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Bari, al quartiere Libertà un murales per l’inclusione sociale

Dal sito di BariToday.

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Al quartiere Libertà un murale dedicato all’inclusione sociale: completata l’opera in piazza Redentore Realizzato dalle giovani artiste Ember e Serena Grassi sul muro dell’oratorio dell’omonima chiesa, rappresenta la conclusione del progetto “Freedoors”, patrocinato e co-finanziato dal Comune di Bari. Un murale per raccontare il tema dell’inclusione sociale, nato e ispirato dalle testimonianze dei residenti del quartiere Libertà. E’ stata completata in questi giorni l’opera di street art di circa 15 mq realizzata dalle giovani artiste, Ember e Serena Grassi – formatesi presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce – che hanno utilizzato pittura Sikkens e vernice spray. «Il muro – hanno spiegato le autrici – è stato progettato per il quartiere Libertà di Bari in base alle testimonianze di alcuni abitanti del luogo. Abbiamo analizzato quanto prodotto dall’indagine di Learning Cities. Ciò che è emerso è il legame tra la diversità che popolano il quartiere e che lo caratterizzano. Gli elementi visivi del murale rimandano ai temi di unione, accoglienza e condivisione, come ad esempio il mare che lega tutte le persone che sono arrivate in questa area geografica e quelle che ci sono nate».

Il murale che abbellisce il muro dell’oratorio della Chiesa del Redentore nella nuova piazza pedonale rappresenta l’ultima tappa di un percorso di attività laboratoriali e culturali che ha visto cooperare comunità di migranti, associazioni e parrocchie che operano nel sociale e nel campo delle politiche di integrazione nel Libertà, provando a trasformare l’area muovendo passi verso il dialogo e la condivisione di valori incrementando il senso di appartenenza e alimentando una visione di sviluppo fondata sulle aspirazioni e le necessità di chi vive il territorio. «Questo – ha commentato l’assessore del Comune di Bari alle Politiche giovanili, Pubblica Istruzione, Università, Ricerca e Fondi comunitari, Paola Romano, che ha visitato il murale mentre era in fase di realizzazione – è uno degli 86 progetti finanziati dal bando Urbis – basato sull’idea che l’Amministrazione da sola non può andare incontro ai nuovi bisogni dei nostri quartieri ma necessita di fare un patto con le realtà del terzo settore per far emergere i bisogni e dare risposte nuove proprio nell’ottica dell’innovazione sociale. Il quartiere Libertà è stato quello che meglio ha risposto a questa chiamata con ben 26 progetti, molti dei quali proprio rivolti alla popolazione dei migranti e dei giovani. Questo progetto ha trasformato le idee e i bisogni dei ragazzi e dei migranti del quartiere in un messaggio artistico di inclusione – ecco, appunto, l’immagine delle due persone stilizzate che si abbracciano -.»

L’iniziativa è sviluppata nell’ambito del progetto “Freedoors”, patrocinato e co-finanziato dal Comune di Bari, che ha lo scopo di contribuire al miglioramento del quartiere Libertà mediante azioni culturali, artistiche e di social innovation tramite un partenariato composto da Learning Cities Impresa Sociale, l’associazione Periplo e l’associazione capofila Dioubo, con sede in Bari. Nello specifico, con l’azione “Libertà in arte” Learning Cities ha realizzato un percorso partecipativo coinvolgendo giovani e migranti del quartiere per far emergere tematiche di loro interesse, con il duplice beneficio di stimolare l’inclusione sociale e la riqualificazione dello spazio urbano – mettendo in atto una pratica innovativa sul tema dell’integrazione, adottando sia l’approccio delle “comunità che apprendono” sia i princìpi del “design thinking” -. «L’arte, in questo senso, diventa – ha concluso il presidente di Learning Cities, Antonio Massari, – veicolo di ascolto e rappresentazione tra ragazzi della stessa generazione con background culturali differenti, e anche oggetto di identità e visibilità di un quartiere che non vuole essere ghettizzato e citato solo negli articoli di cronaca, ma che cerca riscatto con un simbolo di apertura e richiamo. Certo, l’emergenza Covid ha reso tutto più lungo e complesso, ma la disponibilità a mettersi in gioco su questi temi, del quartiere e dei migranti ivi residenti, si è ben percepita». Diverse organizzazioni sono state coinvolte, tra le quali: la scuola di italiano per stranieri Penny Wirton, che ha supportato la realizzazione dei laboratori, anche mettendo a disposizione le proprie sedi; la Parrocchia Salesiana del SS. Redentore, che ha prima coinvolto alcuni ragazzi (del centro di formazione e aggiornamento professionale CNOS Fap Regione Puglia sede di Bari) nei laboratori e ha poi offerto il muro del proprio oratorio per la realizzazione del murale; il Distretto Produttivo dell’Industria Culturale Dialogo che ha creato una connessione con le artiste formatesi presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce; e AkzoNobel Coatings SpA (con sede a Castelletto Sopra Ticino in provincia di Novara), a cui va un particolare ringraziamento per aver fornito le pitture Sikkens, usate dalle artiste per la realizzazione del murale.

Bari Redentore, “Cucinare…in Libertà” è il corso gratuito per i ragazzi del quartiere con la Divella

Da Repubblica, edizione Bari.

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Si chiama “Cucinare… in Libertà” ed è il progetto curato da Divella spa e dall’Oratorio dei Salesiani di Bari. Si tratta di un corso di cucina gratuito riservato ai ragazzi delle scuole medie del quartiere Libertà, nato da una sinergia avviata lo scorso anno tra la Divella S.p.A e l’Oratorio dei salesiani di Bari, da sempre in prima linea nella lotta alla dispersione giovanile e nel contrasto dei fenomeni illegali che rischiano di coinvolgere i ragazzi del quartiere. A salire
in cattedra durante le lezioni, totalmente gratuite per i ragazzi, il corporate chef della F. Divella s.p.a Donato Carra. Il progetto che sarà presentato oggi a Palazzo di Città ha l’obiettivo di trasmettere ai ragazzi un’educazione e una cultura enogastronomica basate sui valori di sostenibilità, sovranità alimentare e benessere legato agli stili di consumo. Le lezioni impartite gratuitamente consentiranno loro di diventare professionisti consapevoli e responsabili.

“Io, prete antimafia in prima linea, lascio Bari e i bambini del Libertà: voi continuate la lotta ai clan che tarpano le ali”

Da La Repubblica, edizione di Bari, intervista di Isabella Maselli a don Francesco Preite che lascerà il Redentore di Bari per andare a Roma come presidente di Salesiani per il Sociale APS.

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«Io credo che sia maturata l’attenzione alla legalità e alla giustizia. Prima si tollerava e si era indifferenti ai fenomeni criminali, adesso li si riconosce. Ma a vanno incoraggiati i percorsi virtuosi legati all’antimafia sociale. Il cancro di un quartiere popolare come il nostro è la presenza della mafia che tarpa le ali allo sviluppo”. Don Francesco Preite ha diretto per 11 anni l’oratorio dell’istituto salesiano del Redentore, nel cuore del Libertà. È arrivato il 31 agosto 2010, alla prima esperienza dopo essere stato ordinato sacerdote, e cinque anni dopo ha assunto la direzione dell’intera casa salesiana, che comprende oratorio, parrocchia, centro di formazione professionale, centro diurno e comunità educativa per minori, convitto, laboratorio culturale e biblioteca. Lascerà l’11 settembre per trasferirsi a Roma, dove ricoprirà il ruolo di presidente dei Salesiani per il Sociale coordinando le realtà nazionali del disagio giovanile.

Cosa porterà con sé dopo questi 11 anni a Bari?
«Sono molto grato alla gente del Libertà perché mi ha reso più forte, più attento al disagio giovanile e mi ha dato gli strumenti per poter intervenire. L’oratorio è stato la culla dei sogni, il laboratorio più bello per progettare e sognare un quartiere più attento ai più piccoli e alle famiglie nella prospettiva educativa».

Che quartiere è il Libertà dall’osservatorio del Redentore?
«Tre indici lo caratterizzano: è il più multietnico e multiculturale, il più giovane e, purtroppo, anche quello con la percentuale più alta di minori sottoposti a procedimenti penali in tutta la Puglia. In dieci anni questi primati hanno caratterizzato l’attenzione e anche l’azione educativa del Redentore, che ha vissuto un passaggio importante da un modello chiuso a un modello più aperto al territorio. Il segno plastico di questo cambiamento è aver tolto la cancellata di fronte alla chiesa: adesso l’opera è inserita nella piazza, osservatorio privilegiato per capire i cambiamenti del quartiere».

Cosa è cambiato?
«Rispetto ad alcuni anni fa c’è un senso di accoglienza nuovo, la gente del quartiere vede con meno diffidenza e aggressività gli immigrati. Su questo credo abbiamo influito la pandemia, che ci ha resi tutti più poveri costringendoci a guardarci intorno per dare una mano anche all’altro. Non mancano episodi di razzismo e di violenza, ma c’è un germe nuovo che sta crescendo».

E la presenza mafiosa?
«Il tema della criminalità organizzata ha accompagnato questo decennio, il Libertà è un territorio molto bello ma segnato dalla mafia. La svolta è stata nel 2014 l’omicidio di Florian Mesuti, un segno forte per la comunità, perché non si poteva rimanere più indifferenti di fronte a un omicidio mafioso. Quella storia ha fatto prendere coscienza sulla gravità della penetrazione mafiosa nel territorio ed è stato un campanello di allarme : ci ha detto che la mafia si nutre del degrado, della mancanza di istruzione e di lavoro».

Cosa è successo dopo?
«Su questi temi si sono sviluppati i nostri progetti più importanti, che però vanno rafforzati: qui, per esempio, c’è una dispersione scolastica molto alta e in quartieri come questi forse va pensata una scuola diffusa. Così come serve più attenzione al mondo del lavoro. Ma il Redentore da solo non può fare molto: serve rafforzare la rete di associazioni, istituzioni e realtà cooperative. Educazione per noi è essenzialmente prevenzione».

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Bari Redentore, passa dal lavoro la rivincita dei ragazzi del Libertà

Eppure su queste strade un tempo i ragazzi morivano come mosche. Uccisi dalla droga o magari da proiettili esplosi da altri ragazzi, in egual misura condannati. Nel quartiere Libertà l’eco di quella «guerra» puoi ancora sentirla lì dove la memoria viene tenuta viva da chi nell’odio e nella violenza coltiva i propri affari illeciti. Ma la «resurrezione» è stata inesorabile e quotidiana, anche grazie a una coraggiosa operazione urbanistica che nella pedonalizzazione di alcune isole ha colto la scintilla della rinascita sociale. Il simbolo non a caso è il Redentore, la potente quinta urbana che chiude via Crisanzio, e tutto ciò che intorno all’istituto salesiano, fuori e dentro, Bari ha saputo imbastire. Oggi nel mosaico della speranza viene aggiunta un’altra tessera: la firma di un’intesa che porta nuova luce nella vita dei ragazzi del quartiere.
Il progetto prevede la realizzazione di corsi di formazione professionale in ambito ristorativo, mestieri come il pizzaiolo o il panettiere verranno insegnati ai giovani protagonisti del territorio anche con l’obiettivo di realizzare una impresa formativa, ragazzi che si metteranno a produrre taralli o pane o dolci da mettere poi in commercio. Un progetto ambizioso che ha già ottenuto il via libera del settore formazione professionale della Regione. Il cuore della
devianza minorile e dell’inesorabile reclutamento da parte delle famiglie di mafia, d’altronde, è sempre stato la mancanza di lavoro, di una occasione di vita alternativa e legale. Senza soldi, i figli delle famiglie più povere, sono stati (e sono ancora) il vivaio nel quale i clan hanno pescato per arruolare sentinelle, spacciatori, ragazzi/fondina. Oggi sappiamo che molti minorenni del quartiere continuano a “lavorare” per le organizzazioni criminali, 200 euro a
settimana per portare la droga in giro a bordo dei monopattini elettrici. E’ a questa generazione che il progetto del Redentore è rivolto sotto la sapiente regia di don Francesco Preite, direttore dell’istituto salesiano, un prete di frontiera, di trincea, si direbbe, sebbene sia un sacerdote ben lontano dalla retorica. Scendere da quei monopattini, entrare in una cucina e scoprire un’altra vita possibile: questa è la sfida. Il progetto per formare gli artigiani del cibo
prende forma grazie al sostegno degli imprenditori Sebastiano e Vito Ladisa e dei soci della Giusta Causa. Si cercano altri sostenitori e altre alleanze possibili intorno a un’iniziativa che mira a creare tutte le condizioni per un regolare inserimento nel mondo occupazionale. Accanto alla formazione, inoltre, una volta al mese, i ragazzi cucineranno per le famiglie in difficoltà, un’altra forma di aiuto, un aiuto che non è solo materiale (sfamare chi ha bisogno) ma anche culturale: dare il senso di comunità, di appartenenza e spezzare la condizione di solitudine che ha indotto tanti giovani a perdersi.

Bari, un laboratorio di pasticceria per i ragazzi a rischio per festeggiare Don Bosco

Sul sito del quotidiano La Repubblica di Bari, si racconta dell’iniziativa che coinvolge la casa Salesiana Redentore di Bari in collaborazione con la Divella per un laboratorio di pasticceria.

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Un laboratorio di pasticceria per 40 minorenni del quartiere Libertà di Bari che frequentano l’oratorio del Redentore di Bari. E’ l’iniziativa della società Divella “Regala un sorriso”, in occasione dei festeggiamenti dell’oratorio dedicati a san Giovanni Bosco. Il 29 gennaio, a partire dalle 17 sotto il porticato dell’oratorio, il corporate chef Divella Donato Carra organizzerà un laboratorio “per coinvolgere i giovani, la maggior parte minori che vivono problematiche di socializzazione e spesso esposti al rischio di emarginazione e devianza”, è detto in una nota della Divella.

Il progetto nasce in collaborazione con l’oratorio del Redentore che offre percorsi di studio, laboratorio e preghiera in un contesto di prevenzione educativa rivolto ai minorenni, soprattutto quelli più fragili. “E’ questa la strada che dobbiamo seguire per educare i nostri giovani e aiutarli a crescere nel rispetto delle regole e dell’educazione – commenta don Francesco Preite, direttore dell’Istituto Salesiano Redentore – . Una missione a volte difficile da compiere ma che porta risultati straordinari”.

“Da circa un anno – spiega Domenico Divella – abbiamo deciso di supportare iniziative sociali di questo genere perché riteniamo siano fondamentali in un delicato momento sociale come quello che stiamo vivendo. Far fronte comune è l’unica strada percorribile per superare insieme le difficoltà che stiamo vivendo”.

La Repubblica