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ECOstruiamo la nostra casa: un campo sull’ecologia integrale dell’Italia Centrale

Dal sito della Circoscrizione Italia Centrale.

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“ECOstruiamo la nostra casa”: una proposta ispettoriale che sperimenteremo nella prossima estate e che è una rielaborazione dei campi missionari che fino a qualche anno fa facevamo.
Si tratta di un campo in stile salesiano presso la comunità di recupero dell’associazione Soggiorno Proposta, ad Ortona. I temi che accompagneranno i partecipanti saranno quelli dell’ecologia integrale con particolare riferimento alla cura dell’ambiente e delle relazioni; lavoro manuale, gite, incontri, momenti di preghiera, gioco e festa saranno gli “ingredienti” del campo.
La proposta è aperta a ragazzi tra i 15 e i 18 anni provenienti da qualunque ambiente educativo (oratori, scuole, cfp, opere dedicate ai ragazzi in difficoltà…) e con la voglia di mettersi in gioco!

Salesiani Genova: 150 anni e 150 posti di lavoro: quella scommessa dei salesiani a Genova

Da “La Voce di Genova”.

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La scommessa è ambiziosa e gravita intorno al numero 150: esattamente come quell’ultracentenario compleanno che l’Opera Don Bosco festeggia e che l’istituto dei salesiani ha ambito a tradurre sul territorio genovese in termini di posti di lavoro e opportunità concrete.

Attraverso una formazione puntuale e legata alle reali esigenze delle aziende sul territorio.

I numeri

Così sono arrivati primi numeri: ventotto assunzioni in ambito meccatronica, dodici in ambito informatico, sette nell’elettromedicale e sei in attività ospedaliero/sanitario. Sono stati introdotti all’apprendistato trenta ragazzi in pmi genovesi in ambito elettrico, elettronico e termoidraulico per la sede di Sampierdarena e altri quarantacinque in ambito elettrico e meccatronico, di cui ventidue ad oggi assunti. Il progetto andrà avanti ancora per tutto quest’anno, per cui non è difficile credere che i 150 posti di lavoro “tondi” possano essere raggiunti.

L’evento al Ducale il 6 marzo

Abbiamo davvero lanciato il cuore oltre l’ostacolo – ci dice Don Sergio Pellini direttore dell’istituto salesiano- e credo che riusciremo non solo a vincere questa sfida ma soprattutto a dare motivi di speranza e fiducia ai giovani affinché mettano a frutto le proprie risorse e possano costruirsi degli orizzonti a partire dalle proprie ispirazioni e capacità. Il prossimo 6 marzo porteremo i risultati di questa straordinaria esperienza all’interno di un evento al Palazzo Ducale alla presenza della politica e delle istituzioni nazionali e liguri per dare il segnale che noi ci siamo, accanto alle forze civili, a fare la nostra parte”.

Lo sportello

Accanto al macro-progetto dei 150, c’è lo “Sportello Informa Lavoro e Studio” gestito dall’associazione “Il Nodo sulle Ali del Mondo” attivato nell’aprile 2022 nei locali Caritas dell’istituto di Sampierdarena che ogni lunedì mattina, dalle dieci alle dodici, accoglie giovani o anche adulti che cercano lavoro, ricollocazione, formazione e orientamento. E’ un satellite indispensabile, anche per accogliere bisogni che non possono essere inseriti nei percorsi Cnos Fap collegati alle aziende.

Non vogliamo sostituirci al pubblico – racconta Romana Pian, responsabile dello sportello – anzi, vogliamo segnalare e indirizzare ai centri per l’impiego e per la formazione. Aiutiamo a compilare il curriculum, a comporre lo speed, a controllare i concorsi pubblici. Il nostro ‘taglio’ è quello di prendere in carico la persona, ricordarci di lei e tenerla presente se capitassero occasioni di cui veniamo a conoscenza. Siamo nati da poco per poter fare bilanci ma quello che ci auguriamo è di poter fare rete con associazioni pubbliche o di volontariato del territorio. Questo ci aiuterebbe ad avere un ruolo più istituzionale e poter intervenire con più efficacia”.

Perlopiù si rivolgono allo sportello extracomunitari e giovani donne con figli a carico che cercano lavoro come badante: ignorano i servizi sul territorio e spesso sono senza permesso di soggiorno. Tuttavia, anche lo sportello, in maniera diretta, ha prodotto risultati: sono state collocate due badanti, un’impiegata amministrativa in un’impresa edile, un giovane in una grande azienda dell’elettronica. Ad oggi, lo sportello ha anche delle posizioni per cui ancora si ricercano persone: quattro banconiste per tre rosticcerie e una persona con patente per le consegne.

Gli ex allievi

L’introduzione al lavoro da noi funziona- aggiunge infine Don Sergio- anche perché abbiamo un’ampia rete di ex allievi dell’istituto, spesso imprenditori e professionisti, che dimostrano disponibilità concreta a dare opportunità di lavoro. Questo rende possibilità di inserire adeguatamente le persone. Non è facile, tuttavia. Ma noi ci crediamo e questo progetto è per noi uno dei modi migliori per celebrare i nostri 150 anni”.

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Borgo Ragazzi don Bosco: la pandemia e la “sfida” della comunione

Su Roma Sette, la giornalista Roberta Pumpo racconta il rapporto “Nessuna casa è lontana” del Borgo Ragazzi Don Bosco di Roma.

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Un seme di speranza gettato nei mesi più bui, quelli del lockdown, che delineavano lo sconquasso economico derivato dalla pandemia. Il Covid-19 con i suoi silenzi, i suoi dolori, le sue imposizioni, le nuove norme di comportamento ha consolidato il valore di comunità tra operatori, volontari, donatori, famiglie e giovani del Borgo Ragazzi don Bosco. Dai corsi del centro di formazione professionale all’oratorio, dal centro di accoglienza per minori al sostegno scolastico, dalla semiresidenzialità alla casa famiglia, sono decine le attività quotidianamente rivolte a centinaia di giovani. «Nell’ordinario può capitare che ogni area educativa segua una propria strada – spiega il direttore don Daniele Merlini -. Nell’emergenza, invece, ci siamo sentiti uniti: una comunità di comunità dove nessuno è stato lasciato solo ma tutti hanno condiviso le stesse preoccupazioni, rivolgendo costante attenzione ai più fragili».

L’operato di queste realtà intrinsecamente legate emerge nel nuovo report del Borgo intitolato “Nessuna casa è lontana” pubblicato ieri, 31 gennaio, festa di san Giovanni Bosco, fondatore delle congregazioni dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Gli operatori in pochi giorni si sono trasformati in esperti informatici «mettendo in campo la propria creatività per andare a cercare i ragazzi attraverso qualsiasi canale», racconta il sacerdote. Alle tante famiglie dotate solo di un cellulare sono stati donati tablet, pc portatili e connessioni internet per poter svolgere incontri online ma anche trascorrere qualche ora di allegria con mini tornei di “nomi, cose e città”. La preoccupazione più grande era non abbandonare i giovani, «specie quelli più timidi e introversi con i quali era iniziato un percorso che li stava portando ad aprirsi – precisa Simona Arena, operatrice di 25 anni -. Dopo il lockdown con qualcuno è stato necessario ricominciare tutto dall’inizio». Come nel caso di Maria 18enne nata a Roma da genitori di origine asiatica con i quali ha un rapporto molto conflittuale. Il suo desiderio di occidentalizzarsi, di adottare anche cibi italiani, «si scontra con la volontà della famiglia che vuole mantenere le proprie tradizioni – spiega Simona -. Dopo quattro anni in semiresidenzialità si stava aprendo, stava stringendo amicizie ma poi gli oltre due mesi trascorsi in famiglia l’hanno come resettata».

In altre circostanze il lavoro più duro degli operatori è stato convincere i ragazzi a uscire di casa quando le restrizioni si sono allentate. Simona ricorda le lunghe ore trascorse sulla piattaforma Zoom a dialogare con Massimo, 17 anni, un rapporto già difficile con la mamma ora terrorizzata dal contagio. «Ha trasmesso al ragazzo questa fobia – dice l’operatrice -. Abbiamo passato interi pomeriggi a mediare tra i due cercando di riportare un po’ di serenità nel loro rapporto». Per altri il coronavirus ha segnato la fine di un percorso lavorativo appena iniziato, accompagnato dall’impossibilità di sostenersi. La prima settimana di gennaio 2020 il Borgo aveva festeggiato la nuova vita di Francesco, 18enne nordafricano, che dopo 4 anni lasciava la casa famiglia e grazie al corso per pizzaiolo aveva trovato un lavoro e anche una camera in affitto. «In poche settimane ha perso l’impiego – ricorda don Daniele -. Non si è abbattuto perché sapeva che qui avrebbe trovato una famiglia pronta a sostenerlo». Francesco è tra i 20 ragazzi che gli operatori hanno accompagnato nella ricerca di un nuovo impiego e da qualche settimana ha iniziato a lavorare in un panificio.

Il Borgo in questi mesi ha sostenuto con pacchi alimentari e contributi in denaro 1.045 ragazzi e 389 famiglie, grazie «a uno straordinario concorso di generosità – aggiunge il direttore -. La cosa meravigliosa è che le donazioni si sono più che triplicate mentre il numero dei donatori è rimasto quasi invariato. Questo significa che si è subito percepito la gravità di quello che stava accadendo». Esattamente come l’affetto che percepiscono gli oltre 1.500 ragazzi che ogni anno frequentano l’oratorio, i corsi di formazione professionale o sono seguiti dall’area “Rimettere le Ali”. «In questi mesi – riferisce il sacerdote – tanti ragazzi che hanno frequentato il borgo negli anni scorsi si sono proposti come volontari o hanno fatto donazioni in denaro». Molti giovani con disagi conclamati e famiglie in grave difficoltà hanno fame di affetti autentici e la “mission” degli operatori, spiega Simona, «è quello di far comprendere loro cosa sia una comunità, cosa significhi vivere in armonia». Don Daniele, infine, non nasconde la preoccupazione «per il pesante contraccolpo educativo che avrà la pandemia. I ragazzi non sono spensierati e lo stress che oggi respirano in famiglia avrà delle ripercussioni».

 

 

 

Roma Sette

 

Don Giorgio Colajacomo, il cordoglio del card. Bassetti

“Apprendo con molto dolore la notizia della morte di don Giorgio Colajacomo. E’ uno dei tanti figli della nostra Chiesa, che, nell’adempimento del ministero sacerdotale, è stato portato via da questo virus. Il Signore accolga il caro don Giorgio nella sua pace e gli doni la ricompensa dei servi buoni e fedeli”: è questo il commento del Card. Gualtiero Bassetti alla notizia della morte di don Giorgio Colajacomo, direttore per sei anni della casa salesiana di Perugia. Don Giorgio è tornato alla Casa del Padre ieri, dopo aver contratto il Covid-19. Si trovava ad Alassio, dove aveva appena iniziato il suo nuovo incarico da direttore.

Prosegue l’articolo della Conferenza Episcopale Umbra:

Con voce commossa il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, che oggi si trova a Roma, ha commentato il decesso di don Colajacomo, direttore dell’Istituto salesiano “Don Bosco” di Perugia dal 2014 fino allo scorso agosto, avvenuto stamani, a causa del Covid-19, nell’ospedale San Paolo di Savona. Il cardinale, anche a nome dell’intera Chiesa diocesana perugino-pievese, ha espresso a tutta la comunità salesiana le sue profonde condoglianze e la sua vicinanza spirituale. «Nei sei anni che don Giorgio Colajacomo ha trascorso alla guida della famiglia salesiana di Perugia, incarnando fino in fondo lo spirito di Don Bosco – sottolineano in Curia -, non si è risparmiato nel promuovere diverse iniziative per il rilancio del Centro di formazione professionale, dell’Oratorio e delle attività educative e sportive rivolte alle giovani generazioni. Ha saputo tessere proficui rapporti con le Istituzioni civili umbre, esprimendo soddisfazione per il varo della recente legge regionale sulla formazione professionale». Don Giorgio Colajacomo era nato a Genova il 31 luglio del 1940 ed ordinato sacerdote il 5 marzo 1966. Da appena un mese don Giorgio era alla guida dell’Istituto salesiano di Alassio. Le esequie saranno celebrate nella chiesa Madonna degli Angeli di Alassio, sabato 10 ottobre, alle ore 15. A Perugia la comunità Salesiana e tutti i suoi amici si raccoglieranno in preghiera per la recita del Santo Rosario, venerdì 9 ottobre, alle ore 19, presso la sede dell’Istituto “Don Bosco. Il neo direttore, don Giovanni Molinari, ha espresso il profondo dolore della comunità salesiana per la morte del suo predecessore, ringraziando «il Signore per il dono di don Giorgio alla Congregazione salesiana, alla famiglia salesiana di Perugia e ai tantissimi amici che con tanta dedizione e passione ha amato e servito».

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ICC, XIII Assemblea Ispettoriale: “Nel cuore del mondo”

Pubblichiamo il resoconto della XIII Assemblea Ispettoriale della Circoscrizione Italia Centrale.

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Si è tenuta dal 27 al 29 agosto nel tempio di Don Bosco a Roma la XIII assemblea ispettoriale. Un’assemblea ricca, che ha visto la partecipazione di tanti confratelli, Figlie di Maria Ausiliatrice rappresentanti di ILS e IRO, rappresentanti della Famiglia Salesiana, laici e collaboratori, all’insegna della sicurezza e nel rispetto delle misure di contenimento del Covid-19.  

I lavori si sono aperti con la Tavola Rotonda coordinata da Benedetta Rinaldi (ex allieva del Pio XI e giornalista Rai), alla quale sono intervenuti il cardinale Matteo Maria Zuppi – collegato in streaming da Bologna, il dottor Gigi De Palo, presidente del Forum Nazionale dell’Associazioni Familiari, e il professor Leonardo Becchetti dell’Università di Tor Vergata, che ha curato l’aspetto sociale ed economico.

La tavola rotonda è iniziata con una riflessione sulla sfida dei salesiani in questo tempo di incertezza in seguito alla pandemia.

L’intervento del Cardinale Zuppi ha sottolineato come la pandemia sia stato un bagno di realismo che ci ha aperto gli occhi sull’essere tutti sulla stessa barca: ora sta a noi non sciupare l’opportunità della consapevolezza di vivere un mondo malato.

Anche il Papa ha parlato di un’ “economia malata”. La cura, secondo il professor Leonardo Becchetti, già esiste, ma “il successo del medico dipende dalla collaborazione del paziente”. Le possibili soluzioni riguardano gli stili di vita, da perseguire – secondo Becchetti – su tre livelli. A livello aziendale è opportuno abbracciare un modello ibrido, in cui si mette insieme profitto e impatto sociale. A livello personale è necessario coltivare l’arte delle relazioni, costruendo squadre, coalizioni e cooperazione. In ambito politico, infine, abbiamo bisogno di uno stato che sia catalizzatore delle energie della società civile, con incentivi e regole. Le istituzioni hanno ora molte risorse (che comprendono i 209 miliardi di cui 80 a fondo perduto) con cui possono riscrivere il nostro Paese, la nostra cultura e la nostra economia.

Il dottor Gigi De Palo ha posto l’accento sulla necessità di investire parte di queste risorse nella famiglia. “Basterebbe investire 7 miliardi di euro per le famiglie per poterle mettere nelle condizioni di vivere serenamente la loro dimensione educativa” ha affermato. Per De Palo la nuova sfida è l’inserimento della Laudato Si’ nell’Amoris Laetitia, ossia “considerare la natalità come qualcosa di sostenibile anche a livello ambientale”.

Il cardinale Zuppi ha chiuso il suo intervento affermando che “non lasciare nessuno indietro significa operare come faceva don Bosco”, dare fiducia ai giovani, dandogli la speranza per costruire il loro domani. Mettersi al servizio dei giovani significa seguire la visione di don Bosco ed educare il giovane stesso alla visione. “Questa si trasmette con gli occhi dell’amore, aiutati dal Vangelo che fa ci vedere ciò che ancora non c’è”. 

La prima serata dell’assemblea si è conclusa con un momento di preghiera in Basilica, guidato da una riflessione a partire dal sogno dei nove anni di don Bosco, e con la buonanotte dell’ispettore che ha sintetizzato la giornata con due parole: visione e leadership. 

Nella seconda giornata dell’assemblea, don Juan Carlos Pérez Godoy, nuovo Consigliere Regionale per la Regione Mediterranea, ha presentato la figura del salesiano emersa dal Capitolo Generale, integrando con le riflessioni del Rettor Maggiore e del Consiglio. La riflessione è partita dalla bellezza del luogo che ha ospitato il Capitolo, Valdocco, “dove il sogno fondante è stato realizzato”, e dall’importanza della presenza dei giovani al Capitolo.

Nel suo intervento, don Juan Carlos, ha citato alcuni passi della Lettera del Papa al CG28 e altri passi della lettera programmatica del Rettor Maggiore. Allo stesso tempo, ha voluto dare una lettura personale dell’esperienza del Capitolo Generale, che ha riassunto in tre “fili d’oro”: 1) la presenza in mezzo ai giovani più poveri come garanzia dell’identità e fecondità vocazionale salesiana 2) un nuovo modo di capire la formazione 3) il modello di missione e il carisma condivisi tra salesiani e laici, e il nostro modello di essere e vivere la Chiesa con i giovani. 

E’ seguita poi la Relazione dell’Ispettore, Don Stefano Aspettati, che dopo i saluti e i ringraziamenti iniziali ha parlato del CG28 come “un’esperienza molto bella, ancorché mutilata” che offre un tema nuovo che è quello dell’accompagnamento dei giovani verso un futuro sostenibile. Il terzo punto della relazione ha riguardato la nuova proposta pastorale e il “bagno nella realtà”. L’epidemia ci ha riscoperti fragili, ci ha lanciato diverse sfide a vari livelli. Alcune sono state accolte con prontezza (basti pensare alle nostre scuole e dei nostri CFP che hanno affrontato in tempi record il sistema della didattica a distanza e si sono interessati dei bisogni degli alunni più poveri). Altre sfide, invece, anche se indipendenti dall’epidemia, hanno richiesto proprio durante questo periodo di operare delle scelte, come quella di riconsegnare alla diocesi le Parrocchie di Sulmona e di Nuoro e di sospendere la comunità di Loreto. “Sono scelte difficili e sofferte non solo per chi le subisce, ma anche per chi le prende e se ne assume la responsabilità” ha detto l’ispettore. “Non possiamo sapere cosa il Signore chiederà nei prossimi tempi alle nostre comunità” ma l’invito è quello di metterci nel cuore del mondo, di fare rete e pensare l’ispettoria come un corpo. L’ispettore ha concluso la relazione invitando al coinvolgimento dei giovani nei processi decisionali, così come riportato nella lettera che i giovani hanno inviato ai Capitolari.

Dopo il pranzo, per piccoli gruppi e su turni, l’Assemblea è proseguita con la visita ai locali della nuova sede Ispettoriale e, a seguire, ci si è ritrovati per procedere con il lavoro per Consigli delle CEP.

Dopo aver ascoltato la provocazione del cuore del mondo dopo la pandemia e aver approfondito attraverso gli interventi di don Juan Carlos e don Stefano cosa dice questo tema nella congregazione, nell’ispettoria e nella nostra CEP, durante la terza e ultima giornata insieme, è stata presentata la nuova proposta pastorale da diversi punti di vista. 

 Don Emanuele De Maria, delegato della Pastorale Giovanile, ha presentato la proposta pastorale del nuovo triennio a partire dal contesto in cui essa si colloca. La proposta di quest’anno “Nel cuore del mondo – Ecco il tuo campo, ecco dove dovrai lavorare” si è ispirata al bicentenario del sogno dei 9 anni, alle linee progettuali della Pastorale Giovanile della CEI “Dare casa al futuro”, alla Strenna del Rettor Maggiore “Onesti cittadini buoni cristiani”, al tema della GMG di Lisbona e agli anniversari della morte di San Francesco di Sales e della fondazione dell’Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice.

Il tema di quest’anno ha come focus la nostra collocazione in questo mondo, il capire cioè cosa significa essere cristiani e con il carisma di don Bosco in questo tempo. L’anno prossimo il focus sarà la nostra vocazione (con una sfumatura accentuata sull’educazione affettiva) e tra due anni si approfondirà il nostro impegno in questo mondo.  

 L’intervento sulle linee di programmazione per la formazione della Famiglia Salesiana è stato curato da Don Francesco Marcoccio, che si è lasciato ispirare dal tempio dedicato a don Bosco che ha ospitato l’assemblea, la cui architettura rimanda alla sua vita e alla sua storia. Don Francesco ha sottolineando come il sogno sia evocativo, lasci aperto il significato alle interpretazioni e sia la graduale definizione di una strada che si fa sempre più chiara. “Il sogno in don Bosco è una visione, una manifestazione di Dio nella sua vita che lui comprende gradualmente. Allo stesso modo anche la formazione: quella iniziale parte con la chiamata di Dio che si relaziona poi con la nostra storia personale e ci sollecita ad adattarla”. La formazione permanente poi fa sì che si interiorizzi e si erediti l’insegnamento del padre.

Il sogno – ha detto don Francesco – rimanda alla nostra identità salesiana, da conoscere, amare, confrontare e pregare, perché il da mihi animas cetera tolle diventi realtà.

 Infine, Don Francesco Valente – economo ispettoriale, ha parlato di un anno non facile e di crescita; un anno in cui l’ispettoria ha dovuto sostenere varie opere; un anno difficile, ma in cui la provvidenza e la solidarietà delle case si è manifestata in modo importante. L’epidemia ci ha aiutato a scoprire tante cose e ci apre a nuove sfide che consistono nel ripensare e riprogettare la nostra realtà, la nostra economia e il nostro stile di vita comunitaria. Il covid ci stimola a crescere nella capacità di lavorare insieme, per progetti, come confratelli e insieme ai laici, e anche con nuovi strumenti.

 L’Assemblea si è conclusa con l’intervento dell’ispettore che ha voluto lasciare due parole di sintesi: “coraggio” per stare nel cuore del mondo e “insieme”, perché solo lavorando insieme ci si può considerare come un corpo unico ispettoriale.

 Il ringraziamento finale è stata la celebrazione eucaristica durante la quale ci sono stati i rinnovi della professione religiosa di alcuni confratelli ed il ricordo dei confratelli che celebrano particolari anniversari di professione e/o ordinazione.

 

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Salesiani Civitavecchia, “Cinemarena estate” aperto alla città

Pubblichiamo l’articolo di Civonline sul cinema all’aperto messo a disposizione della città di Civitavecchia dei salesiani.

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Il cortile dell’oratorio salesiano che si apre ancora di più alla città. La programmazione affidata all’esperienza e alla competenza di Claudio Storani, che già cura la stagione invernale del cinema Buonarroti. Al centro l’associazione CgsXXI, rinnovata e desiderosa di porsi al centro di un progetto culturale che rientra a pieno diritto, ed anzi è parte integrante, di quello pastorale. Perché il “Cinemarena estate” non è solo e semplicemente una proiezione di film all’aperto, ma vuole essere qualcosa di più, come ha spiegato il parroco della parrocchia Sacra Famiglia don Cesare Orfini che già da qualche anno aveva in mente un progetto simile, accelerato poi con l’emergenza Covid.

Tante le sale che non hanno riaperto dopo il lockdown: troppe le spese ed i problemi di carattere organizzativo. I salesiani, insieme a Storani, hanno deciso di fornire una risposta concreta, in termini culturali, non solo ai parrocchiani ma alla città. «D’altronde la storia e le strutture che abbiamo a disposizione – ha spiegato don Cesare – fanno sì che la nostra possa essere una voce significativa nel dialogo con le altre forze culturali della città e con le istituzioni». È nata così l’idea dell’arena ospitata nel cortile di via Buonarroti, con il patrocinio del Comune che ha messo a disposizione le sedie. La programmazione arriva fino a settembre, con spettacoli dal giovedì alla domenica, adatti a tutti i gusti, proprio per rappresentare un servizio culturale per la città. «Il teatro, così come il cinema – ha ricordato don Cesare – è uno strumento educativo cardine per i salesiani e vogliamo continuare su quella strada indicata da don Bosco. Puntiamo al cinema di qualità, con film che permettono un confronto, che lasciano un segno negli spettatori. Aver aperto il cortile, di sera, a tutti i cittadini è anche un “sacrificio” per la nostra comunità che mette a disposizione uno spazio di casa proprio per rispondere ad una esigenza culturale di tutta la città. Lo facciamo volentieri, garantendo ben 199 posti in piena sicurezza».

L’organizzazione degli spazi, creando una arena dal sapore familiare, è stata ripensata proprio per rispettare le normative imposte dall’emergenza Covid: e così si entra dall’ingresso del cinema Buonarroti e, attraverso un percorso obbligato, si arriva al botteghino e al proprio posto, con le sedie distanziate di 1,30 metri l’una dall’altra. L’uscita è invece dal cancello dall’oratorio. «Siamo soddisfatti della risposta finora avuta – ha concluso don Cesare – e soprattutto di aver contribuito ad animare le serate cittadine investendo in cultura, con lo stile e le modalità proprie dei salesiani». Il programma del weekend prevede giovedì alle 21,30 “La famiglia Addams”, venerdì “L’inganno perfetto”, sabato “Hammamet” e domenica “Figli”.

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Dall’oratorio al corso Uefa per allenatori: “Con Don Bosco sempre nel cuore”

La storia di Damiano Eleuteri, 20 anni, inizia all’oratorio salesiano di Genzano, dove fin da piccolissimo frequenta la Messa con la mamma, i gruppi, i campi ispettoriali e inizia a giocare a calcio. “Ho costruito la mia vita all’oratorio, come uomo e come amante del calcio”, dice oggi che ha appena concluso il Corso UEFA C che lo abilita ad allenare le categorie giovanili al livello nazionale.

“Oggi che alleno fuori dall’oratorio, porto con me gli insegnamenti che ho ricevuto lì. Sono cresciuto tra quelle mura, ho amici in tutta Italia grazie ai campi ispettoriali ma poi ho scelto di portare fuori quanto ho ricevuto, penso che sia giusto così. La frase di Don Bosco che più mi è rimasta impressa e che ripeto sempre anche ai miei ragazzi è: Fare del bene a tutti, del male a nessuno”.

Dalla polisportiva giovanile salesiana alla società storica di Genzano, la Cynthia 1920: oggi Damiano allena gli esordienti 2008. “Mi piace stare a contatto con i ragazzi, vederli crescere. Degli insegnamenti ricevuti dai salesiani mi resta soprattutto la “sana vittoria”: vincere è importante, tutti vogliamo farlo. Ma prima ancora, chiedo ai miei ragazzi il rispetto degli avversari, dell’arbitro che per me è un valore fondamentale”.

“Se entri in oratorio, non ne esci mai. Don Bosco ti accompagna sempre, per tutta la vita“, conclude Damiano.

Minori di diritto, webinar sul post-Covid: Educare attraverso il digitale

Venerdì 19 giugno, alle ore 17.30 in diretta sulla pagina Facebook di Minori di diritto o sul canale Youtube dell’ICC, si terrà il webinar sull’educazione nel tempo del digitale post-covid: “EDUCARE ATTRAVERSO IL DIGITALE – GLI EFFETTI SUL PIANO RELAZIONALE” che conclude il progetto “PROSPETTIVE DI FUTURO” organizzato dall’Associazione Salesiani per il Sociale Italia Centrale – Aps, dall’Osservatorio Salesiano per i Diritti dei Minori e dalla Circoscrizione Salesiana Sacro Cuore Italia Centrale.

Oggi più che mai il digitale è al servizio dell’educazione, ma la comunità educante saprà utilizzare al meglio le potenzialità delle tecnologie moderne? E quale impatto si avrà nell’ambito delle qualità delle relazioni? Queste e molte altre le domande a cui si cercherà di dare una risposta durante l’incontro per comprendere quali sono state le modifiche al tradizionale sistema educativo e quale ruolo avrà il digitale nella fase post Covid 19 nell’ambito dell’educazione dei giovani.

Introduce l’evento Don Roberto Dal Molin – Presidente Nazionale Salesiani per il Sociale Aps

Intervengono:
Prof. Fabio Pasqualetti – Preside Facoltà di Scienze della Comunicazione – UPS
Prof Alessandro Ricci – Istituto di Psicologia – UPS
Dott.ssa Monica Bormetti – Psicologa-Smart Break
Prof. Avv. Andrea Farina – Coordinatore dell’Osservatorio Salesiano per i Diritti dei Minori

Segui da qui
Canale Youtube ICC

Maria Ausiliatrice: la madre che ci insegna ad amare nei “tempi difficili” C

Pubblichiamo il messaggio dell’ispettore della Circoscrizione Italia Centrale, don Stefano Aspettati, per la solennità di Maria Ausiliatrice.

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La solennità di Maria Ausiliatrice, madre nostra e dei cristiani, ci aiuta a riflettere sul suo straordinario posto nella storia della salvezza, ma soprattutto sul posto che occupa nella nostra vita. Le tappe del cammino di Maria non dipendono da un suo progetto di vita, non sono in vista di sua crescita personale e ancora meno in vista di una autorealizzazione; esse dipendono dallo sviluppo del progetto di Gesù a cui lei ha cercato, non senza fatica, di aderire. Ogni tappa della vita di Gesù ha chiesto una risposta a lei. Ed ogni risposta, risposta di fede, è stata sempre nuova e al contempo appoggiata alla precedente, realizzando una stupenda progressione. Maria ha vissuto in funzione del Figlio. Oggi qualcuno potrebbe trovare frustrante vivere una vita “in funzione di”. In realtà questa espressione va intesa nel senso di “totalmente dedicata a”, “generosamente donata a”, “disposta a morire per”. Queste frasi descrivono ciò che Maria ha vissuto e un modo stupendo di vivere, l’unico per cui valga la pena. 

Il cammino di Maria ha conosciuto delle tappe molto differenti. I suoi privilegi singolari di Immacolata, Vergine, Madre di Dio, Assunta in cielo – anch’essi tutti in funzione di Gesù – non tolgono nulla alla faticosa umanità del suo itinerario. Nell’annuncio c’è stato il primo atto, quello in cui Maria ha detto sì: la sua maternità è stata conseguenza della sua fede. Il Dio a cui aveva consegnato la sua vita, la spinge subito a servire una parente lontana per la quale non esita a mettersi in viaggio e in cui contempla il Signore: la gioia narrata nel Magnificat non è una preghiera inventata da Maria, ma un’applicazione di parole conosciute alla sua vicenda personale. Nella nascita di Gesù, Maria sente l’annuncio di quel che è successo da alcuni pastori sconosciuti: non le resta altro che accogliere meditare queste parole nel suo cuore. A Gerusalemme sente quale sarà la ricompensa terrena per il suo servizio: l’anima trafitta dalla spada. Nell’esilio in Egitto Maria deve conoscere subito le conseguenze dell’odio del mondo per questo figlio. Sempre a Gerusalemme dalle stesse parole del figlio dodicenne comprende in modo nuovo – non senza sofferenza – che egli non era anzitutto suo ma del Padre. Da Cana di Galilea in poi, negli anni della vita pubblica di Gesù, si consuma il vero e proprio distacco fisico tra madre e figlio: Maria non è nel gruppo che segue Gesù nel suo peregrinare e perde sempre più importanza nel racconto, ma viene tuttavia esaltata indirettamente dallo stesso Gesù: lei è beata non perché madre ma perché ha creduto. Sotto la croce i due si ritrovano e lì arriva la consegna finale di lei al discepolo amato e del discepolo a lei. La conclusione di Maria è con gli apostoli, in comunità. 

Al di là delle sue prerogative speciali, il cammino di fede di Maria può essere il nostro. Nelle risposte di fede di Maria abbiamo visto una progressione. Noi in questi mesi abbiamo imparato purtroppo a riconoscere bene le progressioni della curva dei contagi del Covid-19; ma anche nella nostra fede dovremmo scorgere delle progressioni; certo quelle della fede non sono né geometriche, né lineari, procedono piuttosto a spirale: a volte mentre sembra di salire senza accorgerci torniamo indietro e mentre sembra di scendere si sta prendendo la curva ascendente. Solo passando da questo itinerario di Maria e ricordandolo possiamo comprendere come è possibile che Ella sia Ausiliatrice dei Cristiani, la Madonna dei “tempi difficili”, come diceva don Bosco. La Madonna che vediamo dipinta con i segni della regalità mentre ci mostra il Figlio Re è la stessa ragazza di Nazareth, diventata madre e sposa, che nella sofferenza ha imparato a credere amando e ad amare credendo. Per questo può aiutare ciascuno di noi. La creatura più alta, davanti alla quale il Demonio fugge, può intercedere per noi come madre forte perché comprende le nostre fatiche, le nostre sofferenze, le prove cui siamo chiamati. Lei che non ha conosciuto come noi il distacco da Gesù che viene dal peccato, ha dovuto vivere durante la vita di Gesù il distacco fisico negli anni del ministero pubblico e poi dopo la Sua morte, ma anche il distacco molto più profondo di chi sa che il figlio non le appartiene. Tutto ciò ben si salda col distacco che i discepoli vivono nel giorno della Ascensione che meditiamo quest’oggi. L’Ascensione è il passaggio mediante il quale Gesù se ne torna al Padre portando e divinizzando la natura umana e contemporaneamente affida ai discepoli la Sua missione sulla terra. I discepoli smarriti capiscono che adesso tocca a loro; il dono dello Spirito Santo li investe con la sua forza abilitandoli a quello che neanche loro potevano immaginare di essere capaci: portare avanti la missione di Gesù senza avere Gesù con loro. Ma Gesù ha promesso di essere presente e la missione è la Sua! Dobbiamo ricordarlo. A volte capita anche noi di riferirci alla missione come fosse una cosa nostra; oscilliamo allora tra entusiasmi e smarrimenti a seconda di come vanno le cose. Credo che nei prossimi mesi potrebbe capitarci sovente, nell’alternanza di speranze che si creeranno e di scelte difficili e a volte dolorose che – chi più chi meno, a vari livelli – tutti saremo chiamati a fare. Ma appunto sbaglieremmo perché la missione è Sua non nostra e dovremo ricordarcelo proprio quando le cose si faranno più difficili. Il distacco che Gesù opera nella Ascensione è un grande atto di fiducia verso di noi, è l’affidamento della missione alla Chiesa, come un maestro che lascia il posto all’allievo; ma a differenza di un’arte imparata che poi si porta avanti da soli, noi non possiamo portare la missione che Gesù ci affida senza di Lui. Appunto perché Lui stesso è il contenuto della missione. Il distacco non ci serve per renderci autonomi nel nostro agire e operare, ma ci è necessario per fare una scelta, che è quella di riaffidare continuamente a Lui tutto. 

Carissimi, siamo anche noi in “tempi difficili” come don Bosco. Nelle nostre comunità religiose ed educative mi pare che li stiamo affrontando con grande forza, sono tantissime le famiglie che sono state aiutate dalla carità nascosta di molti salesiani e volontari; sono tantissimi i giovani raggiunti nei modi più vari; si sono messi in moto dei percorsi belli di progettazione anche per l’estate ormai alle porte. Adesso il mondo intorno a noi – e noi con lui – stiamo lentamente riprendendo il suo corso. Nello stringersi dei decreti la creatività nella passione per i giovani non ci manca. Oggi è la prima domenica in cui – seppur con norme molto precise – si può ritrovare la comunità dei fedeli attorno all’Eucarestia domenicale. Tuttavia a volte ci sembra e ci sembrerà di essere soli. Anche a noi verrà la sensazione di doverci arrangiare in qualche modo da soli, con le tentazioni conseguenti. È importante ricordarci proprio in questi momenti della promessa del Signore che leggiamo nel versetto finale del vangelo di Matteo “io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”; Egli ci sta vicino con la forza del Suo Spirito e senza di Lui non andremo da nessuna parte. Ma è vera anche un’altra cosa: senza Maria non andremo da nessuna parte. Maria Ausiliatrice è la mamma esperta che Lui ci mette accanto come la mise a Giovannino Bosco; non dobbiamo temere, lei ci sarà di aiuto e conforto. 

Don Stefano

Italia Centrale, il messaggio dell’Ispettore per la festa di San Domenico Savio

L’esempio di Domenico e la “fase a due”

Carissimi confratelli, Carissimi membri della Famiglia Salesiana, Carissimi membri delle CEP locali, Carissimi giovani,

all’interno del mese mariano, la festa di San Domenico Savio mi da l’occasione di scrivervi di nuovo. Nell’anno in cui la proposta pastorale è incentrata sulla santità, mi piace proprio sottolineare questa figura, cresciuta nello straordinario clima educativo di Valdocco. Purtroppo però il santo adolescente che ha ispirato tante generazioni di giovani, salvo alcune eccezioni, oggi appare sovente ai nostri giovani una figura di riferimento lontana. Eppure Domenico Savio è il capolavoro della pedagogia di Don Bosco. Domenico potremmo dire che è la sua “sfida raccolta”. Infatti Don Bosco aveva saputo sfidare e additare a questo ragazzo un ideale alto – la santità – gli aveva consegnato le chiavi per raggiungerlo e ciò che più conta aveva saputo dare a lui fiducia di poterlo raggiungere, pur non mancando di dargli dei correttivi. Emblematico è ascoltare come Domenico spiega tutto questo all’amico Camillo Gavio: Noi qui facciamo consistere la santità nello star molto allegri. Noi procureremo soltanto di evitar il peccato, come un gran nemico che ci ruba la grazia di Dio e la pace del cuore, procureremo di adempiere esattamente i nostri doveri, e frequentare le cose di pietà. Comincia fin d’oggi a scriverti per ricordo: Servite Domino in laetitia, servite il Signore in santa allegria”. L’aspirazione alla santità in Domenico non era tuttavia finalizzata a una egoistica autorealizzazione, ma a un cercare di allargare il bene a più persone possibile. L’anelito di ogni adolescente a scoprire e affermare la propria identità viene quindi risolto da Domenico nel servizio all’altro, nel dono di sé.

Possiamo dire senz’altro che Domenico Savio è stato anche un dono per don Bosco. Il Signore ha suscitato sia il santo educatore che il santo ragazzo. Domenico è stato per don Bosco una indicazione di percorso, la dimostrazione che era possibile una via di santità anche in età così tenera. Noi non siamo certo qui ad esaltare il fatto che un ragazzo sia morto a 15 anni (quando accade diciamo che è una tragedia enorme!), ma il fatto che anche in un lasso di tempo così breve abbia potuto raggiungere un livello così alto di vita, o meglio la pienezza di vita possibile a un adolescente. Don Bosco è stato il sarto che ha saputo trasformare la “stoffa” nel vestito, ma prima di tutto è rimasto affascinato da una stoffa che non si era dato e che aveva ricevuto. Proprio come accade con ogni giovane che riceviamo in dono nelle nostre realtà: una stoffa grezza da lavorare, ma prima ancora da contemplare. Don Bosco da Domenico è stato a sua volta istruito. E non è stato certamente l’unico adolescente da cui don Bosco ha imparato qualcosa. Papa Francesco nel messaggio che ci ha regalato per il CG28 sottolineava proprio questo tratto dell’esperienza che don Bosco visse a Valdocco: Lungi dall’essere agenti passivi o spettatori dell’opera missionaria, essi [i giovani] divennero, a partire dalla loro stessa condizione – in molti casi “illetterati religiosi” e “analfabeti sociali” – i principali protagonisti dell’intero processo di fondazione. La salesianità nasce precisamente da questo incontro capace di suscitare profezie e visioni: accogliere, integrare e far crescere le migliori qualità come dono per gli altri, soprattutto per quelli emarginati e abbandonati dai quali non ci si aspetta nulla. Lo disse Paolo VI: «Evangelizzatrice, la Chiesa comincia con l’evangelizzare sé stessa… Ci vuole dire, in una parola, che essa ha sempre bisogno d’essere evangelizzata, se vuol conservare freschezza, slancio e forza per annunziare il Vangelo» (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 15). Ogni carisma ha bisogno di essere
rinnovato ed evangelizzato, e nel vostro caso soprattutto dai giovani più poveri. Gli interlocutori di Don Bosco ieri e del salesiano oggi non sono meri destinatari di una strategia progettata in anticipo, ma vivi protagonisti dell’oratorio da realizzare. Per mezzo di loro e con loro il Signore ci mostra la sua volontà e i suoi sogni. Potremmo chiamarli co-fondatori delle vostre case, dove il salesiano sarà esperto nel convocare e generare questo tipo di dinamiche senza sentirsene il padrone.

Le sottolineature del Papa ci ricordano quello che per don Bosco era chiaro e che spesso dimentichiamo nella pratica: in ogni giovane vi è un punto accessibile al bene, ma in ogni giovane può stare addirittura la profezia. La festa di san Domenico Savio – al di là di ogni aneddotica – quindi è proprio l’esaltazione di quella che potremmo definire una “adolescenza” riuscita, ma per dire che ogni adolescenza può riuscire senza dover per forza rimandare la pienezza della vita alle fasi successive ed essere germe di futuro per gli altri. E questo vale tanto per i “Domenico Savio” tanto per i “Michele Magone”, ciascuno per quel che è possibile.

In questi giorni siamo anche a ridosso di un altro anniversario, la famosa lettera da Roma (10 maggio 1884) di don Bosco. Questo scritto programmatico è stato richiamato continuamente durante il Capitolo Generale appena concluso (o meglio interrotto). Come allora siamo stati invitati a confrontarci ancora con l’esigenza sempre nuova di tornare ai giovani, di stare con loro, di essere presenti in mezzo a loro e non solo lavorare per loro. Per don Bosco attraverso la presenza è possibile infatti stabilire quella confidenza che porta ad aprire i cuori e a fare proposte alte da un lato e ricevere ispirazioni dagli stessi giovani dall’altro. L’ascoltare e il rendere continuamente protagonisti adolescenti e giovani ha permesso a don Bosco di trovare la mediazione concreta di quello che il Signore gli ispirava. Erano i giovani lo scopo, ma spesso anche lo strumento del suo discernimento e della sua comprensione della volontà di Dio. Devo ringraziare i tanti confratelli e laici che oltre a continuare a portare avanti da quasi tre mesi un ordinario “straordinario”, hanno avviato anche una interessante riflessione che ha come obiettivo immediato le attività estive, ma che si allarga e che sta facendo emergere un bisogno di concentrarci maggiormente sulla fascia adolescenti. Non si tratta ovviamente di un’attenzione escludente il resto, ma certamente di una istanza che è nel nostro “DNA”. Con i nostri adolescenti occorre fare quanto prima una riflessione su questo tempo, per capire che segni sta lasciando dentro di loro, ma anche per trarre da loro germi di rinnovamento. A ben vedere questo metodo è quello che ha usato il nostro buon padre e quello che fa parte della nostra tradizione. È cominciata la “fase 2”. Siamo tutti a cercare di capire cosa accadrà alla curva dei contagi, perché questo determinerà innanzitutto la fine delle morti per virus o la loro continuazione, ma anche perché questo determinerà o meno un ritorno alla normalità dopo la conta dei danni. È cominciata la “fase 2” anche per il grande mondo salesiano. Anche noi stiamo cercando di capire – con grande fatica e poche certezze! – cosa potremo o non potremo fare quest’estate, che ne sarà dei nostri centri estivi, dei campi formativi, dei pellegrinaggi, delle feste. Probabilmente dovremo attendere ancora un po’ per capirlo. È certo che non potremo fronteggiare tutti gli enormi problemi che si sono accumulati in questi ultimi tre mesi, ma quelli che ci competono sì. E ci competono proprio quelli che sono legati ai giovani, perché insieme alla conta dei danni economici dobbiamo fare la conta dei danni educativi di questo periodo. Forse abbiamo reimparato in questi mesi a metterci in ascolto, a contemplare, a chiedere al Signore delle luci sul cammino. Non basta: la nostra storia ci insegna che ogni snodo passa per saper guardare i giovani. Lo avevamo già detto: senza perdere questo atteggiamento di ascolto del Signore, ascoltare anche i giovani soprattutto in questo tempo ci aiuterà a non cadere nella tentazione di riapplicare quello che conosciamo e che abbiamo sempre fatto e guardare avanti.
Tra Domenico e don Bosco si creò un rapporto “a due” in cui al centro stava il Signore, il servizio agli altri e il cammino di santità. Anche per noi la “fase 2” potrebbe essere un nuovo inizio di una “fase a due”: noi e i giovani, impegnati a sognare e inventare insieme. Questo atteggiamento sono sicuro che ci aiuterà anche a scelte ancora più grosse che ci troveremo senz’altro a prendere nei prossimi mesi. Buona festa di San Domenico Savio a tutti !

Un abbraccio a tutti
Don Stefano

Roma, 6 maggio 2020 Festa di san Domenico Savio