Stiamo entrando nel vivo del discernimento ecclesiale sulla sinodalità
La messa a punto è durata abbastanza, adesso finalmente si parte in maniera decisa. Dopo aver preso una certa rincorsa, allungatasi con la pandemia, finalmente in questo anno educativo pastorale stanno arrivando nella loro fase centrale i due grandi cammini sinodali in atto: quello universale e quello italiano.
Mi pare importante dire fin dall’inizio che i percorsi lenti, ragionati e profondi sono quelli che alla lunga portano al cambiamento vero e duraturo. Quando vogliamo davvero affrontare temi di lungo respiro – come quello relativo alla corretta forma della Chiesa nel terzo millennio – non bisogna avere troppa premura: sappiamo che la fretta può essere una cattiva consigliera.
Avevamo profetizzato che il decennio 2020-2030 sarebbe stato caratterizzato dalla “sinodalità missionaria”. Lo avevamo fatto con un Dossier programmatico, di quelli che vanno sempre tenuti a prima vista tra i numeri di NPG: i lettori attenti non avranno dimenticato che nel primo numero del 2020 avevamo approfondito proprio questo tema, riconoscendo in esso qualcosa di assolutamente generativo: Una chiesa sinodale per la missione. Cammini di conversione spirituali, formativi e pastorali ne era il titolo[1]. Converrebbe riprenderlo in mano per la sua freschezza e attualità, perché ciò che lì si immaginava oggi sta prendendo corpo. Nelle prime righe si diceva:
Questo è il primo numero NPG del 2020. Siamo all’inizio del III decennio del III Millennio. Nessuno potrà dire con precisione che cosa accadrà, sia a livello sociale sia a livello ecclesiale, nei prossimi dieci anni. Vi siete resi conto che in questo numero non c’è l’editoriale. Perché questo Dossier è un vero e proprio “lungo editoriale” che apre il decennio 2020-2030. È quindi qualcosa di programmatico, che vuole aprire i prossimi dieci anni attraverso un rinnovato impulso che si raccoglie intorno all’idea di “sinodalità missionaria”. In questo modo non facciamo altro che fare nostro l’esito del Sinodo con e per i giovani e rilanciarlo con coraggio, convinti che si tratta davvero di una chiave interpretativa preziosa e irrinunciabile per gli anni che ci aspettano[2].
Ora possiamo dire che i nodi stanno pian piano venendo al pettine, sia a livello universale che a livello italiano. Ma procediamo con ordine, visto che si tratterà di mantenere i nervi saldi e di avanzare con piena consapevolezza, evitando di lasciarci trascinare dall’emotività degli eventi.
Il percorso universale: le novità e i temi della prima sessione
I riflettori ecclesiali nel prossimo ottobre saranno tutti puntati sulla prima delle due sessioni della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema: Per una Chiesa sinodale. Comunione, partecipazione e missione. Il tutto, lo sappiamo, ha preso avvio nell’ottobre del 2021 e si concluderà con la seconda sessione prevista per l’ottobre 2024.
Varie sono le novità che sono state annunciate: la partecipazione di un buon gruppo di laiche, laici, consacrate e consacrati a cui è stato concesso dal Santo Padre il diritto di voto; lo svolgimento nell’ampia Aula Paolo VI che renderà possibile il dialogo e il confronto a gruppi – che nel Sinodo prendono il nome di “circoli minori” – come mai è avvenuto nelle precedenti convocazioni sinodali; la conferma del metodo della “conversazione spirituale” come modo di procedere. Soprattutto è stato presentato uno “Strumento di lavoro” assai diverso dai precedenti, in quanto è stato impostato per rendere possibile un autentico discernimento operativo sui temi emersi nella fase di ascolto. L’obiettivo sembra essere chiaro: «Sarà di rilanciare il processo e di incarnarlo nella vita ordinaria della Chiesa, identificando su quali linee lo Spirito ci invita a camminare con maggiore decisione come Popolo di Dio»[3].
La parte più ampia dell’Instrumentum laboris è composta dalle schede di lavoro per l’assemblea sinodale, divise nelle tre “questioni prioritarie” che sono emerse dall’ascolto su scala universale. Trattate nei nn. 43-60, sono queste.
La prima riguarda la “comunione” ed è così formulata: Una comunione che si irradia. Come essere più pienamente segno e strumento di unione con Dio e di unità del genere umano? Viene così riconosciuta che «la vita sinodale non è una strategia di organizzazione della Chiesa, ma l’esperienza di poter trovare una unità che abbraccia la diversità senza cancellarla, perché fondata sull’unione con Dio nella confessione della stessa fede»[4].
La seconda approfondisce la “missione”, ed è così espressa: Corresponsabili nella missione. Come condividere doni e compiti a servizio del Vangelo? Attraverso il tema in oggetto viene chiarito che «la missione non è marketing di un prodotto religioso, ma costruzione di una comunità in cui i rapporti siano trasparenza dell’amore di Dio e quindi la vita stessa diventi annuncio»[5].
La terza rilancia la “partecipazione”: Partecipazione, compiti di responsabilità e autorità. Quali processi, strutture e istituzioni in una Chiesa sinodale missionaria? Qui emerge la convinzione che «istituzioni e strutture non bastano a rendere sinodale la Chiesa: sono necessarie una cultura e una spiritualità sinodali, animate da un desiderio di conversione e sostenute da un’adeguata formazione»[6].
Il cammino italiano: un anno dedicato alla fase sapienziale
Atterriamo adesso a casa nostra, sapendo che anche quest’altro cammino sinodale sta entrando nel vivo del confronto. Abbiamo raccolto il materiale di due anni di ascolto, dedicato alla “fase narrativa” del processo. Ora si tratta di fare un passo in avanti, entrando nella “fase sapienziale”. È il momento qualitativo del percorso, quello del discernimento vero e proprio, ovvero della distinzione di ciò che abbiamo raccolto per purificarlo ed elevarlo. Devono emergere dei criteri capaci di guidare il cambiamento auspicato, che poi dovrà concretizzarsi nella terza fase – quella profetica, ovvero dedicata alle scelte – che si realizzerà nell’anno 2024-25.
Anche qui, nella fase di ascolto, sono emerse alcune costanti, che possiamo definire anche “costellazioni”.
La prima riguarda la missione secondo lo stile della prossimità. Al centro ci sta la capacità di partecipare e di creare relazione, imparando l’arte di accogliere, dialogare e includere, generando una “pastorale ospitale”. L’attenzione alla persona e alle nuove connessioni culturali sembra essere sempre più decisiva.
La seconda si concentra sui linguaggi, la cultura e la proposta cristiana. Di fronte all’irrilevanza della nostra presenza ci si domanda come risvegliare quella capacità di mediazione culturale che da sempre ha caratterizzato la vita della Chiesa in tutte le epoche. La riflessione teologica, insieme alla mediazione liturgica, sembrano avere un ruolo da riscoprire per rientrare in dialogo con il mondo contemporaneo e per un rinnovato annuncio della fede.
La terza costellazione è orientata verso la formazione alla fede e alla vita. Sembra essere oramai assodata la necessità di una diversa impostazione della formazione in tutti gli ambiti, che deve essere improntata alla sinodalità e quindi alla corresponsabilità, facendo anche perno su esperienze formative condivise tra laici, presbiteri e religiosi. Una formazione con almeno tre fuochi: che si radichi nella Parola di Dio, che prepari per esercitare l’arte dell’accompagnamento spirituale e formi alla vita cristiana attraverso esperienze significative nei contesti ordinari della vita.
La quarta attenzione è riservata al grande tema della corresponsabilità. Qui ci sono molte questioni annesse e connesse, di cui ecco le principali emerse: la riscoperta della dignità battesimale, la dignità e il ruolo delle donne, le nuove ministerialità che la vita della Chiesa sta suggerendo, la guida della comunità in assenza di un presbitero residente, la figura stessa del prete che a parere di molti va radicalmente ripensata, la rivitalizzazione degli organismi ordinari di partecipazione e infine il dialogo sul ministero dell’autorità.
Infine, la quinta costellazione riguarda le strutture. Il livello burocratico e gestionale è sempre più opprimente e troppe volte toglie respiro ed entusiasmo all’annuncio del vangelo. Siamo consapevoli che si sprecano tante energie, talenti e danaro per mantenere strutture che hanno fatto il loro bene, ma anche il loro tempo. Si sente la necessità che le strutture siano più snelle, più a misura d’uomo, più pensate in ordine alla cura delle relazioni. Tutte le istanze strutturali – siano esse materiali, amministrative, pastorali e spirituali – andranno sottoposte a verifica in ordine alla missione propria della Chiesa.
Verso una rinnovata opzione preferenziale per i giovani
Dopo aver dato uno sguardo alle tematiche generali che stanno emergendo nei due percorsi, proviamo ora a stringere il campo sul nostro proprio, quello dei giovani e della pastorale giovanile. Nell’Instrumentum laboris viene ribadita la continuità con i cammini compiuti dai recenti Sinodi, riconoscendo che
i riferimenti all’urgenza di dedicare adeguata attenzione alle famiglie e ai giovani non puntano a stimolare una nuova trattazione della pastorale familiare o giovanile. Il loro scopo è aiutare a mettere a fuoco come l’attuazione delle conclusioni delle Assemblee sinodali del 2015 e del 2018 e delle indicazioni delle successive Esortazioni Apostoliche Post-Sinodali, Amoris laetitia e Christus vivit, rappresenti un’opportunità di camminare insieme come Chiesa capace di accogliere e accompagnare, accettando i necessari cambiamenti di regole, strutture e procedure[7].
Quindi prima di tutto, per la pastorale giovanile si tratterà ancora una volta di non lasciar cadere ciò che è stato generato nel percorso sinodale vissuto insieme con i giovani e che per alcuni aspetti attende ancora di essere recepito con forza e concretizzato con coraggio.
Interessante poi una doppia attenzione che emerge dalla sezione operativa dell’Instrumentum laboris, quella offerta nella Schede di lavoro per l’assemblea sinodale, che sono state predisposte «per facilitare il discernimento sulle tre priorità che con maggiore forza emergono dal lavoro di tutti i continenti, in vista dell’identificazione dei passi concreti a cui ci sentiamo chiamati dallo Spirito Santo per crescere come Chiesa sinodale»[8].
La prima considerazione fa riferimento al mondo digitale e al fatto che per le giovani generazioni questa sembra essere una modalità oramai ordinaria per affacciarsi al vangelo. Non sempre la comunità ecclesiale ne è consapevole. La questione è quindi quella del linguaggio, dei metodi e soprattutto degli ambienti. Va riconosciuto che nell’ambiente onlife «la costruzione di reti di relazioni rende possibile alle persone che lo frequentano, in particolare i giovani, di sperimentare nuove forme per camminare insieme»[9].
La seconda mi pare più di visione e di prospettiva, e viene così espressa:
Le sintesi delle Conferenze Episcopali e le Assemblee continentali chiedono con forza una “opzione preferenziale” per i giovani e per le famiglie, che li riconosca come soggetti e non oggetti della pastorale. Come potrebbe prendere forma questo rinnovamento sinodale missionario della Chiesa, anche attraverso l’attuazione delle conclusioni dei Sinodi del 2014-2015 e del 2018?[10]
L’espressione “opzione fondamentale per i giovani”, che viene ripresa anche in un altro punto[11], riprende vigore perché è rimessa al centro dalla restituzione della fase di ascolto. Dice – cosa per noi decisiva – che tutta la comunità cristiana è chiamata ad avere un’attenzione specifica alle giovani generazioni. Dice quindi che la pastorale giovanile non è affare di esperti e di una “pastorale del bonsai” portata avanti da alcuni attori privilegiati, ma è affare che chiama in causa tutta la Chiesa nel suo insieme. Dice ancora che noi – dedicati in maniera privilegiata a questa missione giovanile – non possiamo isolarci, ma abbiamo il compito creare un più ampio coinvolgimento possibile nella Chiesa in vista del bene dei giovani che ci sono affidati.
Ripartiamo ancora una volta da Emmaus
Solo da questa carrellata che annuncia le tematiche e i metodi di lavoro, possiamo dire che di carne al fuoco ne abbiamo parecchia per quest’anno educativo e pastorale che incomincia. Noi siamo parte della Chiesa e quindi cerchiamo le giuste modalità per abitare quella sinodalità che si annuncia come profezia di fraternità capace di ridare slancio e passione alla nostra missione.
Colpisce e stupisce che ancora una volta, come è stato suggerito da tutto il percorso che abbiamo vissuto con i giovani durante il Sinodo a loro dedicato, che la narrazione dei discepoli di Emmaus continua a rimanere ispirativa di tutto il processo in atto. Da una parte, sappiamo che nell’ultima Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana i criteri per il discernimento comunitario operativo
sono stati desunti, in particolare, dall’icona della fase sapienziale, l’incontro di Emmaus (Lc 24,13-35), che intreccia l’esperienza pasquale dei discepoli con la celebrazione eucaristica, in chiave sinodale. In questa luce, ci si è confrontati sull’azione molteplice dello Spirito Santo nei singoli battezzati, nella comunità cristiana, nell’umanità e nell’intero cosmo[12].
Dall’altra il metodo della conversazione spirituale, riconosciuto come pienamente adeguato per il cammino sinodale in atto, viene dalle Sacre Scritture. Ancora una volta si sottolinea l’importanza decisiva dell’episodio in cui Gesù incontra e cammina con i due viandanti smarriti che si allontanano da Gerusalemme:
Nel Nuovo Testamento, numerosi sono gli esempi di questo modo di conversare. Paradigmatico è il racconto dell’incontro del Signore risorto con i due discepoli in cammino verso Emmaus (cfr. Lc 24,13-35, e la spiegazione che ne dà Christus vivit al n. 237). Come mostra bene la loro esperienza, la conversazione nello Spirito costruisce comunione e reca un dinamismo missionario: i due, infatti, fanno ritorno alla comunità che avevano abbandonato[13].
NOTE
[1] Cfr. «Note di pastorale giovanile» 1 (2020) 5-39.
[2] R. Sala, L’idea di “sinodalità missionaria”. La necessaria conversione dal fare per all’essere con, in «Note di pastorale giovanile» 1 (2020) 6-18. 6
[3] XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, Instrumentum laboris per la prima sessione, n. 3.
[4] Ivi, n. 49.
[5] Ivi, 52.
[6] Ivi, 58.
[7] Ivi, n. 15.
[8] Ivi, Schede di lavoro per l’assemblea sinodale, Introduzione.
[9] Ivi, Scheda B.2.1., punto d) e domanda n. 6.
[10] Ivi, Scheda B.2.1, domanda n. 3.
[11] «Nella linea dell’Esortazione Apostolica Post-Sinodale Christus vivit, come possiamo camminare insieme ai giovani? In che modo una “opzione preferenziale per i giovani” può essere al centro delle nostre strategie pastorali in chiave sinodale?» (Ivi, Scheda B.1.2, domanda 4).
[12] 77a Assemblea generale della Conferenza Episcopale Italiana, Comunicato finale del 25 maggio 2023.
[13] XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, Instrumentum laboris per la prima sessione, n. 3.