Don Giovanni D’Andrea è il nuovo Ispettore della Sicilia e Tunisia

Il 6 giugno, il Rettor Maggiore dei Salesiani ha nominato Don Giovanni D’Andrea Ispettore della Sicilia e Tunisia.  

Don Roberto Dal Molin, presidente del Centro Nazionale Opere Salesiani e di Salesiani per Sociale APS, dichiara: “Desidero esprimere a don Giovanni D’Andrea la felicità dell’Italia salesiana per la sua nomina ad Ispettore della Sicilia. Negli anni in cui ha svolto il suo servizio per il Centro Nazionale come Presidente di Salesiani per il Sociale ha testimoniato una grande dedizione ed amore per i giovani poveri ed emarginati. Quegli stessi giovani che di certo manterrà come bussola di orientamento nel nuovo ed impegnativo servizio. Il sostegno e l’accompagnamento affettuoso insieme con l’affidamento all’Ausiliatrice perché sia di guida a don Giovanni nel dare volto, cuore e mani a don Bosco in Sicilia“.

Di seguito, il comunicato dell’ufficio di Comunicazione sociale della Sicilia:

Il 6 giugno 2019, durante la sessione estiva del Consiglio Generale, il decimo successore di Don Bosco don Ángel Fernández Artime, Rettor Maggiore dei Salesiani, con il parere favorevole del Consiglio Generale, ha reso noto la nomina di Don Giovanni D’Andrea, come Ispettore dei Salesiani di Sicilia e Tunisia per il sessennio 2019-2025.
Don Giovanni d’Andrea succede a don Giuseppe Ruta, che conclude il suo mandato di Ispettore, a cui va un sentito grazie, per il servizio reso in questi anni a favore dei giovani, delle famiglie e di tutte le comunità educativo pastorali di Sicilia.
La nomina è stata resa nota secondo quanto prevedono le Costituzioni Salesiane per la scelta dell’Ispettore. Per don Giovanni d’Andrea, l’inizio del suo servizio da Ispettore è previsto nel mese di agosto 2019, durante l’assemblea ispettoriale, che ogni anno si tiene prima dell’avvio dell’anno pastorale.
Don Giovanni che fino ad oggi ha ricoperto l’ufficio di Vicario ispettoriale, a cui va un grande grazie per il servizio reso all’Ispettoria e ai Giovani in questo ultimo anno, è nato a Messina il 18-07-1968 ed è cresciuto presso l’oratorio di Messina Valle, dove operano le Figlie di Maria Ausiliatrice.

Don Giovanni D’Andrea, dopo gli studi superiori e l’esperienza nel mondo del lavoro, decide di entrare in noviziato il 08-09-1996, vive l’anno di preparazione alla prima professione a Lanuvio, professa a Roma il 08-09-1997. Vive gli studi filosofici a Roma San Tarcisio e frequenta i corsi dell’Università Pontificia Salesiana di Roma. Svolge il tirocinio a San Gregorio di Catania dal 1999 al 2001.
Attende agli studi teologici presso l’Istituto Teologico San Tommaso di Messina, qui emette la professione perpetua il 12-10-2003, viene ordinato sacerdote per le mani di Mons. Giovanni Marra il 28-05-2005.
Da diacono e nel primo anno di sacerdozio vive l’esperienza di assistente dei post-novizi a Roma San Tarcisio e in quegli anni studia Scienze dell’Educazione presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma.
Da sempre con i giovani e per i giovani la sua prima obbedienza, dopo gli anni della formazione, è stata quella di Incaricato d’Oratorio dell’opera di Palermo Santa Chiara, fino al 2009, anno in cui viene nominato direttore dell’Opera fino al 2012.
Dal 2012 viene inviato a svolgere ruoli nazionali presso la Comunità San Lorenzo di Roma.
È stato presidente della Federazione SCS-CNOS, delegato per le associazioni CGS-TGS, coordinatore nazionale per le parrocchie-oratorio, e per l’emarginazione e disagio. In questi anni di servizio al CNOS è stato nominato membro del Don Bosco International e componente supplente della Consulta Nazionale del Terzo Settore.

 

 

Valdocco, iniziati i lavori di restauro delle “Camerette di Don Bosco”

Il 20 maggio sono iniziati i lavori di restauro delle “Camerette di Don Bosco” e della Cappella Pinardi a Torino, gli ambienti in cui visse san Giovanni Bosco a Valdocco. La ristrutturazione durerà fino alla prima metà del 2020. Durante i lavori gli operai hanno scoperto un seminterrato realizzato da Don Bosco insieme ai salesiani e ai giovani.

Le “Camerette di Don Bosco” sono state chiuse a dicembre per permettere la preparazione dei lavori di restauro di uno dei luoghi simbolo per la Famiglia Salesiana. Don Bosco stesso raccontò il suo trasloco in quel luogo attraverso una breve cronaca: “In quel tempo si resero vacanti due camere in casa Pinardi e queste si pigionarono per abitazione mia e di mia madre. “Madre – le dissi un giorno – io dovrei andar ad abitare in Valdocco, ma a motivo delle persone che occupano quella casa non posso prendere meco altra persona che voi. Ella capì la forza delle mie parole e soggiunse tosto: “Se ti pare tal cosa piacere al Signore, io sono pronta a partire in sul momento” (Memorie dell’Oratorio, dal 1815 al 1835).

 Fino al 1929, anno della beatificazione del Padre e Maestro dei Giovani, rimasero quasi intatte. Poi, nell’anno del Giubileo del 2000, venne effettuato un riordino del complesso, rendendolo come è stato visibile fino ad oggi, aggiungendo monitor esplicativi al piano inferiore e altri dettagli. Ora questi ambienti vengono trasformati un’altra volta, in un progetto che prevede di restituire ai pellegrini e visitatori di Valdocco l’intera area della Casa Pinardi, che fino ad ora ospitava gli uffici ispettoriali della Circoscrizione Speciale Piemonte-Valle d’Aosta – i quali vengono per questo trasferiti ad altre sedi, sempre dentro il complesso di Valdocco. La valorizzazione e il recupero di questi spazi così com’erano un tempo è un progetto fortemente voluto dal Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, e s’inserisce nel più ampio programma di tutela e promozione dei “Luoghi Salesiani” a Torino-Valdocco e al Colle Don Bosco.

Italia Centrale in festa per l’ordinazione sacerdotale di don Marco Maria Frencentese

Sabato 26 maggio, mons. Giampiero Palmieri ha ordinato don Marco Marcia Frencentese, della Circoscrizione Salesiana Italia Centrale. L’articolo dell’ANS:

La Circoscrizione Salesiana Italia Centrale ha avuto la gioia di stringersi attorno a don Marco Maria Frecentese, prete novello ordinato sabato 26 maggio nella Basilica del Sacro Cuore di Roma. Ha presieduto l’Eucarestia mons. Giampiero Palmieri, vescovo ausiliare per il settore Est della diocesi di Roma. La Basilica era gremita di salesiani e giovani provenienti da varie realtà della Circoscrizione. Don Frecentese è originario di Formia (LT) e attualmente risiede presso la comunità di “San Tarcisio” in Roma, collabora alla formazione dei giovani salesiani studenti di Filosofia e frequenta l’Università Pontificia Salesiana.

Un ponte tra la Sicilia e il Senegal: con “Infanzia missionaria”, a costruirlo sono i bambini

Un gruppo di quaranta bambini tra i 4 e i 7 anni, catechiste e animatrici, un giovane salesiano e un sogno: costruire un ponte tra la Sicilia e il Senegal. Il progetto “Infanzia Missionaria”, concluso il 24 maggio, è nato dalla necessità di spiegare ai bambini il valore dell’accoglienza, del sostegno. Grazie alla collaborazione con l’associazione “Don Bosco 2000” che opera anche in Senegal, don Alfredo Calderoni, giovane salesiano che si trova nell’oratorio di Gela, ha messo su un programma da febbraio a maggio, coinvolgendo animatori e catechisti, i bambini e le loro famiglie.

“Ogni mese – spiega – sceglievamo un tema, partendo dalla carità, e poi realizzavamo concretamente dei piccoli oggetti riciclando materiale portato da casa. Gli incontri iniziavano sempre con una piccola formazione, poi passavamo all’attività. Ogni mese, raccolti i soldi dei loro risparmi, li mandavamo in Senegal per acquistare i kit scuola“. Il progetto si è concluso il 24 maggio, solennità di Maria Ausiliatrice, con uno spettacolo e la festa dei popoli. “Abbiamo coinvolto gli adulti, partendo dai piccoli: facendo vedere loro che i risparmi raccolti qui hanno realizzato concretamente qualcosa in Senegal  è stato più facile avere la loro fiducia”, racconta ancora don Alfredo. Da questo progetto è nato anche il “mini grest”, una mini estate ragazzi dedicata ai più piccoli e soprattutto, il “ponte” costruito all’oratorio ha portato frutti. “Una scuola vicino a noi, viste le foto, i video e i disegni che ci hanno spedito dal Senegal per ringraziarci, hanno voluto raccogliere dei fondi durante il saggio di fine anno e spedirli in Senegal con Don Bosco2000”. “Abbiamo gettati le basi per costruire un ponte e un progetto che sicuramente proseguirà”, conclude don Alfredo.

“Il bruco diventò farfalla”: a Civitavecchia i giovani sono pronti a spiccare il volo con la musica

“Il bruco diventò farfalla” è una canzone  composta da Emanuele Geraci, salesiano post-novizio, diventata poi un videoclip realizzata dagli animatori della parrocchia e oratorio Sacra Famiglia di Civitavecchia.

“Il brano mette al centro dell’attenzione il singolo ascoltatore che si ritrova immediatamente protagonista; il testo, a lui direttamente rivolto, gli ricorda che in quanto uomo si ritrova chiamato a sbocciare, a compiere la propria missione in questa vita, a maturare nel profondo per arrivar ad essere chi è davvero in realtà. Come si può vedere nel videoclip, ci sono dei ragazzi attorno al protagonista; chi sono? Beh, sono un po’ la voce della coscienza dell’uomo, ma anche la voce interpellante delle belle testimonianze di vita che si trovano lungo la propria strada (dei santi già canonizzati e di quelli della porta accanto, che si sforzano appunto di camminare verso la santità), che portano ad avere fiducia e coraggio nel proseguire il cammino verso un orizzonte alto, che è concretamente realizzabile proprio perché testimoniato da loro”, spiega Emanuele.

Il video è stato girato all’oratorio di Civitavecchia, protagonisti giovani animatori: “Il protagonista prende parola verso il termine della canzone con quei pensieri a voce alta che dicono: “Voglio essere anch’io felice, come lui, ma lui è lui ed io sono io..io desidero tanto capire da dove provenga la sua luce costante e riflessa, perché voglio anch’io coi miei colori risplendere di essa”; questo “lui”, preso come modello dal protagonista (cioè dal singolo ascoltatore), è svincolato da un nome e cognome specifico, ma è aperto al modello che ogni persona ha come riferimento, poiché più vicino alla propria sensibilità, ed al proprio carisma, ma che necessariamente deve risplendere della vera luce che è Cristo, unica luce autentica che permetterà di non idolatrare il modello di riferimento, poiché quest’ultimo rimanderà sempre alla fonte di luce originaria, e di declinarlo nella propria persona, con i propri tratti e “colori” caratteristici”.

Il video si trova nel canale Youtube DB Sons, nel quale Emanuele e altri giovani salesiani comunicano con i ragazzi tramite il linguaggio audio-visivo, che risulta essere quello più diretto e vicino a loro. “Il mio grazie speciale va al gruppo giovani dell’Oratorio Salesiano di Civitavecchia, fatto di ragazzi dalle grandi potenzialità, umane ed artistiche, con cui ho condiviso due anni di cammino, e senza i quali, certamente, il bel lavoro realizzato non sarebbe stato tale. Mi sento onorato di esser stato accanto a loro, da cui credo di aver imparato molto in questi anni. Auguro a me e ad ognuno di lottare ogni giorno affinché perseveriamo nel nostro evolverci da bruchi a farfalle”, conclude Emanuele.

“Dietro le sbarre ho imparato a non giudicare”: l’esperienza di don Domenico Ricca come cappellano del carcere minorile di Torino

Si riporta la notizia pubblicata sul Corriere della Sera di lunedì 27 maggio 2019 redatta da Dario Basile, in merito all’esperienza di don Domenico Ricca da 40 anni Cappellano del carcere minorile di Torino.

È diventato il cappellano del carcere minorile di Torino esattamente quarant’anni fa e, da dietro le sbarre, ha visto la città cambiare. Don Domenico Ricca, per tutti Meco, ha uno sguardo severo che si scioglie in un sorriso gentile. Oggi, settantaduenne, continua a dedicare la sua vita ai ragazzi reclusi.

Che ricordo ha del suo primo ingresso nel carcere nel 1979?
La prima impressione fu traumatica. Il direttore mi accolse dicendomi: caro reverendo io non insegnerò mai a lei come si fa il cappellano e lei non mi insegnerà come si fa il direttore. Gli interni del penitenziario erano veramente brutti, era una struttura molto simile a quella degli adulti. Mi trovai davanti ottanta detenuti, tutti maschi.

Chi erano i ragazzi incarcerati?
Una ventina provenivano dai campi nomadi della città, gli altri erano tutti italiani. Principalmente ragazzi di periferia, provenivano da Vallette, Falchera e Mirafiori.

Perché i ragazzi finiscono in carcere?
In quegli anni c’era ancora molta povertà, degrado, mancanza di cultura. Io, da chierico, passavo davanti al carcere Le Nuove e vedevo i parenti che facevano la fila per le visite. Erano persone povere, sofferenti. Se tu oggi vai davanti al Ferrante, in quei due giorni alla settimana in cui ci sono i colloqui, il panorama non è molto cambiato. Il carcere è la discarica. Lì vanno a finire quelli che non hanno avuto risorse o che non sono stati in grado di saperle cogliere. Perché gli mancano gli strumenti. Io prima di entrare al Ferrante, insegnavo in una scuola di periferia e molte mattine andavo a svegliare i ragazzi per portarmeli a scuola, perché nessuno badava a loro.

Qual è la responsabilità dei genitori?
Io vado sempre cauto nel dare delle responsabilità ai genitori perché so quanto sia faticoso il mestiere di allevare i figli, ieri come oggi. Forse si può dire che il problema è l’incapacità di capire cosa stia cambiando nei loro ragazzi. Quello che i genitori non fanno mai abbastanza è indagare la vita relazionale dei loro figli, che incide tantissimo. Ma questo vale anche per i ceti medi. Gli omicidi in ambito famigliare avvengono in quegli ambienti. A volte i ragazzi non si fan seguire, a volte il rapporto si è rotto fin dall’infanzia. Il papà di un ragazzo omicida mi ha chiesto: padre dove abbiamo sbagliato? Io non gli ho risposto niente, l’ho abbracciato e abbiamo pianto insieme.

Lei è stato vicino ad Erika ed Omar, protagonisti di un fatto di cronaca che ha scosso l’opinione pubblica
In quel periodo la gente mi chiedeva se quei due ragazzi erano normali. Perché volevano sentirsi dire che non erano normali, così i loro figli erano salvi. Ma in queste cose distinguere la normalità dall’anormalità è un assurdo, perché quei due ragazzi potevano essere i nostri figli. Quella vicenda mi ha insegnato che non bisogna mai giudicare.

Come ha visto cambiare la città da dentro il carcere?
Quando sono arrivato, il territorio soffriva ancora molto. Erano anche anni di grandi proteste. Ricordo i picchetti davanti alla Fiat, la marcia dei quarantamila. Poi alla fine degli anni Ottanta la riforma del Codice penale ha letteralmente svuotato il carcere, siamo arrivati ad avere un solo detenuto. Nel decennio successivo, gli arrivi erano legati principalmente al dilagare della droga. Sono anni di reati molto gravi, come gli omicidi. In quel periodo si sentiva forte la collaborazione del territorio. C’erano diversi artigiani che assumevano questi ragazzi per fargli fare dei tirocini, la gente era abituata a venire a vedere i tornei in carcere, a partecipare. Poi il cambiamento più grosso arriva negli anni Duemila. Con l’immigrazione sono arrivati i ragazzi stranieri e la cittadinanza ha incominciato a distaccarsi. Come è cambiata la città così sono cambiati i ragazzi: rispetto a ieri, oggi sono molto meno violenti. Io dico sempre che i giovani del Ferrante non sono tanto diversi da quelli che sono fuori.

Chi sono oggi i ragazzi reclusi?
In questo momento abbiamo una quarantina di ragazzi. Uno su tre è italiano. Gli altri sono stranieri, anche comunitari. Gli immigrati sono più esposti perché hanno meno risorse, meno tutele, meno garanzie di diritti.

Servirebbe lo ius soli?
Avessimo lo ius soli potremmo lavorare più facilmente sulla prevenzione.

Non deve essere semplice fare il cappellano tra i ragazzi musulmani.
All’inizio alle mie celebrazioni venivano solo i cattolici, adesso partecipano un po’ tutti. Anche se mi sono battuto e ho ottenuto che avessimo un imam una volta ogni quindici giorni.

Il carcere minorile andrebbe superato?
Io sono dell’idea che per i reati come i furti, dove non ci sono violenze sulle persone, dovrebbe essere totalmente superato. E per gli altri reati bisognerebbe pensare di più alla giustizia riparativa. Ti accorgi che certi sono proprio piccoli, ma che cosa ci stanno a fare là? Invece per alcuni, paradossalmente, è un momento di pace, dove si fermano un po’. I ragazzi hanno una grandissima adattabilità e così si abituano anche al carcere. È la loro salvezza.

Sicilia, il messaggio di don Rodolfo Di Mauro per i suoi 101 anni

«Che cosa chiedo agli anziani, tra i quali annovero anche me stesso? Chiedo che siamo custodi della memoria. […]  Immagino gli anziani come il coro permanente di un importante santuario spirituale, in cui le preghiere di supplica e i canti di lode sostengono l’intera comunità che lavora e lotta nel campo della vita»[1]. È bello che «i giovani e le ragazze, i vecchi insieme ai bambini, lodino il nome del Signore» (Sal148,12-13).

Che cosa possiamo dare ai giovani noi anziani?«Ai giovani di oggi che vivono la loro miscela di ambizioni eroiche e di insicurezze, possiamo ricordare che una vita senza amore è una vita sterile». Cosa possiamo dire loro?«Ai giovani timorosi possiamo dire che l’ansia per il futuro può essere superata». Cosa possiamo insegnare loro?«Ai giovani eccessivamente preoccupati di sé stessi possiamo insegnare che si sperimenta una gioia più grande nel dare che nel ricevere, e che l’amore non si dimostra solo con le parole, ma anche con le opere» (p.13).

L’amore che si dà e che opera, tante volte sbaglia. Colui che agisce, che rischia, spesso commette errori. A questo proposito, può risultare interessante la testimonianza di Maria Gabriela Perin, orfana di padre dalla nascita, che riflette sul modo in cui questo ha influenzato la sua vita, in una relazione che non è durata ma che ha fatto di lei una madre e ora una nonna: «Quello che so è che Dio crea storie. Nel suo genio e nella sua misericordia, Egli prende i nostri trionfi e fallimenti e tesse bellissimi arazzi pieni di ironia. Il rovescio del tessuto può sembrare disordinato con i suoi fili aggrovigliati – gli avvenimenti della nostra vita – e forse è quel lato che non ci lascia in pace quando abbiamo dei dubbi. Tuttavia, il lato buono dell’arazzo mostra una storia magnifica, e questo è il lato che vede Dio» (pp. 162-163).

[…] Se camminiamo insieme, giovani e anziani, potremo essere ben radicati nel presente e, da questa posizione,frequentare il passato e il futuro: frequentare il passato, per imparare dalla storia e per guarire le ferite che a volte ci condizionano; frequentare il futuro, per alimentare l’entusiasmo, far germogliare i sogni, suscitare profezie, far fiorire le speranze. In questo modo, uniti, potremo imparare gli uni dagli altri, riscaldare i cuori, ispirare le nostre menti con la luce del Vangelo e dare nuova forza alle nostre mani.

Le radici non sono ancore che ci legano ad altre epoche e ci impediscono di incarnarci nel mondo attuale per far nascere qualcosa di nuovo. Sono, al contrario, un punto di radicamento che ci consente di crescere e di rispondere alle nuove sfide. Quindi, non serve neanche «che ci sediamo a ricordare con nostalgia i tempi passati; dobbiamo prenderci a cuore la nostra cultura con realismo e amore e riempirla di Vangelo. Siamo inviati oggi ad annunciare la Buona Novella di Gesù ai tempi nuovi. Dobbiamo amare il nostro tempo con le sue possibilità e i suoi rischi, con le sue gioie e i suoi dolori, con le sue ricchezze e i suoi limiti, con i suoi successi e i suoi errori»[2].

Nel Sinodo uno degli uditori, un giovane delle Isole Samoa, ha detto che la Chiesa è una canoa, in cui gli anziani aiutano a mantenere la rotta interpretando la posizione delle stelle e i giovani remano con forza immaginando ciò che li attende più in là. […] saliamo tutti sulla stessa canoa e insieme cerchiamo un mondo migliore, sotto l’impulso sempre nuovo dello Spirito Santo.

 

[1]A. Spadaro (ed.), La saggezza del tempoIn dialogo con Papa Francesco sulle grandi questioni della vita, Venezia, Marsilio 2018, p.12.

[2]E. Pironio, Messaggio ai giovani argentini nell’incontro nazionale giovanile a Cordoba(12-15 settembre 1985), 2.

Maggio Salesiano a Firenze, la festa popolare giunta alla decima edizione

Tornano puntuali gli appuntamenti del MAGGIO SALESIANO, la tradizionale festa popolare organizzata dalla Comunità Salesiana di Firenze, che quest’anno giunge alla decima edizione.

La manifestazione che trae spunto dalla festa di Maria Ausiliatrice del 24 maggio, ha visto  l’Opera  Salesiani di  Firenze coinvolta nell’organizzare  un ricco calendario di eventi adatti a tutte le età, che spaziano dal tema della solidarietà alla convivialità, dalla spiritualità all’arte, dalla musica allo sport. L’ultimo appuntamento è il 31 maggio alle ore 17.00 – Teatro Sala Esse con la Commedia musicale degli allievi della scuola media dell’Istituto Salesiano “Storia semiseria: fatti e misfatti di un tempo che fu”. (info: Rino Radassao tm +39 339 1060176 – radalme@libero.it)

L’inaugurazione è avvenuta il 6 maggio nel Salone Don Bosco del Centro Giovanile Salesiano di Firenze con la presentazione della Mostra d’Arte “Forma e Colore” dal titolo “Amore, principio e anima dell’universo” un’esposizione di opere di pittura, scultura e fotografia alla quale hanno aderito 24 artisti. Alla cerimonia sono intervenute le massime autorità religiose e civili cittadine, Mons. Timothy Verdon Direttore dell’Ufficio di Arte Sacra e dei Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Firenze, Dario Nardella Sindaco di Firenze, Eugenio Giani Presidente del Consiglio regionale della Toscana, Federica Giuliani Presidente della Commissione Cultura e Sport del Comune di Firenze, Caterina Nannelli Presidente della Commissione Cultura del Quartiere 2 e Giovanni Serafini storico dell’Arte. A fare gli onori di casa Don Karim Madjidi Direttore dell’Opera Salesiana di Firenze che nel suo intervento di saluto, tra l’altro, ha rimarcato come questo del Maggio Salesiano sia un progetto di servizio al territorio che si presenta alla Città di Firenze con una serie di eventi, rivolti ai piccoli, ai giovani e ai meno giovani e che spaziano dal tema della solidarietà alla convivialità, dalla spiritualità all’arte, alla musica, allo sport, alla cultura, in uno spaccato sociale che in questo mese di maggio si ritrova come ad una festa di paese, piccolo borgo nella grande città.

Nei vari interventi che si sono susseguiti Mons. Verdon ha evidenziato come per i Cristiani Dio è amore che il tema indicato per mostra invita i credenti a contemplare Dio nelle opere degli artisti, riconoscendo nella loro umana creatività il riflesso del divino Creatore di tutte le cose.

Anche il Presidente Giani si è soffermato sul tema della mostra, quello dell’amore, che tutto muove e illumina della sua forza così cara a Dante che nella Divina Commedia ne fa ultimo verso ma fulcro di tutta l’opera, è un tema impegnativo ed interessante negli sviluppi che i vari artisti hanno espresso con le differenti tecniche pittoriche, scultoree, ceramiche e fotografiche ma sempre arrivando all’essenza sia figurativa che astratta.

Il Sindaco Nardella ha invece evidenziato l’importanza della presenza salesiana soprattutto nei grandi centri urbani dove l’aggregazione sociale in modo particolare quella giovanile trova maggiori difficoltà di realizzazione, al riguardo ha portato ad esempio proprio la sua esperienza giovanile avuta nell’oratorio salesiano di Portici (NA).

 

Festa di Maria Ausiliatrice 2019

24 maggio.

Un data che non passa mai inosservata per coloro che seguono e appartengono alla Famiglia Salesiana.

Una data che significa festa e ringraziamento a Maria, madre di tutti noi e soccorritrice di tutti coloro che La invocano.

E con l’insegnamento di don Bosco, che sempre metteva Maria al centro delle sue preghiere, ecco che iniziano tutti i festeggiamenti e ringraziamenti attraverso le S.Messe, le preghiere e la processione finale.

Tante le persone passate in questi giorni anche solo per un saluto all’Ausiliatrice. Sin dalla mezzanotte di ieri, la Basilica di Valdocco è rimasta infatti sempre gremita di tanti devoti, senza lasciar mai sola la statua di Maria Ausiliatrice, ormai pronta per percorrere le strade della città di Torino dalle ore 20.30 di questa sera, con la Solenne Processione.

Rivivi qui sotto, attraverso le dirette Facebook, i momenti più belli della giornata.

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Santa Messa – ore 11,00:

FESTA di MARIA AUSILIATRICE – Santa Messa presieduta da S.E. Mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino

Publiée par Agenzia Info Salesiana – Ans sur Vendredi 24 mai 2019

L’omelia di Mons. Cesare Nosiglia, Arcivescovo di Torino, durante la messa celebrata alle ore 11,00:

«In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta» (Lc 1,39-40).

 

Che cosa muove Maria ad affrontare un viaggio faticoso nelle sue condizioni? È l’amore verso la cugina. È il desiderio di lodare insieme il Signore, che ha fatto in lei e in Elisabetta grandi cose. È l’ansia missionaria di donarle Cristo, il Figlio che porta in grembo. È la gioia di comunicare a lei la sua fede. È il bisogno profondo di servirla nelle sue necessità.

Maria insegna alle nostre comunità cristiane e a ciascuno di noi a percorrere le vie della storia e degli ambienti della nostra vita andando incontro alle persone, uscendo da noi stessi e offrendo segni, parole, gesti di amicizia, di annuncio, di preghiera, di servizio. Soprattutto, insegna a portare Gesù ovunque viviamo.

Guardando ora alle nostre realtà locali, vorrei trarre da questa scelta di Maria, che onoriamo oggi con il titolo di Ausiliatrice, riconoscendo dunque che ella aiuta ogni discepolo del suo Figlio, che ella aiuta le famiglie e la Chiesa e il mondo intero con la sua intercessione potente, alcune indicazioni importanti per la nostra missione di credenti oggi e qui, nel nostro concreto vissuto e ambiente.
Maria ci insegna il coraggio di osare. Possiamo dire che è stata questa la caratteristica più forte che ha dato il via al boom economico e a tantissime iniziative di impegno sociale nella nostra terra. Le persone, le famiglie, i gruppi hanno saputo osare e scommettere sul futuro, partendo da una convinta valorizzazione di se stessi, con spirito creativo e carico di speranza.

Oggi, assistiamo a una crisi della speranza, per cui si cerca di conservare l’esistente e si ha scarsa fiducia nel domani. A farne le spese sono soprattutto i giovani, che si vedono tarpare le ali da un mondo “adultizzato”, spesso chiuso dentro i propri schemi culturali e sociali, che stenta ad aprirsi al nuovo e a lasciare spazio alla loro progettualità e fantasia.

Anche nelle nostre comunità avviene lo stesso: si preferisce governare il presente e si ha timore delle novità, che esigono un cambiamento giudicato troppo repentino e non accettabile dalla gente. Così, vediamo quanta fatica si fa ad accettare i nuovi orientamenti pastorali che la diocesi propone, gli inviti e le proposte di formazione degli adulti e di rinnovamento della catechesi o le iniziative rivolte ai giovani, il buon funzionamento delle unità pastorali sul territorio tra parrocchie vicine, ma spesso separate e chiuse all’ombra del proprio campanile. Soprattutto, si fa fatica ad intraprendere un’azione missionaria rivolta a tutte le persone e famiglie che abitano nello stesso territorio cittadino e vivono ai margini delle parrocchie e delle realtà cristiane.

Maria, giovane fanciulla di Nazaret, ci dia il coraggio di osare di più e scommettere sulla fede, confidando nello Spirito Santo e non su di noi e sui nostri progetti, senza paure e timori, con la gioia di camminare in fretta verso il mondo che ci circonda, fortificati da una speranza comune e da un unico obiettivo: quello di annunciare Cristo a tutto campo, senza timori o paure, e vivere il Vangelo della carità verso i poveri, i sofferenti, gli immigrati e i senza dimora, gli anziani e i giovani.

Maria ci insegna a investire il tempo non solo per il proprio benessere fisico e materiale, ma anche per la crescita umana e spirituale. Oggi, nella mentalità prevalente e reclamizzata dai massmedia, emergono regole primarie di vita da perseguire come idoli assoluti e indiscutibili. La prima dice che “il tempo è denaro” e questo principio diventa il valore primario, per cui tutto tende a fare soldi e tutto viene visto come via per raggiungere quest’obiettivo, al quale si sacrifica anche il tempo che dovrebbe essere dedicato alla famiglia, ai figli, alla comunità e alla solidarietà. «Quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?», ammonisce Gesu’ (Lc 9,25). Il lavoro è importante ed è un primario diritto di ogni persona, ma l’uomo non conta per quello che possiede o per quello che è capace di produrre e di guadagnare, perché vale per se stesso in quanto persona, soggetto di esigenze e di attese, che vanno oltre i beni materiali e provvisori ed appellano a quelli spirituali ed eterni.

Legata a questa, c’è poi una seconda regola di vita prevalente nel costume sociale, secondo la quale “il tempo è fatto per divertirsi”, per cui il diritto a ricercare quello che dà piacere e soddisfazione fisica e materiale, costi quello che costi, vale più di ogni altro bene. È la situazione del ricco, richiamata da Gesù nella parabola:

«Godi anima mia e divertiti con i beni che hai accumulato e che ti possono rendere felice. Stolto, dice il Signore, questa notte morirai e dovrai lasciare tutto, senza un minimo di credito, nei confronti di Dio e degli altri, che ti possa salvare dalla condanna eterna» (cfr. Lc 12,19-21).

Con queste regole di vita, il tempo dedicato a Dio, alla preghiera e al prossimo si riduce sempre più e anche gli spazi, che nella nostra cultura e tradizione venivano dedicati al riposo e ai valori dello spirito, come la domenica, sono svuotati della loro anima e si trasformano in ulteriori occasioni di stress, di shopping, di evasione. In questi ultimi tempi, abbiamo notato che diverse categorie di lavoratori si sono mobilitate criticamente contro il tentativo di rendere la domenica e perfino la Pasqua un giorno come gli altri, sottoposto alle leggi assolute del mercato e del consumismo, e hanno esigito che fosse salvaguardata la libertà per la loro vita personale e familiare. La Chiesa sostiene questa rivendicazione e richiama incessantemente il valore religioso e spirituale, ma anche sociale e familiare, della domenica e chiede che di essa tutti possano usufruire per la cura spirituale di se stessi, per l’incontro fraterno in famiglia, per la solidarietà.

Maria ci insegna ad usare il tempo per farci carico del disagio delle persone e delle famiglie. Il paradosso, che esiste oggi nella nostra terra, è ben evidenziato dal fatto che aumentano la ricchezza materiale e sociale, ma crescono anche l’insicurezza e la precarietà, la corruzione che è un cancro sociale dei più dannosi, le preoccupazioni e l’incertezza per il futuro, un clima di conflittualità su tutto e una palese rassegnazione che oscura l’animo di tanti. Spesso, si tratta di un disagio nascosto, che emerge solo nelle sue espressioni più crude, ma che è diffuso in molti nuclei familiari e abbraccia persone di ogni età e condizione.

Interessa anche il vivere quotidiano, per cui non sono pochi coloro che chiedono assistenza alle parrocchie e ai servizi sociali, anche per avere solo qualcosa da mangiare o per pagare il ticket sanitario o le bollette di affitto o di servizi indispensabili. La vita nei quartieri della nostra città e in particolare nelle periferie, diventa sempre più problematica, per la solitudine di tanti anziani che soffrono, oltre che per motivi economici, per la mancanza di affetto, di relazioni di vicinato o di parentela sincere e costanti, di un’efficace prossimità che permetta di affrontare i problemi più semplici e quotidiani. Le situazioni di disagio sono proprie inoltre di tante famiglie composte da donne sole, madri con figli a carico, immigrati non integrati nel tessuto ambientale del territorio, senza dimora che vivono per la strada senza una prospettiva di futuro, campi rom simili a favelas sudamericane, realtà condominiali in perenne conflittualità. La condizione giovanile in particolare è aggravata da condizioni di vita spesso precarie, dovute alla provvisorietà del lavoro, alle difficoltà di sviluppare le proprie attitudini secondo gli studi fatti e le competenze acquisite, alla propaganda accattivante di un facile guadagno su vie disoneste, al rifiuto di responsabilità che conduce a scelte provvisorie nel campo degli affetti.

Accanto alle iniziative promosse dalla Caritas e dalla San Vicenzo e da Migrantes, c’è nella città una numerosa schiera di “buoni samaritani”, disponibili a farsi carico di queste situazioni. Maria ci insegna che questo servizio non può essere solo di pochi o delegato ad esperti o volontari che generosamente si prestano, ma deve essere di ciascuno nei confronti del suo prossimo che gli vive accanto e che ha bisogno di essere accolto e visitato nelle sue difficoltà. Le nostre comunità debbono attivare e promuovere questa rete di prossimità, così da integrare sul piano dell’ambiente di vita quotidiano i servizi necessari alle esigenze delle famiglie e delle singole persone in difficoltà.

A Te, Maria Ausiliatrice, affido tutti gli abitanti della nostra terra torinese e i particolare i giovani. Aiutaci a ritrovare nelle comuni radici cristiane la forza spirituale della fede in Cristo e dell’amore, per superare le contrapposizioni e le tensioni di questo nostro tempo e affrontare i suoi problemi complessi con animo aperto alla speranza che tu infondi nei nostri cuori.

Preparazione e Santa Messa – ore 18,30:

Publiée par Agenzia Info Salesiana – Ans sur Vendredi 24 mai 2019

Diretta sera:

SOLENNITA' DI MARIA AUSILIATRICEIN DIRETTA IN ESCLUSIVA SU RETE 7BASILICA DI MARIA AUSILIATRICE – TORINOdalle ore…

Publiée par Rete7 sur Vendredi 24 mai 2019

Festa di Maria Ausiliatrice 2019 – Il programma

La festa di Maria Ausiliatrice è oramai alle porte. Di seguito il calendario delle celebrazioni presso la Basilica:

Giovedì 23 maggio
Vigilia della Festa

  • ore 24.00: S. Messa di Mezzanotte.

Il Santuario rimane aperto tutta la notte per l’adorazione eucaristica solenne (5.30 Lodi – 6.00 S. Messa)

Venerdì 24 maggio
Festa di Maria Ausiliatrice

  • ore 7.00: S. Messa
  • ore 8.30: S. Messa (scuole sdb e fma). Presiede don E. Stasi sdb, Ispettore ICP.
  • ore 10.00: S. Messa. Presiede P. Pollone sdb, novello sacerdote.
  • ore 11.00: S. Messa. Presiede S.E. mons. Cesare Nosiglia. Anima i canti la Corale della Basilica.
  • ore 15.00: Benedizione dei Bambini
  • ore 16.00: Vespri Solenni. Presiede mons. E. Covolo sdb.
  • ore 17.00: S. Messa. Presiede mons. E. Covolo sdb.
  • ore 18.30: S. Messa. Presiede don A. Fernandez Artime, Rettor Maggiore dei Salesiani.
    Anima i canti il Coro dell’Oratorio di Valdocco.
  • ore 20.30: SOLENNE PROCESSIONE (S.E. mons. Cesare Nosiglia).
    Al termine S. Messa (Presiede mons. G. Martinacci, rettore della Consolata).

Percorso della Processione:
Via Maria Ausiliatrice – Via Salerno – Contro viale Corso Regina Margherita – Controviale Corso Principe Oddone – Strada del Fortino (corsia nord/contromano) – Via Cigna – Controviale C.so Regina Margherita – Piazza Maria Ausiliatrice.

Il 23 e il 24 la Veglia (21.00 – 1.30), Concelebrazioni (11.00 e 18.30), Processione: saranno trasmesse in Mondovisione via Satellite da TELEPACE HD, canale sky 515 in collaborazione con Missioni Don Bosco.
La Concelebrazione ore 18.30 e la Processione saranno trasmesse anche da RETE7, canale 12 del digitale terrestre.

La giornata verrà trasmessa in diretta sulla pagina facebook infoans, in 4 lingue.

Info ANS