Avvenire – In fuga sul pulmino di don Oleh: “Via dalla guerra donne e bambini”

Dal quotidiano Avvenire.

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Tymofij ha un bella cuffia azzurra, è al caldo avvolto in una tuta e poi in una coperta e soprattutto ha accanto la sua mamma Dascia: lui, quando leggerete questo racconto, avrà compiuto 18 giorni e già fatto molta strada. Tymofij è scappato da Lysycansk nella regione del Luhansk dove si combatte duramente. A portarlo via è stato Oleh Ladnyuk – ucraino, salesiano, cappellano militare -, che dice: «Adesso la prima cosa da fare è mangiare, poi dormire. Domani penseremo al resto». Don Oleh dopo oltre 12 ore di viaggio ha ancora voglia di raccontare anche se si sente che non ce la fa più; è appena tornato alla guida di un piccolo convoglio di due pulmini e un’auto carico di connazionali. Questa è la storia del suo primo viaggio intrapreso senza esitare alla ricerca di gente da portar via da una guerra assurda. Il viaggio è iniziato al mattino dalla casa salesiana di Dnipro, a 200 chilometri dal Donbass, dove la guerra guerreggiata (per ora) non si è ancora fatta sentire pesantemente. Don Oleh ha guidato per oltre duecento chilometri, è arrivato all’appuntamento, si è fermato il tempo strettamente necessario per caricare le persone e i loro pochi bagagli e poi è ripartito.

Nelle ore immediatamente successive all’invasione, Oleh ha già visto per strada le persone attonite, le file di auto in cerca di carburante, quelle ai bancomat per prelevare quanto più contante possibile, ha già saputo dei primi bombardamenti e dei primi morti. Poi è ripartito alla volta di Lysycansk; lo accompagna don Igor Opafsky. È già tutto organizzato e lui al telefono racconta. «Stiamo andando dal parroco don Sergio Palamarchuk. Lui sta raccogliendo dei civili che vogliono andare via e noi li portiamo via. Speriamo di arrivarci, dobbiamo fare molta strada e non sappiamo se i militari ci faranno passare. Andiamo con quello che abbiamo». La strada da Dnipro passa per Kostjantynivka e va verso est. E non è una strada facile in tempo di guerra. «In direzione contraria – dice padre Oleh -, abbiamo incontrato file di auto cariche di persone e di cose: si vedeva che scappavano». E più ci si avvicina al fronte e più la presenza dei militari si fa sentire. «Capisci che non posso dire tanto – precisa -, ma c’erano molte truppe. Quando ci passavamo vicino il pericolo si sentiva nell’aria, allora cercavamo di accelerare». Lysycansk appare come una città svuotata: per i grandi viali non c’è nessuno, le case sembrano già abbandonate. Ma non è così. E lo si comprende dal “carico” umano che don Oleh si porta via. Dodici persone: due ragazze, quattro ragazzi, poi degli adulti, una signora anziana e, appunto, un bambino di poco più di due settimane. Non si tratta di famiglie intere, ma di pezzi di famiglie che si dividono: i padri e le madri mettono in salvo i figli e decidono di rimanere lì, a casa sotto le bombe. Pochi minuti, si diceva. E il viaggio riprende ma al contrario. Ed è già notte fonda quando don Oleh arriva nuovamente a Dnipro. Con i due salesiani questa volta c’è anche don Sergio che probabilmente riprenderà poi la strada per Lysycansk. «Perché – spiega Oleh -, lì c’è ancora molta gente che ha bisogno. Organizzeremo altri viaggi certamente». Intanto si pensa alle prossime ore. «I giovani – viene spiegato – andranno nella nostra casa-famiglia di Leopoli». Questa sera però, c’è solo voglia di tirare un sospiro di sollievo. E ci sono gli occhi sorridenti di Tymofij che sta in braccio alla sua mamma Dascia: lei è pallida come un cencio, sorride appena e non lo lascia un istante.