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Gratitudine e fiducia. Un importante passaggio di testimone

Dal numero di dicembre di Note di Pastorale Giovanile.

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di don Rossano Sala

È un momento delicato e strategico per la pastorale giovanile che è in Italia. Don Michele Falabretti ha appena terminato il suo mandato alla guida del Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile della Conferenza Italiana. Un percorso che è durato undici anni. Don Riccardo Pincerato gli subentra in questo incarico.
Per noi di NPG è anche un cambio di vicedirettore, perché d. Riccardo prende il posto di d. Michele anche nell’organigramma redazionale della nostra rivista. Insieme a d. Elio Cesari, coordinatore della pastorale giovanile salesiana in Italia (nominato a luglio 2023 in sostituzione di d. Roberto Dal Molin), cambiano così entrambi i vicedirettori della nostra rivista. Rimane stabile il sottoscritto come Direttore e soprattutto l’inamovibile d. Giancarlo De Nicolò, da sempre affidabile e preciso redattore.
È un bell’avvicendamento che ci offre un’occasione propizia per ringraziare chi ha camminato insieme con noi in questi anni e per augurare buon inizio a chi si affaccia verso un impegno di tutto rispetto. Insieme ci aiuta ancora una volta a ricordarci che coloro che assumono un servizio lo fanno a beneficio di tutti e per la crescita di tutti. L’autorità, lo sappiamo, non è mai un privilegio che rende superiori agli altri, ma un’occasione di servizio a cui si è chiamati per l’edificazione e il cammino di tutti, nessuno escluso.

Gratitudine

La prima parola che sgorga dal mio e dal cuore di tanti di noi è certamente “gratitudine”. D. Michele ci ha messo corpo e anima in questo incarico. Lo ricordo al suo primo convegno di pastorale giovanile come Direttore del Servizio Nazionale, organizzato a Genova. Eravamo nel febbraio del 2014 e non vi ha potuto partecipare dal vivo, perché collegato dal letto dell’ospedale di Bergamo dove si stava curando da una malattia non semplice da affrontare, da cui ne è poi uscito vincitore e più forte che mai. E poi lo rivedo nell’ultimo incontro di redazione di NPG – era il luglio 2023 – a fare il punto dopo undici anni di servizio attraverso lo snocciolarsi degli argomenti dell’intervista che ora offriamo ai lettori, nel Dossier che segue questo editoriale.
Abbiamo camminato insieme. La sinodalità l’abbiamo praticata senza averla troppo tematizzata: abbiamo vissuto momenti entusiasmanti – le diverse GMG, il cammino del Sinodo per e con i giovani, alcuni convegni illuminanti – e anche stagioni faticose – l’esperienza della pandemia, la fatica della nostra rivista che necessitava di un ripensamento in vista di un rilancio, l’emergenza educativa che sempre ci ha accompagnato come filo rosso in tutti questi anni. Abbiamo affrontato le cose con coraggio e con le risorse che avevamo a disposizione, evidentemente anche con i nostri limiti. Ne abbiamo fatta di strada, e di tutto questo siamo felici.
D. Michele è stato protagonista di una stagione di pastorale giovanile in Italia, così come Niccolò Anselmi della precedente, Paolo Giulietti e Domenico Sigalini rispettivamente di quelle ancora precedenti. Tutti e tre, questi ultimi, divenuti vescovi: un chiaro riconoscimento del loro impegno qualificato sul campo e della loro anima pastorale. Tutti amici, collaboratori e sostenitori di NPG, che tanto ha fatto per la nascita del Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile: dai primi dialoghi sulla necessità di un coordinamento nazionale risalenti all’anno centenario della morte di don Bosco, alla nascita del Servizio nei primi anni ‘90, al sostengo mai mancato. Trent’anni di storia bella, entusiasmante, feconda.
Camminare insieme, Servizio Nazionale e NPG, ha sempre significato fecondarsi e arricchirsi reciprocamente: è stato, e siamo certi che continuerà ad esserlo, un bel laboratorio tra pensiero e azione, tra riflessione critica e azione pratica, tra pratiche pastorali e riletture critiche. È un circolo virtuoso, che fa bene a tutti: il pensiero aiuta l’azione ad essere intelligente e lungimirante, e l’azione aiuta il pensiero ad occuparsi della realtà concreta e a non perdersi in teorie astratte, in fantasie o illusioni. È una correzione e una purificazione reciproca, quasi una mutua verifica, che fa bene ad entrambi, perché aiuta tutti a rimanere umili e fuggire ogni presunzione.

Fiducia

Adesso tocca a d. Riccardo, e anche a d. Elio. Entrambi giovani e forti, con esperienza pastorale sul campo. Tutti e due con tanto desiderio di portare avanti con qualità e passione ciò che gli è stato affidato. Noi, nei loro confronti, partiamo decisamente con tanta fiducia. È l’atteggiamento che la pastorale giovanile ha sempre insegnato e praticato nei confronti di tutti i giovani. Senza fiducia non si va da nessuna parte. Se chi arriva è visto subito con sospetto, è guardato di traverso, mancano le condizioni buone per incominciare un cammino. Noi di NPG, pur avendo alle spalle una storia che oramai si avvicina ai 60 anni – la rivista è nata nel lontano 1966-1967 – non ci siamo mai chiusi in un passato glorioso. Puntiamo sul presente e sul futuro, pur rimanendo radicati nella storia.
Questo passaggio di testimone dice anche che la stagione che ci aspetta sarà inedita, diversa da tutte le altre che abbiamo vissuto. Ci sono sfide nuove che ci vengono incontro. Pensiamo a quella ecclesiale della sinodalità per esempio, che ci chiede di verificare il nostro modo di procedere e di lavorare insieme, e che ha nel cammino sinodale – sia universale che italiano – un momento di discernimento epocale che non sappiamo bene dove ci porterà. Oppure quella dell’abbandono della pratica religiosa da parte dei giovani, e non solo dei giovani – oltre oceano la chiamano Dechurching, termine intraducibile che dice una generalizzata disaffiliazione ecclesiale pratica, e che rende sempre più giovani dei nones, ovvero persone slegate da qualsiasi appartenenza, sia religiosa che civile [1]. O ancora alla cosiddetta “questione degli adulti”, che nella stagione precedente è stata assai denunciata ma poco affrontata: non basta dire infatti che gli adulti sono adulterati e adultescenti per risolvere le cose. La cura educativa rimane una sfida sempre antica e sempre nuova, soprattutto nei confronti dei “nuovi” adolescenti: ci vogliono strategie nuove e strutture diverse, insieme a persone meglio sintonizzate sul loro vissuto. Un’altra sfida non secondaria riguarda la recezione piena del cammino sinodale che abbiamo vissuto come Chiesa universale e che, per via della pandemia e di una certa superficialità, sta rischiando di essere dimenticato: impostare una pastorale giovanile “in chiave vocazionale” rimane un punto su cui lavorare con serietà e dedizione.
Abbiamo fiducia che insieme qualcosa di bello e incisivo si potrà fare. Soprattutto puntiamo sul lavoro di squadra e sulla necessità di fare rete. Il modus operandi vincente oggi, proprio a causa della complessità dei problemi da affrontare, è proprio questo: lavorare per progetti più che per uffici, imparare ad affrontare insieme le sfide, riconoscendo che la comunione, la condivisione e la corresponsabilità sono delle strategie operative vincenti.

Cammino

Il terzo e ultimo passaggio di questo editoriale lo dedico al cammino che ci aspetta. Chi è chiamato al servizio dell’autorità attraverso un compito di responsabilità, è invitato anche ad aver chiaro l’apporto specifico che dovrà perseguire, e che gli viene dal suo ruolo.
È significativo intanto che il coordinamento della pastorale giovanile a livello nazionale, fin dall’inizio, non è stato pensato come un “ufficio” ma come un “servizio”: Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile. Non è solo una questione terminologica, ma c’è sotto un’idea ben precisa frutto di riflessione e confronto tra i “padri fondatori”: è un servizio verso gli altri uffici della CEI, che hanno necessità di avere un’attenzione squisitamente pastorale nei confronti dei giovani – tanti uffici infatti hanno a che fare con i giovani: pensiamo solo all’Ufficio catechistico, a quello per la pastorale vocazionale, o a quello legato all’educazione, scuola e università, solo per citare i più vicini al mondo giovanile – e insieme un servizio offerto alle Diocesi e alle Regioni ecclesiastiche, che tante volte appaiono fragili proprio nel loro compito di accompagnare i giovani, e quindi vanno a loro volta accompagnate. Un duplice impegno quindi, a partire dal punto di vista specifico della pastorale giovanile.
Il compito di questo servizio, così come l’ho frequentato e immaginato, lo penso come orientato verso quattro ambiti connessi tra loro: uno più riflessivo, uno di governo, uno di coordinamento e uno di formazione.
La riflessione oggi non può mancare, attraverso un cammino di condivisione di idee fatto di confronto e di discernimento comunitario, che portino la pastorale giovanile a ripensarsi nei nuovi contesti in cui è chiamata ad operare. Proprio perché siamo in un cambio d’epoca, il primato – tra l’altro indiscutibile – della realtà non basta. C’è bisogno di approfondimento per trovare le cause e le ragioni di una determinata situazione, e anche di criteri per intraprendere delle azioni ragionevoli ed efficaci. La realtà va illuminata dalle idee, altrimenti resta oscura e imprendibile. La teologia pastorale è nata proprio per questo: per pensare l’agire, per verificare e qualificare l’azione pastorale. Senza di questo si agirà senza pensare, cosa assai grave e pericolosa, che purtroppo troppe volte avviene. Qui NPG, che ha sempre camminato con il Servizio Nazionale, può continuare a farlo in forma strutturale, insieme con il suo qualificato gruppo di redazione. Che il responsabile del Servizio Nazionale ne sia vicedirettore è il segno eloquente di questa stretta e feconda collaborazione.
C’è bisogno anche di governo. Nei posti di responsabilità bisogna saper accompagnare il discernimento e anche saper prendere decisioni. Bisogna ascoltare, condividere, valutare, decidere. In questo senso la consulta nazionale di pastorale giovanile è il luogo del discernimento e della preparazione delle decisioni importanti per il cammino. Senza orientamenti e decisioni siamo dispersi e non sappiamo dove andare. Una decisione offre obiettivi chiari e destinazione certa. Bisogna decidere con sapienza e chiarezza, rendendo conto dei passaggi: oggi si parla giustamente di decision making (il cammino di discernimento previo ad una decisione), di decision taking (il modo in cui i soggetti preposti prendono una decisione) e soprattutto di accountability (ovvero di trasparenza, di saper rendere conto con chiarezza agli interessati dei passaggi che si sono fatti per giungere alla decisione comunicata). Il governo implica la possibilità che vengano date indicazioni vincolanti alle Diocesi e alle realtà locali circa la gestione dei centri di pastorale giovanile diocesani e delle realtà di pastorale giovanile interparrocchiali e parrocchiali.
C’è bisogno anche di coordinamento. È la questione più pratica, che porta via la maggior parte del tempo, ma che è anch’essa determinante per avere ordine e precisione in quello che si fa. Pensiamo all’enorme impegno per il coordinamento di una Giornata Mondiale della Gioventù dal punto di vista operativo per le diocesi italiane. La prossima sarà nel 2027 in Corea del Sud, quindi sarà abbastanza leggera – sia in termini di partecipazione che quindi di organizzazione – rispetto a quelle europee. Ma c’è il capitolo del Giubileo dei Giovani a cavallo tra luglio e agosto del 2025, che è già all’orizzonte e su cui bisognerà muoversi fin da subito, in quanto possiamo dire che è dietro l’angolo. Il coordinamento implica anche il sapiente affiancamento di una presenza animatrice e orientativa nelle scelte particolari che ogni territorio è chiamato ad operare.
Un ultimo aspetto, ma non certo ultimo, è la formazione. Essa pone il suo focus sul vero “capitale” della pastorale giovanile, che sono le persone: operatori pastorali in primis e giovani di riflesso. Pensiamo alla formazione dei nuovi direttori dei servizi diocesani per la pastorale giovanile, e anche alla formazione delle loro équipe. Ci vuole, in questo senso, formazione iniziale e permanente. Molte Diocesi non hanno né la forza né la competenza per avviare dei cammini di formazione qualificati. Per questo assistiamo a molte improvvisazioni e ad alcune persone che non pare sbagliato definire “dilettanti allo sbaraglio”. I convegni nazionali di pastorale giovanile sono eventi privilegiati di formazione. Insieme con momenti puntuali forse varrebbe la pena interrogarsi sulla necessità di offrire qualcosa di più solido e permanente a livello di formazione nazionale.
L’attenzione e la cura di questi quattro aspetti certamente renderà possibile una sempre maggiore qualificazione del Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile. E con questo certamente una sua maggiore efficienza ed efficacia, che comunque non è mai mancata in questi anni.
* * *
Dunque, per concludere, un grazie grande e di vero cuore a d. Michele Falabretti (e a d. Roberto Dal Molin) per la loro presenza positiva, impegnata e qualificata di questi anni. E un benvenuto sincero e fiducioso a d. Riccardo Pincerato (e a d. Elio Cesari): con speranza ci mettiamo in cammino con loro per una nuova ed entusiasmante stagione di pastorale giovanile, sempre con l’intenzione di metterci in pieno servizio affinché tutti i giovani possano incontrare il Signore, così da divenire felici nel tempo e per l’eternità.

NOTA 

[1] J. Davis – M. Graham – R. Burge (Foreword by C. Hansen), The Great Dechurching. Who’s Leaving, Why Are They Going, and What Will It Take to Bring Them Back?, Zondervan, Gran Rapids (Michigan) 2023; R. Burge, The Nones. Where They Came From, Who They Are, and Where They Are Going, Fortress Press, Minneapolis 20232.

Consulta Nazionale della Pastorale Giovanile della CEI, il saluto di don Michele Falabretti

Dal 11 al 13 settembre 2023 si è tenuta la Consulta Nazionale della Pastorale Giovanile della CEI al Priorato di S. Pierre, in Val d’Aosta. Per i Salesiani in Italia ha partecipato don Elio Cesari, nuovo coordinatore nazionale della Pastorale Giovanile.

Si trattava dell’ultimo incontro coordinato da don Michele Falabretti, al termine dei suoi undici anni come Direttore del Servizio Nazionale per la PG: don Michele ha voluto offrire con questa occasione un tempo per fare una verifica del lavoro fatto e condividere alcune prospettive di futuro.

Facendo riferimento ad un articolo – intervista che sarà pubblicato sul numero di gennaio  di Note di Pastorale Giovanile, don Falabretti ha suddiviso il lavoro secondo tre tempi:

– Primo tempo: Undici anni

– Secondo tempo: Le sfide di oggi

– Terzo tempo: Verso il futuro

Il clima di condivisione e di gratitudine reciproca ha permesso di vivere questo tempo come un lavoro utile da consegnare al prossimo direttore della PG nazionale.

Molto toccante il ringraziamento finale di don Michele:

Alla CEI, dunque, devo riconoscenza per avermi coinvolto in un’avventura che ho sempre ritenuto immeritata. Un’esperienza che mi ha fatto vedere il mondo. Quello italiano, di cui pensavo di conoscere qualcosa ma che un po’ alla volta mi si è rivelato come molto più grande e più bello di quanto immaginassi. Penso ai luoghi: l’Italia è davvero un paese meraviglioso. Ma penso soprattutto alle persone, alle storie e tradizioni cristiane, alla fede e alla spiritualità che attraversa il Paese più del genio artistico (che spesso ne è solo un’espressione).

Penso alle diocesi, ai loro vescovi, agli incaricati di pastorale giovanile e ai loro collaboratori che spesso mi hanno accolto e ospitato, talvolta alla loro tavola e nelle loro case. Ho ascoltato molto, ho ricevuto accoglienza, rispetto e fiducia: non me ne sono mai andato da un posto con la sensazione di essere stato mal sopportato o di aver perso tempo. La storia di fede delle chiese in Italia, con le sue tradizioni, è davvero incredibile e non c’è come girare per poterla capire e in un certo senso toccare.

Vorrei dire grazie a Note di Pastorale Giovanile, in particolare a don Rossano e a don Giancarlo, ma anche a don Claudio e a don Roberto: il lavoro di questi anni è stato tanto, ma mi ha costretto a fermarmi e a pensare.

Vorrei dire grazie a chi ha lavorato quotidianamente con me in ufficio: senza di loro avrei potuto fare un decimo di ciò che ho fatto. Alla Consulta nazionale che mi ha aiutato a non chiudermi nei miei pensieri e spesso mi ha costretto a rivedere le mie convinzioni; a chi ho disturbato spesso e senza apparire mi ha sostenuto con preziosi consigli e contributi di lavoro. Un grazie speciale ai giovani che mi hanno accompagnato nei momenti in cui il lavoro si faceva frenetico, quelli che abbiamo chiamato gli “animatori di Casa Italia”; mi hanno riempito di affetto e non mi hanno fatto mancare la cosa più importante: lo sguardo dei giovani sulla vita, senza il quale il nostro lavoro non avrebbe senso.

Come Salesiani in Italia, esprimiamo la grande riconoscenza a don Michele per il suo servizio serio e profondo, continuando con il suo successore l’impegno nella collaborazione per il bene di tanti giovani.

Note di Pastorale Giovanile, riunione di redazione e saluto a don Michele Falabretti e don Roberto Dal Molin

Il 26 giugno, nella sede del Centro Nazionale delle Opere Salesiane, si è ritrovata la redazione di Note di Pastorale Giovanile per l’ultimo incontro dell’anno. L’occasione è stata anche quella per salutare don Roberto Dal Molin, prossimo superiore dell’Ispettoria Lombardo-Emiliana e don Michele Falabretti che dopo undici anni termina il suo incarico come direttore del Servizio nazionale di Pastorale Giovanile. Don Rossano Sala, direttore di NPG, ha salutato a nome di tutti don Roberto e don Michele, ringraziandoli per il loro prezioso lavoro.

Don Michele Falabretti ha poi ripercorso gli ultimi dieci anni di pastorale giovanile in Italia. La storia del servizio nazionale di pastorale giovanile, nato nel 1993, quando don Michele è stato ordinato prete, si intreccia con la sua: per un terzo, ne è stato responsabile. E in questi anni, alcune cose sono accadute dentro la Chiesa.

Con la nascita del servizio nazionale di PG, dentro gli orientamenti della Chiesa sulla carità si è segnato un piccolo cambiamento: vista come una cosa di per sé quasi inutile in quel momento, in realtà stava raccogliendo un’istanza del Concilio che in termini pastorali era una svolta molto forte. Il principio dell’educazione che è un principio di semina chiede di lavorare sulla relazione.
I trent’anni del servizio nazionale di PG vanno riletti così: una storia fecondissima, dove non si può non ricordare Don Bosco, la storia del ‘900 con l’azione cattolica che ha strutturato un grande movimento, c’è la nascita dei movimenti e la frammentazione che coltiva altre sensibilità.

Don Michele poi ricorda i suoi predecessori, legati a una stagione diversa della storia della Chiesa e della pastorale: monsignor Sigalini, colui che fa un’operazione di “aratura”; don Paolo Giulietti che ha dato il via alla grande stagione di eventi; don Nicolò Anselmi che arriva subito dopo Verona, tappa che segna un altro passaggio, quando si inizia a parlare di pastorale integrata.

Dopo dieci al servizio della Pastorale Giovanile, don Michele ne traccia le caratteristiche.

Il radicamento capillare sul territorio, dove sono presenti Diocesi e parrocchie anche molto piccole che porta ciascuna realtà a strutturarsi: nel nostro Paese, rispetto ad altri, c’è una sensibilità educativa più pronunciata.

La titolarità della pastorale è dove si vive la comunità, dove si celebra l’Eucaristia. Quando si demanda alla Diocesi si vive poco, si incontrano poco i ragazzi. Anche sul tema della Parola: deve essere “sbriciolata” ogni giorno, altrimenti vivere solo il grande evento è fare un fuoco d’artificio ma portare a casa niente.

Gli eventi lasciano sicuramente relazioni, incontri, momenti in cui si fa esperienza di “corpo”, il tema è poi riuscire a fare verifica, a raccontarsi, a scrivere per far crescere dentro i ragazzi la consapevolezza. Il bisogno del corpo: i giovani vivono relazioni smaterializzate, noi facciamo i manichei davanti ad alcuni eventi. Gli eventi lasciano relazioni, il tema del portare a casa le esperienze e fare verifica, raccontarsi qualcosa e scriverlo.

In questi dieci anni la Chiesa ha messo al centro l’educazione e c’è stato anche un Sinodo dei giovani nel mezzo.  L’educazione messa a tema per 10 anni dalla Chiesa con un sinodo dei giovani nel mezzo, ma con la fatica di dialogare.

Cosa ci chiede oggi la pastorale giovanile: dobbiamo essere credibili per essere testimoni, deve tornare fuori il tema della qualità testimoniale della Chiesa. Una strada è quella dei rapporti intergenerazionali che devono essere sani. Il rapporto intergenerazionale deve essere rivisto perché i giovani ti riportano il respiro per il futuro.

Ci chiede di riappropriarci di un impegno laicale sano: la sensibilità politica è in crisi, ma il tema oggi è quello che i laici possono e devono fare nella società.

Il territorio è cambiato radicalmente con le grandi riforme sociali: chi si è seduto a parlare con le istituzioni era chi aveva attività educative in piedi. Il mondo non funziona con lo schema del “cestino delle offerte”, bensì con le competenze e con l’educazione alla comprensione del mondo.

Infine, l’oratorio. È un luogo unico in Italia. Ha questa grande magia, è un laboratorio dove ci si mette alla prova, dove si fa qualcosa, con un gioco di passaggio dove a un certo punto ti lascio delle responsabilità per fare servizio. Questo meccanismo fa crescere, ma va coltivato.

Questo racconto arriva poi al focus sul futuro. Cosa serve? Servono persone e competenze, le attività devono servire alle persone e non viceversa. Dobbiamo saper fare e saper fare bene. Don Michele ha poi concluso ricordando come, in questi anni, Note di Pastorale Giovanile sia stato un luogo dove “pensare”: “Chi ha costretto a pensare, non solo a fare”.

La discussione assembleare ha poi allargato il ragionamento di partenza, e ciascuno ha potuto mettere l’accento su uno degli aspetti emersi dal discorso di don Michele.

Nel pomeriggio, divisi in gruppi di lavoro, si è proceduto a mettere insieme idee e proposte per gli articoli, i dossier e gli studi da pubblicare sulla rivista nel 2024.

 

Convegno Nazionale di PG a Lignano: il programma e i relatori

Dopo due anni, torna l’appuntamento nazionale di PG. Il Convegno si terrà dal 30 maggio al 2 giugno a Lignano Sabbiadoro e avrà come tema La fede nell’imprevedibile.

È disponibile il programma con i relatori (si può scaricare dal pulsante): “Apriremo con un dialogo a tre voci su cosa significhi oggi uscire dal buio nel quale, peraltro, siamo ancora immersi: come se non fosse bastata la pandemia, si sono aperti scenari di guerra tutt’altro che rassicuranti. Continueremo approfondendo il discorso sugli adolescenti, cantiere aperto dalla Chiesa italiana la scorsa estate. Faremo un ulteriore passo intorno al discorso della sinodalità, parola sulla bocca di tutti ma che ha bisogno di essere chiarita. Non tanto a livello teorico e infatti ci affideremo per questo passaggio a dei laboratori pratici. Nella chiusura, come sempre, proveremo a rileggere i nostri passi e a indicare (a partire dalle riflessioni fatte) le strade possibili per un impegno comune”, spiega don Michele Falabretti, responsabile nazionale di Pastorale Giovanile della CEI.

Scarica il programma

 

XVII Convegno Nazionale PG: “La fede nell’imprevedibile”

Pubblichiamo il lancio del prossimo Convegno nazionale di Pastorale Giovanile, annunciato anche su NPG.

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Dopo due anni, torna l’appuntamento nazionale di PG. Il Convegno si terrà dal 30 maggio al 2 giugno a Lignano Sabbiadoro e avrà come tema La fede nell’imprevedibile.

Non è facile arrivare al prossimo convegno nazionale di pastorale giovanile. I due anni di pandemia hanno più volte rimandato l’appuntamento tenendolo in sospeso. Ora si apre la possibilità di ritrovarci in presenza, non senza la difficoltà di giorni inediti e sicuramente “scomodi”. Ma è la sola possibilità per provare a ritrovarci e vederci di persona.

Si aggiungano le difficoltà di mettere a fuoco le tematiche: sul tavolo ci sarebbero mille domande, ma proprio per questo si fa fatica a individuare quale deve essere il filo conduttore prevalente. Ci è sembrato poco sensato ignorare le istanze e le provocazioni di un tempo così particolare; nello stesso tempo vorremmo evitare di suonare le trombe dinanzi a una ripartenza che da una parte si offre come un desiderio coltivato per mesi, dall’altra non concede sconti al dubbio su quali direzioni prendere.

Torniamo a fare quello che facevamo: questa la prima tentazione. Lo slancio del Sinodo dei giovani del 2018 aveva offerto la possibilità di riprendere con intelligenza ciò che si stava facendo. Ma ciò che si faceva paga il dazio a ciò che è successo e forse ci chiede di fare i conti, una volta per tutte, con il cambiamento d’epoca tanto negli occhi di ciascuno, quanto nel cuore di pochi.

Affidarsi alla prima trovata del momento: questa la seconda tentazione. In questi due anni abbiamo davvero toccato con mano che l’anima educativa della Chiesa italiana non può affidarsi alla logica consumistica che il pensiero della rete offre in ogni istante. Un buon video sui social ha la consistenza del fiore di campo che “fiorisce al mattino e appassisce la sera”. Dunque, c’è bisogno di ricorrere a una sapienza coltivata, alla capacità di scrutare nel buio per individuare la direzione e nello stesso tempo di avere coraggio nel riprendere legami e relazioni.

Il convegno, dunque, avrà una sorta di “basso continuo” che parte dall’idea di rileggere questo tempo nuovo sostenendo il confronto e la riflessione, ma si articolerà su temi diversi.

Apriremo con un dialogo a tre voci su cosa significhi oggi uscire dal buio nel quale, peraltro, siamo ancora immersi: come se non fosse bastata la pandemia, si sono aperti scenari di guerra tutt’altro che rassicuranti. Continueremo approfondendo il discorso sugli adolescenti, cantiere aperto dalla Chiesa italiana la scorsa estate. Faremo un ulteriore passo intorno al discorso della sinodalità, parola sulla bocca di tutti ma che ha bisogno di essere chiarita. Non tanto a livello teorico e infatti ci affideremo per questo passaggio a dei laboratori pratici. Nella chiusura, come sempre, proveremo a rileggere i nostri passi e a indicare (a partire dalle riflessioni fatte) le strade possibili per un impegno comune.

Vi aspettiamo, pur sapendo che sarà faticoso trovare lo spazio in agenda. A breve, fra pochi giorni, faremo avere ulteriori informazioni.

Don Michele Falabretti

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Da Note di Pastorale Giovanile – novembre 2021

di don Michele Falabretti

Essere chiamati a pensare ad un progetto per i giovani non sempre è semplice e immediato. Si fa l’esperienza anche della fatica e difficoltà. Allora non dobbiamo dimenticare come gruppo di lavoro che abbiamo bisogno di pregare e affidare al Signore tutto il nostro cammino per chiedere la luce necessaria per il delicato compito che abbiamo. Accompagnare i giovani è un meraviglioso dono che ci viene fatto, perché chiede di metterci in cammino accanto a loro e percorrere la strada dell’incontro con Gesù, aiutandoli a scoprire che Lui solo è la via, la verità e la vita. Si propone l’esperienza di un pellegrinaggio.

UNA TECNICA ATTIVA: METTERSI PER VIA
In questi ultimi anni la formula del pellegrinaggio è risultata apprezzata e feconda per i giovani. Si propone un pellegrinaggio, meglio se partendo a piedi dalla solita sede in cui ci si ritrova, verso un luogo ritenuto significativo (non necessariamente un santuario). Un luogo che sia possibile raggiungere a breve, con un’ora o due di cammino. Lungo il cammino, per lo più silenzioso o con brevi scambi personali, si può leggere a tappe il racconto dei due discepoli di Emmaus (pp. 168-169 delle LP) accompagnato dalle immagini di Arcabas (pp. 175-181). Il pellegrinaggio può essere dedicato al solo gruppo, oppure coinvolgendo anche altri giovani.
L’obiettivo è quello di rinforzare l’identità ecclesiale del gruppo, esplicitando la disponibilità a mettersi in gioco, a compiere una conversione per meglio corrispondere al servizio che si sta offrendo.

UN CONFRONTO DI GRUPPO: MEDITANDO EMMAUS
Il confronto di gruppo diventa in questa scheda una meditazione condivisa. La figura dei pellegrini di Emmaus (Lc 24) risuona nuovamente attraverso la lettura del commento di don Angelo Casati “Non fuggire dalla città”, riportato alle pp. 170-173 delle LP.
Si può introdurre la lettura di gruppo con un canto. Al termine ognuno può rileggere le parole che maggiormente l’hanno colpito rispetto al compito di progettazione pastorale del gruppo.
L’obiettivo è quello di suggerire al gruppo che un compito tecnico come la progettazione pastorale va svolto dando spazio al vangelo, letto e meditato in un contesto adatto. È necessario farsi illuminare, ma ancor di più lasciarsi convertire dalla parola del Signore.

TESTI DI APPROFONDIMENTO
Indichiamo una lettura e un video per introdurre la comprensione e la meditazione del racconto dei pellegrini di Emmaus. La prima è un estratto da un libro che rilegge l’intero vangelo di Luca. Il testo è disponibile in pdf come allegato.
• Franco Giulio Brambilla, Chi è Gesù? Alla scoperta del volto, Qiqajon, pp. 173-184.
• Enzo Bianchi, I Discepoli di Emmaus, Youtube (qui il link).

UN INCONTRO DI PREGHIERA
L’incontro per il gruppo, in questo caso, è un incontro di preghiera col Signore. Mettersi in ascolto della Parola di Dio e invocare la luce dello Spirito dedicando un tempo ragionevole per il silenzio e la contemplazione.
L’obiettivo è quello di aiutare il gruppo a non dimenticare che il mandato originale “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13, 34) viene dal Signore ed è custodito nel suo vangelo.

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“Seme Divento”: presentazione del progetto adolescenti della CEI

Si terrà in modalità online il 12 luglio la presentazione del progetto adolescenti della CEI, “Seme Divento”. 

Si apre davanti a noi un tempo e uno spazio che promettono di essere nuovi. Per quanto sarà nelle nostre possibilità, so che tutti faremo lo sforzo di riprendere la vita quotidiana per amore del Vangelo che ci lega e al quale ci sentiamo chiamati. In questo sento che possiamo trovare un grande terreno di condivisione e lo sento a prescindere: la fiducia che tutti siamo nella Chiesa per condividere la stessa fede e passione la tengo stretta come bene indispensabile”, spiega don Michele Falabretti, responsabile dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale Giovanile della CEI. “Alcuni anni fa le Commissioni episcopali che si occupano di catechesi, famiglia e giovani, diedero mandato agli Uffici CEI di lavorare sul tempo della mistagogia e sull’età dell’adolescenza. Il processo che stiamo inaugurando nasce da quel mandato e vuole essere un grande lavoro di semina per gli adolescenti e le loro famiglie. È un’impresa comune a cui facciamo appello per tutte le realtà ecclesiali che abitano ogni territorio: le parrocchie e gli oratori, le associazioni che le animano, i movimenti e tutte le realtà legate alla vita consacrata. La tradizione educativa italiana non è del tutto sguarnita, da questo punto di vista. Numerose sono le esperienze e le tradizioni già in atto. Molte, però, sono anche le realtà che fermano la propria attenzione all’età dell’infanzia. Il sogno è che questa nuova stagione che si apre, segni anche un impegno più condiviso per incontrare gli adolescenti con tutta la comunità cristiana aprendo processi educativi che la possano rinnovare profondamente. E sperando di poter far crescere una nuova generazione di giovani”, conclude. 

Programma: 

ore 15.00 – Saluti iniziali
ore 15.15 – inizio della presentazione del progetto.
Interventi di:
Nando Pagnoncelli: presentazione indagine Ipsos sugli adolescenti, commissionata appositamente in relazione al progetto.
Pierpaolo Triani: le linee pedagogiche nell’incontro con gli adolescenti
Don Valentino Bulgarelli, fra’ Marco Vianelli, don Michele Falabretti: le dimensioni pastorali del progetto

ore 17.30 – Domande ai relatori
Fine della presentazione

Per partecipare

 

Note di Pastorale Giovanile, gruppo di redazione al lavoro per il 2022

Il 21 giugno, nella casa del Sacro Cuore di Roma, si è ritrovato il gruppo di redazione di Note di pastorale Giovanile per il consueto appuntamento di discernimento e discussione sulla Rivista per il prossimo anno.

Dopo uno stop dovuto all’emergenza sanitaria che ha costretto al collegamento on line, la riunione si è svolta in presenza. La modalità di lavoro è stata quella del “discernimento generativo”, proprio per valorizzare la presenza e lo scambio di persona.

Don Michele Falabretti, vicedirettore di NPG e Responsabile del Servizio Nazionale per la pastorale giovanile, Ernesto Diaco, direttore dell’ufficio Scuola della CEI e don Rossano Sala, direttore di NPG e docente all’UPS hanno introdotto la giornata con una panoramica su quanto sta accadendo nella Chiesa italiana e universale.

C’è stato poi lo spazio per il discernimento generativo, con il contributo di tutti e con quanto ciò che si era ascoltato aveva suscitato in ciascuno dei presenti. Il cuore della discussione è stato proprio il cambiamento epocale che stiamo ancora vivendo, che è epocale non solo perché il mondo è diverso rispetto a un anno fa ma perché siamo dentro un sentimento forte. Come si può rispondere alle domande di senso che oggi risuonano nella vita di tanti? Sicuramente il cammino sinodale, sia come metodo di lavoro che come esercizio per mettere in campo azioni pastorali.

Dopo il pranzo, c’è stato il tempo della programmazione: ascoltate le riflessioni del mattino, i membri del gruppo di redazione hanno proposto temi per il prossimo anno di Note di Pastorale Giovanile, una rivista che cresce di anno in anno anche fuori dal mondo salesiano e che ormai è diventata punto di riferimento per la formazione e l’approfondimento della Pastorale Giovanile nella Chiesa italiana.

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Linee progettuali di PG /7

di don Michele Falabretti

Nel percorso di progettazione che stiamo portando avanti potremmo rimanere chiusi nel nostro gruppo di lavoro e sentirci a posto, con il rischio dell’autoreferenzialità. Aprirsi ad un lavoro in rete, e convocare associazioni, movimenti, comunità religiose, agenzie educative e (perché no?) anche le istituzioni civili esistenti nel territorio, aiuterebbe sicuramente il processo di elaborazione del progetto. Alcuni del gruppo potrebbero spaventarsi, altri percepire la ricchezza di tale passaggio. Vi offriamo una tecnica per mettersi in ascolto del gruppo e condividere in che termini un lavoro di rete si ritiene positivo e opportuno per la progettazione.

UNA TECNICA ATTIVA: PER NON RESTARE IMPIGLIATI
Per un buon lavoro di gruppo è importante che il confronto venga facilitato e vissuto nel migliore dei modi. Ciò dipende molto dalla guida, ma anche dalla disponibilità dei singoli: nel confronto sincero e aperto si sa che si perderà un pezzetto di se stessi e non sempre si è pronti a una tale perdita. Il lavoro di rete rischia di amplificare la fatica del confronto e di essere quindi ridotto a una forma di delega per certe questioni oppure di essere boicottato. Mettiamoci in ascolto del gruppo e di come percepisce il lavoro di rete. Realizzate una tabella a due colonne: una dei PRO e l’altra dei CONTRO. Quindi invitate il gruppo a esprimersi trovando almeno un pro e un contro ciascuno del lavoro di rete. L’attività può essere introdotta da una discussione su cosa significa fare un lavoro di rete e quali esperienze ciascuno può portare. Quando al gruppo sembra che la tabella sia completa si valuta insieme se e in che termini un lavoro di rete può essere ritenuto positivo e necessario per la progettazione.
L’obiettivo è quello di aiutare il gruppo ad esplicitare atteggiamenti impliciti di simpatia o antipatia che rischiano di sabotare una buona dinamica del processo di elaborazione.

UN CONFRONTO DI GRUPPO: UNA RETE SENZA FINE
Il lavoro di rete è più facile auspicarlo che compierlo. Appena il gruppo di progettazione si apre alla complessità di ciò che lo circonda rischia di esserne inghiottito perdendo il senso del proprio compito. È bene che il lavoro di rete sia avvertito da tutti come necessario, ma altrettanto come graduale e come una meta della progettazione, più che un prerequisito.
Leggete insieme le pp. 24-27; 44-45; 47 delle LP. In questi paragrafi è espressa la necessità di un lavoro di rete sia con i consacrati, che con le associazioni e i movimenti ecclesiali, ma anche con ogni espressione di Chiesa. Non va dimenticato inoltre l’ambito delle agenzie educative, del terzo settore e delle istituzioni. Provate a nominare in gruppo quali alleanze si potrebbero promuovere e con quali specifici obiettivi. L’obiettivo è quello di individuare, nel confronto, alcuni possibili alleati con cui condividere, anche parzialmente, il progetto senza perdere il proprio mandato specifico.

TESTI DI APPROFONDIMENTO
Indichiamo due letture per introdurre una riflessione circa la rete in senso non strettamente ecclesiale, aiutando a capire che il lavoro in rete è “questione di tutti”. La prima è un estratto da un libro che si potrebbe facilmente leggere tutto, la seconda un articolo on line (NPG). Tutti i testi sono disponibili in pdf come allegato.
• Vito Orlando, Marianna Pacucci, La scommessa delle reti educative. Il territorio come comunità educante, LAS, pp. 27-37.
• Francesca Busnelli, Il lavoro di rete nel sociale, NPG (qui on line nel sito di NPG).

UN INCONTRO: METTIAMOCI IN RETE
L’incontro, in questo caso, potrebbe essere pensato per una conoscenza reciproca dei soggetti che potrebbero costituire un interlocutore nel lavoro di rete. Potrebbe essere utile convocare associazioni e movimenti ecclesiastici, persone della vita consacrata presenti nel territorio e, in un’altra occasione, le agenzie educative del territorio, l’amministrazione comunale, ecc.
L’obiettivo è di muovere i primi passi verso un lavoro di gruppo che tenga conto delle persone coinvolte e non solo delle funzioni che le varie realtà possono compiere.

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