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CS Missioni Don Bosco: “24 gennaio, Giornata Mondiale dell’Educazione”

Si rende noto il Comunica Stampa di Missioni Don Bosco relativo alla Giornata Mondiale dell’Educazione del 24 gennaio per cui “Quest’anno la scuola è un’attesa delusa“. Di seguito l’estratto del comunicato a cura del Dipartimento Comunicazione Missioni Don Bosco e il relativo PDF  completo scaricabile.

24 gennaio, Giornata Mondiale dell’Educazione

Quest’anno la scuola è un’attesa delusa

23,8 milioni nel mondo di studenti potrebbero perdere l’anno
Le scuole salesiane contrastano l’abbandono scolastico dei più poveri

Alla sua terza edizione, la Giornata Mondiale dell’Educazione voluta dall’Assemblea dell’Onu potrebbe suonare come una beffa anziché la celebrazione della volontà congiunta di tutti popoli di soddisfare uno dei diritti umani fondamentali.

Si registra una caduta verticale quest’anno delle possibilità di frequentare percorsi scolastici sufficienti. Lo scenario globale è molto preoccupante poiché una generazione di giovani vede ridotte al lumicino le opportunità di formazione nelle diverse competenze e nelle capacità di relazione interpersonale fra i pari e con gli adulti. Missioni Don Bosco, che riceve costantemente rapporti dai missionari in tutto il mondo, ne dà conto in un articolo che pubblicherà nel suo sito a ridosso del 24 gennaio, e che anticipiamo qui di seguito.

Una situazione esemplare è quella dell’India, gigante asiatico lanciato nello sviluppo tecnologico e colpito pesantemente dalla diffusione del virus, che oggi fa i conti con la precarietà del sistema scolastico periferico, per intenderci quello privo di mezzi per la didattica a distanza. Anche in quella situazione i salesiani si adoperano per sostenere gli allievi e le loro famiglie con una strategia articolata. I costi sono sopportati anche da Missioni Don Bosco attraverso “borse di studio” che costituiscono il prolungamento del fondo di emergenza anti Covid-19 utilizzato nel corso del 2020. Anticipiamo ai giornalisti la descrizione di questo progetto, che sarà presentato attraverso il nostro sito e i social network.

La Giornata coincide con la festa di Francesco di Sales, il santo al quale Don Bosco ha ancorato la sua mistica traducendola in un metodo educativo tuttora praticato in 134 Paesi. Sulle dirette connessioni fra il pensiero del vescovo di Ginevra, protagonista della Riforma cattolica, e la vita dell’oratorio salesiano si esprimerà in una prossima intervista don Gianni Ghiglione, SDB: potrete ascoltarla in www.missionidonbosco.org

Siamo a disposizione – anche con il nostro presidente, Giampietro Pettenon – per gli approfondimenti sul tema e per i possibili contatti con i missionari.

Grazie dell’attenzione.

Antonio R. Labanca

Missioni Don Bosco ONLUS

via Maria Ausliatrice, 32 – 10152 Torino
tel. 011/399.01.01 – fax 011/399.01.95
e-mail: info@missionidonbosco.org
sito: www.missionidonbosco.org

Il calendario dell’Avvento di Missioni Don Bosco: richiamo quotidiano a chi nel mondo lotta contro il Covid-19

Pubblichiamo il comunicato stampa di Missioni Don Bosco sull’iniziativa legata all’Avvento.

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Aperta ieri la prima finestra del calendario dell’Avvento a Missioni Don Bosco a Torino Valdocco: una finestra reale affacciata su piazza Maria Ausiliatrice. Con le altre che via via si apriranno richiamerà i giorni di attesa del Natale, come avviene tradizionalmente in molte città dell’Europa centrale.

La particolarità di questo “calendario gigante” è che associa ogni giorno a un progetto attuato (in molti casi ancora in corso) per l’accompagnamento nella lotta al Covid e alle sue conseguenze economiche e sociali nel mondo: comunità del Sud del pianeta nelle quali i missionari sono rimasti al loro posto, condividendo il rischio della pandemia che ha fatto registrare vittime anche fra di loro.

Per questo Natale non abbiamo un progetto specifico da evidenziare” spiega Giampietro Pettenon, presidente di Missioni Don Bosco, “bensì un fascio di iniziative dei salesiani in tutto il mondo a sostegno delle persone che risultano più fragili nell’emergenza Covid-19”.

Da inizio anno si sono attivati gli interventi per le emergenze:

–          soccorso alimentare ed economico soprattutto per la popolazione che non ha più reddito dai lavori pagati a giornata;

–          mobilitazione dei volontari e degli allievi delle scuole salesiane nelle iniziative sanitarie e di distribuzione di aiuti, compresa la fabbricazione di mascherine;

–          sensibilizzazione e informazione preventiva nei quartieri periferici e nei villaggi rurali;

–          rifugio per i malati da tenere lontani dalle famiglie anche nelle precarie condizioni dei profughi.

Il calendario dell’Avvento vuole ricordare ad amici e benefattori l’importanza dell’aiuto dato quest’anno, con l’invito di andare a visionare ogni giorno un progetto attuato, digitando “Covid” nel motore di ricerca del sito  https://news.missionidonbosco.org/

L’intenzione è di sollecitare tutti a guardare oltre la situazione italiana e non dimenticare le necessità di chi già viveva in situazioni di emergenza sanitaria e alimentare e oggi affronta a mani vuote le avversità della pandemia.

Il calendario si concluderà con l’invito a seguire il Concerto di Natale in Vaticano (Aula Nervi) che il 24 dicembre Canale 5 trasmetterà in prima serata a sostegno della campagna globale contro il Covid-19.

Siamo a disposizione dei giornalisti per attivare, quando possibile, un contatto nei vari Paesi per una testimonianza diretta dei missionari.

Segue una riflessione su questo Natale diverso da quello a cui eravamo abituati.

Un Natale diverso?

Il Natale del 2020 sarà “diverso”, ma solo in superficie. Per chi celebra la festa della nascita di Gesù non sarà certo la mancanza delle corse frenetiche al regalo, delle stressanti preparazioni del cenone della vigilia, dei cine-panettoni che sgombrano la mente dai pensieri, a modificare lo spirito con cui prepararsi al 25 dicembre.

Anzi, da un certo punto di vista la precarietà nella quale ci troviamo potrebbe aiutarci a percepire qualche aspetto della natività che rimaneva in ombra. Se depuriamo l’immagine del presepe dal pur legittimo aspetto del “sogno”, ritroviamo la condizione di preoccupazione e di operosità della famiglia di Nazareth che vive la nascita del figlio (forse accelerata dal viaggio e comunque resa precaria dalla inadeguatezza del ricovero) lontano da casa e dalle sicurezze.

Con tutto ciò, non dobbiamo rinunciare a dare dei segnali di avvicinamento alla grande Festa portando il carico positivo di poesia, di tradizione, di speranza che essa ci comunica. Per questo Missioni Don Bosco ha deciso anche quest’anno di “contare” i giorni che portano alla ricorrenza, numerando le finestre che affacciano su piazza Maria Ausiliatrice.

È il terzo anno che questa modalità espressiva, tipica della Mitteleuropa, è entrata a fra parte di una consuetudine dei salesiani a Valdocco. “Nonostante tutto, dobbiamo sforzarci di trasmettere il senso dell’Avvento, dell’attesa di Chi può salvarci davvero” spiega Giampietro Pettenon, presidente di Missioni Don Bosco. “Anche il segno materiale di un calendario che tutti vediamo svelarsi giorno per giorno può richiamarci al valore di un’aspettativa condivisa, al Dio che entra nel nostro tempo e nella nostra storia”.

Per questo, dal 1 al 25 dicembre la facciata di Valdocco si colorerà delle “finestre” disegnate dal coadiutore salesiano Luigi Zonta, contenenti rimandi ai simboli della tradizione e fonte di una colorata allegria. Ciò consentirà di mostrare ai piccoli la pazienza necessaria per far maturare gli eventi, agli anziani di godere del tempo ancora affidato a loro, a tutti i frequentatori di Maria Ausiliatrice il ciclo della vita che si rinnova sul piano storico e spirituale.

Il Natale al tempo del Covid – si spera l’unico o almeno, nella fondata previsione di soluzioni mediche decisive dopo Capodanno, il più preoccupato per la diffusione del virus – va vissuto come tempo propizio, e non come una beffa al nostro senso di onnipotenza o come castigo di un dio o della natura. Propizio per percorrere consapevolmente l’attesa come tempo di educazione dello spirito, come tempo per sfrondare le abitudini meno necessarie, come tempo per predisporci al bello e al buono promessi dal Dio-con-noi.

La debolezza dell’essere umano che richiede un supplemento di Grazia per affrontare la vita è una dimensione da considerare bene in questo periodo di globalizzazione delle paure. Quanto anche occorre considerare la fiducia che il Creatore ripone in ogni essere umano, pur immerso in questa fragilità, dimostrata dalla disponibilità ad assumere la nostra stessa condizione da parte Sua.

Se saremo meno abbagliati dalle luci sfavillanti o dai fuochi d’artificio, forse i nostri occhi potranno aprirsi sulla realtà in maniera più lucida, disponendoci a vedere nel buio di una stalla la nuova vita donata a chi riconosce di essere amato dal Padre.

Distanti, ma uniti: la Corsa dei Santi 2020 sarà in versione “virtual race”

Dall’agenzia salesiana ANS, pubblichiamo il comunicato sull’edizione 2020 della “Corsa dei Santi”, quest’anno in forma di “virtual race”.

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Le restrizioni imposte per il contenimento di Covid-19 impediscono quest’anno alla “Corsa dei Santi” – la manifestazione sportiva e solidale promossa dai salesiani in occasione della Festa di Ognissanti – di svolgersi secondo le modalità che la caratterizzavano in precedenza. Ciononostante, la manifestazione, promossa da “Missioni Don Bosco”, la Procura Missionaria salesiana di Torino, avrà ugualmente luogo, nel rispetto dei principi ispiratori che l’hanno sempre guidata: come festa collettiva, evento sportivo e strumento di solidarietà. L’edizione 2020 si svolgerà infatti in versione “virtual race”: dalle ore 7:00 del 30 ottobre 2020 alle ore 20:00 del 3 novembre 2020 (UTC+1), chiunque potrà partecipare all’evento correndo 10 chilometri su qualsiasi tracciato.

Sarà un evento a distanza realizzato grazie al sistema di tracciamento Gps realizzato da “TDS” attraverso una app, che consentirà ai partecipanti, una volta scaricata, di poter registrare la propria performance in tempo reale, di verificare in qualsiasi momento i chilometri effettuati, di rapportare il percorso individuale a quello che sarebbe stato il percorso tradizionale della Corsa dei Santi a Roma, e alla fine dei 10 km, di indicare la posizione di classifica virtuale di ogni concorrente.

Come per le precedenti edizioni in presenza, iscrivendosi alla prova si riceverà il pettorale virtuale, il diploma per i corridori che completeranno il tracciato e il kit con la maglia ufficiale che, se acquistata durante l’iscrizione, verrà inviata a domicilio.

Anche se a distanza, la “Corsa dei Santi” unirà migliaia di appassionati del running nel segno della solidarietà.

Il 1° novembre, inoltre, nel giorno tradizionale della Corsa dei Santi, in via della Conciliazione, lì dove negli anni passati era collocato il traguardo di avvio e di conclusione della manifestazione, ci sarà uno studio con ospiti di prestigio, da dove sarà trasmesso uno speciale in diretta televisiva su Canale 5 dedicato al tema solidale scelto quest’anno da “Missioni Don Bosco”.

Mediaset, come tutti gli anni, ha attivato una campagna di raccolta fondi attraverso il numero solidale 45530 attivo fino all’8 novembre (con chiamate o sms da cellulare o rete fissa).

E anche quest’anno la Corsa dei Santi servirà a fornire anche un supporto concreto alle iniziative salesiane nel mondo, grazie alla campagna solidale “Il tuo amore può abbattere le sbarre”.

Il progetto di quest’anno si rivolge minori privati della libertà nelle carceri di tutto il mondo. Secondo le Nazioni Unite, più di un milione di bambini e giovani in tutto il mondo sono privati della libertà nelle carceri o nei centri di reclusione per minori, accusati di piccoli reati. Di loro il 59% è in attesa di giudizio, trattati come criminali quando in realtà avrebbero piuttosto bisogno di supporto e assistenza sociale.

Seguendo il pensiero di Don Bosco, per il quale il cambiamento dei giovani avviene attraverso l’educazione, i salesiani operano nei centri di detenzione per far sentire a questi ragazzi la gioia di poter dar loro ascolto e attenzione.

La loro azione si concretizza in interventi specifici nelle diverse realtà e nelle diverse fasi del percorso di detenzione: a Freetown, in Sierra Leone, i missionari salesiani sono ad oggi gli unici a poter entrare nel carcere di Pademba, dove portano cibo, acqua e medicine, offrendo supporto e orientamento. In Italia sono impegnati da anni nelle carceri minorili con un’azione educativa che prevede la prevenzione, il sostegno per l’inserimento scolastico, le attività sportive e laboratoriali, il reinserimento sociale.

A Luanda, in Angola, lavorano per dare accesso alle misure alternative al sistema carcerario, a Ciudad Juarez, in Messico, curano l’animazione in carcere, grazie alla “Brigada de la Alegria”, a Chennai, in India, il reinserimento dei giovani nella società…

È per tutti questi giovani che è stato pensato il progetto “Il tuo amore può abbattere le sbarre”.

La manifestazione è promossa da Missioni Don Bosco ed è organizzata dall’Associazione Sportiva Dilettantistica “Corsa dei Santi” con il patrocinio dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport della Conferenza Episcopale Italiana, di “Mediafriends”, del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, della Federazione Italiana di Atletica Leggera, della Regione Lazio, dello Stato Maggiore della Difesa e di “AssoAeronautica”.

Sponsor della manifestazione sono “TEVA” e “MELINDA”, media partner invece “Corriere dello Sport”, “Il Tempo” e “Dimensione Suono soft”, partner tecnici “Ottaviani” e “Algida”, fornitore ufficiale “Cisalfa”.

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I viaggi del cuore su Rete4 racconta il Venezuela di don Rafael Montenegro

Pubblichiamo l’articolo di Famiglia Cristiana che racconta le storie di Missioni Don Bosco in onda la domenica mattina su Rete4, nel programma “I viaggi del cuore”.

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«Sono arrivato a Torino lo scorso febbraio. Sarei dovuto rientrare in Venezuela ad aprile, ma a causa del lockdown imposto per la pandemia del Covid-19 non sono più riuscito a partire». Bloccato in Italia, con il pensiero e il cuore costantemente rivolti verso il suo Paese. Quando lo raggiungiamo al telefono, don Rafael Montenegro, 54 anni, sta contando i giorni che lo separano dalla partenza, prevista per questa settimana.

«Sono nato nella città venezuelana di Valencia», racconta. «Là ho i miei genitori, tutta la mia famiglia». A febbraio don Rafael è stato nominato provinciale dei Salesiani del Venezuela. Le Missioni Don Bosco sono una presenza radicata nel Paese, dove offrono educazione, formazione, sostegno materiale con scuole, centri di formazione professionale, parrocchie, oratori, centri giovanili, case di accoglienza per i bambini e i ragazzi che vivono in strada. Oggi i salesiani sono 145, distribuiti in 22 case. «I dati ufficiali della pandemia non si conoscono. Ma in Venezuela un lockdown come quello che c’è stato in Italia non è pensabile: la gente per poter mangiare deve lavorare. La popolazione non può permettersi di restare chiusa in casa. Ma la problematica più difficile non è il Covid: la pandemia è una variabile che si aggiunge alla situazione di grave crisi politico-istituzionale ed economica. Basti pensare che in un Paese come il nostro ricco di petrolio non c’è più benzina». I supermercati sono vuoti, la gente è ridotta alla fame. «Lo stipendio base è di due dollari al mese. Alcuni farmaci sono reperibili, ma a prezzi folli». Si parla di 5 milioni di venezuelani emigrati verso la Colombia e il resto del Sudamerica. Ma con il Covid in gran parte hanno perso il lavoro e si è verificato un controesodo di massa.

«Quanto ai giovani, con la pandemia la didattica a distanza ha peggiorato la situazione di abbandono scolastico: l’elettricità è carente, la connessione internet precaria e una gran parte dei ragazzi non ha un computer». E poi c’è la questione della foresta amazzonica e delle popolazioni indigene. In Amazzonia i salesiani sono presenti con quattro case e operano tra gli indios di diverse etnie. «Il grande problema è lo sfruttamento minerario e delle risorse del territorio». Don Rafael ricorda quando il Venezuela era il Paese più ricco del Sudamerica. Poi nel 1999 è arrivato al potere Hugo Chavez con l’utopia del socialismo bolivariano: «Da lì è cominciata la distruzione». Ma don Rafael non perde la speranza. «Il male fa più rumore. Ma il Venezuela è una terra abitata da gente buona con un grande cuore».

Il sogno missionario di Don Bosco: dall’11 novembre 1875 ad oggi

Tutto cominciò con un sogno. A 19 anni Don Bosco desiderava andare in missione, ma non poté. Poi, Dio, gli mando il SUO sogno:

«Mi parve di trovarmi in una regione selvaggia e totalmente sconosciuta. Era un’immensa pianura incolta, nella quale non si scorgevano né colline né monti. Nelle estremità lontanissime, però, si stagliavano scabrose montagne…».

(Dal sogno missionario di Don Bosco)

Un video che ripercorre il sogno missionario di Don Bosco: dall’11 novembre 1875 dove nella basilica torinese di Maria Ausiliatrice don Giovanni Bosco benediceva la prima spedizione missionaria salesiana – destinazione Argentina e Patagonia – capitanata da don Giovanni Cagliero, fino ai nostri giorni.

Missioni Don Bosco

I viaggi del cuore – All’ascolto della lezione di Don Bosco, gigante della Santità

Pubblichiamo un articolo di Famiglia Cristiana di don Davide Benzato che conduce la trasmissione “I viaggi del cuore” ogni domenica mattina alle 9 su Rete4 e che sarà dedicata a Don Bosco.

La puntata de “I viaggi del cuore” dedicata a Don Bosco, e in particolare alla Basilica di Maria Ausiliatrice di domenica 27 su Rete 4.

Guide della puntata, il Rettore della Basilica di Maria Ausiliatrice, don Guido Errico, il suo predecessore, don Cristian Besso, e il presidente di Missioni Don Bosco, Giampietro Pettenon i quali accompagneranno gli spettatori dei “Viaggi del cuore” di Rete 4 a conoscere i luoghi dove si è formata e ha mosso i primi passi la storia dei salesiani.

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C’è una frase di Chiara Amirante che mi viene in mente pensando a don Bosco: «L’amore non è cieco, l’amore ci vede molto bene. Tra il dire e il fare c’è di mezzo l’amore». San Giovanni Bosco diceva: «Camminate coi piedi per terra e col cuore abitate in cielo». Questo santo è difficilmente catalogabile perché non si può ridurre all’aspetto sociale. Pur essendo stato uno dei santi che vi ha maggiormente inciso a livello mondiale, non si può negare che sia stato un mistico, con sogni rivelatori e profezie che ancora oggi parlano in modo forte a chi abbia il gusto di leggerli. È stato un santo che ha influito concretamente nella storia d’Italia e della Chiesa, amico di Papi a cui non temeva di parlare con franchezza e conoscente della Casa Savoia, a cui consegnò profezie drammatiche all’epoca della legge Rattazzi, che comportò la soppressione degli ordini religiosi.

Un santo che ha avuto un’infanzia durissima, una vocazione anomala per i tempi, sentendo di dover essere vino nuovo in otri nuovi, preso per pazzo da molti, rischiando il ricovero coatto, disposto a passare giorni e notti coi ragazzi inventandosele tutte, a partire dai giochi di prestigio, per tirarli via dalla strada. Un santo che non ha tenuto nulla per sé, vivendo povero con i poveri e aiutando chiunque senza pensare ai propri interessi, dando le basi di un metodo preventivo e formativo che ha fatto la storia, tutt’oggi valido e diffuso nel mondo.

San Giovanni Bosco, canonizzato il primo aprile 1934 da papa Pio XI, fondatore delle Congregazioni dei Salesiani e delle figlie di Maria Ausiliatrice, è un santo che difficilmente si può descrivere con poche parole. Con “I Viaggi del Cuore” cercheremo di conoscere meglio questo gigante della Chiesa, visitando il centro salesiano di Valdocco, a Torino, dove la sua opera ebbe inizio. Oggi ci lasciamo ispirare da tre delle sue frasi che si ricordano: «In ogni giovane, anche il più disgraziato, c’è un punto accessibile al bene», «La Santità consiste nello stare sempre allegri», «Amate ciò che amano i giovani a fine che essi amino ciò che amate voi».

 

 

 

VIS, Nico Lotta intervistato da l’Espresso: “Non bisogna accontentarsi di rispettare alcuni diritti umani, vanno rispettati tutti”

Pubblichiamo un’intervista rilasciata da Nico Lotta, presidente del VIS all’Espresso firmata da Giancarlo Capozzoli.

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Ho avuto modo di approfondire le questioni legate alla cooperazione e lo sviluppo con l’ingegner Nico Lotta, presidente del VIS, Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, una ONG legata ai Salesiani per la realizzazione dei progetti all’estero. Questa intervista, realizzata durante il periodo di emergenza sanitaria e sociale che sta affliggendo gran parte del mondo, vuole essere una ulteriore testimonianza in merito a tali questioni.

Gentile Presidente, lei come ha iniziato la sua attività con il VIS?
Subito dopo aver conseguito la laurea in ingegneria, mi sono interessato ai progetti connessi con le comunità salesiane all’estero, e ho deciso di fare come ex allievo salesiano una esperienza di volontariato in Madagascar in qualità di tecnico, all’interno del VIS, e poi nella fase di ricostruzione post crisi in Sri Lanka.

La sua collaborazione ad Haiti dopo il terremoto, partiva dalla sua formazione come ingegnere…
Sì ma ero anche parte del comitato esecutivo dell’ente.

A partire proprio da questa sua prima esperienza, quanto crede che sia importante la formazione anche dei volontari? Voglio dire… dopo la liberazione della Silvia Romano in Kenya, mi sono chiesto, intervistando anche responsabili di altre organizzazioni, sulla formazione e sulla educazione di base di questi ragazzi che decidono di fare queste esperienze all’estero…
La formazione e l’educazione sono fondamentali. A tutti i livelli. Con formazione intendo sia una formazione universitaria che una formazione di carattere professionale.

Di quali questioni negli ultimi anni vi siete occupati maggiormente come VIS?
I progetti in corso sono molti. Sicuramente la questione del contrasto al traffico di esser umani, con il progetto Stop Tratta, ci ha interessato molto. È un tema strettamente congiunto con il tema della migrazione, a tutti i livelli. Diversi componenti del VIS assieme al nostro partner Missioni Don Bosco e ai Salesiani si occupano di questa questione a partire proprio dal percorso migratorio che porta tante persone qui in Europa.

Proprio da dove partono…
Attraverso i luoghi di passaggio e fino al punto di arrivo…. è uno degli strumenti che abbiamo per combattere il fenomeno della migrazione irregolare.

Conoscere un fenomeno per proporre anche delle alternative…
Sì, l’idea di fondo è quella di proporre alternative concrete di cooperazione allo sviluppo. Molti dei nostri progetti sono sia nell’Africa est che in quella ovest, dall’Etiopia al Senegal, al Mali e in Nigeria per intenderci.

Quando si parla di vittime di tratta a chi ci si riferisce principalmente, a partire dalla esperienza che avete maturato nel corso del tempo, sul campo?
Sono uomini e donne, ragazzi e ragazze, purtroppo, membri delle comunità dei villaggi più isolati. A cui vengono proposti dei viaggi che non si concretizzano.

…che non si concretizzano già in partenza, immagino. in questi anni ho avuto modo di realizzare io stesso interviste a ragazze giunte in Italia davvero con la prospettiva di un lavoro o di una realizzazione economica che era di base già finta… Si puo parlare di consapevolezza- inconsapevolezza anche riguardo alla destinazione finale?
La situazione è purtroppo più drammatica di quel che si pensa. Lei dice il vero. Spesso non si ha neanche la consapevolezza della destinazione finale. Ma la situazione è anche più grave. Basti pensare che il fenomeno dei trafficanti porta in qualche modo ad una vera e propria riduzione in schiavitù delle persone che vengono spinte a partire. E a questo fenomeno è anche legato il traffico di organi… I trafficanti chiedono sempre più soldi lungo la strada. Continuamente. E il debito dei migranti cresce. È una esperienza concreta quella di cui sto parlando. Esperienza di cui sono testimoni i Salesiani. Si tratta di un vero e proprio pagamento per il riscatto. Il problema concreto allora è se pagare per saldare il debito oppure no. È evidente l’inganno e lo sfruttamento della situazione drammatica da parte dei trafficanti di esseri umani.

Nonostante tutto alcuni ragazzi preferiscono affrontare il viaggio, consapevoli dei rischi che corrono…
Il nostro progetto contro la tratta parte proprio dall’esperienza di chi ha subito questo fenomeno. Vuole raccontare la verità, vuole raccontare attraverso la voce dei testimoni diretti il viaggio che hanno vissuto, anche per scoraggiare altri migranti. E altri trafficanti, soprattutto. Ma per aver successo in questo tipo di progetti è necessario proporre anche delle alternative.

Progetti e programmi di sviluppo…
Sì, a partire da una reale formazione professionale in loco, con l’avvio, ad esempio, di piccole attività professionali, che spingano i ragazzi a restare nella loro terra. Mi riferisco ad esempio a progetti per attività agricole finanziate a partire da un microcredito, che serve per comprare un terreno, e poi ad iniziare l’attività lavorativa vera e propria.

Sono attività concrete, progetti concreti..
Tenga presente inoltre il contesto particolare in cui spesso vengono realizzati. Noi lavoriamo nei campi per i rifugiati in Etiopia, nella gestione dei corridoi umanitari. In questo caso la formazione è finalizzata alla preparazione del rifugiato da un punto di vista culturale e linguistico.

Quanti sono i progetti attualmente in corso?
In questo momento siamo attivi con circa 80 progetti, tutti in ambito di sviluppo ed emergenza.

C’è un modo diverso di intervento a seconda che si tratti di sviluppo o emergenza, evidentemente…
Con i progetti di sviluppo portiamo avanti soprattutto la formazione professionale, il capacity building, che può portare ad uno sviluppo della realtà locale. È necessario gestire progetti in loco, ma anche portare avanti altri tipi di interventi come quelli che riguardano la protezione dell’infanzia in situazione di vulnerabilità. Per quanto riguarda i progetti di emergenza, appena è possibile agire si interviene soprattutto nell’ambito educativo, che in tali situazioni è comunque determinante per lo sviluppo della persona umana e per ripartire poi anche in un ambito più specifico rispetto allo sviluppo, in senso stretto.

L’emergenza Covid-19 come ha influenzato il vostro modo di agire e progettare?
Il Covid-19 ha rallentato le attività un po’ovunque. Quasi tutte le scuole e gli oratori, ad esempio, sono stati impossibilitati a portare avanti le loro attività e missioni. Pertanto, sicuramente si è modificato il nostro modo di agire. Anche se quasi tutti gli operatori sono rimasti nei propri Paesi di destinazione. Tenga presente che in alcuni contesti l’emergenza per questo virus si è aggiunta all’emergenza costante riguardante la condizione igienica. E allora uno dei punti fondamentali è stato quello di tentare di cambiare l’approccio.

Rientrare in strutture protette, immagino…
…e convincere le persone a smettere di vivere in condizioni di strada, in cui i rischi sono troppi, soprattutto dal punto di vista igienico. In alcuni contesti le persone sono davvero troppo esposte.

E’ dovuto mutare dunque anche l’approccio psicologico alla luce delle nuove questioni…
Abbiamo dovuto ripensare e reinventare la didattica a distanza, anche in questi contesti. E cercare strumenti tecnologici alternativi. Bisogna tener presente che in determinati Paesi solo in alcuni contesti è stato possibile realizzare e migliorare questo tipo di formazione. Il rischio concreto è l’interruzione della didattica. Voglio dire… in altri contesti, quelli più rurali e più isolati, c’è poco da inventare. La tecnologia non arriva neanche… In ogni singolo contesto non è semplice: attualmente non si ha ancora una reale conoscenza dei numeri dei contagi. C’è una mancanza di controlli, differente da quello che accade da noi, qui in Europa, in Italia. Come VIS abbiamo avviato una raccolta fondi in Italia, per poter sostenere i nostri progetti di educazione e formazione anche durante questa terribile emergenza.

Lei sostiene che il numero dei contagi non si può sapere con certezza…
Sì, ed inoltre sono contesti in cui anche fare una diagnosi è complicato. E sostenere delle terapie è difficile, se non impossibile, quindi è fondamentale puntare sulla prevenzione e sull’igiene.

Veniamo un po’ a quella che è stata l’occasione della nostra chiacchierata. La formazione e la educazione dei volontari che decidono di fare una esperienza all’estero. Io lo scorso anno ero in Kenya a seguire una piccola organizzazione, e ho notato una poca professionalità nei volontari. Ma anche una scarsa attenzione nei confronti della cultura locale. Questioni credo che riguardano anche il caso della ragazza rapita sempre in Kenya e liberata lo scorso maggio…
Per la nostra organizzazione la formazione è fondamentale. Ed è differenziata in base alla tipologia di persone che partono. A seconda che sia un volontario VIS in servizio civile o che siano operatori per lo sviluppo. Per cui è necessaria una formazione finalizzata anche a gestire la progettazione in loco.

Quale è il livello di formazione con cui arrivano da voi?
La gran parte delle persone che si rivolgono alla nostra organizzazione sono in possesso di una laurea e/o di master. Hanno inoltre un forte sistema valoriale e buona preparazione tecnica.

Prima mi diceva della vostra specifica formazione…
Noi come VIS forniamo una formazione specifica. Che significa fondamentalmente, oltre alla conoscenza della congregazione salesiana e di tutte le procedure e i protocolli di sicurezza, una formazione specifica relativa al ruolo, al progetto e al Paese.

Quanto è importante il rapporto con la realtà locale dei posti in cui opereranno?
Per i nostri operatori è determinante un confronto costante con le comunità così come è importante l’integrazione con lo staff locale. Ed è fondamentale per noi analizzare le motivazioni che spingono una persona a partire. Motivazioni che vanno oltre le capacità tecniche, pur importanti, ma che riguardano anche e soprattutto il sistema valoriale di ciascuno.

Una volta partiti vengono seguiti a livello locale e a livello di sede?
Sì certo, e come le dicevo hanno formazioni specifiche in base al ruolo e al contesto in cui vanno ad inserirsi.

Quanto è importante conoscere il contesto, gli usi e le tradizioni dei posti, secondo lei?
Fondamentale è formare su alcuni criteri di base indiscutibili. Il primo è il rispetto assoluto delle comunità e delle culture in cui ci si inserisce. La questione dell’intercultura non deve restare lettera morta, ma diventare reale e viva in ogni relazione, in ogni parola, in ogni azione.

Mi sembrano i principi di base, da cui ciascuno dovrebbe partire…
Spesso però non è chiaro. E dunque diventa importante ribadirlo, sempre e comunque. È necessario cancellare i propri pregiudizi interiori. Non bisogna aver paura di riconoscerli per poterli contrastare. Il confronto approfondito con una cultura diversa dalla nostra è la base dell’intercultura, dell’interazione di culture diverse e spesso anche distanti, differenti.

Quanto gli aspetti culturali a cui fare attenzione fanno parte della formazione in loco?
Come le ho accennato, è importante la conoscenza specifica del contesto in cui si va a operare e a vivere. È dirimente il lavoro con i colleghi locali, al fine di stabilire una vera relazione tra diverse culture. L’esperienza lavorativa va fatta a partire e alla luce della cultura locale.

L’esperienza pregressa e la motivazione personale, credo siano determinanti per lavorare in questi contesti…
L’incontro umano, da un lato, e la preparazione tecnica, dall’altro lato, sono fondamentali. Sono decisivi anche i percorsi formativi sulla cooperazione, con lo studio di materie specifiche. La conoscenza e la formazione sono le basi solide da cui partire. E naturalmente la formazione sul campo e l’esperienza maturata. Ma solo con un approccio valoriale forte si può avere una vera esperienza positiva.

Sono esperienze arricchenti, sotto diversi punti di vista, per tutti.
Assolutamente sì. Per quanto sia importante far conoscere il contesto prima della partenza, bisogna tener presente che si può conoscere un Paese solo vivendolo. E allora è importante entrarci in punta di piedi, per immergersi in una comunità locale, per avere un’esperienza che sia realmente arricchente, un’esperienza piena.

I valori che voi del VIS portate avanti sono chiari…
Abbiamo una identità chiara, portiamo avanti valori cristiani. Ma né gli operatori, né i beneficiari sono scelti in base al loro orientamento religioso.

Dialogo e incontro…
Lavoriamo nel contesto del sistema valoriale salesiano che è accogliente e aperto verso tutti i giovani.

Una idea di rispetto e sviluppo che si basa sui diritti umani, sulla dichiarazione universale dei diritti umani…
Lo sviluppo di ogni uomo e lo sviluppo di tutto l’uomo. Dell’uomo inteso in ogni dimensione, nella sua totalità e interezza.

Principi che in qualche modo portano avanti anche una idea di cooperazione e sviluppo che non è assistenzialista…
Esattamente. L’empowerment e l’owernship sono il contrario dell’assistenzialismo a cui lei fa cenno. La nostra missione è rendere i nostri beneficiari partecipi, indipendenti e protagonisti del proprio percorso di sviluppo. Sono fortemente convinto che la cooperazione funziona davvero se e quando poi riesce a sparire. Il nostro obbiettivo è rendere ciascuno protagonista del proprio sviluppo.

Quanto è attuale parlare oggi ancora di diritti umani?
Maggiore è la difficoltà di promuovere i diritti più è importante parlarne. Intendo di quei diritti universali per ogni uomo e per tutti gli uomini. Esistono ancora, oggi, realtà lontanissime dal rispetto di questi diritti. Ma proprio questa situazione dà un senso al lavoro della cooperazione e delle ong. Quando questi diritti non esistono, non vengono rispettati, è importante promuoverli, parlarne, pretenderli.

La battaglia per l’affermazione e il rispetto dei diritti umani è ancora urgente…
È necessario porre un rimedio alle disuguaglianze presenti nel mondo. Dico che non bisogna accontentarsi di rispettare solo alcuni diritti umani, ma che bisogna pretenderli tutti. Non c’è alternativa. Come può ben immaginare, la battaglia sul campo è molto dura.

Lo scopo, l’orizzonte deve essere quello però…la affermazione dei diritti per tutti…
Non c’è alternativa per rimediare alle ingiustizie in cui molti ancora vivono. Come dice padre Alex Zanotelli, l’uomo non è un tubo digerente. Non è solo uno stomaco da riempire: deve avere la possibilità di uno sviluppo totale e sostenibile della propria persona e personalità.

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Istituto Agnelli Torino, un kit anti Covid-19 per l’avvio del nuovo anno scolastico

Pubblichiamo l’articolo di Salesiani Piemonte sul kit anti-covid 19 dell’istituto Agnelli di Torino.

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Parte l’anno scolastico 2020-21 all’Agnelli di Torino con la consegna di un kit anti Covid-19 agli allievi delle Scuole Medie, Superiori e Cnos-Fap del Centro. Si riporta di seguito il comunicato stampa congiunto dell’Istituto Internazionale Edoardo Agnelli di Torino e di Missioni Don Bosco Valdocco ONLUS.

1300 sacche di responsabilità verso gli altri
e 1300 borracce per la tutela dell’ambienteCon Missioni Don Bosco partner dell’iniziativa,
gli allievi di Medie, Superiori e Cnos-Fap riceveranno un kit anti Covid-19
con l’attenzione rivolta ai coetanei di tutto il mondo

L’Istituto Agnelli, in collaborazione con Missioni Don Bosco, ha deciso di consegnare il primo giorno del loro rientro nelle aule una sacca e una borraccia a tutti gli allievi e a tutto il personale della scuola.

La sacca servirà a contenere gli indumenti che, per prevenzione del contagio, non si possono lasciare sugli appendiabiti; in questo modo si limitano i contatti con oggetti e con gli arredi. La borraccia contribuirà a ridurre l’uso della plastica e a preservare così l’ambiente da un rifiuto dannoso.

La Scuola italiana riparte e l’Istituto Agnelli è pronto ad avviare il nuovo anno scolastico “in presenza”, con tutti i laboratori attivi e in sicurezza. Ci sarà la massima attenzione per le misure preventive ma soprattutto si solleciterà quello spirito che da sempre caratterizza la scuola salesiana: l’educazione globale del giovane. Il rispetto, l’attenzione e la responsabilità costituiscono importanti aspetti dell’educazione nello spirito originario di Don Bosco.

In quest’ottica si è attivata la collaborazione con Missioni Don Bosco.

«Ci siamo preparati, abbiamo immaginato cosa avremmo potuto fare e di cosa ci sarebbe stato bisogno – spiega don Claudio Belfiore, direttore dell’Istituto Agnelli -, e abbiamo guardato oltre: oltre l’ansia e il timore da Covid-19, oltre le misure contenitive del contagio, oltre i limiti posti dalla situazione attuale». Il desiderio è quello di aiutare i ragazzi a non focalizzarsi solo sulle norme da seguire una volta rientrati a scuola, e di far capire loro che la responsabilità non si ferma entro le mura scolastiche ma prosegue a casa, nella loro città e nel mondo. «Siamo a Torino ed è qui che si concretizza il nostro impegno. Ma siamo anche nel cuore del pianeta, perché quello che succede qui da noi ha riflessi e riverberi ampi e inaspettati».

«Gli studenti italiani vivono per la loro parte il disagio ma anche le sfide positive di questa
pandemia, e riteniamo che sia molto importante per loro capire quali condizioni vivano i loro coetanei in altri Paesi» spiega Giampietro Pettenon, presidente di Missioni Don Bosco. «I salesiani che operano in aree del mondo più sfortunate stanno cercando di offrire comunque le condizioni per proseguire la formazione scolastica. Ci sembra utile dare occasione ai nostri ragazzi di informarsi e di confrontarsi anche con situazioni estreme dove mancano aule, banchi e libri di testo, e gli insegnanti non possono far fronte ai loro compiti, ma dove ugualmente c’è la volontà di migliorarsi. Ci auguriamo che possa nascere un’amicizia fra studenti anche a distanza».

Nella prima settimana di ritorno a scuola sono in distribuzione 1300 sacche e 1300 borracce personalizzate con i logotipi dell’Istituto Agnelli e di Missioni Don Bosco (v. fotografie allegate), così destinate:

– 440 kit per gli scolari delle Medie
– 270 kit per gli studenti del Tecnico
– 235 kit per gli studenti del Liceo
– 220 kit per gli allievi del CFP
– 86 kit peri i docenti di Medie e Superiori
– 28 kit per i formatori CFP.

All’attenzione per l’educazione si affianca il grande sforzo messo in campo dall’Istituto Agnelli per garantire il regolare svolgimento delle lezioni e delle attività. Nei mesi estivi, infatti, sono stati portati a compimento diversi lavori e acquisti, tra cui la ristrutturazione di aule e l’acquisto di 175 banchi monoposto e 6 banchi di pneumatica per il laboratorio di meccatronica.

Ulteriori informazioni sugli interventi di messa in sicurezza delle aule e dell’intero istituto Agnelli potranno essere forniti agli interessati.

I progetti in ambito scolastico che Missioni Don Bosco sostiene sono descritti nel sito https://progetti.missionidonbosco.org/educazione-e-formazione.

Grazie per la cortese attenzione.

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Gianmario Strappari, giovane musicista di fama mondiale è ambasciatore di Missioni Don Bosco

Pubblichiamo l’intervista a Gianmario Strappati, un giovane musicista ambasciatore di Missioni Don Bosco nel mondo, pubblicata il 5 settembre su Il Giornale.

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Classe 1999, Gianmario Strappati suona la tuba solista nelle orchestre di mezzo globo terracqueo. Ha registrato per Rai, Radio Vaticana e CNN, tiene masterclass in Italia e all’estero ed è Ambasciatore di Missioni Don Bosco per la musica nel mondo.

Ma è vero che discoteche e videogame non t’interessano neanche un po’?
I miei interessi sono legati ad una grande passione: la musica. Lo studio del repertorio classico, romantico, moderno e contemporaneo, ma anche dell’arte e della cultura in genere, occupano gran parte del mio tempo. Fino ad ora non ho provato particolari attrazioni per le discoteche e i videogames.

Hai detto che la tuba è lo strumento del secolo, in che senso?
L’evoluzione tecnica che ha accompagnato nei vari decenni strumenti a ottone come la tromba e il trombone ha favorito la stesura di interessanti trattati di pedagogia che ne hanno accresciuto lo sviluppo del registro e della tecnica in generale. Era tempo di dedicare una maggiore attenzione ad altri strumenti della stessa famiglia come la tuba e l’euphonium, capaci di o rire interessanti colori e particolari sonorità. Non è un caso quindi che oggi un numero sempre maggiore di compositori scriva opere dedicate alla tuba, all’euphonium e al cimbasso, donando all’ascoltatore un mondo di suoni ed e etti nora sconosciuto. Inoltre un numero sempre maggiore di studenti si iscrive ogni anno ai corsi di tuba.

Hai suonato ovunque in Europa e pure in Russia: ci sono di erenze fra l’una e l’altra a livello di orchestre?
Esistono molte scuole in Europa con diverse offerte formative. Ho avuto l’opportunità di incontrare musicisti meravigliosi in Germania così come in Spagna, Romania, Moldavia, Grecia, Bulgaria, Austria…In Russia mi sono esibito in veste di solista al festival Tchaikovsky. Accompagnato dalla straordinaria Filarmonica di Izhevsk ho potuto ammirare la grande professionalità dei musicisti russi, con molti dei quali ho mantenuto con loro rapporti di grande amicizia e professionalità.

Ma non hai fatto neanche la più piccola follia, tipo bere vodka a colazione?
In Russia ero impegnato nella realizzazione di un evento che mi vedeva solista in un prestigioso Festival come il Tchaikovsky. Nei giorni che precedevano il concerto ho dedicato tutto il mio tempo allo studio e alle prove. Nei successivi, accompagnato dalle autorità del luogo, ho avuto modo di visitare interessanti opere legate alla storia e alla cultura della Repubblica di Udmurtia: non ho assaggiato vodka ma ho degustato squisiti dolci locali.

C’è un autore classico che de niresti moderno?
J. S. Bach. Ho avuto l’onore di suonare nel 2019 al Bachmuseum di Lipsia, per il 334esimo compleanno del “Padre della musica”.

Sei un altruista: cosa fa un Ambasciatore di Missioni Don Bosco per la musica nel mondo?
I missionari salesiani sono in tutto il mondo per portare il messaggio di San Giovanni Bosco. Loro hanno fondato molte scuole, laboratori per insegnare ai giovani un lavoro e numerose bande musicali alle quali partecipano molti giovani in ogni parte del mondo. Durante i miei concerti nei vari continenti parlo di questo, portando alla conoscenza di tutti un grande patrimonio umano.

Tieni anche masterclass per i giovani: com’è per un ragazzo insegnare ai ragazzi?
In ogni occasione cerco di trasmettere ai ragazzi l’entusiasmo e l’amore per la musica, incoraggiandoli alla realizzazione dei loro sogni, con la consapevolezza però che ciò comporta: passione, caparbietà, serietà, umiltà e spirito di sacrificio.

 

Missioni Don Bosco: Comunicato Stampa 28° Capitolo Generale

Si rende noto il Comunica Stampa di Missioni Don Bosco relativo al 28° Capitolo Generale dei Salesiani che si terrà a Valdocco da domenica 16 febbraio a sabato 4 aprile 2020.

28° Capitolo Generale dei salesiani

Torna nella Casa di Valdocco a Torino

l’appuntamento mondiale degli Ispettori

della Congregazione voluta da Don Bosco

Oltre 200 partecipanti per 50 giorni di confronto e di decisioni
Il frutto di una missione globale iniziata qui più di 150 anni fa

Missioni Don Bosco seguirà con particolare attenzione il Capitolo Generale dei Salesiani di Don Bosco che si svolge da domenica 16 febbraio a sabato 4 aprile 2020.

La dimensione mondiale dell’assise, la dettagliata rappresentanza di tutte le regioni del mondo, l’intensità dei momenti di analisi dell’attuale condizione giovanile sotto ogni latitudine corrispondono all’impegno quotidiano di Missioni Don Bosco, teso a offrire a ragazzi e alle ragazze dei Paesi più svantaggiati le opportunità per costruirsi il futuro.

Per questo, rivolgiamo ai giornalisti l’invito a tenersi in contatto con noi nelle prossime settimane per avvalersi della possibilità di incontrare nel cortile di Valdocco a Torino (in via Maria Ausiliatrice, n. 32) persone sensibili e informate sulle realtà anche le più distanti dall’Italia. Gli “Ispettori” salesiani (equivalenti ai “Provinciali” degli ordini religiosi) sono infatti i responsabili di oltre 14mila uomini nel mondo dediti alla formazione dei giovani nelle scuole e negli oratori, nelle periferie delle città e nei centri rurali. Con loro, la Famiglia Salesiana che comprende 31 gruppi diversi.

Nella loro veste di religiosi i salesiani costituiscono in molti casi le comunità di prima presenza in Paesi “di frontiera” della Chiesa cattolica (es: Maghreb, Eritrea, Thailandia) o un presidio di servizio in aree ad alto rischio (es: Congo, Nigeria, Venezuela, Egitto, Siria) con compiti e con opere sicuramente da conoscere.

Nelle schede seguenti riportiamo i dati numerici di questa vasta missione educativa, riconosciuta anche in sede di Nazioni Unite.

Missioni Don Bosco continua da Valdocco a dare sostegno ai progetti anche più impegnativi, coinvolgendo i benefattori di tutta Italia nell’aiuto ai salesiani che si trovano in mezzo ai più poveri fra i poveri: come nei campi profughi dei Sud-sudanesi o fra gli nativi dell’Amazzonia, nelle aree rurali dell’India come fra gli ex ragazzi soldato della Colombia.

L’accoglienza dei partecipanti al 28° Capitolo Generale inizierà

domenica 16 febbraio alle ore 18,30

con l’Eucaristia nella Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino presieduta dal Rettor Maggiore Don Ángel Fernández Artime.

Siamo a disposizione per favorire l’incontro dei giornalisti con i partecipanti, mentre cercheremo di darvi tempestiva segnalazione delle presenze e dei temi a nostro parere più significativi.

Grazie della cortese attenzione.

Antonio R. Labanca

Missioni Don Bosco ONLUS

via Maria Ausliatrice, 32 – 10152 Torino
tel. 011/399.01.01 – fax 011/399.01.95
e-mail: info@missionidonbosco.org
sito: www.missionidonbosco.org

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