Articoli

Concerto di Natale 2021, tra musica e solidarietà

Concerto di Natale con i buoni auspici di Papa Francesco, per far conoscere la situazione di estrema povertà di due Paesi e ciò che la Chiesa sta facendo per alleviare la sofferenza della gente. Libano e Haiti saranno sotto i riflettori televisivi, venerdì 24 dicembre, in prima serata su Canale 5 (dalle ore 21:30 circa) grazie alla Congregazione per l’Educazione Cattolica, che ha invitato “Missioni Don Bosco” – la Procura Missionaria salesiana di Torino – e la Fondazione Pontificia “Scholas Occurrentes” a partecipare all’evento. L’appuntamento, che si ripropone per il 29° anno, questa volta dall’Auditorium della Conciliazione di Roma, sarà trasmesso in replica anche nella giornata del 25.

“Missioni Don Bosco” propone il problema del Libano, che sta attraversando la peggiore e più dura depressione dalla fine della guerra civile.

Ad El Houssoun i salesiani gestiscono il centro giovanile “Don Bosco”, uno spazio aperto a ragazzi e giovani di diversa estrazione e provenienza, dove vengono offerte diverse attività socioeducative, ricreative e di supporto a quattro gruppi principali di destinatari.

A Beirut gestiscono dal 2020 la scuola degli “Angeli della Pace”, originariamente di proprietà della Chiesa armena, che garantisce educazione scolastica non formale a bambini rifugiati i quali non avrebbero accesso a opportunità di istruzione in Libano.

Ad Al Fidar è attivo l’Istituto Tecnico “Don Bosco”, che offre istruzione e formazione tecnica e professionale di alta qualità a circa 200 ragazzi libanesi dai 13 ai 20 anni, attraverso diversi percorsi formativi.

Tutte queste attività hanno subito un duro colpo nell’agosto dello scorso anno, a causa della devastante esplosione che ha distrutto buona parte dell’area del porto di Beirut e molti dei beneficiari delle diverse attività portate avanti dai salesiani sono stati in vario modo colpiti dall’esplosione.

Il Concerto di Natale vedrà numerosi cantanti e musicisti italiani e stranieri, con la conduzione di Federica Panicucci e con l’Orchestra italiana del Cinema diretta dal maestro Adriano Pennino. Ospiti speciali saranno i tre giovani vincitori del Christmas Contest, che TV2000 ha trasmesso mercoledì 22: Matteo Faustini (miglior testo), Valentina Tioli (miglior musica) e I Fake (miglior interpretazione). La presenza artistica più appropriata – dato il motivo dell’evento – sarà forse quella dei piccoli componenti del coro “Dolci note” di Roma. Per gli appassionati sarà importante veder le “stelle” italiane che saliranno sul palco: Rita Pavone, Enrico Ruggeri, Francesca Michielin, Andrea Griminelli, Federico Rossi, Bugo, Giò Di Tonno, Arianna. Con loro le “star” internazionali 2Cellos (Croazia), Ian Anderson (UK), Shaggy (Giamaica), Anggun (Francia), Jimmy Sax (Francia) e il Virginia Union Gospel Choir feat. David Bratton (USA).

Tutto servirà a suggerire agli spettatori la solidarietà, con i progetti umanitari proposti chiamando o inviando un sms al 45582.

Per questo il salesiano don Simon Zakerian è venuto da Beirut per presentare la situazione del Paese. Secondo stime dell’Onu oltre il 55% della popolazione libanese è stretta nella morsa della povertà e lotta per lo stretto necessario, e vive una grave crisi finanziaria causata dalla forte inflazione. “Prima della crisi – ha esemplificato don Zakerian – un litro di latte costava 3.000 Lire Libanesi, ora è arrivato a 24.000, 12 euro circa. Mentre gli stipendi sono bloccati ai valori precedenti allo scoppio della crisi, intorno a 35 euro al mese”. Le forniture mediche hanno iniziato a scarseggiare, ma anche l’elettricità: “Viviamo intere giornate al buio e l’inverno sarà difficilissimo perché non ci sono i mezzi per riscaldarsi” ha spiegato.

Il Libano è uno dei crocevia più delicati del Medio Oriente. Da anni sono numerosi i profughi siriani ed iracheni che arrivano in situazioni di povertà estrema. Oltre al lavoro educativo con le fasce più svantaggiate della popolazione libanese, i salesiani hanno accolto numerosi profughi ed avviato un processo di integrazione, partendo dei più piccoli. “Le necessità in questo periodo sono tantissime e abbiamo bisogno del vostro sostegno” ha detto don Zakerian lanciando il suo appello alla solidarietà.

Il Concerto di Natale gode del patrocinio della Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE) e dell’Associazione fonografici Italiani (AFI) e del sostegno di numerose imprese che offrono anche un supporto tecnico alla buona riuscita dell’iniziativa coordinata da “Prime Time Promotions”. Quest’anno, a partire dal Christmas Contest, hanno dato il loro patrocinio anche il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) e la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC).

“Dalla fine del mondo per aiutare i ragazzi”: l’intervista a don Antúnez, presidente di Missioni Don Bosco

Intervista a don Daniel Antúnez, nuovo presidente di Missioni Don Bosco, su Famiglia Cristiana.

***

Lo aveva detto di sé stesso papa Francesco, primo sudamericano della storia eletto Pontefice: «Vengo dalla “fin del mundo”». E ci siamo abituati a considerarla così quella terra lontana, l’Argentina, la fine della terra. Arriva proprio dal Finisterre – nato a Buenos Aires, ma missionario per 18 anni in Patagonia, dove le Americhe termina no e si affacciano verso l’Antartide – il nuovo presidente di Missioni Don Bosco, procuratore delle opere salesiane, don Daniel Antúnez. «I primi missionari salesiani arrivarono con una spedizione nel 1875 proprio in Argentina», spiega don Daniel. «Mi sento figlio di quegli italiani che dal Piemonte arrivarono in nave a Buenos Aires per fondare le prime missioni. Instancabili come i salesiani che ho incontrato in oratorio da ragazzo. Mi sembra un regalo immenso di Dio essere qui a Valdocco, nella terra di san Giovanni Bosco, a coordinare gli aiuti che dai nostri benefattori arriveranno ai bimbi e ai ragazzi poveri del mondo». Ci parla in un italiano viziato dallo spagnolo, che ben conosciamo in Bergoglio, e la gioia di chi corona un sogno.

Don Antúnez è diventato salesiano non giovanissimo: «Sono entrato in seminario dopo aver finito gli studi e iniziato a lavorare. Sono stato ordinato a 34 anni, un desiderio che avevo fin da ragazzino». Il neopresidente si racconta, ma soprattutto spiega le sue missioni. Da Buenos Aires si è spostato a operare prima per tredici anni nella Terra del Fuoco e poi per cinque a Santa Cruz.

La Patagonia ce l’ha nel cuore, con la sua natura straordinaria: «Da noi vengono da tutto il mondo per vedere i pinguini, i guanaco, animali simili ai lama, e soprattutto i giganti del mare e del cielo: le balene e gli splendidi albatros. La città dove lavoravo, Ushuaia, è una località dove arrivano tanti turisti, anche per andare a sciare. Ma mentre il centro è elegante, nelle periferie ci sono le capanne di legno e plastica dei poveri, che di inverno (lì fa freddissimo) rischiano di morire di gelo. O peggio per gli incendi provocati da riscaldamenti di fortuna». Attraverso i suoi occhi sembra di essere lì, tra quelle meraviglie natura li tra porti e montagne, ma di ascoltare anche, purtroppo, i gemiti per il freddo degli emarginati. Quelli che per anni don Daniel ha aiutato. Ora per lui si apre una nuova vita. «Sarà una grande sfida. Noi di Missioni Don Bosco siamo solo un mezzo, che mette in contatto il cuore generoso dei benefattori e le persone che hanno bisogno. Sembra incredibile, ma all’alba del 2022 ci sono bimbi e ragazzi che con le loro famiglie non hanno acqua né cibo, né vestiti. Solo dopo aver offerto loro l’indispensabile si può pensare a dotarli di scuole, educazione, preparazione al lavoro. C’è chi non ha nulla, e chi troppo, e la pandemia ha aumentato le disuguaglianze. Ho visto migliaia di persone fare la fila per un piatto alla mensa dei poveri dove ho fatto il cuoco, a Buenos Aires, ma anche gente dormi re per strada nelle vostre città, Torino, Milano… C’è tanto da fare e per quel che posso sono pronto».

 

Vaticano – “Coraggiosi, i salesiani!”. Papa Francesco riceve organizzatori e artisti del Concerto di Natale in Vaticano 2021

Dal sito dell’agenzia ANS.

***

(ANS – Città del Vaticano) – Al mattino di oggi, mercoledì 15 dicembre, Papa Francesco ha ricevuto in udienza i promotori, gli organizzatori e gli artisti del Concerto di Natale in Vaticano, promosso dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, e il cui ricavato sarà devoluto a favore della Fondazione Pontificia “Scholas Occurrentes” e della Procura Missionaria salesiana “Missioni Don Bosco” di Torino. Da parte salesiana hanno partecipato all’udienza il Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, e don Daniel Antúnez, Presidente di “Missioni Don Bosco”, insieme con don Simon Zakerian, Direttore dell’opera di Al Fidar, in Libano, e don Danijel Vidović, incaricato dell’accoglienza presso la Casa Madre dei Salesiani a Torino.

“Il Natale ci invita a fissare lo sguardo sull’evento che ha portato nel mondo la tenerezza di Dio – una parola che sottolineo, tenerezza, ci manca tanto – e così ha suscitato e continua a suscitare gioia e speranza. Tenerezza, gioia, speranza: sentimenti e atteggiamenti che anche voi artisti sapete ravvivare e diffondere con i vostri talenti. Grazie” ha esordito il Pontefice, creando subito un clima di grande apertura con l’uditorio.

Poi, dopo aver richiamato le espressioni di tenerezza presenti nella vita quotidiana (le carezze tra fidanzati, la cura dei genitori per i propri figli), così come nella scena del presepe, il Papa ha parlato della gioia frutto dell’amore: quella stessa gioia che sanno suscitare sempre i bambini, cioè i destinatari dei progetti sostenuti dal Concerto di Natale.

“Nel Concerto di Natale voi offrite le vostre qualità artistiche per sostenere progetti educativi, destinati soprattutto a bambini e ragazzi in due Paesi che versano in condizioni assai precarie: Haiti e il Libano” ha continuato il Santo Padre, che non ha mancato di dare lui stesso una carezza ai salesiani, aggiungendo: “Coraggiosi, i salesiani, che sempre inventano qualche cosa per andare avanti. E questa è promessa di vita”.

Con uno sguardo alle tante difficoltà del mondo di oggi, il Santo Padre ha poi rimarcato che “la pandemia ha purtroppo aggravato il divario educativo per milioni di bambini e adolescenti esclusi da ogni attività formativa. E ci sono altre ‘pandemie’ che impediscono il diffondersi della cultura del dialogo e della cultura dell’inclusione. Oggi domina la cultura dello scarto, purtroppo”.

Ma a fronte di questo, “la luce del Natale ci fa riscoprire il senso della fratellanza e ci spinge alla solidarietà con chi è nel bisogno. E voi nell’arte subito create fratellanza; davanti all’arte non ci sono amici e nemici, siamo tutti uguali, tutti amici, tutti fratelli. È un linguaggio fecondo il vostro”.

L’intervento del Pontefice si è chiuso con un autentico inno all’educazione, che ogni salesiano potrebbe fare proprio: “Investire nell’educazione significa far scoprire e apprezzare i valori più importanti e aiutare i ragazzi e i giovani ad avere il coraggio di guardare con speranza al loro futuro. Nell’educazione abita il seme della speranza: speranza di pace e di giustizia, speranza di bellezza, speranza di bontà; speranza di armonia sociale”.

Dopo i ringraziamenti finali, il Papa si è congedato dai presenti augurando a tutti loro “Buon Natale di fraternità e di pace”.

Il Concerto di Natale in Vaticano 2021, giunto alla 29° edizione, avrà luogo domani, giovedì 16 dicembre, alle ore 19:00 (UTC+1) presso l’Auditorium Conciliazione a Roma, e verrà mandato in onda alla Vigilia di Natale su Canale 5, in prima serata. Le grandi voci internazionali del pop, del rock, del soul, del gospel, della lirica, si esibiranno per festeggiare insieme la ricorrenza del Natale in un concerto che ripropone i motivi più classici e più evocativi della festa e che ogni anno costituisce anche uno sprone alla solidarietà.

Messaggio del Papa
Vai al sito

 

Italia – Il successo, sportivo e solidale, della 13a Corsa dei Santi

Dall’agenzia ANS.

***

(ANS – Roma) – Oltre 1.500 runner hanno partecipato ieri, 1° Novembre, festa di Ognissanti, alla 13a Corsa dei Santi, realizzata nelle due versioni – gara competitiva e non competitiva, entrambe lungo un percorso di 10 chilometri su strada. È stata, come sempre, una festa di sport e solidarietà, con i partecipanti che, sotto la pioggia, hanno attraversato alcune tra le vie e le piazze più celebri e belle della Capitale e contribuito in questo modo a sostenere il progetto solidale di quest’anno: “Ridiamogli la loro infanzia”, che mira a combattere e prevenire lo sfruttamento minorile in Colombia.

Ogni anno la Corsa dei Santi si propone di dare maggiore visibilità alle iniziative benefiche realizzate dai salesiani in tutto il mondo. Stavolta ad essere supportato è stato il progetto coordinato da “Missioni Don Bosco”, la Procura Missionaria salesiana di Torino, e realizzato in loco dai salesiani del centro “Ciudad Don Bosco” di Medellín, in favore dei bambini e i ragazzi delle aree rurali dei comuni di Amagá e Angelópolis, costretti a rinunciare alla propria infanzia e a trascorrere intere giornate nelle miniere di carbone.

Grazie al sostegno che tanti benefattori hanno dato – e che è possibile continuare a dare, ancora per la giornata di oggi, 2 novembre, attraverso il numero 45586 (2 euro con SMS, 5 o 10 euro da rete fissa) – verrà rafforzato il piano globale elaborato dai Figli di Don Bosco per prevenire ogni forma di sfruttamento di questi minori: un piano che prevede l’accoglienza presso il centro “Ciudad Don Bosco”, e l’offerta di cibo, istruzione e formazione professionale, così da garantire loro un presente di serenità e un futuro di opportunità.

Quanto alla gara, in campo femminile, non poteva esserci vittoria più simbolica. Prima sul traguardo è arrivata Sara Carnicelli (35:39), portacolori della “Athletica Vaticana” che era presente con un nutrito gruppo di corridori. “Sono felice di aver vinto questa gara così importante a livello solidale – ha detto al Corriere dello Sport-Stadio – e soprattutto sono orgogliosa di averla vinta per la mia società sportiva. Questa è una gara dal fascino unico e correre dentro il centro storico pensando di poter aiutare con il mio gesto chi soffre l’ha resa ancor più bella”.

Al maschile, invece, successo per un altro italiano, Stefano Ghenda, della “Trevisatletica”, che in 32:25 ha tagliato per primo il traguardo di fronte a piazza San Pietro. “In una gara come questa – le sue parole – non conta vincere, ma esserci. Sono contento di aver contribuito con la mia partecipazione ad aiutare il progetto solidale e questo vale più di una vittoria”.

Durante la trasmissione della gara, in diretta su Canale 5, sono intervenuti diversi atleti e personalità, come le atlete olimpiche e paralimpiche Fiona May e Oxana Corso, il cantante Moreno e il salesiano don Rafael Bejarano Rivera, SDB, che hanno invitato i telespettatori alla solidarietà.

Vai al sito

Tredicesima Corsa dei Santi: di nuovo a Piazza San Pietro, correndo per i bambini sfruttati della Colombia

Dall’agenzia salesiana ANS.

***

(ANS – Roma) – Dopo la particolare edizione dell’anno scorso, realizzata in modalità “Virtual Race” per prevenire gli assembramenti di persone, quest’anno la “Corsa dei Santi” torna a svolgersi per le strade di Roma, nel centro della cristianità. “Si torna a correre a Piazza San Pietro!” è il grido di gioia degli organizzatori. La manifestazione sportiva e solidale, giunta quest’anno alla 13a edizione, si terrà in piena sicurezza (saranno adottate tutte le misure di prevenzione e riduzione del rischio di contagio), il 1° novembre, la Festa di Ognissanti, e come ogni anno sarà composta da una gara competitiva e una non competitiva, entrambe di 10 km.

Quest’anno l’iniziativa benefica associata alla competizione vuol far luce sulla condizione di sfruttamento del lavoro minorile in Colombia. Grazie alla campagna “Ridiamogli la loro infanzia” realizzata da “Missioni Don Bosco”, la Procura Missionaria salesiana di Torino, sarà possibile sostenere l’educazione dei bambini e i ragazzi delle aree rurali dei comuni di Amagá e Angelópolis, a sud-ovest di Medellín, costretti, sin dalla più tenera età, a rinunciare alla propria infanzia e a trascorrere intere giornate nelle miniere di carbone.

Nel distretto di Antioquia la principale fonte di sostentamento è l’estrazione del carbone, e da generazioni intere famiglie lavorano nelle miniere, oggi semi abbandonate, soggette ad allagamenti ed esplosioni a causa dell’alta concentrazione di gas. Miniere costituite da numerosi cunicoli molto stretti, dove un adulto fa fatica, mentre i bambini riescono a passare facilmente: per questo vengono costretti a lavorare correndo rischi enormi per la loro vita.

Per combattere e prevenire questa drammatica situazione, i salesiani di Medellín da 25 anni portano avanti il progetto chiamato “Dejando Huellas” (Lasciando delle impronte) che consiste in un programma pedagogico e psicosociale rivolto a circa 150 minori che non frequentano la scuola (solo il 52% della popolazione mineraria minorile va a scuola). I salesiani garantiscono l’accoglienza presso il centro “Ciudad Don Bosco”, oltre a cibo, istruzione e formazione professionale destinata ai ragazzi più grandi. La casa salesiana prevede anche corsi di formazione rivolti ai genitori delle 150 famiglie, percorsi finalizzati a migliorare le proprie capacità economiche e sociali e a tutelare la crescita dei propri figli.

Il 1° novembre in via della Conciliazione sarà allestito uno studio per la diretta televisiva su Canale 5, con gli interventi di numerosi ospiti, fra cui don Rafael Bejarano Rivera, SDB, oggi attivo nel Dicastero per la Pastorale Giovanile salesiana a Roma come referente per le Opere Sociali in America, e già Direttore del Centro “Ciudad Don Bosco”.

Per sostenere il progetto associato alla 13a Corsa dei Santi è possibile, fino al 2 novembre, fare una donazione al numero 45586: 2 euro con SMS, 5 o 10 euro da rete fissa.

Ulteriori informazioni sono disponibili sui siti: www.corsadeisanti.it e www.missionidonbosco.org

Vai al sito

Don Antúnez, neo-Presidente di “Missioni Don Bosco” si presenta

Il 1° settembre scorso, il salesiano argentino don Daniel Antúnez iniziava ufficialmente il suo nuovo incarico da Presidente di “Missioni Don Bosco” (e Procuratore missionario dell’Italia). Oggi don Antúnez si presenta: “Vivo questa nuova esperienza come un regalo, felice di essere salesiano”. Di seguito l’articolo pubblicato dall’Agenzia d’Informazione Salesiana ANS.

***

Era il 18 maggio scorso quando il Rettor Maggiore, Don Ángel Fernández Artime, nominava don Daniel Antúnez, salesiano argentino, come Procuratore di “Missioni Don Bosco”, la Procura Missionaria salesiana di Torino. Il 1° settembre don Antúnez ha iniziato ufficialmente il suo incarico e oggi si presenta.

Finora il suo primo impegno è stato conoscere la realtà e la cultura italiana, in cui è stato catapultato dall’Argentina – a ben vedere, quasi un “ritorno a casa”: dalla prima terra di missione salesiana alla culla del carisma e delle missioni di Don Bosco.

Don Antúnez, oggi 61enne, conobbe i salesiani a 13 anni e ne rimase folgorato: incontrò dei giovani studenti di Teologia carichi di voglia di stare con i giovani e si chiese se quell’entusiasmo di cui era testimone, e che sentiva nascere anche in sé, potesse trasformarsi in vocazione, e in quale forma dovesse esprimersi. La prima risposta la diede il 31 gennaio 1983, a 24 anni, quando emise i primi voti.

Trascorsero altri 12 anni prima che la partecipazione al carisma salesiano si concretizzasse nell’ordinazione sacerdotale: era un felice coadiutore che insegnava materie ai ragazzi quando decise di dedicarsi al servizio pastorale. Fu destinato a Puerto Desiado, Provincia di Santa Cruz, per quattro anni; successivamente venne inviato più a Sud, fino a Rio Grande e a Ushuaia, dove, su mandato dell’allora Rettor Maggiore, Don Pascual Chávez, ricevette l’incarico di rilanciare la presenza salesiana nella città.

In tutto è rimasto 18 anni in Patagonia, affrontando principalmente il tema della massiccia emigrazione giovanile: uno strappo per qualsiasi progetto educativo, una sofferenza per chi vuole costruire relazioni durature. Richiamato poi a Buenos Aires, ha collaborato con l’allora Ispettore ARS, diventandone Vicario e poi anche Economo ispettoriale.

Ho sempre seguito quel che Dio mi ha chiesto attraverso la Congregazione – commenta oggi –. Ora sono qui per portare la mia esperienza a servizio di ‘Missioni Don Bosco’, certamente. Ma probabilmente anche per rileggere il mio percorso spirituale”.

“La Patagonia ha formato il mio cuore – prosegue – perché ho vissuto il carisma della Congregazione con grandi salesiani e direttamente a contatto con i giovani. Oggi ho la possibilità di ‘passare’ a trovare Don Bosco tutti i giorni. Quando mi hanno proposto il nuovo incarico ho pensato subito: ‘Ora vado a vivere con lui!’”.

Animato da questo pensiero, don Daniel ragiona sul carisma:

“Ciò che deve identificarci è il tema della paternità: la salesianità è questo. Si realizza in una disponibilità permanente ad accompagnare, a stare con gli altri, ad ascoltare. Essere amico, compagno, padre, pastore”.

E con la fiducia di chi crede nella Provvidenza, e con la tipica letizia salesiana, conclude:

“Vivo questa nuova esperienza come un regalo, felice di essere salesiano. Guardo la mia storia e mi dico che non è possibile che sia stato io a scriverla: l’ha scritta Dio!”

Ulteriori informazioni su: www.missionidonbosco.org

Info ANS

RMG – Sig. Pettenon, SDB: “Raccogliere fondi vuol dire dare una mano alla Provvidenza affinché la cura di Dio per l’umanità trovi concretezza”

Dal sito dell’agenzia ANS.

***

(ANS – Roma) – Salesiano coadiutore, di origine veneta – è nato 55 anni fa nel paese natale di un Papa santo, Riese Pio X – Giampietro Pettenon ha trascorso gli ultimi sette anni rilanciando e affinando a tutti i livelli le attività di “Missioni Don Bosco”, la Procura Missionaria salesiana di Torino, direttamente dipendente dal Rettor Maggiore. A settembre lascerà l’incarico al successore designato, don Daniel Antúnez, ma oggi per i lettori di ANS ripercorre sfide e soddisfazioni di questa “missione” che è stato chiamato a svolgere.

Gentile sig. Giampietro, in cosa è consistito il suo lavoro come Responsabile della Procura Missionaria “Missioni Don Bosco” di Torino?

Il servizio che ho svolto in Missioni Don Bosco è stato molto bello, e particolare, nell’ambito della Congregazione Salesiana. È consistito essenzialmente in un vivere di continui incontri fra persone. Incontri con i missionari che venivano a Torino-Valdocco, dove ha sede la Procura Missionaria, per presentare i bisogni dei più poveri e chiedere aiuto. Ed incontri con i nostri sostenitori, i benefattori delle opere salesiane, per far conoscere i bisogni della missione e tendere la mano per… “domandare la carità”.

Dopo sette anni, quale ritiene sia il risultato più importante conseguito alla guida di MDB? E quali sfide lascia a don Antúnez?

Faccio fatica ad individuare un risultato preciso, come se il servizio in Missioni Don Bosco fosse una gara con un traguardo da raggiungere. Coordinare la Procura Missionaria non è stato per me un lavoro, ma una “missione” da vivere ogni giorno, con le sorprese belle e difficili che la vita riserva a ciascuno. Riconosco comunque che sono stati anni di vita bellissimi, seppur difficili in alcuni passaggi cruciali.

A don Daniel Antúnez cedo il testimone di un’attività in corsa, proiettata verso un orizzonte di relazioni intense con i nostri benefattori, relazioni che necessitano di essere sempre più personalizzate e sempre meno massive. È nella relazione personale, caratterizzata dallo Spirito di Famiglia che ci ha insegnato Don Bosco, che dovrà misurarsi il mio successore.

Durante il suo mandato a MDB ha avuto modo di visitare in prima persona tante missioni e tante realtà di grande povertà, ma anche di speranza. C’è qualche episodio che l’ha più colpita?

Un po’ per necessità, un po’ per passione, ho conosciuto tanti confratelli salesiani e li ho visti operare sul campo. La loro testimonianza di donazione totale è commovente: stanno facendo autentici miracoli!

Ho sempre ritenuto la formazione professionale strategica per educare ed evangelizzare i giovani, specialmente i più poveri, ed avviarli alla vita in maniera dignitosa. Tra le opere che mi hanno più colpito, e che cito spesso, c’è stato un incontro, in un nostro centro di formazione professionale in Vietnam situato nella zona del delta del grande fiume Mekong. Il dirigente di una impresa commerciale di import-export che opera sulle banchine del porto ha detto di assumere volentieri i ragazzi qualificati alla scuola di Don Bosco perché hanno tre caratteristiche: 1. Non rubano, 2. Obbediscono al capo, 3. Sanno lavorare in squadra. Penso che un complimento più bello, rivolto al nostro servizio educativo, non potessimo riceverlo.

Don Bosco stesso fu un grande fundraiser. Oggi quali sono “i segreti” per svolgere con successo questa missione?

Raccogliere fondi per sostenere le opere salesiane in terra di missione è dare una mano alla Provvidenza affinché la cura di Dio per l’umanità trovi concretezza. Più che di “segreti” io parlerei di “atteggiamenti” da curare e vivere ogni giorno nell’incontro con l’altro, sia esso il missionario o il benefattore.

Anzitutto bisogna essere umili e riconoscere che quello che stai facendo è opera di Dio. Poi è importante essere sinceri e trasparenti, presentando i reali bisogni dei più poveri, e non quello che a te fa’ più piacere. Infine, essere riconoscenti per tutto l’aiuto ricevuto gratuitamente da tanti benefattori e che sei chiamato ad amministrare, in pieno accordo con i Superiori della Congregazione salesiana, affinché sia distribuito e condiviso con i più bisognosi.

Quanto è importante il ruolo dei laici nel settore della raccolta fondi? E quanto è contato, d’altra parte, il suo essere consacrato e salesiano nella gestione di una realtà come MDB?

In Missioni Don Bosco opera una bella squadra di laici che credono molto nel servizio che portano avanti con dedizione e tanta competenza. Sono loro il motore dell’attività. Senza di loro non ci sarebbe la Procura Missionaria. Io, come salesiano consacrato, ho cercato di entrare in questa organizzazione ben collaudata con il compito di essere l’olio che lubrifica il motore. L’olio del motore non si nota e non si percepisce che c’è. Ma senza olio il motore si surriscalda e brucia in fretta.

Vivo questo avvicendamento fra me e il mio successore, don Daniel Antúnez, come un cambio dell’olio, il tagliando periodico per mantenere in buona salute la macchina della Procura Missionaria.

Da quello che ha potuto vedere, la pandemia ha fiaccato o riacceso la generosità?

La pandemia da Covid-19 ci ha spaventati e provati molto, tutti: salesiani, giovani e benefattori, ma non ci ha travolti, anzi! La generosità non è venuta meno. Al contrario. Proprio perché abbiamo sperimentato in diversi modi la paura e l’impotenza di fronte a questa catastrofe, ci siamo sentiti più “umani” e solidali gli uni con gli altri. In particolare, i nostri benefattori si sono fatti presenti in maniera forte e spesso commovente. Di questo dobbiamo rendere lode a Dio.

C’è qualche altro spunto che vuole condividere con i nostri lettori?

Desidero ringraziare. È molto più quello che ho ricevuto da questa esperienza di quello che ho potuto modestamente donare. E concludo usando le parole del nostro caro Padre Don Bosco: “Dio benedica e ricompensi tutti i nostri benefattori”.

Vai al sito

“L’arte con chi ne fa parte” – Don Bosco presenta la realtà museale a Valdocco

“L’ARTE CON CHI NE FA PARTE” – DON BOSCO presenta LA REALTÀ MUSEALE A VALDOCCO attraverso il Museo Casa Don Bosco e il piccolo Museo Etnografico Missioni Don Bosco.

All’interno del progetto L’arte con chi ne fa partedell’Associazione Abbonamento Musei, la Realtà Museale a Valdocco diventa parte attiva del progetto grazie alla presentazione della figura di Don Bosco.

Di seguito un “assaggio” di tutto ciò che si può visitare e ammirare all’interno del Museo Casa Don Bosco e nel Museo Etnografico Missioni Don Bosco grazie ad un breve video.

Museo Casa don Bosco

Famiglia Cristiana – Missioni Don Bosco: Con noi i ragazzi spiccano il volo

Riportiamo di seguito l’intervista a Giampietro Pettenon Presidente di Missioni Don Bosco effettuata da Famiglia Cristiana, dove si spiega l’importanza di educare i giovani nei paesi più poveri.

***

di Giusi Galimberti

«Le opere che mi stanno più a cuore sono quelle scolastiche perché, visitando la parte del mondo più povera, mi sono reso conto che la cultura e la formazione professionale sono gli strumenti con i quali noi salesiani possiamo insegnare ai giovani a “pescare”. Non gli diamo solo un pesce per sfamarsi oggi», spiega con una metafora Giampietro Pettenon, presidente di Missioni Don Bosco, Onlus che compie quest’anno 30 anni di attività e che sarà presente nella trasmissione di Rete 4 I viaggi del cuore e anche in questo spazio ormai consueto del nostro giornale. «Credo che il nostro sia uno strumento nelle mani di Dio, per far sì che la solidarietà nei confronti di chi ha veramente bisogno possa incontrare la generosità di chi un aiuto può e vuole darlo», continua. «Raccogliamo fondi in Italia da destinare a progetti di avvio e primo sostegno alle opere. Quando noi salesiani avviamo un progetto puntiamo a fare in modo che questo diventi economicamente autosufficiente. Ma per muovere i primi passi del
servizio educativo e pastorale c’è bisogno di sostegno». Dove siete presenti? «Siamo in 134 Paesi. Alcune sono presenze storiche, fondate dal nostro padre don Bosco, altre recentissime». Da dove partite per fondare una Missione? «I nostri destinatari sono i giovani. Spesso siamo entrati in zone pericolose, cominciando a giocare a pallone per strada. Sono i ragazzi i nostri “ambasciatori” presso gli adulti. La prima cosa che costruiamo è l’oratorio con un cortile per giocare e una cappella. Poi viene la scuola, magari una chiesa per il quartiere o il villaggio. Non siamo colonizzatori: partiamo con poco e rispondiamo via via ai bisogni di ogni realtà. Quando avviamo un’opera non lo facciamo per consegnarla e andarcene. La nostra scelta è di condividere tutta la vita con la gente del posto: gioie e dolori, fatiche, guerre e processi di pace. Come fratelli». L’aspetto più importante per voi è l’educazione.

«”L’educazione è cosa di cuore”, ripeteva don Bosco. Richiede tempi lunghi e prossimità, cioè lo stare sempre a fianco dei ragazzi. Ciò che educa è l’esempio, non le prediche. Per questo avviamo sempre, dove siamo presenti, scuole e centri di formazione. Vogliamo insegnare ai giovani un lavoro, così che diventino adulti responsabili e si formino una famiglia che potranno sostenere. La ricompensa più bella è vederli spiccare il volo e andarsene a testa alta verso il mondo». Come vi sostenete? «Don Bosco ci ha trasmesso un senso profondo del lavoro fatto bene: il nostro è quello educativo. Ma immaginate lo sforzo anche economico di una comunità di consacrati che ogni giorno lavora e mette tutto in comune. Nei confronti dei benefattori cerchiamo di essere più trasparenti possibile. Alcuni donatori sono stati in visita alle Missioni e hanno poi raccontato l’arricchimento personale di questa esperienza, che hanno scelto di fare per vedere con i propri occhi l’avanzamento di progetti che seguono e conoscere da vicino alcune realtà».

Missioni Don Bosco, per i trent’anni superato il milione di benefattori

Sull’edizione di oggi de La Stampa, Maria Teresa Martinengo intervista Giampietro Pettenon, presidente di Missioni Don Bosco che fa un bilancio sui trent’anni di attività.

***

Compie trent’anni Missioni Don Bosco, la Onlus impegnata in progetti a favore dei più deboli nei Paesi dove i Salesiani creano sviluppo a partire dall’istruzione dei bambini e dei giovani, la vera «canna da pesca». Della sua storia e dei progetti in corso – di cui da due anni è testimonial la campionessa Fiona May – abbiamo parlato con il presidente Giampietro Pettenon.

Qual è il mondo di Missioni Don Bosco?
«Dei 134 Paesi in cui sono presenti i Salesiani, un centinaio sono in via di sviluppo, aree in cui le opere, specie all’avvio, non sono autosufficienti. L’autosufficienza per noi è un valore fondamentale, ma in quei Paesi è quasi impossibile. Quindi Missioni Don Bosco è impegnata in Italia per aiutare le opere salesiane in Africa, prima di tutto, in India, in America Latina, in Asia».

Al centro di tutto c’è l’educazione. Come si declina oggi dove c’è più bisogno?
«Sempre nelle nostre attività tipiche: alfabetizzazione, formazione professionale, case famiglia per gli orfani, che sono un fenomeno tipico dei grandi agglomerati urbani. Megalopoli come Rio, Calcutta, Manila, Nairobi attraggono giovani, ma quando la famiglia si disgrega i figli più grandi devono arrangiarsi. I salesiani vanno in aiuto di questi ragazzi che non hanno niente».

Non siete presenti nei contesti rurali?
«Nei villaggi la famiglia allargata sostiene gli orfani.  Come nella Torino dell’800, siamo nelle periferie, il nostro habitat naturale sono i grandi agglomerati urbani dove si ammassa l’immigrazione interna che non ha riferimenti».

La presa in carico è globale…
«Comprende tutti gli aspetti che concorrono al rispetto della persona umana: a partire dall’acqua. Prima di realizzare una scuola ci preoccupiamo del pozzo. E l’acqua è l’elemento a cui le persone che sostengono le opere salesiane sono più sensibili. Poi, la salute dei piccoli e delle donne. In Africa aiutare le donne significa aiutare tutta la famiglia.
In Africa ogni mese apriamo un’opera: abbiamo molte vocazioni e facilità ad essere presenti. Le opere si moltiplicano spesso per prossimità. Siamo in un posto, la parrocchia vicina ci chiede di fare qualcosa anche per i loro ragazzi. In Mongolia pochi anni fa siamo sbarcati con una scuola professionale. Ora abbiamo aperto una comunità per orfani. In India sosteniamo le piccole scuole dove facciamo studiare le bambine attraverso le scuole paritarie di élite, molto
apprezzate, dove si pagano rette salate».

E in America Latina?
«Stiamo vedendo come aiutare un’opera in Brasile, dove siamo da cento anni, nella Conca Amazzonica, al confine con il Perù. In Bolivia abbiamo creato una rete nazionale di 1500 scuole che adottano il sistema pedagogico di don Bosco, sono in parte statali e in parte paritarie. Dove c’è scarsità di cibo si comincia dalla colazione perché a stomaco vuoto non si impara niente. Poi, c’è sempre il cortile, lo sport, il teatro».

Siete in Medio Oriente?
«In Siria siamo rimasti accanto alla popolazione. A Damasco abbiamo acquistato un terreno per raddoppiare, appena possibile, con una grande scuola professionale. In Libano ci occupiamo dei profughi iracheni cristiani».

Quanto è grande la rete che vi sostiene?
«In 30 anni abbiamo superato il milione di benefattori. In Italia abbiamo un gran numero di scuole, siamo molto conosciuti. Negli ultimi dieci Missioni Don Bosco ha raccolto annualmente 15 milioni di euro, 12 in donazioni, 3 in lasciti testamentari. La nostra deve essere una casa con le luci accese e le tende aperte, in modo che da fuori si veda tutto: così si tiene viva la solidarietà».

Qual è l’apporto di Fiona May testimonial?
«Nell’ambiente educativo è un valore aggiunto fondamentale per valorizzare la tematica femminile. Fiona è un’antesignana della multiculturalità. In tutti i Paesi dove ci troviamo c’è il meticciato e noi vogliamo darlo per scontato. Lei è una madre, una sportiva, valori formidabili per noi salesiani, le sue medaglie sono figlie di una fatica che si concentra nell’attimo della gara dove una volta ti va bene, una ti va male. Con lei siamo stati in Etiopia, abbiamo documentato l’attività con i ragazzi di strada. Andremo in Uganda e in India. In un Paese dove la donna è tanto disprezzata, averla per le iniziative di promozione della donna e per la cultura del rispetto sarà vincente».