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Ucraina – Voglia di normalità a Kiev: ripartono i centri estivi per i ragazzi

Appena la guerra ha allentato la morsa, la Casa salesiana di Kiev ha lanciato i campi estivi a partire da agosto, dedicati ai ragazzi incontrati con l’esperienza degli oratori itineranti. Anche se la guerra non è finita, si ha voglia di normalità.

 

Di seguito la notizia pubblicata su Avvenire:

“Estate ragazzi” a Kiev e dintorni, Ucraina. Iscrizioni aperte: si inizia il 1 agosto.

Proprio così, nonostante la guerra e tutte le brutture che ha generato. Voglia di vita e di giochi, di sole, di merende all’aria aperta, di scherzi, di ginocchia sbucciate, di corse a perdifiato. Voglia di normalità. È tutto questo che la Casa Salesiana di Kiev cerca di realizzare, anche se la guerra non è finita. Ed è quanto si coglie nel video che la stessa Casa ha realizzato per lanciare i “campi estivi” dedicati alle ragazze e ai ragazzi incontrati con l’esperienza degli oratori itineranti iniziata appena la guerra ha allentato un po’ la presa sulla capitale e sui villaggi intorno.

“Andiamo – dice il direttore dei Salesiani Maksym Ryabukha che ha organizzato tutto – nei villaggi della parte nord-ovest della regione di Kyiv che per quasi due mesi sono stati occupati dall’esercito russo. Offriamo la nostra presenza ai ragazzi che sono rimasti qui e che sono stati vittime di questa guerra”.

I campi estivi saranno anche organizzati nella zona di Chernobyl e nella regione di Poltava in un villaggio dove sono ospitate delle famiglie di profughi.

“Cerchiamo – dice don Maksym – di far vivere almeno qualche momento sereno a giovani che hanno visto la morte in faccia e che cercano con tutte le loro forze la vita”. Chi vuole aiutare è ovviamente ben accolto.

Avvenire – In fuga sul pulmino di don Oleh: “Via dalla guerra donne e bambini”

Dal quotidiano Avvenire.

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Tymofij ha un bella cuffia azzurra, è al caldo avvolto in una tuta e poi in una coperta e soprattutto ha accanto la sua mamma Dascia: lui, quando leggerete questo racconto, avrà compiuto 18 giorni e già fatto molta strada. Tymofij è scappato da Lysycansk nella regione del Luhansk dove si combatte duramente. A portarlo via è stato Oleh Ladnyuk – ucraino, salesiano, cappellano militare -, che dice: «Adesso la prima cosa da fare è mangiare, poi dormire. Domani penseremo al resto». Don Oleh dopo oltre 12 ore di viaggio ha ancora voglia di raccontare anche se si sente che non ce la fa più; è appena tornato alla guida di un piccolo convoglio di due pulmini e un’auto carico di connazionali. Questa è la storia del suo primo viaggio intrapreso senza esitare alla ricerca di gente da portar via da una guerra assurda. Il viaggio è iniziato al mattino dalla casa salesiana di Dnipro, a 200 chilometri dal Donbass, dove la guerra guerreggiata (per ora) non si è ancora fatta sentire pesantemente. Don Oleh ha guidato per oltre duecento chilometri, è arrivato all’appuntamento, si è fermato il tempo strettamente necessario per caricare le persone e i loro pochi bagagli e poi è ripartito.

Nelle ore immediatamente successive all’invasione, Oleh ha già visto per strada le persone attonite, le file di auto in cerca di carburante, quelle ai bancomat per prelevare quanto più contante possibile, ha già saputo dei primi bombardamenti e dei primi morti. Poi è ripartito alla volta di Lysycansk; lo accompagna don Igor Opafsky. È già tutto organizzato e lui al telefono racconta. «Stiamo andando dal parroco don Sergio Palamarchuk. Lui sta raccogliendo dei civili che vogliono andare via e noi li portiamo via. Speriamo di arrivarci, dobbiamo fare molta strada e non sappiamo se i militari ci faranno passare. Andiamo con quello che abbiamo». La strada da Dnipro passa per Kostjantynivka e va verso est. E non è una strada facile in tempo di guerra. «In direzione contraria – dice padre Oleh -, abbiamo incontrato file di auto cariche di persone e di cose: si vedeva che scappavano». E più ci si avvicina al fronte e più la presenza dei militari si fa sentire. «Capisci che non posso dire tanto – precisa -, ma c’erano molte truppe. Quando ci passavamo vicino il pericolo si sentiva nell’aria, allora cercavamo di accelerare». Lysycansk appare come una città svuotata: per i grandi viali non c’è nessuno, le case sembrano già abbandonate. Ma non è così. E lo si comprende dal “carico” umano che don Oleh si porta via. Dodici persone: due ragazze, quattro ragazzi, poi degli adulti, una signora anziana e, appunto, un bambino di poco più di due settimane. Non si tratta di famiglie intere, ma di pezzi di famiglie che si dividono: i padri e le madri mettono in salvo i figli e decidono di rimanere lì, a casa sotto le bombe. Pochi minuti, si diceva. E il viaggio riprende ma al contrario. Ed è già notte fonda quando don Oleh arriva nuovamente a Dnipro. Con i due salesiani questa volta c’è anche don Sergio che probabilmente riprenderà poi la strada per Lysycansk. «Perché – spiega Oleh -, lì c’è ancora molta gente che ha bisogno. Organizzeremo altri viaggi certamente». Intanto si pensa alle prossime ore. «I giovani – viene spiegato – andranno nella nostra casa-famiglia di Leopoli». Questa sera però, c’è solo voglia di tirare un sospiro di sollievo. E ci sono gli occhi sorridenti di Tymofij che sta in braccio alla sua mamma Dascia: lei è pallida come un cencio, sorride appena e non lo lascia un istante.

 

Ucraina: appello del Papa per la pace, i Salesiani vicini alla popolazione

Dal sito di ANS, si riporta un articolo di Famiglia Cristiana sulla presenza Salesiana in Ucraina. Facciamo nostro l’appello del Papa per un giorno di digiuno e preghiera in occasione della celebrazione delle Ceneri: siamo altrettanto vicini con la comunità salesiana presente in Ucraina, a Kiev, Zhytomyr, Leopoli e Dnipro.

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(ANS – Kiev) – In questi giorni di estenuante attesa e incertezza, la vita in Ucraina scorre abbastanza normalmente: la gente va al lavoro, gli studenti sono a scuola, nelle case salesiane si partecipa alla Messa e si frequenta l’oratorio. La tensione è però innegabile, ed è per questo che la Famiglia Salesiana si fa portatrice di un aiuto morale e materiale ai giovani e a tutta la popolazione.

Il 26 gennaio, giorno in cui il Santo Padre ha chiesto a tutta la Chiesa di pregare per la pace nel Paese ex-sovietico, i giovani della casa salesiana “Maria Ausiliatrice” di Kiev si sono radunati per condividere una fede più forte della paura. “Chi è credente ha un raggio di speranza, non si sente solo. Ma chi non crede, chi non è riuscito a fare un’esperienza di Dio, perché non dimentichiamo che il comunismo in Ucraina ha strappato le fondamenta della fede umana, la vive in maniera molto pesante. Il nostro oratorio sta diventando la casa di tutti” ha testimoniato don Maksym Ryabukha, Direttore della casa di Kiev. Da notare che l’impegno ha anche una dimensione ecumenica, dato che le iniziative vengono svolte in dialogo sia con la Chiesa ortodossa, sia con le comunità cattoliche di rito bizantino.

Dunque, la casa salesiana di Kiev, che ha un centro giovanile e si occupa anche di Pastorale universitaria, si sta rivelando un rifugio per tanti: cattolici, ortodossi, e anche molti non credenti. I giovani si passano parola usando le reti sociali, a volte coinvolgono anche le rispettive famiglie. E il gruppo si allarga, di giorno in giorno, e i ragazzi si ritrovano, a gruppi di 100, ogni sera per pregare un’Ave Maria insieme e ricevere il pensiero della “buonanotte”, sullo stile di Don Bosco. Lo fanno tutti i giorni da oltre 300 giorni, cioè da quando la crisi ucraina è tornata a riacutizzarsi.

Anche a Zhytomyr, città a circa a 110 km a ovest di Kiev, dove i salesiani animano la scuola “Vsesvit” e stanno cercando di sviluppare un moderno oratorio, si prega per la pace e si cerca di stemperare la paura nel dialogo. “Certamente, con gli studenti parliamo della situazione”, osserva Nataliya Nagalevska, 48 anni, insegnante di lingua italiana nella scuola salesiana, “ma soprattutto preghiamo per la pace. Ogni lunedì promuoviamo una preghiera comune con tutta la scuola. I nostri bambini pregano tantissimo e la loro è una preghiera così sincera! Pregavano per la guerra del 2014, hanno pregato per la pandemia di Covid-19. E ora pregano perché questa crisi non porti al conflitto”.

E pure a Leopoli, città molto distante da Kiev, nella parte più occidentale del Paese, a soli 70 km dalla Polonia, i salesiani riportano un clima sospeso e teso: nelle ultime settimane la scuola salesiana ha dovuto interrompere più volte le lezioni per degli allarmi bomba, rivelatasi per fortuna, tutti falsi. “Ma creano scompiglio e stravolgono tutto il sistema educativo, perché i ragazzi devono interrompere lo studio, andare a casa e non possono tornare a scuola fino a quando la polizia non abbia controllato tutto l’edificio” testimonia don Yuri Smakous, 39 anni, sacerdote, Preside del ginnasio e liceo gestito dai Figli di don Bosco, dove studiano circa 400 allievi dai 10 e i 17 anni.

“Per noi un possibile attacco vale come un ritorno al passato e nessuno lo vuole. Non parliamo delle vittime, del sangue, dei morti… Tutto questo è tragico” soggiunge.

A Leopoli la casa salesiana comprende anche una casa-famiglia che accoglie 65 bambini e ragazzi orfani o di famiglie in grave difficoltà, dai 6 ai 18 anni, e gestisce una scuola professionale con vari indirizzi, dall’alberghiero alla falegnameria. La casa è diretta da don Andryi Bodnar, 39 anni, originario proprio di Leopoli, che da parte sua commenta: “Chiaro che qui nella parte occidentale non avvertiamo la stessa tensione che si vive nelle regioni orientali, ma il pensiero dell’invasione ovviamente ci preoccupa”.

Sul fronte orientale, invece, a Dnipro, la terza città più popolosa dell’Ucraina, non lontano dal territorio di Donetsk, risiede il salesiano don Oleh Ladnyuk, che dal 2014, quando scoppiò il conflitto del Donbass, è stato chiamato come cappellano militare delle truppe ucraine al fronte. “Se scoppierà una guerra, Dnipro sarà una delle prime città ad essere attaccata” testimonia.

Normalmente si sposta tra i villaggi della zona per offrire corsi di animazione giovanile salesiana nelle parrocchie greco-cattoliche. “Organizziamo i campi estivi, vorrei anche proporre dei corsi di formazione per i giovani animatori di queste zone”. Eppure, ora, con i parroci dei territori e in collaborazione con la Caritas impegnata sulla linea del fronte, sta pensando a come organizzare l’evacuazione degli abitanti, a partire dai bambini, in caso di guerra.

Quanto all’approccio con cui la cittadinanza vive questi momenti, don Ladnyuk condivide, infine: “Tutti i giornalisti che vengono in Ucraina pensano di trovare il panico tra i cittadini. Ma noi viviamo in stato di conflitto da otto anni. Abbiamo paura, certo, ma ormai per noi è la quotidianità. I giornalisti stranieri non capiscono perché ci vedono così sereni… Siamo stanchi, davvero stanchi, di avere paura”.

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