Dice il saggio: «Parti, la strada comparirà». Don Bosco era così. Aveva le doti del Capitano di ventura (oggi si direbbe un grande startupper): la visione, il coraggio, la decisione e una grandissima capacità di resilienza.
Prima di tutto, alla base dell’avventura salesiana c’è l’istinto di comunicatore di Don Bosco. Il suo «sorriso furbo». La sua magica percezione degli uomini:
«Era ancora piccolino assai e studiava già il carattere dei compagni miei. E fissando taluno in faccia, per lo più ne scorgeva i progetti che quello aveva in cuore. Per questo in mezzo ai miei coetanei era molto amato e molto temuto».
Lo dice lui, di quando aveva dieci anni. Così successe in tutta la sua vita. Così, sembra, succede ancora. Dunque, il sorriso furbo, l’occhio che vede.
E poi la parola: «Ciò che li raccoglieva attorno a me e li allettava fino alla follia, erano i racconti che loro faceva». Una parola che diventerà potente e capace di effetti pratici prima d’essere pronunciata:
«Un giorno un carabiniere, vedendomi con un cenno di mano ad imporre silenzio ad un quattrocento giovanetti, che saltellavano e schiamazzavano per il prato, si pose ad esclamare: se questo prete fosse un generale, potrebbe combattere contro al più potente esercito del mondo».
All’origine della forza di parola, decisiva nel comunicatore Don Bosco, c’è qualcosa di più elementare del contenuto delle parole. Il messaggio viene dopo: in principio c’è la meraviglia di una parola che l’interlocutore avverte immediatamente come rivolta a se stesso. Le testimonianze su questa magia della parola personalizzata, che segue alla magia dello sguardo conoscitore, sono innumerevoli.
Papa Ratti, il Pontefice che canonizzò Don Bosco e che nell’autunno del 1883 era stato ospite di Don Bosco, nella Casa Pinardi, ricorda:
«Eccolo a rispondere a tutti: e aveva la parola esatta per tutto, così propria da meravigliare: prima, infatti, sorprendeva e poi troppo meravigliava».
Alcuni oggetti sono già un messaggio in partenza e Don Bosco li trasforma in proposte di vita:
«II buon teologo Guala e don Cafasso mi davano volentieri immagini, foglietti, libretti, medaglie, piccole croci da regalare. Talvolta mi diedero mezzi per vestire alcuni che erano in maggior bisogno, e dar pane ad altri per più settimane».
Capì subito che il “tu per tu” però non era sufficiente né duraturo. La sua visione (e la Signora dei suoi sogni) lo spingevano molto più in là.
Nel frattempo scriveva in media un libro al mese. Don Bosco comunicatore non si fermava mai. Non teorizzava, non aveva un piano che non fosse l’ansia evangelizzatrice e l’istinto comunicatore combinati insieme.
Forse una sola regola seguì Don Bosco nel muoversi dai mezzi di sussistenza ai mezzi di comunicazione:
«Abbandonare la lingua e l’orditura dei classici, parlare in volgare dove si può, od anche in lingua italiana, ma popolarmente, popolarmente, popolarmente».
E da quella regola vennero giornali e libri «da mettere nelle mani del basso popolo». I «cartelli» intitolati «Ricordi pei cattolici». Il «librettino» col titolo «Avvisi ai cattolici». Fino alle «Letture Cattoliche» che cominciarono nel 1853 ed avevano lo scopo di produrre «libri pel popolo», in «stile semplice, dicitura popolare».
Anche gli avversari gli riconosceranno il «gran dono», di «farvi capire e farvi leggere dal popolo». Farsi capire è anche il modo di farsi dei nemici…
Intorno a lui, il mondo era in effervescenza. Qualcosa di nuovo stava nascendo. Per don Franco Peradotto, storico direttore de «La Voce del Popolo» e per 12 anni presidente della Fisc, «la santità torinese e piemontese ha un carisma particolare: il giornalismo. strumento di evangelizzazione, solidarietà, testimonianza e servizio alla comunità» con i santi Giovanni Bosco e Leonardo Murialdo, i beati Giacomo Alberione ed Edoardo Giuseppe Rosaz, i venerabili Paolo Pio Perazzo ed Eugenio Reffo, il servo di Dio Giovanni Barra. Tutti paladini della «buona stampa».
Sulla fine dello stesso anno 1876, Don Bosco diceva confidenzialmente ai suoi:
«Mi compiaccio di raccontare le cose antiche dell’Oratorio. Alcune volte sono fatti che riguardano Don Bosco. Non li racconto però con vanagloria: oh no! grazie a Dio questa non c’entra. Il mio fine è unicamente di narrare le magnificenze della potenza di Dio; far vedere che quando Dio vuole una cosa, si serve di un mezzo qualunque, anche il più debole, il più inetto, e gli fa superare ogni ostacolo!».
Lasciò che queste confidenze si divulgassero e fondò il Bollettino Salesiano per far meglio conoscere le Opere che aveva iniziate, procacciare ad esse appoggi materiali e morali, suscitare degli imitatori. «Siamo in tempi — osservava — in cui bisogna operare; il mondo è divenuto materiale, perciò bisogna lavorare e far conoscere il bene che si fa. Ad uno che facesse anche dei miracoli, pregando giorno e notte nella sua cella, il mondo non bada: il mondo ha bisogno di vedere e di toccar con mano».
«La pubblicità, diceva altre volte, è l’unico mezzo di far conoscere le opere buone e di sostenerle. Il mondo vuol vedere il Clero lavorare, istruire ed educare la povera ed abbandonata gioventù, con Ospizi, scuole d’arti e mestieri: e questo è l’unico mezzo per salvare la povera gioventù, istruendola nella Religione».
A livello nazionale nascevano le prime grandi testate giornalistiche: il Corriere della Sera fondato nel 1876 a Milano e a Roma nel 1878 Il Messaggero. Giusto in mezzo, si collocò Don Bosco.
Da circa due anni, la tipografia dell’Oratorio pubblicava un foglio quasi mensile, che aveva lo scopo di far conoscere le edizioni salesiane e altre pubblicazioni utili specialmente alla gioventù e al clero. Portava il titolo di Bibliofilo Cattolico. Quando nell’agosto del 1877, il buon coadiutore Barale gli mise in mano la copia fresca di stampa dell’ultimo numero, Don Bosco lo guardò e, come faceva spesso, capì immediatamente il potenziale futuro che racchiudeva e lo rivoluzionò. Il numero seguente aveva otto grandi facciate a due colonne che contenevano comunicazioni e notizie prevalentemente salesiane; un’appendice portava elenchi di libri; perciò, il titolo era doppio: Bibliofilo Cattolico o Bollettino Salesiano mensuale. Era nato Il Bollettino Salesiano.
La finestra di Don Bosco
Una sera del 1851, da una finestra del primo piano, Don Bosco gettò tra i ragazzi una manciata di caramelle. Si accese una grande allegria, e un ragazzo vedendolo sorridere alla finestra gli gridò:
«O Don Bosco, se potesse vedere tutte le parti del mondo, e in ciascuna di esse tanti oratori!».
Don Bosco fissò nell’aria il suo sguardo sereno e rispose: «Chissà che non debba venire il giorno in cui i figli dell’oratorio non siano sparsi davvero per tutto il mondo».
Il Bollettino doveva essere una finestra aperta sulla rete salesiana che doveva estendersi in tutto il mondo. Nel Capitolo Generale del 2 luglio 1886, Don Bosco dichiarò:
«II Bollettino non è solo il mezzo principale, ma necessario per la Congregazione[…] Se si promuoverà con ordine e regolarità il Bollettino e la Società dei Cooperatori, la nostra Congregazione non mancherà mai di mezzi materiali» (MB 18,146).
Tutti i Rettori Maggiori lo hanno ribadito:
«È bene che, entrando in quelle prospettive moderne che Don Bosco aveva di fatto anticipato, giungiamo a scorgere nel BS quello speciale tipo di pubblicazione che le vaste organizzazioni mettono in circolo per creare nell’opinione pubblica un’immagine positiva di sé. Se ne raccoglieranno i frutti» (Don Ricceri, ACS, n.287,1977).
La responsabilità del BS di essere il «biglietto di visita» della congregazione, investe sia gli aspetti contenutistici che quelli stilistici e grafici. Si tratta di presentare una congregazione dinamicamente viva, anche attraverso un’operazione di marketing.
Offrire l’immagine di un movimento salesiano, educativo e religioso, con una particolare metodologia.
«Si darà spazio all’attività salesiana nel mondo, soprattutto alle opere che presentano un servizio ai giovani in strutture di avanguardia e in attività di ricupero. Essendo inoltre congregazione missionaria, occorrerà che i missionari stessi si trasformino in «corrispondenti»: ciò che non viene fatto conoscere «non esiste» (Don Viganò, ACG 336, 1991, citato al n. 2.)
Il Bollettino Salesiano italiano mantiene anche oggi alcune caratteristiche specifiche. Nel complesso della comunicazione salesiana nazionale non si preoccupa dell’informazione, che è ampiamente soddisfatta dai media digitali.
Il BS si colloca in una nicchia di collegamento “affettivo” con tutti i membri della Famiglia Salesiana e gli amici di Don Bosco e delle sue opere.
Rimane per ora soprattutto un prodotto cartaceo diffuso per abbonamento postale, che purtroppo costoso e con molte criticità.
I parametri redazionali sono:
- La passione per la missione della Congregazione, la stima e l’ammirazione per quanto i salesiani realizzano in Italia e nel mondo, cercando di far sentire che si tratta di un’opera voluta dalla Provvidenza.
- La globalizzazione del carisma salesiano e delle opere. Una rete umana generosa e solidale che non conosce l’esistenza di confini.
- L’innovazione tenendo sempre presente una visione ottimistica del futuro: le opere salesiane si collocano all’avanguardia dell’esperienza pedagogica e formativa.
- La qualità della presentazione giornalistica e la sua articolazione il più varia possibile.
- Il racconto delle persone, le loro storie e le vicende umane salesiane. Oggi lo story telling è il segreto per ottenere attenzione ed empatia.
- Capire i fatti e gli avvenimenti che riguardano la Congregazione, attraverso narrazioni semplici e chiare.
- Approfondire le idee e le necessità educative della società attuale.
- Ascoltare i lettori attraverso qualche rubrica interattiva.
- Sollecitare la concreta collaborazione, suggerendo le forme per affiancare le opere salesiane soprattutto quelle che si trovano in zone difficili.
- Diffondere i valori che sono alla base della visione salesiana e cristiana della vita.
-Don Bruno Ferrero
A cura di don Francesco Motto
Il BS è diffuso in tutto il mondo in decine di lingue diverse. Certo ha cambiato molte volte il suo volto, ma sempre in sintonia con il BS del fondatore: “l’occhio (educativo) salesiano sul mondo e l’occhio sul mondo salesiano”, come amava ripetere il compianto Rettor Maggiore, Don Juan Edmundo Vecchi.
Don Bosco capì ben presto l’importanza della comunicazione e dei relativi strumenti di comunicazione sociale, anche se all’epoca vi era solo la stampa. Appena lasciati gli studi (1844) egli dava alle stampe i Cenni storici sulla vita del chierico Luigi Comollo. L’anno successivo, mentre era al servizio della marchesa Barolo, pubblicava un fascicolo intitolato Il divoto dell’Angelo Custode e la voluminosa Storia Ecclesiastica. Nel 1846 editava altri tre libriccini devozionali. Nel 1847 fu la volta della Storia sacra per uso delle scuole e de Il Giovane provveduto…, un testo, quest’ultimo, da oltre cento edizioni-ristampe vivente l’autore.
Con la promulgazione della libertà di stampa, nel 1848, Don Bosco preoccupato dei giovani, per loro ideò in tempi rapidi il giornale trisettimanale L’Amico della Gioventù. Dovette presto chiudere l’esperienza, ma non si scoraggiò.
Nel 1851 pubblicò un opuscolo, La chiesa cattolica-apostolica-romana e vista l’accoglienza tanto favorevole, diede il via alla sua iniziativa editoriale più riuscita: le Letture Cattoliche, che alla sua morte avrebbe raggiunto dieci milioni di copie (in un’Italia di 30 milioni di semianalfabeti!). Alla dozzina di fascicoli con il suo nome, nel 1855 aggiunse la fortunatissima Storia d’Italia raccontata alla gioventù, con venti edizioni lui vivente. Nel quinquennio 1856-1860 fu la volta di una ventina di altri titoli. A sé stante invece nel 1856 mise in commercio La chiave del Paradiso in mano al cattolico (un autentico bestseller, da 800mila copie con 44 edizioni lui vivente).
Nel dicembre 1861 Don Bosco ottenne l’autorizzazione ad aprire una propria Tipografia. Essa s’impegnò subito in ambito scolastico visti i nuovi programmi nati dopo l’unità d’Italia: pubblicò quattro collane di autori scelti latini, greci, cristiani, oltre a quella della Biblioteca della Gioventù Italiana. Quattro pure i vocabolari di italiano, latino e greco oltre a grammatiche, testi scolastici, sussidi. Nel 1876 Don Bosco fondò una “succursale” a Genova-Sampierdarena e nell’agosto del 1877, finalmente, avviò il Bollettino Salesiano o Bibliofilo Cattolico (o BS mensuale) per i 4 primi mesi.
L’idea di procedere nel 1877 alla pubblicazione di un bollettino di informazione per tutte le persone che a vario titolo erano interessate all’Opera Salesiana potrebbe essere stata suggerita a Don Bosco dalla presenza sul mercato di pubblicazioni simili da parte di altri Ordini religiosi. Se queste pubblicazioni erano inviate ai Terziari, membri ed amici delle singole Famiglie religiose, Don Bosco poteva ben fare altrettanto con i suoi Cooperatori che proprio in quegli anni si stavano formalmente radicando come Associazione.
Questa nel suo Regolamento prescriveva: “Ogni mese con un bollettino [o] foglietto a stampa si darà ai soci un ragguaglio delle cose proposte, fatte o che si propongono a farsi”. Testo modificato poi: “Ogni tre mesi ed anche più sovente con un bollettino o foglietto a stampa (…)”. In realtà fu subito mensile.
A febbraio 1877 Don Bosco comunicò ai suoi collaboratori la decisione di stampare un Bollettino periodico “come il giornale della Congregazione, perché sono molte le cose che si dovranno comunicare ai detti Cooperatori”. In estate discusse con don Barberis i problemi concreti del progetto e all’obiezione sul passivo che sarebbe derivato dall’invio gratuito, fece notare che i lettori, saputo della gratuità, avrebbero dato di più dell’eventuale cifra richiesta, senza contare successive offerte.
Nei mesi di settembre-dicembre 1877 il BS si avviò con la denominazione Bibliofilo cattolico o Bollettino Salesiano mensuale. Il Bibliofilo cattolico era un catalogo che aveva lo scopo di far conoscere le edizioni salesiane e altre pubblicazioni utili alla gioventù e al clero. Nell’agosto del 1877 subì dunque una radicale trasformazione. Recava l’indicazione tipografica di Sampierdarena per evitare il rischio che la curia torinese gli negasse l’imprimatur. Era di 12 pagine ed aveva le seguenti rubriche: Ai Cooperatori Salesiani, Dei Cooperatori, Lettere dei Missionari salesiani nell’America Meridionale, Cose diverse, Prime prove di alcuni Cooperatori, Indulgenze speciali pel mese di agosto; seguivano e concludevano tre fitte pagine di catalogo librario.
Due le edizioni di settembre. La prima con l’indirizzo di Torino, la seconda con l’indirizzo di Genova. In novembre don Bonetti assunse l’incarico di redattore-direttore. Dal gennaio 1878 venne usata esclusivamente l’intestazione BS. Le pagine variarono da 8 a 20 fino al 1881. Dal 1882 si iniziò la numerazione continua fino a 204 pagine nel biennio 1882-1883 e a 158 pagine nel 1888.
Nel primo numero del settembre 1877 Don Bosco indicava ai Cooperatori Salesiani che il BS avrebbe loro dato “ragguaglio delle cose fatte o da farsi onde ottenere il fine che ci siamo proposto” vale a dire “La gloria di Dio, il bene della Civile Società”. Concretamente intese che il periodico fosse il mezzo normale di mantenere l’identità di pensiero e di azione fra i Cooperatori ed i Salesiani, di promuovere la buona stampa, di opporsi al proselitismo protestante, alla corruzione dei costumi e alla stampa irreligiosa e immorale, a danno soprattutto dei giovani, e soprattutto di fare del bene ai lettori e loro famiglie.
A cura di don Tarcizio Paulo Odelli
E così Don Bosco, sfruttando le sue doti di grande comunicatore, si lanciò nel campo dell’editoria, diventando un editore notevole e di successo. Aveva una personalità accattivante, le sue opere erano di grande attualità e aveva una vasta rete di relazioni coltivata attraverso lettere, pubblicazioni, viaggi, utilizzando sempre molto bene la sua “immagine” di educatore, di lavoratore sociale, di operatore di miracoli e di “santo”.
Già agli inizi dell’Oratorio festivo, Don Bosco si rese conto che il suo lavoro con i giovani sarebbe stato efficace se avesse avuto a disposizione libri adatti alla gioventù povera e abbandonata. Per questo motivo iniziò a scrivere piccole opere per il popolo in generale e per i giovani. Nel 1848 lanciò un piccolo giornale per i giovani, “L’Amico della Gioventù”, con lo scopo di promuovere “interessi religiosi, morali e politici”. Il periodico, che usciva ogni tre settimane, durò poco. Poi arrivarono le “Letture Cattoliche”, pubblicate non solo a Torino, ma in tutta Italia. Non contento di queste singole pubblicazioni, nel 1861 ottenne il permesso di avere una propria tipografia.
Il Bollettino Salesiano, nato nell’agosto del 1877, è, potremmo dire, il coronamento di tutta questa impresa editoriale. Don Bosco vide, rispecchiando analoghe pubblicazioni dell’epoca, che c’era bisogno di creare un bollettino che generasse collegamenti e informazioni per le persone della società di allora interessate all’opera salesiana. I Salesiani Cooperatori sarebbero stati i destinatari di questo bollettino. Nel 1877 scrisse loro:
“è prescritto un Bollettino mensile che a suo tempo sarebbesi pubblicato per darvi ragguaglio delle cose fatte o da farsi onde ottenere il fine che ci siamo proposto”.
Con il passare del tempo, Don Bosco si rese conto che il Bollettino Salesiano sarebbe stato il mezzo per ascoltare la voce salesiana al di fuori della sua Opera, trasformando questo veicolo di comunicazione in un messaggero della missione salesiana oltre le mura dell’Oratorio di Valdocco. Così il Bollettino Salesiano si trasformò in uno strumento per conoscere la vita della Congregazione, l’azione dei suoi membri e dei suoi destinatari e anche per conoscere, dal punto di vista storico-geografico-culturale-ecclesiale, i territori e il mondo degli indigeni dell’America Latina.
Nella sua lettera sulla diffusione dei buoni libri, Don Bosco si riferisce così alla missione del Bollettino Salesiano:
“Infine, attraverso il Bollettino Salesiano volevo, tra l’altro, mantenere vivo lo spirito e gli insegnamenti di San Francesco di Sales nei giovani che si erano diplomati dalle nostre scuole ed erano tornati alle loro famiglie. La mia speranza era che fossero a loro volta apostoli di altri giovani. Non dico di aver raggiunto l’obiettivo che mi ero prefissato. Voglio solo insistere sul fatto che ora dipende da voi continuare il progetto e coordinare tutti gli sforzi per portarlo a termine in tutte le sue fasi”. E alla fine della lettera mostra il suo malcontento nei confronti di chi non è interessato alla diffusione di buoni libri: “Lasci che le mostri il mio malcontento nel sapere che in alcune delle nostre case i libri da noi editi appositamente per i giovani sono o molto sconosciuti o molto poco apprezzati”.
Oggi il Bollettino Salesiano è un’Opera salesiana attiva nei cinque continenti. Si è così realizzata la profezia di Don Bosco secondo cui il Bollettino Salesiano sarebbe stato “un’arma potente” perché avrebbe raggiunto molte persone (cfr. Circolare 172 sulla diffusione dei buoni libri, Torino 19/03/1885).
È una rivista istituzionale, ha un’identità carismatica e una qualità professionale al passo con i tempi. Oggi il BS non è più solo cartaceo, ma naviga anche nel mondo digitale. Tratta temi attuali, studiati in una prospettiva salesiana. Cerca di integrarsi con i vari Bollettini dei Paesi in cui è presente la Famiglia Salesiana di Don Bosco. Il nostro sforzo sarà quindi quello di portare avanti quest’Opera, nonostante le tante sfide che il mondo di oggi ci offre, consapevoli di quanto il nostro Fondatore si sia impegnato affinché la missione salesiana potesse adattarsi ai tempi, ai contesti e alle diverse culture.