Pubblichiamo l’articolo uscito sul Corriere Veneto con una intervista, tra gli altri, a don Alberto Poles, presidente di Forma Veneto, sull’organizzazione scolastica del Veneto in merito alla protezione dei docenti cosiddetti “fragili”, ossia affetti da patologie a rischio.
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Gli studenti seduti in aula con gli occhi fissi su uno schermo, e il professore che fa lezione collegato da casa mentre la sua faccia è proiettata sul monitor. Non è la scena di un film su un futuro distopico, ma il presente dell’Università Ca’ Foscari di Venezia dove quattro docenti – esonerati dalle lezioni in presenza per motivi di salute – stanno utilizzando questa modalità d’insegnamento che potrebbe essere replicata anche per i professori fragili di superiori, medie ed elementari. Ma non è l’unica opzione sul tavolo per consentire l’insegnamento ai prof con patologie: alcune scuole si sono già attrezzate per circondare gli insegnanti di plexiglas in modo da assicurargli la protezione necessaria per essere in presenza.
«Da Roma non sono arrivati chiarimenti sulle modalità di insegnamento dei professori fragili – spiega Carmela Palumbo, direttrice dell’ufficio scolastico regionale – non è stata nemmeno specificata la modalità di inquadramento giuridico di questi lavoratori. È probabile che si dovrà fare una cosa simile a quanto messo in piedi dalle università con un collegamento da remoto, ma va prevista una figura che vigili sugli alunni in classe che non sono universitari ma minorenni. Stiamo comunque parlando di un numero esiguo di docenti». Resta il fatto che una nuova porta si apre e la possibilità che anche a scuola i professori con fragilità facciano lezione da casa mentre gli alunni sono in classe è concreta. «Vanno comunque valutati i singoli casi – precisa Palumbo – non è detto che il medico dica tout court che un professore fragile non possa venire a scuola, può essere che bastino dei dispositivi di protezione supplementari»
. Se un professore avesse patologie gravi, l’opzione di insegnare da remoto potrebbe però essere una strada obbligata: «Se è personale fragile va tutelato – aggiunge l’assessore regionale all’Istruzione Elena Donazzan, impegnata ieri nella presentazione delle linee guida adottate per la riapertura degli Istituti di formazione professionale veneti – sta alle singole scuole organizzare la modalità d’insegnamento: si può fare come sperimentato dalle università ma è necessario che in classe sia presente qualcuno. Anche su questo aspetto, a Roma, c’è confusione e non sono arrivate indicazioni». L’opzione del docente che insegna da casa non piace ai sindacati. «I docenti fragili vanno tutelati con precauzioni particolari – dice Sandra Biolo, segretario regionale Cisl Scuola – ma fare lezione da casa mentre gli alunni sono in classe non può essere una risposta, specie alle medie e alle elementari. Chi vigila sugli alunni? I collaboratori scolastici (bidelli) che sono pochissimi e saranno già impegnati in continue sanificazioni?».
Sul punto c’è però chi ha già trovato soluzioni alternative, come spiegato da don Alberto Poles, presidente di Forma Veneto, l’associazione che raggruppa quasi tutte le 130 scuole di formazione professionale della regione. «Raccogliamo circa 21 mila studenti e quest’anno ci sono state 800 iscrizioni in più – sottolinea don Poles – nelle nostre scuole ci sono professori fragili. Al centro di formazione professionale dell’Istituto Salesiano San Marco (Mestre), dove ci troviamo oggi (ieri ndr), abbiamo previsto tutele particolari per questi docenti che potranno insegnare in presenza: metteremo un plexiglas davanti alla cattedra, gli daremo mascherine FFP2 invece delle chirurgiche e potranno fare lezione in aule più ampie dove c’è maggiore distanziamento». Particolari accorgimenti verranno adottati anche per gli alunni più fragili. «Bisognerà collocarli, insieme all’insegnante di sostegno – conclude don Poles – in una zona più isolata della classe». Se le scuole di formazione professionale regionali paiono pronte ad aprire, più complicata è la situazione delle statali di ogni ordine e grado che, oltre alla folle corsa alla ricerca di spazi, stanno facendo i salti mortali per coprire i buchi in cattedra con i supplenti. «Dal 6 settembre, terminata la procedura della call veloce di docenti da altre regioni che è stata un fallimento – spiega Giovanni Giordano, Snasl Scuola Venezia – è cominciata la caccia ai supplenti. Lunedì erano circa 1400 le cattedre scoperte nel Veneziano e circa 7000 in tutto il Veneto. Impossibile pensare che le scuole trovino tutti i supplenti per il suono della prima campanella: molti alunni inizieranno, come ogni anno, le lezioni senza avere alcuni professori in classe che verranno quindi trovati in corso d’opera».