La Direttrice del Museo Casa Don Bosco: “Sarà una casa dove trovare fede, spiritualità, arte, cultura”
Dal 2 al 4 ottobre, a Valdocco, ci sarà l’inaugurazione del Museo “Casa Don Bosco”: pubblichiamo l’intervista di ANS alla direttrice del museo, Stefania De Vita.
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(ANS – Torino) – Stefania De Vita è la direttrice del Museo “Casa Don Bosco” di Valdocco, a Torino, che sarà inaugurato il 4 ottobre prossimo. La incontriamo a pochi giorni dal ciclo di eventi che segneranno questa importante apertura. Tra le chiamate telefoniche che le arrivano da ogni angolo d’Italia e gli annunci di presenze istituzionali che le porta il responsabile dell’accoglienza di Valdocco, si configura un appuntamento di assoluto riguardo, che segna una tappa di rilievo storico per la Congregazione Salesiana.
Lei stessa si è resa conto, strada facendo, della grande ricaduta sui salesiani di tutto il mondo e sul territorio torinese di questa nuova “opera” costituita da cimeli preziosi ed emozionanti. Ora spetta a tutta la Famiglia Salesiana vivere il momento del taglio del nastro che il Rettor Maggiore verrà a compiere non solo come massimo responsabile dei Figli di Don Bosco ma come co-protagonista dell’invenzione e della realizzazione del Museo.
La direttrice ci racconta infatti come sia maturata l’idea e quali siano stati i passi avvenuti negli ultimi tre anni. “Per me la vicenda è nata dalla richiesta di collaborazione volontaria alla risistemazione del Museo mariano, progressivamente arricchitosi di elementi, negli spazi sotterranei della Basilica di Maria Ausiliatrice”. La richiesta proveniva dall’allora Rettore, don Cristian Besso, in accordo con il Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime: la necessità di elencare e di catalogare le migliaia di oggetti presenti. “Migliaia e migliaia di pezzi, dalle icone a un affresco del ‘300, dai testi scritti perfino alle caramelle avvolte in una immaginetta, collocati con affetto, ma senza un criterio museale” ci spiega. Raccolto e restaurato ciò che emergeva anche da angoli meno frequentati, il lavoro diretto da De Vita e in gran parte realizzato da lei stessa è consistito nell’identificare, fotografare, imballare ogni oggetto secondo i canoni specifici, collocandolo poi in un magazzino-archivio in attesa di definirne la destinazione.
Il passaggio dal Museo mariano alle Camerette di Don Bosco, distanti poche decine di metri, è stato breve dal punto di vista fisico, ma il salto qualitativo è stato elevato. “Ho provato un coinvolgimento emotivo fortissimo – confida De Vita – quando mi è toccato rimanere da sola a tu per tu con gli oggetti, aprire le vetrine e di prendere con le mie mani ciò è era passato per le mani di Don Bosco”. Cita ad esempio il portamonete, testimone di un movimento continuo di entrata e di uscita del denaro proveniente dai benefattori e destinato ad assicurare vitto e alloggio ai ragazzi dell’oratorio e a mettere mattone su mattone le strutture di Valdocco, la basilica su tutto. “Un coinvolgimento forte” sottolinea con le parole e con l’espressione del volto.
Assidue le riunioni per mettere insieme i punti fermi con Don Á.F. Artime e la speciale commissione da lui istituita. Intanto Stefania De Vita ha mantenuto il suo impegno di insegnante fuori Torino (nelle cittadine di Cuorgné e di Chieri) e più ancora di neo-sposa e di madre: ad agosto del 2019 è nato Alberto, che fino a un mese prima aveva a suo modo condiviso gli sforzi anche fisici di organizzare i materiali e gli spazi.
“Al primo incontro con il Rettor Maggiore mi sono resa conto della portata dell’incarico” ricorda ancora adesso con emozione. Con lei all’inizio c’è stata Maria Teresa Cascione, dell’Archivio Centrale Salesiano, poi si è trovata unica donna a ragionare e a decidere con questo gruppo scelto della Congregazione: “Sempre alla pari, in una relazione che posso definire orizzontale”. Mai percepita una qualsiasi forma di subalternità, né come donna né come laica. Con tutto ciò, dove ha trovato il coraggio necessario per assumere quella responsabilità? “Ho pensato alla figura di Mamma Margherita, anche lei in mezzo a tanti uomini, e fra questi molti sacerdoti, eppure attiva e autorevole senza sensi di inferiorità, al di là di essere la madre di Giovanni Bosco”.
Lavorare immersa in un progetto destinato ad attrarre l’attenzione da tutto il mondo, l’ha fatta sentire responsabilizzata al massimo. “Valdocco è una casa gigante, ma nulla passa inosservato. Sono stata fermata molte volte dai confratelli che domandavano come procedevano i lavori, molti volevano conoscermi. Ispirandomi appunto alla mamma di Don Bosco sono andata avanti senza farmi spaventare dall’impresa, sentendomi autorizzata da lei a proseguire, nel suo spirito, ad accompagnare l’attività dei salesiani”.
A un certo punto ha avuto la sensazione di essere stata chiamata a questo compito “da Qualcuno più in alto”, e così interpreta il suo ruolo. Lei che non ha fatto il percorso “dentro” al mondo salesiano, ma l’ha incontrato a 30 anni a Roma grazie all’attività svolte presso l’opera del “Sacro Cuore” a via Marsala. “Un’ora di lezione alla settimana a ragazze e ragazzi immigrati, per entrare in relazione empatica con la Bellezza” racconta, “nozioni di storia dell’arte per educarsi al senso del bello, motore di umanità”. A fianco dello studio della lingua italiana, dell’informatica e del codice della strada per prendere la patente di guida. “La bellezza è un diritto di tutti”, afferma. Laureata alla Sapienza di Roma in Storia dell’arte e poi alla Benincasa di Napoli in Museologia, le hanno indicato don Giovanni D’Andrea, SDB, per mettere alla prova le sue conoscenze e la capacità di divulgarle in un tirocinio che possiamo considerare certamente inconsueto. Ma è stato questo ad aprirle le porte sulla vasta realtà salesiana: con due catechiste ha animato un gruppo di adolescenti coinvolto in un percorso di educazione alla relazione, e da qui l’attenzione educativa è emersa fino a portarla ad accettare un servizio volontario in una casa-famiglia, programma di quattro mesi in Sicilia per un laboratorio sui suoi temi. Era il 2015, l’anno del Bicentenario di Don Bosco.
Con il suo titolo di guida turistica venne chiamata ad accompagnare i gruppi del Movimento Giovanile Salesiano in visita ai luoghi d’arte della regione dopo il pellegrinaggio ai luoghi di Don Bosco… Uno di quei gruppi era dei Torinesi, fra i quali un giovanotto che sarebbe diventato suo marito. A distanza di un anno, la venuta a Torino. L’incrocio di Stefania De Vita con Valdocco ha una regia tessuta fra il progetto coniugale e la disponibilità al servizio con i salesiani.
“Ho avuto l’incontro con la figura del santo dei giovani da adulta e l’ho percepita come esempio per trasmettere amore ai più piccoli. E mi son detta: ‘Guarda Don Bosco come si prende cura dei ragazzi. Fallo anche tu!’ Ed eccomi qui. Il Museo sarà una casa nella quale accoglieremo i giovani a partire dalle attività, dai laboratori: troveranno insieme qui fede, spiritualità, arte, cultura”.
Antonio R. Labanca