Maria Ausiliatrice: la madre che ci insegna ad amare nei “tempi difficili” C
Pubblichiamo il messaggio dell’ispettore della Circoscrizione Italia Centrale, don Stefano Aspettati, per la solennità di Maria Ausiliatrice.
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La solennità di Maria Ausiliatrice, madre nostra e dei cristiani, ci aiuta a riflettere sul suo straordinario posto nella storia della salvezza, ma soprattutto sul posto che occupa nella nostra vita. Le tappe del cammino di Maria non dipendono da un suo progetto di vita, non sono in vista di sua crescita personale e ancora meno in vista di una autorealizzazione; esse dipendono dallo sviluppo del progetto di Gesù a cui lei ha cercato, non senza fatica, di aderire. Ogni tappa della vita di Gesù ha chiesto una risposta a lei. Ed ogni risposta, risposta di fede, è stata sempre nuova e al contempo appoggiata alla precedente, realizzando una stupenda progressione. Maria ha vissuto in funzione del Figlio. Oggi qualcuno potrebbe trovare frustrante vivere una vita “in funzione di”. In realtà questa espressione va intesa nel senso di “totalmente dedicata a”, “generosamente donata a”, “disposta a morire per”. Queste frasi descrivono ciò che Maria ha vissuto e un modo stupendo di vivere, l’unico per cui valga la pena.
Il cammino di Maria ha conosciuto delle tappe molto differenti. I suoi privilegi singolari di Immacolata, Vergine, Madre di Dio, Assunta in cielo – anch’essi tutti in funzione di Gesù – non tolgono nulla alla faticosa umanità del suo itinerario. Nell’annuncio c’è stato il primo atto, quello in cui Maria ha detto sì: la sua maternità è stata conseguenza della sua fede. Il Dio a cui aveva consegnato la sua vita, la spinge subito a servire una parente lontana per la quale non esita a mettersi in viaggio e in cui contempla il Signore: la gioia narrata nel Magnificat non è una preghiera inventata da Maria, ma un’applicazione di parole conosciute alla sua vicenda personale. Nella nascita di Gesù, Maria sente l’annuncio di quel che è successo da alcuni pastori sconosciuti: non le resta altro che accogliere meditare queste parole nel suo cuore. A Gerusalemme sente quale sarà la ricompensa terrena per il suo servizio: l’anima trafitta dalla spada. Nell’esilio in Egitto Maria deve conoscere subito le conseguenze dell’odio del mondo per questo figlio. Sempre a Gerusalemme dalle stesse parole del figlio dodicenne comprende in modo nuovo – non senza sofferenza – che egli non era anzitutto suo ma del Padre. Da Cana di Galilea in poi, negli anni della vita pubblica di Gesù, si consuma il vero e proprio distacco fisico tra madre e figlio: Maria non è nel gruppo che segue Gesù nel suo peregrinare e perde sempre più importanza nel racconto, ma viene tuttavia esaltata indirettamente dallo stesso Gesù: lei è beata non perché madre ma perché ha creduto. Sotto la croce i due si ritrovano e lì arriva la consegna finale di lei al discepolo amato e del discepolo a lei. La conclusione di Maria è con gli apostoli, in comunità.
Al di là delle sue prerogative speciali, il cammino di fede di Maria può essere il nostro. Nelle risposte di fede di Maria abbiamo visto una progressione. Noi in questi mesi abbiamo imparato purtroppo a riconoscere bene le progressioni della curva dei contagi del Covid-19; ma anche nella nostra fede dovremmo scorgere delle progressioni; certo quelle della fede non sono né geometriche, né lineari, procedono piuttosto a spirale: a volte mentre sembra di salire senza accorgerci torniamo indietro e mentre sembra di scendere si sta prendendo la curva ascendente. Solo passando da questo itinerario di Maria e ricordandolo possiamo comprendere come è possibile che Ella sia Ausiliatrice dei Cristiani, la Madonna dei “tempi difficili”, come diceva don Bosco. La Madonna che vediamo dipinta con i segni della regalità mentre ci mostra il Figlio Re è la stessa ragazza di Nazareth, diventata madre e sposa, che nella sofferenza ha imparato a credere amando e ad amare credendo. Per questo può aiutare ciascuno di noi. La creatura più alta, davanti alla quale il Demonio fugge, può intercedere per noi come madre forte perché comprende le nostre fatiche, le nostre sofferenze, le prove cui siamo chiamati. Lei che non ha conosciuto come noi il distacco da Gesù che viene dal peccato, ha dovuto vivere durante la vita di Gesù il distacco fisico negli anni del ministero pubblico e poi dopo la Sua morte, ma anche il distacco molto più profondo di chi sa che il figlio non le appartiene. Tutto ciò ben si salda col distacco che i discepoli vivono nel giorno della Ascensione che meditiamo quest’oggi. L’Ascensione è il passaggio mediante il quale Gesù se ne torna al Padre portando e divinizzando la natura umana e contemporaneamente affida ai discepoli la Sua missione sulla terra. I discepoli smarriti capiscono che adesso tocca a loro; il dono dello Spirito Santo li investe con la sua forza abilitandoli a quello che neanche loro potevano immaginare di essere capaci: portare avanti la missione di Gesù senza avere Gesù con loro. Ma Gesù ha promesso di essere presente e la missione è la Sua! Dobbiamo ricordarlo. A volte capita anche noi di riferirci alla missione come fosse una cosa nostra; oscilliamo allora tra entusiasmi e smarrimenti a seconda di come vanno le cose. Credo che nei prossimi mesi potrebbe capitarci sovente, nell’alternanza di speranze che si creeranno e di scelte difficili e a volte dolorose che – chi più chi meno, a vari livelli – tutti saremo chiamati a fare. Ma appunto sbaglieremmo perché la missione è Sua non nostra e dovremo ricordarcelo proprio quando le cose si faranno più difficili. Il distacco che Gesù opera nella Ascensione è un grande atto di fiducia verso di noi, è l’affidamento della missione alla Chiesa, come un maestro che lascia il posto all’allievo; ma a differenza di un’arte imparata che poi si porta avanti da soli, noi non possiamo portare la missione che Gesù ci affida senza di Lui. Appunto perché Lui stesso è il contenuto della missione. Il distacco non ci serve per renderci autonomi nel nostro agire e operare, ma ci è necessario per fare una scelta, che è quella di riaffidare continuamente a Lui tutto.
Carissimi, siamo anche noi in “tempi difficili” come don Bosco. Nelle nostre comunità religiose ed educative mi pare che li stiamo affrontando con grande forza, sono tantissime le famiglie che sono state aiutate dalla carità nascosta di molti salesiani e volontari; sono tantissimi i giovani raggiunti nei modi più vari; si sono messi in moto dei percorsi belli di progettazione anche per l’estate ormai alle porte. Adesso il mondo intorno a noi – e noi con lui – stiamo lentamente riprendendo il suo corso. Nello stringersi dei decreti la creatività nella passione per i giovani non ci manca. Oggi è la prima domenica in cui – seppur con norme molto precise – si può ritrovare la comunità dei fedeli attorno all’Eucarestia domenicale. Tuttavia a volte ci sembra e ci sembrerà di essere soli. Anche a noi verrà la sensazione di doverci arrangiare in qualche modo da soli, con le tentazioni conseguenti. È importante ricordarci proprio in questi momenti della promessa del Signore che leggiamo nel versetto finale del vangelo di Matteo “io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”; Egli ci sta vicino con la forza del Suo Spirito e senza di Lui non andremo da nessuna parte. Ma è vera anche un’altra cosa: senza Maria non andremo da nessuna parte. Maria Ausiliatrice è la mamma esperta che Lui ci mette accanto come la mise a Giovannino Bosco; non dobbiamo temere, lei ci sarà di aiuto e conforto.
Don Stefano