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Avvenire – L’odissea dei minori “invisibili”

Pubblichiamo l’articolo di Avvenire, a firma di Marco Birolini, sull’odissea dei minori stranieri non accompagnati e l’accoglienza della rete di Salesiani per il Sociale al Don Bosco di Napoli.

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Un fiume di minori stranieri risale ogni anno l’Italia senza che praticamente nessuno se ne accorga. Sbarcano senza genitori a Lampedusa, oppure direttamente sulle coste siciliane, poi iniziano il viaggio verso Nord facendo perdere le loro tracce. Nel 2023 le comunità di accoglienza hanno presentato 17.535 denunce di scomparsa. Numeri enormi e drammatici: se 5723 sono stati ritrovati sani e salvi, 2 sono stati recuperati senza vita. E ben 11.810 mancano all’appello. Nessuno sa bene che fine abbiano fatto. Per provare a capirlo si può bussare alla porta di una delle tante realtà no profit che provano a prendersene cura. Il “Don Bosco” di Napoli, che fa parte della Rete Salesiani per il Sociale, è il principale punto di raccolta dei minori stranieri non accompagnati che transitano dalla Campania: l’istituto gestisce una comunità di accoglienza immediata, una a medio termine e un progetto rivolto a favorire l’inclusione sociale e lavorativa di chi diventa  maggiorenne. Il direttore, don Giovanni Vanni, è un punto di riferimento per giovani nordafricani, bengalesi, pakistani . In sei anni ha visto arrivare 799 ragazzi da ben 37 Paesi diversi: il mondo passa da Napoli ma in pochi sembrano rendersene conto. «Tanti provengono dalla Tunisia, ma negli ultimi due anni la maggioranza arriva dall’Egitto. Seguono un itinerario organizzato nei dettagli fin dalla partenza: partono da Tobruk, che è il porto libico più vicino al confine. In attesa del barcone restano stipati in un capannone: non subiscono violenze, però non sono liberi di uscire. L’età media si è abbassata: qualche giorno fa ho ricevuto un 14enne». Napoli è come un grande filtro dove si raggruma questa giovane umanità smarrita.

«La nostra è la prima grande città che si incontra risalendo da Sud – riflette don Vanni -. Chi sbarca sa solo che deve dirigersi a Nord, per il resto si affida al passaparola. E dopo lo scudetto Napoli è diventata ancora più famosa, c’è un effetto calamita. Questi giovani cercano subito di racimolare i soldi per il viaggio: lavorano in nero, generalmente nei campi, poi salgono su un treno o su un autobus. Il problema è che nessuno sembra vederli. Se hanno il biglietto, paradossalmente, diventano invisibili: viaggiano di notte, raramente qualcuno si preoccupa di chiedergli chi sono, dove vanno». La stazione è il punto d’approdo. Un porto terrestre. I minorenni mettono piede sulle banchine e per prima cosa cercano cibo. La mensa della Caritas li sfama e li affida a don Vanni, che li ospita nella comunità La Zattera. «Prima di arrivare da noi però bivaccano per alcuni giorni in stazione, tra l’indifferenza generale. Finché magari qualche poliziotto li nota e ci chiama. A volte sono gli stessi ragazzi già ospiti che ce li segnalano». Molti si ambientano, e una volta maggiorenni entrano nel progetto di inserimento. Il Don Bosco mette a disposizione una casa e li affianca nell’inizio del loro percorso da adulti. «Per prima cosa li aiutiamo a tenere in regola i documenti: carta identità e residenza. Così poi possono affittare un appartamento, lavorare e avere il medico. La scuola d’italiano è un altro fondamentale strumento di integrazione. E poi noi siamo un po’ i loro secondi genitori, cerchiamo di dargli quell’educazione che si basa su incoraggiamenti, ma anche su rimproveri. Il segreto è scorgere le loro inclinazioni e assecondarle, inserendoli magari nella formazione professionale». Il rischio che qualcuno sbagli strada è concreto, ma per fortuna poco frequente. «La soluzione lavorativa e abitativa aiuta: se uno ha il carattere solido non incontra grandi problemi. Ma i soldi facili e il vivere alla giornata possono essere una tentazione per chi è più debole o si sente chiedere denaro dalla famiglia di origine. Così può finire nei giri della criminalità. Ma devo dire che la percentuale degli ex allievi in prigione è bassa».

Altri, semplicemente, spariscono. «Trattenerli non si può. Ti dicono vado a fare un giro, o a prendere le sigarette. E non li vedi più. Poi magari ti chiamano dalla Francia, dove ad esempio vanno tutti i francofoni, per dirti che va tutto bene. Ma non puoi esserne certo, quindi non ritiri la denuncia di scomparsa». Il grande buco nero si alimenta anche così: l’Italia li perde di vista e arrivederci. Ma non mancano le ipotesi più inquietanti: «Alcuni anni fa un poliziotto mi accennò a un possibile traffico d’organi – rivela don Vanni – c’erano segnalazioni di un furgone sospetto che offriva passaggi verso Nord… Ma poi non ne ho più saputo nulla». Incubi che restano sullo sfondo di una situazione comunque difficile. «A volte qualcuno mi chiama dall’Emilia o dalla Lombardia. Si trovano al freddo, senza riparo e non sanno che fare». C’è chi se ne lava le mani, anche quando non potrebbe. «A fine gennaio mi chiamò un 17enne egiziano: la polizia lo aveva fermato e portato in Questura, poi gli aveva messo in mano un foglio con scritto: la signoria vostra è pregata di presentarsi lunedì ai servizi sociali. Ma era sabato e lui non sapeva dove andare. Gli ho pagato il biglietto del treno e l’ho fatto tornare a Napoli».

Don Francesco Preite, presidente di Salesiani per il Sociale, chiosa: «I migranti che accogliamo sono giovani che hanno avuto di meno dalla vita. Proprio per questo sono al centro della nostra azione sociale ed educativa che richiede il coinvolgimento di una comunità fatta di persone, associazioni, istituzioni e imprese. Una comunità capace di dare dignità ai giovani e di valorizzare il potenziale presente in ognuno di loro».

Storia di volontari: la rubrica di Salesiani per il Sociale

Dal sito di Note di Pastorale Giovanile.

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Raccontare storie è un compito ineludibile nell’educazione, perché attraverso esse viene comunicato e rinsaldato il senso personale e collettivo del vivere.
Raccontare belle storie è un aiuto alla identificazione, alla condivisione, all’assimilazione di valori.
Quando poi sono i giovani a raccontare queste storie, allora (anche) si apre uno squarcio su un mondo conosciuto soltanto in parte e perlopiù attraverso stereotipi, disinformazione, luoghi comuni.
In questa rubrica diamo spazio e voci ai giovani e alle loro storie di vita, a quelli che stanno vivendo un’esperienza non di passaggio ma significativa per la loro crescita e per la crescita di una cultura di solidarietà e integrazione. Storie di volontariato.

Quasi “corredo” biografico a quanto il Presidente Mattarella ha espresso più volte nei suoi messaggi in occasione delle Giornata Internazionale del Volontariato, anche con senso di gratitudine da parte dei beneficiari: 
«Il volontariato è una straordinaria energia civile che aiuta le comunità ad affrontare le sfide del tempo e le sue difficoltà. Rinsalda i legami tra le persone, è vicino a chi si trova nel bisogno, riduce i divari sociali, promuove l’accoglienza e la sostenibilità» (05/12/2021).
«L’ampia e spontanea mobilitazione in aiuto delle comunità colpite da eventi calamitosi ne è testimonianza. Il volontariato costituisce, altresì, una risorsa preziosa per le istituzioni che, con la valorizzazione della partecipazione della società civile, possono adottare misure più efficaci e vicine ai bisogni e alle attese delle persone» (05/12/2022).
«La dedizione dei volontari è una componente imprescindibile per affrontare anche le sfide globali che mettono a dura prova Stati e società, al fine di trasmettere alle future generazioni un mondo migliore» (05/12/2023).

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Il sole nel cuore di un volontario

Evisa Feleqi
(26 anni, nata in Albania ma da lungo tempo in Italia dove si è laureata in scienze politiche con speciale attenzione alla programmazione sociale, in cui ha anche ottenuto un Master europeo. Dopo l’anno di volontariato sociale, al momento lavora presso l’Associazione SxS, dove conta di mettere a servizio dei giovani in difficoltà le sue competenze e la sua umanità, basata sull’empatia e sul potere della parola e del dialogo)

Il sorriso di una persona è il raggio più caldo che può toccare il cuore. E io sono un po’ così, sempre ottimista e sorridente, perché nella vita si deve essere felici per poter coltivare felicità. Ne sono assolutamente convinta: siamo al mondo per essere felici, e il sorriso ne è la prima traccia.
Sto parlando della mia esperienza di volontariato, in un impegno di servizio civile che mi ha profondamente coinvolta. E intendo parlarne non a partire da speciali competenze o speciali ambiti di azione, ma a partire “dall’anima”. Sì, perché l’anima del volontario è importante, il suo spirito libero e credente (di qualunque tipo sia la sua fede) fanno sorgere delle emozioni indescrivibili. Tanto più quando – per il riferimento della mia associazione di volontariato (salesiano) – l’educativo, i ragazzi, l’amorevolezza sono parole chiave.
Essere volontario salesiano vuol dire nutrire e sfamare amore, entrare nello spirito di un bambino per fargli sentire calore, accettazione e speranza. L’essenza del lavoro di volontariato è proprio quella di “organizzare” (ricostruire, condividere, alimentare…) la speranza di chi nella vita non vede sorgere delle opportunità. Io ho voluto intraprendere l’attività di volontariato proprio perché volevo toccare delle realtà difficili, disperate e in urgente bisogno di aiuto. Ho scelto i Salesiani, ed è stata la migliore scelta della mia vita, sono riuscita a lavorare con i bambini e i giovani.
A volte mi sono chiesta se si nasce volontari o lo si diventa… Non è una domanda sciocca, perché sento dentro di me naturale l’empatia, la condivisione, il desiderio di aiuto… ma so anche che occorre formarsi, per essere “meglio”. Per me è stato così: un momento molto importante è stato propria la formazione, cruciale direi, e quando la sede di appartenenza riesce a preparare il proprio volontario, rendendolo consapevole della realtà che troverà e il lavoro che dovrà svolgere, allora il volontario potrà preparare se stesso al lavoro che l’aspetta. Il mio momento di formazione fu costruttivo, ho colto con cura ogni momento e ho fatto tesoro delle attività svolte. E non dico solo a livello di “competenze” e tecniche o metodologie di azione, ma anche per conoscere meglio me stessa, mettere a nudo le mie motivazioni, imparare a collaborare, a partecipare, ad avere anche – perché non dirlo? – uno sguardo “politico”.
Sono partita per Albania nel giugno del 2022, con la macchina da Roma a Bari, ho imbarcato la macchina in nave, sono arrivata a Durazzo il mattino seguente, e dopo un paio d’ore stavo a Tirana. Ancora sento il cuore battere forte quando ricordo le emozioni di quel giorno: era un sogno che si stava realizzando.

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CGS – Please look forward: concorso per giovani ecoreporter

Dal sito del CGS nazionale.

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L’Ispettoria Salesiana Italia Centrale (équipe di ecologia integrale) e l’associazione CGS (Cinecircoli Giovanili Socioculturali APS) intendono lanciare una challenge, dal titolo “Please look forward”, per sensibilizzare gli adolescenti e i giovani (dai 15 ai 30 anni) sulle tematiche dell’ecologia integrale, tramite l’ideazione e la realizzazione di prodotti audiovisivi. Altri partner dell’iniziativa sono Salesiani per il Sociale APS e VIS (Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, ONG). L’obiettivo del concorso è ideare e realizzare un reportage della durata massima di 3 minuti, utilizzando esclusivamente lo smartphone, che metta in luce una problematica ecologica rispetto ai seguenti settori: rifiuti in genere, acqua, cibo, trasporti, plastica, vestiario, smartphone. La partecipazione al concorso è gratuita.

Per offrire alcuni suggerimenti utili ai creatori dei video, è a disposizione una video-lezione gentilmente realizzata da Teresa Paoli (giornalista e regista, dal 2017 è inviata di PresaDiretta, il programma di approfondimento Riccardo Iacona in onda su Rai3).

I partecipanti al concorso potranno inviare i propri video a partire dal 18 marzo 2024 e fino al 4 maggio 2024. A cominciare da lunedì 6 maggio, i video ricevuti saranno pubblicati sul canale Youtube dell’associazione Cinecircoli Giovanili Socioculturali e sottoposti alla votazione da parte del pubblico. Le votazioni saranno aperte fino al 24 maggio 2024.

Il primo premio (storia più significativa) sarà assegnato al video che avrà raggiunto il maggior numero di votazioni on-line (50% del punteggio) e che avrà ricevuto il massimo dei voti dalla giuria (50% del punteggio). Il vincitore riceverà un buono acquisto per attrezzature audio-video da 500 €, oltre alla possibilità di partecipare ad un Festival cinematografico con l’Associazione CGS. Il secondo premio (miglior fotografia) sarà assegnato dalla giuria e riceverà un buono acquisto da 200 €.

Info e regolamento

SMS solidale di Salesiani per il Sociale: “Quando compiere 18 anni non è una festa”

Pubblichiamo il comunicato stampa di Salesiani per il Sociale sulla campagna per l’SMS solidale.

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Roma, 5 marzo 2024 – «Compiere 18 anni per la maggiore parte dei ragazzi è un traguardo atteso con impazienza, ma per i giovani accolti dalle comunità per minori è un momento di grande ansia e preoccupazione, perché la maggiore età determina la fine di molte tutele e attività di sostegno.» A sottolinearlo è don Francesco Preite, presidente di Salesiani per il sociale, associazione da 30 anni accanto a bambini e giovani in condizione di fragilità, che lancia un appello per rafforzare i servizi di supporto per neomaggiorenni: «non possiamo lasciare a sé stessi questi ragazzi, che si ritrovano soli e senza le tutele garantite fino a un giorno prima. Non sono ancora adulti, ma sono già chiamati a cavarsela da soli».

I ragazzi che al raggiungimento della maggior età escono dai sistemi di tutela per minori (care leavers) devono aggiungere il peso di dover essere totalmente autonomi alla già difficile situazione che i giovani stanno vivendo in questo periodo. Secondo il rapporto Istat sul Benessere equo e sostenibile, infatti, negli ultimi anni i giovani tra i 14 e i 24 anni hanno visto peggiorare il 43% degli indicatori considerati[1].

Autonomia per questi ragazzi significa in primo luogo avere un lavoro, che non è scontato in un Paese in cui la disoccupazione giovanile è al 20,1% (seppur in miglioramento rispetto al passato) e il fenomeno dei Neet (giovani che non studiano e non lavorano) registra numeri che sono tra i più alti di tutta Europa. Nel 2022, il tasso di Neet è di oltre 7 punti percentuali superiore a quello medio europeo e secondo solo alla Romania: in Italia 1 giovane tra i 15 e i 29 anni su 5 non studia né lavora[2].

Per provare a rispondere a questa situazione, accompagnando i neomaggiorenni accolti nelle comunità alloggio e giovani che provengono da situazioni di disagio e fragilità, Salesiani per il sociale promuove percorsi di inserimento lavorativo e professionale, che ogni anno supportano migliaia di ragazzi, molti dei quali realizzati nelle periferie più fragili. Salesiani per il sociale dà loro un’opportunità: a Bari – per esempio – ha ideato un’Accademia della Ristorazione, a Palermo offre corsi professionalizzanti in ambito refrigerazione/condizionatori e per saldatore elettrico, a Vallecrosia (IM) promuove laboratori artigianali.

«Questi ultimi anni sono stati particolarmente difficili per i più giovani – prosegue don Francesco Preite – noi lavoriamo con e per loro da decenni, e dalla pandemia in poi abbiamo notato un aumento del disagio, delle difficoltà che investono i ragazzi in molti aspetti della loro vita: lavorativo, relazionale, psicologico. Oggi più che mai hanno bisogno che stiamo loro accanto, aiutandoli a costruire la propria strada».

Per poter continuare ad offrire supporto e accoglienza a bambini e ragazzi soli o in condizione di fragilità, Salesiani per il sociale ha lanciato una campagna di raccolta fondi con numerazione solidale: fino al 30 marzo è possibile contribuire, donando con un sms o una chiamata da rete fissa al 45598. In particolare, attraverso i fondi raccolti, saranno potenziate e migliorate le attività di alcune realtà salesiane in quartieri difficili come a Palermo, Napoli, Roma e Genova e il supporto a minori stranieri non accompagnati.

[1] Fonte: Istat, BES 2022: il benessere equo e sostenibile in Italia

[2] Fonte: Istat, Rapporto annuale 2023

Salesiani per il Sociale

“Il Traghetto” compie 15 anni: a La Spezia un porto sicuro per contrastare la povertà educativa

Dal sito di Salesiani per il Sociale.

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Un “Traghetto” per andare oltre la tempesta e navigare con più serenità: da 15 anni il centro diurno “Il Traghetto” di La Spezia fa questo lavoro con minori dai 6 ai 18 anni, tutti bambini e ragazzi con situazioni familiari difficili. “Il Traghetto” è il nome del Centro diurno per minori, sognato e fondato nel 2009 da don Antonio Integlia, salesiano, oggi missionario in Patagonia. Il centro diurno nasce all’interno dell’Opera salesiana di La Spezia ed è gestito dall’Associazione Il Galeone APS, associato a Salesiani per il sociale APS.

 Nel 2010, dopo la ristrutturazione degli ambienti nell’opera salesiana di La Spezia inizia l’attività, grazie anche al sostegno della dottoressa Stefania Branchini, direttrice del Distretto Sociosanitario, della fondazione Carispezia che finanzia i primi due anni, dalla Regione Liguria e dal Comune di La Spezia che sostiene i primi tre anni per poi valutare il quarto, una espansione importante, realizzata grazie anche a don Fabrizio Di Loreto, arrivato a La Spezia dopo don Antonio Integlia. “In questo momento – spiega Luca Vergassola, coordinatore del centro diurno – stiamo nel quarto anno, perché l’amministrazione comunale ha valutato positivamente la nostra attività. Un centro diurno così nella città non c’era”.

“Il Traghetto” accoglie venti minori e altri cinque posti sono per i ragazzi del progetto “Navigare soli”: “Si tratta di un progetto individuale rivolto a quei ragazzi che sono in uscita dal centro diurno, li accompagniamo verso l’autonomia”, spiega ancora Luca Vergassola.

Come tutti, anche “Il Traghetto” ha dovuto reinventarsi nel periodo del Covid e del post Covid: “Nel 2021, su base volontaria, abbiamo aperto anche la mattina per permettere a chi non aveva strumenti di poter seguire le lezioni: abbiamo abbattuto lo scalino tra chi aveva una stanza, un computer, una connessione a disposizione e chi no. I ragazzi venivano qui dalla mattina, facevano colazione e poi potevano seguire le lezioni a distanza”. Oltre a Luca Vergassola, psicologo e psicoterapeuta, al Traghetto lavorano quattro educatori professionisti: Daniela Fioravanti, Giorgia Lenzi, Simone Lobina e Marco Ramonini.

Oltre ai venti ragazzi inseriti a tempo pieno e i cinque posti del progetto “Navigare soli”, “Il Traghetto” si prende cura anche di quei giovani passati di lì ma che ogni tanto hanno bisogno di tornare: “Il porto sicuro” è il nome di questo progetto che permette di accogliere di tanto in tanto chi è partito da “Il Traghetto” ma che ha bisogno di tornare, per una parola, per un piccolo aiuto: ci prendiamo cura di chi è passato da qui per accompagnare i nostri giovani anche nell’autonomia”, prosegue Luca Vergassola.

Durante la festa di don Bosco del 28 gennaio sono stati festeggiati i 15 anni de “Il Traghetto”. Don Giorgio Mocci, direttore dell’Oratorio e presidente dell’Associazione “Il Galeone”, si mostra felice della ricorrenza: “Lo straordinario lavoro educativo quotidiano che si svolge nel Centro diurno è frutto di una volontà condivisa dalla Comunità Educativa Pastorale di “La Spezia” e della passione educativa degli educatori del Centro diurno, ai quali vanno gli auguri ed il grazie di tutti noi”. All’evento è intervenuto anche don Francesco Preite, Presidente di Salesiani per il sociale APS, che associandosi al grazie espresso da don Giorgio per gli educatori ha dichiarato: “Il Centro diurno rappresenta un presidio di contrasto alla povertà educativa e di prevenzione educativa fondamentale in un Paese come l’Italia che purtroppo conta circa 1 milione e 400 mila minori in povertà assoluta. Promuovere presidi come “Il Traghetto” è garanzia di futuro e crescita di una comunità e dell’intero Paese”.

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Corigliano d’Otranto, inaugurato il centro diurno “Buona stoffa” per sostenere giovani e famiglie

Pubblichiamo il comunicato di Salesiani per il Sociale sull’apertura del nuovo centro socio educativo a Corigliano d’Otranto.

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A Corigliano d’Otranto, nell’opera salesiana, è appena stato inaugurato un centro socio educativo diurno “Buona stoffa”, una struttura che, spiega Giovanna Coccioli, incaricata dell’Opera salesiana “si propone di affiancare le famiglie nell’educativo, accompagnando i minori dai 6 ai 18 anni che ci verranno segnalati dai servizi sociali in un percorso di istruzione in affiancamento alla scuola, accompagnandoli in un servizio di dopo scuola facendoli studiare in un contesto bello, accogliente dove si fa attenzione anche alla loro salute, con banchi e sedie ergonomiche”.

Dal 2018 l’opera di Corigliano D’Otranto si è dotata di un documento di vision e mission per ridisegnare la propria presenza sul territorio e per raccontarsi. In base a questo documento, spiega ancora la dottoressa Coccioli, “ci siamo proposti di raggiungere quattro degli obiettivi dell’Agenda 2030. Il centro diurno appena inaugurato concorre al raggiungimento dell’obiettivo 1 e 4, ovvero combattere la povertà in tutte le sue forme e favorire una istruzione di qualità. Questo centro fortemente desiderato dalla comunità educativa pastorale della nostra opera in risposta ai bisogni del territorio, e favorendo la loro integrazione tra pari, facendoli partecipare alle attività dell’oratorio, di tipo culturale, sportivo, inserendoli nella PGS. L’obiettivo è quello di far collaborare l’oratorio e il centro diurno, in modo che i ragazzi siano inseriti in un ambiente sano, educativo, accogliente che si prende cura di loro”.

Il centro diurno “Buona stoffa” amplia l’offerta formativa dei salesiani di Corigliano, dove c’è già una comunità educativa di tipo residenziale per le situazioni in cui il minore è allontanato dalla famiglia. “Lavoreremo in stretto contatto con le assistenti sociali dell’ambito territoriale di Maglie – conclude la dottoressa Coccioli -, ma siamo aperti ad accogliere ragazzi fuori ambito, anche con il tribunale dei minori che già ci affida ragazzi per la messa alla prova in oratorio oppure ragazzi da seguire in comunità educativa”.

Il centro “Buona stoffa” è finanziato anche con i fondi del Bando delle idee di Salesiani per il Sociale, un programma di sostegno ai progetti dei soci per realizzare nei territori attività a favore di minori e giovani, soprattutto i più poveri e abbandonati. “Con il Bando delle idee vogliamo sostenere i territori nel loro lavoro quotidiano al fianco dei giovani. E siamo molto contenti di poter sostenere l’attivazione del Centro educativo diurno per minori “Buona stoffa” perché si tratta non solo di un presidio di lotta alla povertà sociale ed educativa dei minori e di sostegno nel loro cammino di crescita, ma anche del primo presidio educativo di questo genere nell’ambito territoriale di Maglie” dice don  Francesco Preite, presidente di Salesiani per il Sociale “L’apertura di un centro educativo è motivo di speranza per l’intera comunità perché accresce il PIL educativo dell’intero territorio. Auguri agli educatori della “Buona stoffa” dell’APS Piccoli Passi Grandi Sogni ed alla CEP di Corigliano d’Otranto”.

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Festa di Don Bosco, momento di ritiro degli uffici nazionali del CNOS, Salesiani per il Sociale e CNOS-FAP

“Non importa quanto si dà, ma quando amore si mette nel dare” (Madre Teresa di Calcutta). Mercoledì 31 gennaio, nel complesso di San Tarcisio, don Maurizio Spreafico, parroco dell’opera di Santa Maria Liberatrice a Testaccio, ha iniziato così il momento di ritiro per i dipendenti del Centro Nazionale Opere Salesiane, il CNOS-FAP e Salesiani per il Sociale, in occasione della festa di Don Bosco. Hanno partecipato anche la Comunità San Lorenzo del CNOS e don Riccardo Pincerato, nuovo responsabile del Servizio di Pastorale giovanile della CEI.

Tracciando la fiosionomia di Don Bosco come nostro modello, don Spreafico ha guidato la riflessione evidenziando alcuni aspetti della vita di Don Bosco, partendo però dalla sua esperienza personale, da delegato di pastorale giovanile dell’ispettoria Lombardo Emiliana fino a ispettore del Medio Oriente. Ha ricordato come nella vita di Don Bosco la comunione con Dio abbia significato passione per l’uomo che si è tradotta in carità. Mentre la capacità di affetto, di amicizia faceva sì che ciascuno si sentisse il preferito da lui.

“Rallegratevi nel Signore, sempre”: la gioia, ha sottolineato don Spreafico, è ricettiva e deve diventare comunicativa, è un dono profondo.

La giornata è poi proseguita con un momento di silenzio personale e il confronto in piccoli gruppi. Dopo la condivisione dell’Eucaristia, c’è stato il pranzo insieme.

Salesiani per il Sociale, Siamo con voi: la storia Mahdi e Tayeba, da Kabul a Prato per il sogno di una vita felice

Dal sito di Salesiani per il Sociale.

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Raccontiamo la storia della famiglia Moshtaq, scappata da Kabul dopo la presa dell’Afghanistan da parte dei talebani e accolta a Prato grazie al progetto Siamo con voi!, finanziato dalla Fondazione Don Bosco nel Mondo.

La data che ha segnato le vite di Mahdi e Tayeba è sicuramente il 15 agosto del 2021, giorno in cui la città di Kabul è passata sotto il governo dei talebani. Questo avvenimento ha reso necessaria la fuga dal proprio Paese di tutta la famiglia Moshtaq.  Prima di quel momento i coniugi Mahdi e Tayeba vivevano tranquillamente in Afghanistan, abitavano con la famiglia nello stesso condominio ed erano sempre in contatto con i loro cari.  Tayeba è cresciuta in Iran, ma dopo il matrimonio con Mahdi si è trasferita a Kabul, perché lui lavorava per la NATO. Anche Tayeba lavorava, prima in una mensa ospedaliera, poi in una mensa di un istituto medico. Dopo un po’ hanno deciso di aprire una fabbrica tessile, che hanno gestito insieme, fino al giorno della presa di Kabul.  Nel frattempo, la coppia ha avuto due figli, Narges nel 2014 e Amir nel 2017; i bambini erano quindi molto piccoli quando è iniziata la loro fuga dal Paese, sono passati prima da Harat, proseguendo per Dubai per poi arrivare in Italia il 26 gennaio 2022, dove sono stati accolti presso l’Oratorio Sant’Anna di Prato.

Nel suo racconto, Mahdi ripete più volte che non sapevano dove sarebbero stati diretti esattamente, ma l’unica cosa che contava era raggiungere l’Italia, dove avrebbero poi trovato quella che oggi definiscono la loro “seconda famiglia”.  Dopo aver esplicato tutte le procedure per ottenere il permesso di soggiorno, le tessere sanitarie e lo status di rifugiati, aver conseguito la certificazione di italiano di livello A2 e il diploma di terza media, Mahdi ha iniziato a lavorare presso una Cooperativa, mentre Tayeba si prendeva cura dei figli. Nel marzo 2023 Mahdi ha iniziato un tirocinio in un’azienda di  filatura, che da poco si è trasformato in un contratto a tempo indeterminato.

Nel frattempo, la famiglia è entrata nel Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI) di Prato e si è trasferita in una delle residenze del circuito. Nonostante la distanza dal centro don Bosco della città continuano a frequentare l’Oratorio. Tayeba, infatti, sostiene che per loro non è stato solo un’abitazione, ma una vera e propria casa, anche dal punto di vista affettivo. Anche Mahdi ribadisce che le cose più belle, e di cui sono più grati, sono la vicinanza e la gentilezza delle persone che hanno trovato lungo il loro cammino.

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Servizio Civile con Salesiani per il sociale: unisciti a noi!

Dal sito di Salesiani per il Sociale.

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Il Servizio Civile con i Salesiani è molto più di una semplice esperienza di volontariato; è un viaggio pieno di significato, un percorso che va ben oltre il contributo individuale e si intreccia con la storia di impegno e dedizione dei Salesiani stessi.
Un impegno profondo, un atto di amore e solidarietà rivolto alle categorie più vulnerabili della società. Attraverso progetti mirati alla crescita e al benessere della comunità e del territorio, i giovani volontari scoprono la bellezza di far parte di una comunità.
Si trovano ad affrontare sfide quotidiane, imparando a gestire la fatica ma soprattutto la bellezza dell’educare, perché, come affermano i Salesiani, educare significa tenere tra le mani i cittadini del futuro.
Partecipare al Servizio Civile con i Salesiani in Italia o all’estero significa intraprendere un viaggio di crescita personale, un’opportunità che permetterà ai volontari di apprezzare le piccole cose e acquisire competenze utili per il proprio percorso di vita e professionale.

“Educazione diventa una parola che racchiude una vastità di esperienze, un impegno continuo che va oltre la mera trasmissione di conoscenze.” Queste sono le parole di Rosa, ex volontaria del servizio civile presso la casa salesiana di Marsala.

Alcune informazioni chiave:

  • Sono disponibili 903 posti complessivi, di cui 830 in Italia e 73 all’estero.
  • Il termine ultimo per la presentazione delle domande è il 15 febbraio alle ore 14:00.
  • Il bando è aperto a giovani tra i 18 e i 28 anni. Per partecipare, è necessario registrarsi al Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID) con un livello di sicurezza 2. Coloro che non sono ancora registrati o desiderano ulteriori informazioni possono consultare il sito dell’AGID – Agenzia per l’Italia Digitale, dove sono disponibili dettagli e tutorial utili.

Da quest’anno, inoltre, sarà possibile candidarsi per il progetto “Connessioni di Pace 2“ direttamente presso l’ufficio nazionale gli uffici di Salesiani per il Sociale.
Nel progetto “Connessioni di Pace 2” i volontari saranno coinvolti in attività di progettazione, raccolta fondi e comunicazione.

“Se dovessi pensare ad una parola chiave sarebbe SALTO. Trova il coraggio di farlo perché ti servirà per allargare i tuoi orizzonti, imparare ad apprezzare le piccole cose ma soprattutto a conoscere te stesso/a in profondità. Trova il coraggio di farlo perché poi sarai fiero di te per esserti lanciata/o ed averci almeno provato. Se non provi non potrai mai sapere come sarebbe potuta andare.” Sara, ex volontaria del servizio civile all’estero. 

Il Servizio Civile con i Salesiani è dunque un capitolo nella storia di chi ha scelto di alzare la mano, di essere parte attiva nella costruzione di una società orientata ai valori della convivenza pacifica e dell’aiuto reciproco, da molto prima del 2001, anno in cui i primi progetti nazionali di Servizio Civile vedono la luce grazie alla volontà di giovani desiderosi di dedicare parte della loro vita a servire la comunità in un contesto non armato e non violento.
Il 2004 segna poi un passo fondamentale nella storia del Servizio Civile con i Salesiani, quando Salesiani per il Sociale ottiene l’accreditamento come ente di I classe nell’albo nazionale del Servizio Civile. Da quel momento, la crescita è costante, con una media di 800 giovani volontari impegnati ogni anno a favore dei minori vulnerabili. Oggi, nel 2023, l’opportunità si amplia ulteriormente con 903 posti disponibili, di cui 830 in Italia e 73 all’estero.

Progetti in Italia
Progetti estero

Intervista a don Francesco Preite (Salesiani per il Sociale): “Le due emergenze giovanili sono educazione e lavoro”

Dal Quotidiano di Bari, di Bruno Volpe

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“Le due emergenze giovanili sono educazione e lavoro”: ce lo ha dichiarato in questa intervista a margine dell’ evento “Passato, presente e futuro del quartiere Libertà” (uno dei rioni difficili del capoluogo pugliese) don Francesco Preite, Presidente Nazionale dei Salesiani per il sociale Aps, che per lunghi anni è stato proprio a Bari direttore dell’oratorio dei salesiani al Redentore. La manifestazione barese era inserita nel contesto della interessante iniziativa comunale Community Hub a favore di alcuni rioni problematici come Libertà ed Enziteto. La scelta del Comune si è rivelata un successo mediatico, anche grazie all’ esperienza comunicativa e divulgativa dell’editore Domenico Di Marsico che da par suo ha organizzato pannelli, grafica e ha diretto egregiamente tutto il progetto comunale.

Don Preite, ormai lei svolge a Roma dai Salesiani un ruolo molto delicato soprattutto per quel che riguarda il sociale. Quali le emergenze?
“Direi che le emergenze sono fondamentalmente due. Una la povertà dei minori e si calcola che in povertà ci siano in Italia un milione e duecentomila ragazzi, che tra l’altro disertano la scuola e bisogna valutare il tema dell’abbandono scolastico. Naturalmente, però questa non è una giustificazione, situazioni simili spingono al compimento di reati come abbiamo visto di recente proprio con la retata nella città vecchia a Bari. La repressione, che pur al momento giusto è necessaria, non è la sola risposta, bisogna prevenire. Siamo davanti a situazioni gravi che ci interpellano tutti e scuotono le nostre coscienze. Una seconda emergenza si chiama lavoro e occorrono migliori e più energiche politiche di chiamata al lavoro. Abbiamo bisogno di politiche attive del lavoro efficaci, soltanto il lavoro rende dignità alle persone, non il mero assistenzialismo che pur serve nei momenti critici ed è una valvola di sfogo”.

Torniamo alla educazione che è uno dei punti cardine del fondatore dei Salesiani Don Bosco… “Il lavoro porta a quella che si definisce la santità dell’ ordinario, del feriale, alla correttezza del vivere onestamente ogni giorno”. Lo diceva anche san Josemaria Escrivà de Balaguer fondatore dell’Opus Dei…
“In effetti su alcune cose i due hanno molto in comune come ad esempio il senso del realismo, lo stare con i piedi a terra e gli occhi rivolti al Cielo. Solo il lavoro, e in effetti il santo spagnolo lo diceva, santifica la nostra esistenza, la rende dignitosa e toglie le cattive idee dalla testa”.

Come definisce la situazione attuale del Paese in termini di povertà?
“Grave e tuttavia non entro in questioni politiche che non mi competono. Occorre dare ai giovani risposte chiare, forti e adeguate”.

Lei è stato molto tempo a Bari al Libertà, che cosa dice ai suoi vecchi cittadini?
“Di sognare in grande, è bello. Oggi sono a Roma, svolgo nella Capitale un ruolo difficile e di responsabilità, ma Bari non l’ho mai dimenticata. Resto della idea che educazione e lavoro sono la via che porta alla santità di vita. Specialmente l’apprendere tecnicamente un mestiere e questo è stato un chiodo fisso di San Giovanni Bosco”.

Infine, l’assessora alle politiche giovanili del Comune di Bari Paola Romano che rumors danno candidata sindaco: “Bisogna saper ascoltare prima di tutto i giovani e al Libertà ed altre periferie lo stiamo facendo. Sono concorde che la vera emergenza è educativa, una sfida”. Chiude l’editore Domenico Di Marsico uno degli alfieri del successo della iniziativa: “Il Comune ha fatto una bella cosa, è giusto dedicarsi alle periferie. Io ho messo a disposizione la mia esperienza e soprattutto la voglia di aiutare i giovani a crescere”.