Consulta Comunicazione sociale: comunicare Gesù ai giovani nel mondo digitale

Il 23 febbraio si è conclusa la Consulta Mondiale della Comunicazione Sociale, che si è svolta nella Sede Centrale Salesiana a Roma, con una visita in Piazza San Pietro per ricevere la benedizione del Santo Padre.

Don Filiberto González, Consigliere Generale per le Comunicazioni Sociali della Congregazione Salesiana, ha presentato gli orientamenti della Consulta, le sfide dell’incontro, le proposte e la metodologia di lavoro. Ognuno dei partecipanti alla Consulta ha preso parte attivamente ai lavori, con una relazione preparata in anticipo e che mirava ad aiutare i Salesiani ad approfondire il tema attuale: la comunicazione in un mondo digitale.

“La Consulta è composta da Salesiani consacrati e laici provenienti dalle sette regioni della Congregazione – ha detto don González -. In generale, vengono rappresentate non solo culture diverse, ma anche modi particolari di vivere la gioventù e la missione ereditata da Don Bosco. Infatti, i partecipanti a questa Consulta Mondiale appartengono ai cinque continenti, e ognuno di essi ha un retroterra culturale diverso nel campo della comunicazione, che sarà una ricchezza per la Congregazione che opera in 134 Paesi”.

In un altro momento della presentazione, don González ha poi affermato con forza che l’obiettivo di questa Consulta è fondamentalmente quello di “offrire il profilo di un salesiano che sappia testimoniare Gesù in una società dominata dal mondo digitale”.  I lavori sono stati suddivisi per regioni, per favorire un arricchimento culturale.

Alla fine del pomeriggio, i partecipanti si sono riuniti per ringraziare Dio per il dono di questo incontro e per ascoltare la Buona Notte, offerta da don Javier Valiente, dell’Ispettoria di Spagna-San Giacomo Maggiore, che ha anche parlato sulla “comunicazione di crisi” che l’Ispettoria sta sperimentando.

“Mentre concludiamo la giornata – ha detto don González – ricordiamo che è importante essere sempre autentici, perché questo è il modo migliore per dire al mondo che le nostre vite hanno valore. I mezzi che ci ha lasciato Don Bosco sono ancora oggi validi: la preghiera e la vita spirituale. Ed è importante saper osservare la nostra realtà sociale e giovanile con gli occhi di Don Bosco, per offrire una proposta che ci spinga a comunicare Gesù Cristo in mezzo ai giovani in un mondo digitale”.

“Vivete nella totale dedizione ai giovani”: in rete l’ultimo video del Rettor Maggiore

È disponibile in rete l’ultimo video registrato dal Rettor Maggiore per la rubrica trimestrale “Cari Confratelli”. Realizzato durante la Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) di Panama, è un caloroso appello ai salesiani a vivere, sull’esempio di Don Bosco, nella totale dedizione ai giovani.

Parlando dalla Basilica di Don Bosco a Città di Panama, proprio davanti all’urna contenente una reliquia insigne del Santo dei Giovani, Don Ángel Fernández Artime osserva la bellezza dello spettacolo giovanile in scena in quei giorni con la GMG: “Che opportunità meravigliosa che abbiamo! Perché i nostri giovani, pur ciascuno con le sue difficoltà, continuano ad esserci vicino, continuano ad avere bisogno di noi”.

Per questo, secondo le esigenze di ciascun ragazzo e ragazza, alle volte intervenendo come un amico, altre volte come un fratello maggiore, altre ancora come un padre, ciascun salesiano è invitato dal Successore di Don Bosco “a trasformare in realtà i sogni di Dio per i nostri giovani… a percorrere, in modo molto semplice, un cammino di santità salesiana che si realizza nel quotidiano”.

 

Missionario salesiano ucciso in Burkina Faso: la testimonianza di chi viaggiava con lui

Don Antonio César Fernández, dell’Ispettoria AFO (Africa Occidentale Francofona), è stato ucciso in un agguato teso da assassini jihadisti, dopo le 15 di venerdì 15 febbraio. Il sacerdote, nato in Spagna il 7 luglio del 1946, stava rientrando nella sua comunità di Ouagadougou (Burkina Faso) insieme ad altri due salesiani sopravvissuti all’assalto, dopo aver partecipato a Lomé (Togo) alla prima sessione del Capitolo ispettoriale di quella Provincia. L’auto dei tre confratelli è stata fermata dopo la dogana di Cincassé. Don César è stato separato dagli altri due confratelli e crivellato di colpi dai terroristi che poi sono fuggiti.

Ecco la testimonianza di uno dei confratelli che viaggiava con lui.

Non è facile raccontare un evento dopo averlo vissuto così da vicino. Tuttavia, per la memoria di don César, per la missione che ci ha affidato e nella quale ci incoraggia, voglio provare a parlare. Siamo partiti da qui (Lomé, NdR) venerdì 15 febbraio, in direzione di Ouaga (abbreviazione per Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, NdR). A Cinkassé (città del Togo al confine con il Burkina Faso, NdR), abbiamo lasciato i confratelli che lavorano in questa città. Con una certa serenità, abbiamo ripreso la strada. Dopo le formalità di frontiera, abbiamo iniziato il viaggio nel territorio burkinabé.

Dopo 30 minuti di viaggio siamo arrivati ad un posto di controllo. Da lì vedevamo da lontano dei camion che erano lungo la via. E mentre ci chiedevamo cosa stesse succedendo, abbiamo visto un signore che ci ha chiesto di parcheggiare l’auto e poi ci ha chiesto di uscire dal veicolo, cosa che abbiamo fatto. Non siamo stati aggrediti fisicamente. Siamo stati sottoposti a un interrogatorio. Ci hanno chiesto di identificarci: “Cosa state facendo? Dove state andando?” Abbiamo detto che siamo sacerdoti, che avevamo appena finito un incontro e stavamo tornando a Ouaga.

Quindi uno di loro ha chiesto al sacerdote che guidava di andare a perquisire il veicolo, cosa che questi ha fatto insieme a lui, mentre gli altri hanno iniziato a rompere i finestrini dei tre veicoli parcheggiati, probabilmente i veicoli dei doganieri. Dopo averli sfasciati, hanno preso la benzina da un venditore di carburante che si trovava lì vicino e hanno dare fuoco a questi veicoli. Mentre lo facevano, don César ha chiesto perché li bruciassero. Quello di fronte a lui, naturalmente ben armato, non ha dato una risposta. Ha sussurrato qualche risposta, ma non l’abbiamo colto.

In seguito, hanno chiesto a me e a don César di andare avanti tra la boscaglia. Dal posto di blocco alla boscaglia sono circa 500 metri. Una volta lì, abbiamo visto altri individui di quel gruppo. In quella boscaglia, non siamo stati sottoposti ad un violento interrogatorio. Improvvisamente, abbiamo visto che stavano caricando sulle loro moto tutto quello che avevano preso dalla stazione attaccata. Abbiamo visto anche il confratello che guidava a cui veniva ordinato di spostare il veicolo in avanti. Nel veicolo avevano caricato i nostri computer e i soldi che avevamo con noi, così come i telefoni, i dischi esterni, le chiavette USB; in breve, tutto quello che potevano prendere. Poi ha fatto uscire il veicolo dal terreno catramoso e si è diretto verso di noi. Non poteva andare oltre con la macchina, perché c’era un fosso sulla strada.

Quindi è sceso dalla macchina ed è venuto da noi a piedi. Quello (uno dei terroristi, NdR) che seguiva il nostro confratello lo ha lasciato e si è avvicinato a me e a don César. Gli altri se ne erano già andati, solo due di loro erano rimasti. Uno di loro mi ha detto: “Tu, girati e vattene!”. Appena mi sono voltato, ho sentito lo sparo. Ho girato indietro la testa e ho visto don César già a terra. Pensavo fosse il mio turno. Ho alzato le mani a livello della nuca, ho sentito ancora altri colpi; ma non erano per me e ho capito che erano ancora per don César.

Sarei voluto tornare verso il corpo, ma qualcosa mi diceva di andare avanti. Sono avanzato fino a raggiungere il confratello che guidava e lui mi ha chiesto: “Dov’è don César?” Gli ho risposto: “Gli hanno sparato”. Così gli ho detto che avremmo ripreso il corpo, e lui mi ha detto di aspettare un po’ che i terroristi andassero via. Dopo che si sono allontanati, ci siamo avvicinati al corpo di don César, gli ho chiuso gli occhi, gli ho fatto un segno della croce sulla fronte e l’abbiamo preso. Era intriso di sangue. Poi siamo tornati al confine.

Ecco cosa è successo quel giorno.

 

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Questo il messaggio del Rettor Maggiore:

“Al nostro confratello Antonio César invece hanno strappato la vita, gliel’hanno tolta senza nessun motivo. Un uomo buono e un uomo di Dio che, come il Signore, è passato nella vita “facendo il Bene”, soprattutto nel suo amato popolo Africano.  Antonio César aveva 72 anni, 55 di Professione Religiosa e 46 di Ordinazione Sacerdotale. Alcuni mesi fa lo avevamo incontrato in Burkina Faso, proprio nella sua comunità di Ouagadougou, dove era direttore e parroco. Antonio César si aggiunge a tanti altri martiri della Chiesa di oggi nel mondo (alcuni di essi Salesiani e membri della nostra Famiglia Salesiana)”, ha scritto il Rettor Maggiore don Ángel Fernández Artime per dare notizia alla Famiglia salesiana della morte di don Antonio.

Qualche ora prima dell’attentato, durante il capitolo ispettoriale, don Antonio è stato intervistato: “Ho ricevuto molti benefici dal Signore nel contatto con i giovani. I giovani mi hanno insegnato a essere salesiano”.

60mila giovani ministranti da tutto il mondo per incontrare Papa Francesco

Sono giunti a Roma, nella cornice del XII Pellegrinaggio Internazionale dei “servitori dell’altare”, oltre 60mila ministranti da tutto il mondo per incontrare Papa Francesco. Sono bambini e bambine, ragazzi e ragazze che dal 30 luglio al 3 agosto ascoltano le parole del Papa in Piazza San Pietro. “Trasformate il mondo con l’amore di Cristo” ha ripetuto Papa Francesco fino a porgere ai suoi giovani una domanda imprevista: “Cosa posso fare io, oggi, per venire incontro ai bisogni del mio prossimo?”. I ministranti o chierichetti si dedicano, infatti, al servizio liturgico della Messa e il Papa con le sue parole ha voluto precisare che il servizio all’altare è un incontro con Gesù che deve estendersi anche oltre la celebrazione eucaristica, ovvero nella carità e nel servizio ai bisognosi.

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Con “Stop tratta” i Salesiani contrastano la migrazione illegale dall’Africa

«Siamo consapevoli che il nostro progetto sia una goccia nell’oceano ma se non ci fosse – come diceva madre Teresa di Calcutta – l’oceano avrebbe una goccia un meno. Noi non vogliamo far mancare la nostra goccia». Così dice a Vatican Insider Giampietro Pettenon, 53 anni, salesiano, presidente di Missioni don Bosco, la onlus torinese che sostiene i missionari salesiani nel mondo. La “goccia”, il progetto cui fa riferimento, è denominato Stop Tratta: si propone di informare capillarmente chi intende emigrare dall’Africa sub-sahariana per ragioni economiche dei gravi rischi che il viaggio comporta e offrire opportunità di lavoro a chi decide di restare in patria: «Il progetto è cominciato nell’autunno del 2015», racconta Pettenon: «Nel giugno di quell’anno Papa Francesco venne in visita a Torino e, incontrando la famiglia religiosa salesiana, parlò della “vocazione alla concretezza” dei figli e delle figlie di don Bosco. Inoltre, durante quella visita, manifestò le sue preoccupazioni per la sorte di migliaia di giovani che cercavano di raggiungere l’Europa rischiando la vita. Ci sentimmo interpellati da quelle parole e capimmo di dover agire per offrire alle giovani generazioni africane un’alternativa concreta e credibile all’emigrazione illegale. Così demmo vita a Stop Tratta chiedendo ai missionari salesiani presenti in Africa la disponibilità a portare avanti il progetto nelle loro zone di residenza: noi, in collaborazione con il Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo) li avremmo supportati economicamente fornendo anche consulenza e attrezzature».

Continua a leggere <a href=”http://www.lastampa.it/2018/09/27/vaticaninsider/cos-i-salesiani-contrastano-la-migrazione-illegale-dallafrica-UyMdoEOfj6tzovFXOMBBuI/pagina.html”>cliccando qui</a>

Le riflessioni di Don Fabio Attard sulla Pastorale Giovanile in vista del Capitolo Generale

Don Fabio Attard, Consigliere Generale per la Pastorale Giovanile della Congregazione Salesiana, ha esposto le sue riflessioni su temi e questioni emersi dagli incontri con il Rettor Maggiore e il Consiglio Generale sulla pastorale.

In vista del Capitolo Generale, Don Fabio ci dice che sono mesi di preparazione per la Pastorale Giovanile che vuole investire in un campo di azione più vasto che arriva a toccare il Sinodo dei Giovani e la formazione salesiana dei laici: “i laici condividono con noi la missione salesiana. Il loro è un grandissimo contributo”, spiega Don Fabio. Sul piano ispettoriale ritiene che ci sia bisogno di una cooperazione affinché si ottenga “un lavoro collaborativo tra tutti quelli che hanno una responsabilità pastorale: l’animazione missionaria, la comunicazione, l’animazione vocazionale”.

 

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L’organo più bello di tutta l’Argentina

“Un oratorio senza musica è come un corpo senz’anima” queste sono le parole di Don Bosco che considerava la musica un elemento chiave in una casa salesiana. Gli scritti che ci raccontano la sua vita ci fanno comprendere che lui sapeva suonare discretamente pianoforte e organo.

Per questo il Santuario di Maria Ausiliatrice di Rodeo del Medio ospita il miglior organo di tutta l’Argentina. Venne donato dal generale Rufino Ortega (padre), fabbricato in Germania dalla casa “Ibach” di Barmen, e utilizzato per la prima volta nel 1909.

L’organo conta 1.214 canne, 2 tastiere da 60 note ciascuna, una pedaliera di 30 note, 28 registri, cinque combinazioni libere e una fissa. L’organo del santuario è stato completamente restaurato già quattro volte: nel 1979, nel 1994, nel 2004 e nel 2014. Le decorazioni sono opera dell’artista spagnolo Antonio Estruch e dei suoi fratelli, che conclusero il lavoro pittorico il 22 febbraio 1916.

Lucila Barrionuevo de Bombal, invece, fu colei che donò il terreno e sostenne la costruzione dell’edificio del santuario, 109 anni fa. Il progetto venne affidato all’architetto salesiano don Ernesto Vespignani.

La parrocchia è responsabile per la cura delle cappellanie nella zona di Rodeo del Medio e dintorni e lavora per i bisognosi e la formazione religiosa attraverso diversi gruppi.

 

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