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“Voci fraterne”: la rivista degli Exallievi di Don Bosco compie 100 anni

Essere “buona stampa” per continuare a promuovere la libertà e il rispetto dei valori irrinunciabili di vita, famiglia e educazione. Con questo scopo gli Exallievi di Don Bosco danno il via alle celebrazioni per il centenario di “Voci Fraterne”. Rivista, apparsa per la prima volta nel giugno del 1920, che si è fatta strumento per diffondere non solo notizie relative alle attività nei centri locali diffusi in tutta Italia, ma soprattutto per fornire alla società tutta quegli spunti di formazione permanente tanto amati da Don Bosco e tanto raccomandati ai suoi figli che hanno operato, negli anni, come “buoni cristiani e onesti cittadini”.

Il patrimonio di “Voci Fraterne” – con all’attivo circa mille numeri e oltre 20mila pagine – sarà al centro di un evento dedicato venerdì 8 novembre, dalle ore 10 in poi, nella sala della Regina di Palazzo Montecitorio, a Roma.

Apre l’appuntamento la prolusione sulla comunicazione nel pensiero di Papa Francesco di Andrea Tornielli, che parteciperà anche alla successiva tavola rotonda sullo stato di fatto e sul futuro della stampa cattolica insieme a Vania De Luca, Vincenzo Morgante e Carlo Verna. Le conclusioni saranno affidate a don Bruno Ferrero. Ospite della giornata di approfondimento sarà Marcello Cirillo, già nei panni di Don Bosco nel musical a lui dedicato. L’attore leggerà brani di Don Bosco.
Introdurrà i lavori Giovanni Costanza, presidente della Federazione Italiana Exallievi ed Exallieve di Don Bosco; l’evento, infine, sarà condotto da Valerio Martorana, direttore della rivista.

Andrea Tornielli attualmente ricopre l’incarico di direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione presso la Santa Sede; Carlo Verna è il presidente nazionale dell’ordine dei giornalisti;  Vania De Luca è la presidente nazionale dell’Unione Cattolica Stampa Italiana; Vincenzo Morgante è direttore di Tv2000 e di Radio InBlu; don Bruno Ferrero, sdb, è il direttore del Bollettino Salesiano.

Visionario, tenace e accogliente: lo scrittore Fabio Geda rilegge Don Bosco

Un santo sociale, come il Cottolengo e Murialdo, impegnato a rendere la città di Torino accogliente, andando a cercare nelle strade dei nuovi quartieri in espansione i giovani, soprattutto quelli abbandonati, poveri. Fabio Geda, ex allievo salesiano dell’Agnelli di Torino, ex educatore dell’oratorio San Luigi di San Salvario ha scritto un libro su Don Bosco tracciandone un ritratto preciso: Il demonio ha paura della gente allegra. Di Don Bosco, di me e dell’educare, edito da Solferino. Geda, 46 anni di Torino, è diventato noto  con Nel mare ci sono i coccodrilli, che nel 2010 ha raccontato la storia vera del giovane afgano Enaiatollah Akbari e del suo viaggio fino in Italia.

Racconta Geda al Corriere della Sera: “Le sue visioni hanno davvero raggiunto tutti gli angoli della Terra, invece per noi rimane quello della Società Salesiana. Ma non è stato soltanto questo: si è inventato dal niente il contratto di apprendistato, le società di mutuo soccorso, scuole e dormitori serali”. Al centro della sua azione, sempre i ragazzi: “La sua azione era politica, ma non la politica dei partiti e della burocrazia. Non stava con nessuno e contro nessuno, gli interessavano i ragazzi, il loro futuro”. L’astuzia nel cercare (e trovare) sempre i soldi per i suoi progetti, la concretezza delle sue azioni: per scrivere il libro, Fabio Geda ha studiato per oltre un anno la storia di quel periodo, gli scritti di Don Bosco, i documenti che lo riguardano. Ha anche girato l’Italia, arrivando in Sicilia alla Colonia Don Bosco: “Se Don Bosco vivesse in questi tempi starebbe di sicuro qui, tra i porti del Mediterraneo, insieme a tutti i cooperatori”. E al quotidiano Avvenire che gli chiede come si troverebbe Don Bosco con i ragazzi di oggi risponde: “Benissimo, perché nel tempo non sono i ragazzi a essere cambiati, ma il modo in cui la società si rivolge a loro, da una parte criticandoli con malevolenza e dall’altra caricandoli di una responsabilità che non sono in grado di sostenere. Pare quasi che non ci sia alternativa tra lo sgridarli per qualsiasi cosa e il salutarli come salvatori di un mondo che noi, gli adulti, abbiamo contribuito a rovinare”.

L’accoglienza, lo spirito salesiano non è morto: «Io lo trovo ovunque – conclude Geda nell’intervista al Corriere -. Anche Torino è rimasta accogliente, ma è timida, preferisce il silenzio, fare del bene e subito dopo girarsi dall’altra parte. Vedo una grande energia positiva, certo, esiste anche quella negativa, ognuno però decide da che parte guardare”.