Introduzione al Dossier: “L’azione educativa della Chiesa all’interno della società civile”

(NPG 2021-08-8)

Il n. 204 dell’Instrumentum laboris (riportato nell’editoriale) mostra la sua pressante attualità.
Il dossier che segue intende assumere tali e altre indicazioni espresse nel documento preparatorio al Sinodo dei Giovani, e tentare una lettura della situazione attuale, alla luce dei mutamenti culturali e – a ruota non troppo veloce – legislativi che inquadrano, rimodellano un campo di facile incontro-scontro, appunto l’educazione dei giovani, in modo da renderne qualificata l’azione senza (da parte ecclesiale) perdere l’anima e lo spirito.
Esso è suddiviso fondamentalmente in tre grandi parti:
– una parte fondativa, che intende rispondere alle domande: perché ci occupiamo come Chiesa dell’ambito “sociale”? Con chi e come ci relazioniamo nella missione educativa?
– una parte più tecnica-esplicativa: che cosa si intende con “Terzo Settore”? Si vuole qui offrire una introduzione al tema capace di cogliere contesto, opportunità e limiti.
– una parte “esemplificativa”, appunto in azione concreta: due esperienze che declinano principi e teorie nel concreto associazionistico ed educativo.
L’ideazione e la gestione del dossier è stata affidata all’Associazione “Salesiani per il sociale”.

I curatori del dossier:
Salesiani per il Sociale: una rete associativa per “salvare” i ragazzi

I numeri
103.687 minori e giovani che vivono condizioni di fragilità e povertà sostenuti ed accompagnati in percorsi educativi, 178 interventi realizzati su tutto il territorio nazionale, più di 1.800.000,00 euro investiti in azioni di prevenzione e contrasto dei fenomeni di disagio giovanile, 1300 operatori volontari del servizio civile (dati Bilancio Sociale 2020): sono questi i numeri che testimoniano l’impegno di Salesiani per il Sociale in favore dei ragazzi e dei giovani del nostro paese.

L’identità
“Salesiani per il Sociale aps” è un’associazione di promozione sociale e rete associativa fondata nel 1993 dai Salesiani d’Italia per coordinare la missione salesiana a favore dei ragazzi in condizione di emarginazione e disagio sulle orme di don Bosco. È composta da 116 organizzazioni operanti sull’intero territorio nazionale. È guidata dal Presidente e un Consiglio Direttivo eletto dall’Assemblea nazionale, e coordinata da uno staff nazionale di 14 persone presso il Centro Nazionale “Salesiani don Bosco Italia”.

Le attività
L’associazione:
• progetta e attua interventi a favore dei minori e dei giovani che vivono condizione di fragilità e vulnerabilità, anche in collaborazione con reti nazionali ed internazionali;
• coordina, sostiene e promuove interventi, servizi e progetti per la prevenzione ed il contrasto delle forme di povertà educativa, esclusione sociale ed emarginazione di minori e giovani;
• promuove e diffonde la cultura dell’affido e della solidarietà familiare;
• promuove il volontariato e l’impegno solidale attraverso l’organizzazione ed il coordinamento del Servizio Civile Universale in Italia e all’Estero;
• svolge azioni di advocacy a favore di categorie svantaggiate.

I riferimenti
• www.salesianiperilsociale.it
• email: info@salesianiperilsociale.it
• telefono: 064940522

Tornare a camminare con i giovani

Di Valerio Corradi

Dossier Note di Pastorale Giovanile – novembre 2021

«La passione per cercare la verità, lo stupore di fronte alla bellezza del Signore, la capacità di condividere e la gioia dell’annuncio vivono anche oggi nel cuore di tanti giovani che sono membra vive della Chiesa. Non si tratta dunque di fare soltanto qualcosa “per loro”, ma di vivere in comunione “con loro”, crescendo insieme nella comprensione del Vangelo e nella ricerca delle forme più autentiche per viverlo e testimoniarlo. La partecipazione responsabile dei giovani alla vita della Chiesa non è opzionale, ma un’esigenza della vita battesimale e un elemento indispensabile per la vita di ogni comunità. Le fatiche e fragilità dei giovani ci aiutano a essere migliori, le loro domande ci sfidano, i loro dubbi ci interpellano sulla qualità della nostra fede. Anche le loro critiche ci sono necessarie, perché non di rado attraverso di esse ascoltiamo la voce del Signore che ci chiede conversione del cuore e rinnovamento delle strutture».
(Sinodo sui giovani, Documento finale, n. 116)

Gli appunti esposti in questo dossier sono dei tentativi di riflessione sul “cambiamento d’epoca” che stiamo vivendo e che possiamo osservare nel nuovo rapporto che i giovani intrattengono con la sfera religiosa e con le comunità ecclesiali.
Quella giovanile appare una religiosità in movimento nella quale sono presenti orientamenti che, anche in base all’età, si allontanano o si riavvicinano al solco della tradizione, ma molto diffusi sono anche gli atteggiamenti a-religiosi e manifestamente anti-religiosi.
Ad un’analisi più approfondita emerge che il credere o il non credere è sempre più una questione privata relativa solo al proprio “Io” che non riconosce “mediatori” tra sé e la dimensione trascendente. Questo atteggiamento definibile “monoteismo del sé” (Sequeri 2017) è basato su un culto ossessivo dell’identità personale con l’assolutizzazione della libertà, dei diritti e dei desideri dell’individuo.
Questa religiosità informe, è comunque portatrice di domande profonde e forse di un disagio latente dovuto allo smarrimento alimentato nei giovani da una società postmoderna che non offre punti di riferimento, ed è sempre più segnata da un senso di precarietà e da incertezze che esigono il ritorno a una visione della vita più ampia, condivisa e totalizzante.
Ben sapendo della crescente mole di contributi che cercano di affrontare questo tema, sono stati esplorati alcuni itinerari che aiutano a riavviare la speranza e a prendere familiarità col recupero del senso religioso che si esprime all’interno di campi emergenti dell’impegno giovanile (ambiente, politica, cooperazione). Oggi siamo chiamati a ripartire da un cristianesimo giovane, e a ritrovare un fiducioso orientamento verso il futuro che non è generico ottimismo, ma è la certezza della vicinanza di Dio e della sua grande misericordia che non lascia inascoltato l’uomo e veglia sempre su di lui. Del resto, trasformare l’angoscia e la paura in pace e gioia è una delle sfide della vita cristiana.

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Segnali di una religiosità dinamica

Da Note di pastorale giovanile di novembre, dal dossier ITINERARI EMERGENTI NEL RAPPORTO TRA GIOVANI E SFERA RELIGIOSA.

di Valerio Corradi

«Anche quando sono molto critici, in fondo, i giovani chiedono che la Chiesa sia un’istituzione che brilli per esemplarità, competenza, corresponsabilità e solidità culturale. Una Conferenza Episcopale afferma che “i giovani vogliono vedere una Chiesa che condivide la loro situazione di vita alla luce del Vangelo piuttosto che fare prediche”! In maniera sintetica, i giovani così si sono espressi: “I giovani di oggi desiderano una Chiesa autentica. Con questo vogliamo esprimere, in particolar modo alla gerarchia ecclesiastica, la nostra richiesta per una comunità trasparente, accogliente, onesta, attraente, comunicativa, accessibile, gioiosa e interattiva”.
(Sinodo sui giovani, Instrumenum laboris, n. 67)

Le profonde trasformazioni che hanno interessato la nostra società negli ultimi anni hanno avuto delle inevitabili ricadute anche sulla sfera della religiosità giovanile, in alcuni casi rafforzando tendenze già in atto da tempo, in altri casi facendone emergere di nuove e inattese. In riferimento ai processi di transizione più recenti, nel Dossier Giovani e religiosità. Verso un cambio di paradigma (NPG 3/2015) e in successive pubblicazioni (Corradi 2016, 2017, 2018, 2021), si è insistito sulla necessità di favorire un cambio di prospettiva, di categorie e di concetti allo scopo di strutturare un nuovo modo di comprendere la religiosità dei giovani e di riorientare l’azione in ambito educativo e pastorale.
Il carattere “post-secolare” dell’epoca attuale, segnata al contempo da a-religiosità, riflessività, pluralismo, individualizzazione del credere e da differenziati “stati d’animo” religiosi, richiede un graduale cambio di prospettiva sul piano “cognitivo” e sul piano “operativo”, che consenta di dotarsi di strumenti adeguati per rendere i giovani sempre più protagonisti, e risorse per i contesti ecclesiali.
Questo scenario multiforme necessita di essere compreso anche alla luce delle importanti sfide che si stanno faticosamente affrontando all’interno della Chiesa, sempre più chiamata, da parte sua, a rinnovare le proprie strutture e le modalità di esercizio della propria azione pastorale. In un tempo segnato dall’incertezza, dalla precarietà, dall’insicurezza viene così da chiedersi, da una parte, che cosa significhi per la Chiesa accompagnare i giovani verso una religiosità matura, e dall’altra parte, come la domanda di religiosità possa trovare in ambito ecclesiale uno spazio per essere capita e per esprimersi, dando vita a percorsi individuali e comunitari arricchenti.
Questo doppio movimento è stato ben espresso nelle indicazioni scaturite dal Sinodo sui giovani, la fede e il discernimento vocazionale (2018), che hanno ribadito con chiarezza che i giovani chiedono “a gran voce una Chiesa autentica, luminosa, trasparente, gioiosa” e che i giovani sono portatori di bisogni che vanno soddisfatti, di aspettative che non vanno deluse e di una tensione spirituale che non va svilita, ma sostenuta e fatta sbocciare.
Nella storia di un giovane chiamato a vivere negli anni ‘20 del 2000, si intersecano sempre più linee di pensiero e di azione diverse che mostrano la vicinanza (a volte la con-fusione) di sensibilità apparentemente distanti e non conciliabili, come la spinta alla secolarizzazione e la riscoperta della spiritualità, l’ingresso in uno scenario post-cristiano e forme di risveglio religioso che recuperano contenuti e simboli della tradizione. In ragione di queste “ibridazioni”, interrogarsi sull’esperienza religiosa dei giovani di oggi significa andare oltre le etichette e le categorizzazioni sociologiche, ma anche oltre il riduzionismo statistico che riconduce tutto a un problema di quantità e di presenze, per comprendere, anzitutto, la fenomenologia del rapporto che i giovani intrattengono con la dimensione dei significati ultimi.
Alla luce di questa premessa e della ineliminabile interconnessione tra religiosità, vocazioni, esperienza e appartenenza ecclesiale, si cercherà di riflettere sulla ricerca religiosa dei giovani in termini qualitativi, sottolineando la necessità metodologica di “leggere” la religiosità giovanile alla luce di alcune trasformazioni che stanno mutando radicalmente il mondo dei giovani (es. nuove tecnologie, mobilità, nuove appartenenze, fragilità territoriali). Al contempo si condurrà una lettura volta a cogliere sia la cosiddetta religiosità ecclesiasticamente orientata, sia le aree nelle quali si possono rinvenire tracce di religiosità de-istituzionalizzata. L’attenzione si soffermerà quindi anche su alcuni campi di espressione della sensibilità giovanile (ambiente, volontariato, politica, territorio) che contengono in nuce una ricchezza e una vitalità che li portano ad essere possibili punti di partenza per realizzare itinerari pastorali e vocazionali rivolti ai giovani. Infine, nell’ultima parte del contributo, saranno condivise alcune proposte utili a propiziare, nei contesti ecclesiali, positivi percorsi di maturazione del rapporto tra giovani e sfera religiosa.

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Chiesa per la scuola: la collaborazione educativa sul territorio

Piero Cattaneo

(NPG 2021-07-77)

1. Scuola e territorio: un rapporto da “ricostruire” con un altro sguardo

Nel corso del suo Pontificato Papa Francesco ha più volte ricordato la necessità di un’ampia collaborazione a livello territoriale sul piano educativo per la “custodia della casa comune”.
Ricordiamo, tra i suoi interventi quanto ha affermato al Corpo Diplomatico presso la Santa Sede il 9 gennaio 2020, poco tempo prima dell’inizio della pandemia nel nostro Paese: “ogni cambiamento, come quello epocale che stiamo attraversando, richiede un cammino educativo, la costituzione di un villaggio dell’educazione che generi una rete di relazioni umane e aperte. Tale villaggio deve mettere al centro la persona, favorire la creatività e la responsabilità per una progettualità di lunga durata e formare persone disponibili a mettersi al servizio della comunità. Occorre dunque un concetto di educazione che abbracci l’ampia gamma di esperienze di vita e di processi di apprendimento e che consenta ai giovani, individualmente e collettivamente, di sviluppare le loro personalità”.
Apprendere, conoscersi, dialogare, condividere orientamenti e decisioni, sono passi lenti che richiedono tempo e gradualità, passione e disponibilità a mettersi in ascolto, sapere in ogni caso dialogare e anche mettersi in discussione. Si tratta di un investimento sul futuro. È il futuro che ci viene incontro nella forma dell’esigenza di un cambiamento.
Il focus di questa riflessione è posto sull’esigenza di “non sprecare una crisi di queste dimensioni” ma di fare tesoro del frutto di varie iniziative ed esperienze di collaborazione tra la scuola e le altre istituzioni e realtà educative presenti sul territorio. In prima linea sicuramente le famiglie, ma anche altre realtà, dagli Enti locali ai Servizi socio-sanitari, al mondo del volontariato: tutti impegnati a collaborare con le scuole per offrire risposte alle varie richieste. La collaborazione è un principio fondamentale in relazione al compito che la scuola, nelle sue varie articolazioni e livelli, è chiamata a dare soprattutto in questo momento di grandi e continui cambiamenti.
Le parole di Papa Francesco riferite alla costituzione del “villaggio dell’educazione” richiamano in modo forte l’idea di comunità educante che pone al centro la persona sulla base di un progetto comune e condiviso a livello di territorio.
Quanto è emerso nella scuola e fuori di essa e quanto sta ancora accadendo sono motivo di riflessione importante e spunti altrettanto validi per immaginare, inventare, sognare la scuola del futuro, trasformando le esperienze fatte e ancora in atto per effetto della pandemia, in un’opportunità per “ricominciare” insieme a fare scuola nei vari territori in una prospettiva nuova, creativa, interattiva con l’ambiente esterno.
In ogni caso le esperienze di questi mesi ci stanno cambiando come singoli e come cittadini, come società. Per questo vale la pena di guardare al futuro, ai cambiamenti in atto e a quelli che verranno con un “altro sguardo”: definire come comunità educante nei vari territori le nuove priorità e scegliere la direzione verso cui dirigersi nel momento in cui sarà possibile ripartire.

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Avete bisogno di un momento per meditare e pregare insieme?

Da Note di Pastorale Giovanile – novembre 2021

di don Michele Falabretti

Essere chiamati a pensare ad un progetto per i giovani non sempre è semplice e immediato. Si fa l’esperienza anche della fatica e difficoltà. Allora non dobbiamo dimenticare come gruppo di lavoro che abbiamo bisogno di pregare e affidare al Signore tutto il nostro cammino per chiedere la luce necessaria per il delicato compito che abbiamo. Accompagnare i giovani è un meraviglioso dono che ci viene fatto, perché chiede di metterci in cammino accanto a loro e percorrere la strada dell’incontro con Gesù, aiutandoli a scoprire che Lui solo è la via, la verità e la vita. Si propone l’esperienza di un pellegrinaggio.

UNA TECNICA ATTIVA: METTERSI PER VIA
In questi ultimi anni la formula del pellegrinaggio è risultata apprezzata e feconda per i giovani. Si propone un pellegrinaggio, meglio se partendo a piedi dalla solita sede in cui ci si ritrova, verso un luogo ritenuto significativo (non necessariamente un santuario). Un luogo che sia possibile raggiungere a breve, con un’ora o due di cammino. Lungo il cammino, per lo più silenzioso o con brevi scambi personali, si può leggere a tappe il racconto dei due discepoli di Emmaus (pp. 168-169 delle LP) accompagnato dalle immagini di Arcabas (pp. 175-181). Il pellegrinaggio può essere dedicato al solo gruppo, oppure coinvolgendo anche altri giovani.
L’obiettivo è quello di rinforzare l’identità ecclesiale del gruppo, esplicitando la disponibilità a mettersi in gioco, a compiere una conversione per meglio corrispondere al servizio che si sta offrendo.

UN CONFRONTO DI GRUPPO: MEDITANDO EMMAUS
Il confronto di gruppo diventa in questa scheda una meditazione condivisa. La figura dei pellegrini di Emmaus (Lc 24) risuona nuovamente attraverso la lettura del commento di don Angelo Casati “Non fuggire dalla città”, riportato alle pp. 170-173 delle LP.
Si può introdurre la lettura di gruppo con un canto. Al termine ognuno può rileggere le parole che maggiormente l’hanno colpito rispetto al compito di progettazione pastorale del gruppo.
L’obiettivo è quello di suggerire al gruppo che un compito tecnico come la progettazione pastorale va svolto dando spazio al vangelo, letto e meditato in un contesto adatto. È necessario farsi illuminare, ma ancor di più lasciarsi convertire dalla parola del Signore.

TESTI DI APPROFONDIMENTO
Indichiamo una lettura e un video per introdurre la comprensione e la meditazione del racconto dei pellegrini di Emmaus. La prima è un estratto da un libro che rilegge l’intero vangelo di Luca. Il testo è disponibile in pdf come allegato.
• Franco Giulio Brambilla, Chi è Gesù? Alla scoperta del volto, Qiqajon, pp. 173-184.
• Enzo Bianchi, I Discepoli di Emmaus, Youtube (qui il link).

UN INCONTRO DI PREGHIERA
L’incontro per il gruppo, in questo caso, è un incontro di preghiera col Signore. Mettersi in ascolto della Parola di Dio e invocare la luce dello Spirito dedicando un tempo ragionevole per il silenzio e la contemplazione.
L’obiettivo è quello di aiutare il gruppo a non dimenticare che il mandato originale “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13, 34) viene dal Signore ed è custodito nel suo vangelo.

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In piena metamorfosi. Dalla ricerca allo smarrimento e ritorno

Da Note di Pastorale Giovanile, di don Rossano Sala.

***

Sono passati sei o sessant’anni?

L’universo giovanile è magmatico, allo stesso modo della storicità sociale dell’umanità, da sempre in perenne movimento. Le diversità sono sempre più grandi e lo scambio dinamico tra globale e locale si fa sempre più animato. Non c’è altro modo di conoscere questo mondo che frequentarlo quotidianamente. Insieme poi si può anche studiarlo con passione.
Siamo molto grati a Valerio Corradi, sociologo attento e intelligente, che con una certa scadenza ci aiuta a considerare con interesse e interpretare con sapienza i cambiamenti in atto nella religiosità dei giovani. Lo aveva fatto per noi sei anni fa nell’accattivante Dossier di marzo 2015 (Giovani e religiosità. Verso un cambio di paradigma) e ci ripropone un aggiornamento in questo numero di NPG.
Facciamo un piccolo esperimento. Proviamo a pensare al 2015, partendo dalla nostra esperienza e dalla nostra memoria personale, e anche dalla considerazione di che cosa è cambiato nella pratica della pastorale giovanile, nell’immaginario ecclesiale e nella vita della società in questa piccola manciata di anni.
L’enciclica Laudato sì’ sulla cura del creato (2015), il bicentenario della nascita di don Bosco (2015), la conclusione del Sinodo sulla famiglia con la pubblicazione di Amoris laetitia (2016), la Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia e di Panama (2016 e 2019), l’entusiasmante cammino sinodale con e per i giovani (2016-19), il Sinodo della regione Panamazzonica (2019) e poi l’avvento della pandemia, che ha rapidizzato i cambiamenti in atto, oltre che aggiungerne degli altri. Pensiamo ai repentini mutamenti climatici, alla sempre più critica situazione politica internazionale, all’aumento esponenziale del fenomeno delle migrazioni. È tutto un movimento magmatico che si fa sempre più liquido e più rapido. Fratelli tutti (2020) raccoglie alcune delle sfide globali più importanti e delicate del momento.
Talvolta mi chiedo se sono passati, dal 2015, sei o sessant’anni. Perché effettivamente i fondamentali su cui ragionavamo in quegli anni appaiono radicalmente mutati.

Decifrare la religiosità giovanile con categorie nuove

Verso la fine del Dossier Valerio Corradi definisce la nostra come “un’epoca di smarrimento”. Mi pare azzeccata questa proposta, legata sia alla condizione dei giovani che a quella degli adulti. Alcuni “fondamentali” appaiono perduti, sembrano mancare dei “punti fermi” prima assodati e siamo alla ricerca di “nuovi punti fermi” che non si intravedono ancora all’orizzonte.
Qualcuno parla di “fragilizzazione” di tutte le posizioni, perché nessuno è più così tanto sicuro delle proprie convinzioni. Questo è un elemento che ha il vantaggio di farci diventare tutti un po’ più umili e rispettosi delle posizioni e delle convinzioni altrui. Altri annotano che i percorsi sono sempre più personali. Difficile cercare di standardizzare e omologare le esperienze – soprattutto in ambito religioso giovanile – in quanto “il tempo dell’autenticità” che stiamo attraversando impone ad ognuno di cercare la sua personale via per affrontare le sfide e il senso dell’esistenza. Ancora altri avvertono i segnali una rinnovata “fioritura” della ricerca spirituale, che però non sappiamo bene dove ci porterà, perché spesso slegata da percorsi istituzionali e quindi di breve e incerta durata. La pandemia, che ha bloccato l’espressione istituzionale della preghiera (pensiamo alla partecipazione liturgica), ha aperto il campo per la ricerca di nuove soluzioni creative e tendenzialmente individuali.
L’evento pandemico globale che stiamo ancora attraversando ha segnato una certa irrilevanza della proposta ecclesiale di senso e una rinnovata fiducia nella scienza, che attraverso i vaccini appare l’unica forza che sembra essere in grado di contrapporsi alla virulenza in atto. Che la ricerca si sia tramutata in smarrimento deve farci pensare. Soprattutto se questo non riguarda semplicemente i giovani – tutto sommato è abbastanza normale che le giovani generazioni, per definizione in ricerca, abbiamo dei momenti di smarrimento – ma la società civile nel suo insieme, e anche la Chiesa. Certo, ci sono dei segnali inequivocabili che anche la nostra amata Chiesa, di cui con gioia ci sentiamo parte viva, stia attraversando alcuni momenti di disorientamento.
Una delle tante positività del Dossier di Valerio Corradi è l’invito a decifrare la religiosità giovanile con categorie nuove. Nel proporre un’analisi di alcuni campi di espressione della religiosità giovanile odierna avanza, alla fine, alcune proposte per sintonizzarsi con la sensibilità dei giovani d’oggi e per agganciare la sempre viva domanda di senso che attraversa l’universo giovanile. Quindi lo smarrimento non è l’ultima parola, perché tra le nebbie del nostro tempo si intravedono alcuni punti luce su cui far leva per il rinnovamento.

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Europa e post-umano

di Renato Cursi

da NPG di novembre 2021

“Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”. Con queste parole si apriva, cinquantasei anni fa, la Costituzione pastorale del Concilio Ecumenico Vaticano II Gaudium et Spes, sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Si trattava della dichiarazione autorevole di una comunità che “si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia”. Neanche un secolo più tardi, poco dopo aver varcato il secondo millennio dalla nascita di Cristo, la Chiesa, “esperta di umanità” (Populorum Progressio 13), si trova tuttavia a dover fronteggiare con urgenza quella che definirei la sfida del “post-umano”.
L’umanità, così come l’abbiamo conosciuta in secoli di storia, si sta forse congedando dal mondo? Siamo ad un passo dal momento storico in cui le possibilità della tecnica, unite ad un pensiero transumanista, consentiranno il superamento dell’uomo, profetizzato più di cento anni or sono da Nietzsche e rilanciato problematicamente da Harari con il suo Homo Deus pochi anni fa? In cosa consisterà questo superamento? E, in caso ci fosse, si tratterà di un superamento alla portata di tutti o solo di alcuni? Dietro il velo delle questioni intorno all’inizio e alla fine della vita, intorno al significato della malattia e del dolore, come anche dietro all’altro velo delle questioni sull’enhancement (accrescimento, potenziamento delle capacità umane), sull’interazione uomo-macchina e l’intelligenza artificiale, si intravedono ormai sempre più con chiarezza e preoccupazione queste domande. Diventano, cioè, sempre più vicine e inaggirabili, ineludibili, anche se il transumanesimo di oggi (domani chissà) non ha purtroppo ancora quasi nulla a che vedere con il “trasumanar” del Paradiso di Dante, poeta italiano ed europeo, di cui quest’anno si sono celebrati i 700 anni dalla morte e dalla prima pubblicazione della Divina Commedia.
Insieme alla questione dell’essere umano, tutte le fattispecie menzionate sopra sottendono anche quella della (volontà di) “potenza”. Cosa può dire riguardo a questa sfida un’Europa priva di un’idea condivisa di persona umana e “nana” in un mondo di “giganti digitali”? In quale rapporto sta, alla lunga, il crescere del potere con l’umanità dell’uomo? Come stanno insieme, da una parte, l’impegno per la prevenzione dei cambiamenti climatici, i nuovi stili di vita più rispettosi del pianeta e delle altre specie e, d’altra parte, una ricerca tecnica orientata allo scopo di generare e far crescere l’uomo nei suoi primi mesi di vita in una condizione artificiale, al di fuori dei corpi dei propri genitori? Non è dato sapere oggi se una nuova sintesi tra i concetti di ecologia integrale, da una parte, e di nonviolenza (intesa anche come rinuncia alla violenza culturale e strutturale), dall’altra, riuscirà ad evidenziare queste contraddizioni e a superarle promuovendo un nuovo rinascimento, una vera fraternità, una nuova armonia tra uomo e natura, che con gli occhi della fede significa armonia tra creature, creazione e creatore.
Nel vuoto delle ideologie e delle teleologie, l’unica narrazione diffusa nell’opinione pubblica che oggi sembra volere andare oltre l’orizzonte umano schiacciato sul presente del consumismo e del benessere, è quella del ritorno del mito della conquista dello spazio extra-atmosferico da parte dell’uomo, la corsa verso la colonizzazione della Luna e del pianeta Marte. Con una novità, rispetto agli anni del secondo dopoguerra: cioè che a parlarne e a lavorarci non sono più solo Stati profondi in competizione tra loro, ma anche privati visionari dotati del capitale necessario all’impresa. Anche qui, tuttavia, sembra mancare una riflessione su che tipo di umanità e di società si vogliano sviluppare in queste nuove terre di frontiera. Che uomo arriverà su questi pianeti? Che tipo di società umana vi costruirà? Cosa lascerà dietro di sé sulla Terra? Occorre riconoscere che in Europa si parla molto poco di tutto questo. Eppure potrebbe essere oggetto di decisioni concrete tra pochi anni.
Ebbene, considerati tutti questi fronti aperti, cosa può proporre la pastorale giovanile europea in un eventuale dibattito sul tema del post-umano? Come accompagnare i giovani europei affinché le loro decisioni quotidiane, come quelle di consumo, di uso del tempo, delle tecnologie, dell’ambiente o del corpo, apparentemente semplici e innocue, tengano conto di questi scenari e siano illuminate da uno sguardo di fede? Il disagio che proviamo nel tentare una risposta ci spiega perché questa enorme sfida necessita uno studio, un orizzonte e spazi adeguati per essere affrontata.
Alcuni anni prima del Concilio Ecumenico Vaticano II, in uno dei periodi più bui della sua Germania e dell’intero continente europeo, il filosofo e teologo Romano Guardini identificava la missione dell’Europa nella “critica” della potenza. L’Europa, forte di quella che molti considerano la sua debolezza, ovvero la sua vecchiaia, avrebbe quindi il compito di non limitarsi ad accrescere la potenza, ma di domarla. Di “scommessa cattolica” parlano invece più di recente Chiara Giaccardi e Mauro Magatti, puntando su una Chiesa che si rigenera anche in Europa “facendosi interpellare dalla realtà”, nel dialogo con le altre religioni, con la politica, con la tecnica. La Chiesa, inclusa la pastorale giovanile, potrebbe allora contribuire a fondare una società capace di “tenere aperta la potenza”, rinunciando a bloccarla ad ogni costo, ma allo stesso tempo liberandola dalle logiche post-umane della tecnica, attraverso una pluralità di “proiezioni eccentriche”, come l’arte, la politica, la religione. In chiave di proposta costruttiva ai giovani europei, quella di “tenere aperta la potenza” ha il merito di salvaguardare la dimensione creatrice e partecipativa rispetto alla formula del “disciplinamento etico” della potenza, profetizzato da Guardini, con il quale pure quest’ultima proposta condivide molti aspetti.
Lo stesso Guardini, qualche anno più tardi, affermava:

“Se l’Europa si staccasse totalmente da Cristo – allora, e nella misura in cui questo avvenisse, cesserebbe di essere […] Se l’Europa deve esistere ancora in avvenire, se il mondo deve ancora aver bisogno dell’Europa, essa dovrà rimanere quella entità storica determinata dalla figura di Cristo, anzi, deve diventare, con una nuova serietà, ciò che essa è secondo la propria essenza. Se abbandona questo nucleo – ciò che ancora di essa rimane, non ha molto più da significare”.

Senza l’incontro decisivo con Cristo, secondo Guardini, dopo il tramonto del mondo classico greco e poi romano, l’Europa sarebbe tramontata nel vortice di una “migrazione dei popoli”. Ebbene, che forma può assumere oggi, al tramonto di un’altra epoca e all’alba di nuove grandi migrazioni, un radicamento in Cristo come fonte essenziale per l’Europa? Saranno forse nuovi santi europei a dircelo con la loro vita e le loro opere, e magari nuovi giovani santi, insieme alle comunità che sapranno accompagnarli e farli germogliare. La Chiesa in Europa, per riscoprirsi sinodale, popolo di Dio in cammino, ha bisogno di una pastorale giovanile missionaria e popolare, che si fidi della chiamata che Dio continua a rivolgerle nei giovani che nascono e che arrivano qui.

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Il sogno di Papa Francesco

Dal Dossier CRISTIANI E CITTADINI – Tra fraternità e cura della casa comune

A cura della redazione di “Aggiornamenti Sociali”:
Giacomo Costa, Giuseppe Riggio, Mauro Bossi, Paolo Foglizzo

Un desiderio, profondamente radicato nel Vangelo, sta al cuore del pontificato di papa Francesco ed emerge continuamente, con sfaccettature diverse, nel suo magistero. Possiamo esprimerlo con la formulazione più recente, quella che troviamo nell’enciclica Fratelli tutti: «costruire un popolo capace di raccogliere le differenze» (n. 217), «un “noi” che abita la casa comune» (n. 17), che viva nella fratellanza e nel rispetto di tutta la creazione. Ma in maniera analoga si esprimeva nel 2015 l’enciclica Laudato si’: «La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare» (n. 13). I termini chiave sono gli stessi: un soggetto plurale (popolo, “noi” e famiglia umana) fondato su solidi legami, una casa comune e un orizzonte di cambiamento.

È questo il progetto su cui il Papa insiste fin dall’inizio del pontificato: la radice dell’insistenza sulla necessità di costruire un popolo va rintracciata nella sezione “Il bene comune e la pace sociale” del cap. IV della sua prima esortazione apostolica, la Evangelii gaudium, che riveste un valore programmatico e rappresenta una sorta di chiave ermeneutica delle molte linee del suo ministero. Secondo il n. 220, è il popolo, come soggetto plurale autenticamente inclusivo − capace cioè di riconoscere e valorizzare ciascuno dei suoi membri −, a poter prendere in mano il proprio destino e decidere la direzione del proprio sviluppo, rappresentando quindi l’alternativa alla “massa” anonima che non può che essere trascinata dalle forze della globalizzazione e del consumismo.
Anche se aggancia un sogno che percorre tutta la storia dell’umanità, quello della fraternità a cui è dedicata l’enciclica Fratelli tutti, questo progetto suscita forti resistenze, in particolare da parte di coloro che dalla massificazione individualista traggono potere e ricchezza. I contrasti emersi in occasione del Sinodo sull’Amazzonia, che denunciava gli interessi dietro l’ecocidio della regione, ne sono una delle più evidenti dimostrazioni. Da sempre particolarmente attento alla dinamica del conflitto, anche in virtù delle sue origini latinoamericane, papa Francesco non pecca certo di irenismo ed è consapevole che dal conflitto si può uscire soltanto accettando di passare attraverso una dinamica pasquale: «Vi è però un terzo modo, il più adeguato, di porsi di fronte al conflitto. È accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo» (Evangelii gaudium, n. 227). L’esortazione apostolica postsinodale Querida Amazonia formula questa esigenza con parole particolarmente suggestive, anche in chiave pastorale: «Le autentiche soluzioni non si raggiungono mai annacquando l’audacia, sottraendosi alle esigenze concrete o cercando colpe esterne. Al contrario, la via d’uscita si trova per “traboccamento”, trascendendo la dialettica che limita la visione per poter riconoscere così un dono più grande che Dio sta offrendo. Da questo nuovo dono, accolto con coraggio e generosità, da questo dono inatteso che risveglia una nuova e maggiore creatività, scaturiranno, come da una fonte generosa, le risposte che la dialettica non ci lasciava vedere» (n. 105). Ci sono conflitti che non possono essere risolti con la diplomazia, ma solo per via di sovrabbondanza e traboccamento, o desborde, secondo il suggestivo originale spagnolo: un modo di porsi che lascia da parte il calcolo e il compromesso e non teme di tentare soluzioni nuove e radicali.

Il desiderio che il Creatore ha posto nel cuore dell’essere umano punta così al dono che il Redentore gli offre, e quando l’incontro si realizza ne scaturisce l’inarrestabile gioia del Vangelo: è questo l’annuncio fondamentale che abita l’intero ministero di papa Francesco, declinandosi nella concretezza delle questioni che affronta con le sue azioni e i suoi insegnamenti; è in tale luce che nelle pagine di questo dossier sarà offerta una rilettura di alcuni testi del suo magistero, con particolare attenzione alle due encicliche sociali, Laudato si’ e Fratelli tutti (cfr il riquadro per le abbreviazioni con cui saranno indicati nel prosieguo). Dopo una riflessione sul metodo su cui i documenti si basano, verranno approfondite le diverse dimensioni dell’ecologia integrale, fulcro della Laudato si’, e l’invito ad «andare oltre» le frontiere costruendo cammini di fraternità e di amicizia sociale, a cui è dedicata la Fratelli tutti. Infine si focalizzano due filoni lungo i quali dare creativamente attuazione agli stimoli del Papa: da una parte i gesti concreti e gli stili di vita che disegnano la trama del nostro vivere quotidiano, dall’altra la formazione all’impegno sociale e politico a servizio della costruzione di quel “noi” in cui ognuno trovi posto, in particolare coloro che sono messi ai margini. A corredo, in parte anche sul sito web di NPG, verranno offerti inviti alla preghiera a partire dalle due encicliche, suggeriti libri e film per approfondire le tematiche toccate e si presenteranno alcune esperienze internazionali che traggono ispirazione dall’insegnamento del Pontefice.

L’obiettivo del dossier non è presentare il contenuto dei documenti: per questo scopo è sufficiente rimandare alle molte valide risorse già disponibili, anche in rete, tra cui ci permettiamo di segnalare le sezioni dedicate Laudato si’ e Fratelli tutti sul sito di Aggiornamenti Sociali. L’intenzione è piuttosto evidenziare il dinamismo fondamentale che anima i due documenti, con l’auspicio di contribuire a stimolare processi di lettura della realtà che sbocchino in iniziative creative per l’attuazione nelle varietà delle circostanze concrete dell’ispirazione che essi forniscono: come vedremo meglio nel prossimo passo del nostro itinerario, è questo lo scopo per cui sono stati scritti.

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Cattedrali gotiche d’Europa

Da Note di Pastorale Giovanile.

Al di fuori della Francia è l’Inghilterra a recepire per prima lo stile gotico, apportandovi però una serie di varianti: attenzione alla decorazione, specialmente sulla facciata; lo sviluppo orizzontale delle facciate stesse; presenza del transetto incrociato al centro della navata; mancanza del deambulatorio absidale e delle cappelle radiali.
Ai lettori di Follett, ricordiamo la cattedrale di Peterborough, che ha ispirato I pilastri della terra.

Queste le periodizzazioni del gotico inglese: Early English (1170/1300 ca.); Decorated English (1300-1375 ca.); Perpendicular English (1375-1500 ca.)

Ecco una pubblicazione di Maria Rattà sulle Cattedrali Gotiche d’Europa con un focus sul Gotico inglese

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Europa e laicità

Di Renato Cursi

La parola “laicità”, tra le più abusate del nostro tempo, è radicata nell’idea di popolo. Sul piano etimologico, è laico ciò che è del popolo, di tutto il popolo, in contrapposizione a ciò che appartiene ad una o più parti separate dal resto. Se è in pericolo la laicità, è in pericolo l’esistenza stessa del popolo che la esprime.
I popoli europei hanno imparato a conoscere interpretazioni diverse di questo concetto nel corso della storia, con particolare riferimento al rapporto tra religioso e civile nell’ordinamento giuridico e nella vita sociale e politica. In questo percorso storico, certamente la parola di Gesù nel Vangelo (Mt 22,21; Mc 12,17; Lc 20,25) segna una forte discontinuità con il passato (come testimoniato da alcune descrizioni della vita delle prime comunità cristiane, non ultima la cosiddetta Lettera a Diogneto), anche se lo stesso non si può sempre dire delle sue interpretazioni e applicazioni successive da parte degli stessi cristiani.

Oggi la laicità in Europa è in pericolo, sotto i colpi di opposti fondamentalismi che fingono di combattersi per alimentarsi a vicenda. Una laicità di Stato che nega il diritto dei cittadini a vivere e testimoniare una fede trascendente o che comunque relega queste persone ad una cittadinanza di livello inferiore rispetto agli altri, è infatti la migliore alleata dei fondamentalismi religiosi. Non a caso, papa Francesco nel suo messaggio per le celebrazioni del 40° anniversario della Commissione degli Episcopati dell’Unione Europea (COMECE), ha affermato di sognare “un’Europa sanamente laica, in cui Dio e Cesare siano distinti ma non contrapposti. Una terra aperta alla trascendenza, in cui chi è credente sia libero di professare pubblicamente la fede e di proporre il proprio punto di vista nella società”. Papa Francesco afferma inoltre di sperare che sia finito, con il tempo dei confessionalismi, “anche quello di un certo laicismo che chiude le porte verso gli altri e soprattutto verso Dio, poiché è evidente che una cultura o un sistema politico che non rispetti l’apertura alla trascendenza, non rispetta adeguatamente la persona umana”. Una laicità atea non è laica: divide il popolo in se stesso e lo lacera.

Non si tratta quindi di abbracciare mode e ideologie dell’ultima ora, volte a negare acriticamente le radici per darsi slanci illusori con ali di cera. La sfida della cancel culture, ad esempio, forma moderna di ostracismo neopuritano, impone di educare al pensiero critico e ad una “coscienza storica”, come leggiamo nella Lettera Enciclica Fratelli Tutti (FT) dedicata da papa Francesco alla fraternità e all’amicizia sociale (FT 13-14). In quest’Enciclica papa Francesco rivolge due appelli fondamentali ai giovani, entrambi connessi esplicitamente con l’Esortazione Apostolica Christus Vivit. Il primo di questi due appelli è dedicato esattamente al tema che stiamo affrontando: «Se una persona vi fa una proposta e vi dice di ignorare la storia, di non fare tesoro dell’esperienza degli anziani, di disprezzare tutto ciò che è passato e guardare solo al futuro che lui vi offre, non è forse questo un modo facile di attirarvi con la sua proposta per farvi fare solo quello che lui vi dice? Quella persona ha bisogno che siate vuoti, sradicati, diffidenti di tutto, perché possiate fidarvi solo delle sue promesse e sottomettervi ai suoi piani. È così che funzionano le ideologie di diversi colori, che distruggono (o de-costruiscono) tutto ciò che è diverso e in questo modo possono dominare senza opposizioni. A tale scopo hanno bisogno di giovani che disprezzino la storia, che rifiutino la ricchezza spirituale e umana che è stata tramandata attraverso le generazioni, che ignorino tutto ciò che li ha preceduti» (FT 13, ChV 181).

 

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