamo cercato di dare maggiore importanza alla nostra presenza sul territorio attraverso l’apertura della Casa Famiglia Mamma Matildedel pizzoratorio e del centro diurno Casa Valdocco. Bella anche la collaborazione con i vari istituti cittadini per provare a combattere la dispersione scolastica. Ma soprattutto c’è stato un impegno costante nel settore educativo. Significativa anche l’esperienza con il presidio Libera e l’Osservatorio per la Legalità. La presenza dei nostri ragazzi con le maglie rosse delle vittime innocenti di camorra, con l’ultima dedicata a Maurizio Cerrato nel giorno della manifestazione dopo il suo omicidio in via IV Novembre, è stata emozionante”.

Qual è stato il successo che più la gratifica per l’impegno profuso?

“L’apertura del laboratorio per piazzaioli. . Vedere almeno una quindicina di ragazzi che sono impegnati nella ristorazione nel nostro territorio, ma anche fuori, regala enorme soddisfazione. Un ragazzo che ora vive in Francia ci ringraziava per com’è cambiata la sua vita. Il discorso della riscossa lavorativa è quello di cercare anche di creare delle opportunità. L’impegno continuerà con l’associazione Piccoli Passi Grandi Sogni. Per tale motivo, anche se solo per una volta alla settimana, tornerò a Torre Annunziata”.

Vittorie, ma anche sconfitte. Nell’ultimo anno avete dovuto fronteggiare le perdite di due ragazzi come Luigi Caiafa e Vincenzo Arborea.

“Quando si lavora si può anche perdere. Se non lo si fa si perde soltanto. Di sicuro queste situazioni, che hanno avuto anche una grande risonanza, ci hanno rattristato. Ma rafforzano anche i tanti germogli. E’ stupendo per noi vedere tanti ragazzi, che hanno cambiato il loro modo di pensare. Alcuni spacciavano e ora lavorano onestamente”.

Che Torre Annunziata lascia?

“Una città che non è migliorata rispetto a 9 anni fa ed è triste. Tante forze giovani si sono allontanate dai nostri territori ed è brutto. A me il distacco da Torre costa perché sono nato qui nel quartiere Provolera. Malgrado le sue tante contraddizioni è nel mio cuore”.

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Museo Casa Don Bosco: “Lock art” – Inaugurazione della Mostra: 8 settembre 2021

Mercoledì 8 settembre 2021 alle ore 17.00, presso Museo Casa Don Bosco, verrà inaugurata la mostra temporanea “Lock art – Viaggio attraverso il mondo passando tra salotto e cucina, realizzata in collaborazione con ArtFullFrame: la visione speciale di 15 fotografi di tutto il mondo che raccontano il tempo della pandemia

L’inaugurazione della mostra vedrà la presenza del Rettor Maggiore dei Salesiani, Don Ángel Fernández Artime, e il Direttore Artistico e Capo progetto Lock Art Chiara Candellone Sticca.

– La partecipazione in presenza all’evento è su invito –

Di seguito il programma e le informazioni utili.

PROGRAMMA

Inaugurazione – Mercoledì 8 settembre 2021 – Ore 17.00
presso Museo Casa Don Bosco

Modera e illustra il progetto espositivo la dottoressa Stefania De Vita, Direttrice del Museo Casa Don Bosco. A seguire:

  • Il benvenuto istituzionale e la presentazione dei nuovi spazi del Museo Casa Don Bosco dedicati alla famiglia salesiana a cura di Don Ángel Fernàndez Artime, Rettor Maggiore della Congregazione Salesiana;
  • Il saluto di Don Leonardo Mancini, Ispettore Salesiani Piemonte Valle D’Aosta e Lituania;
  • L’illustrazione del progetto storico e scientifico dei materiali raccolti a cura di Don Cristian Besso, Responsabile progetto museologico Museo Casa don Bosco;
  • L’introduzione alla mostra a cura di Chiara Candellone Sticca, Direttore Artistico e Capo progetto Lock Art;
  • La testimonianza artistica del Fotografo torinese Claudio Gottardo.

Al termine dell’evento, i partecipanti potranno effettuare il tour della mostra e la visita dei nuovi ambienti del Museo dedicati alle figure più significative della missione educativa salesiana.

PER PARTECIPARE ALL’EVENTO

La partecipazione in presenza all’evento è su invito.

I giornalisti e gli operatori della comunicazione possono partecipare all’appuntamento richiedendo l’accredito inviando l’email a media@buonastampa.net oppure telefonando al numero 329.845.55.64.

L’evento sarà seguibile online sulla Pagina Facebook del Museo @museocasadonbosco a partire dalle ore 17.00 e in diretta TV dal Gruppo RETE 7 su PIEMONTE+ (canale 110 del digitale terrestre).

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