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Conclusione del dossier “Accompagnare gli adolescenti: davvero missione impossibile?”

Da NPG.

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Per non concludere… comunità oasi

Sullo sfondo di tutto resta il grande tema della comunità cristiana. Una comunità chiamata a generare alla fede le giovani generazioni che, al tempo stesso, si trova spaesata e disorientata perché si rende conto che sono necessarie nuove strade ma ancora non sa quali. Ecco, allora, l’importanza di fermarsi, di stare con alcune domande, senza farsi prendere dall’ansia di dover fare tanto. Infatti, il vero problema della nostra attuale pastorale non è soltanto il “si è sempre fatto così”, ma anche la fatica di liberarsi dall’ansia di dover per forza proporre sempre qualcosa. La vera questione è una comunità che si dà tempo per pensarsi in maniera nuova, per sognare una forma altra di se stessa, che si dà nuove priorità e ha il coraggio di lasciare ciò che è infecondo. Questo è l’impasse che ci attende. Dall’eucarestia come centro missionario sarà necessario ritrovare quella forma pratica di “fare la comunione” all’interno e all’esterno della comunità; dall’eucarestia risulterà importante reimparare uno stile eucaristico di vita, fatto di gratuità, generosità, tempo speso per rifare la comunità.
Una comunità che ha il coraggio di verificarsi e di darsi nuovo slancio, probabilmente è una comunità molto coraggiosa, che non teme di fermarsi per un po’ di tempo per ritrovare il suo centro, per chiedersi che cosa le sta maggiormente a cuore, per ritrovare un rinnovato slancio missionario. Una comunità così comprende come sia necessario riprendere in mano il passaggio di testimone ai più giovani, che vengono considerati come il presente e il futuro, un terreno fertile sul quale scommettere le proprie energie. Se non si scommette sul futuro e sul presente, su che cosa si dovrebbe puntare? Una comunità così esprime passione educativa per i più giovani, trova qualcuno che si mette a disposizione per generare altri nella fede, perché è educata a guardare fuori di sé, non all’interno. Una comunità che non ha a cuore anzitutto le strutture e le iniziative, ma che sogna e propone oasi di fraternità e di incontro fra i giovani. Che cos’è un’oasi? È un luogo presente in mezzo al deserto (come appaiono tante nostre comunità oggi) che serve a dare riposo e dissetare durante il lungo cammino percorso, che rinfresca e solleva, dà nuove energie. L’oasi non è fatta per fermarsi a lungo, ma è di passaggio. Luogo fatto per ripartire più rinfrancati e motivati di prima. Così immagino una comunità e un oratorio per i nostri adolescenti. Terminato il tempo in cui i “nostri” luoghi erano contesti in cui si trascorreva molto del tempo libero, per giocare, incontrarsi, divertirsi, oggi la comunità, nelle sue varie espressioni, può davvero trasformarsi in un tempo anzitutto di esercizio della vita cristiana, nelle sue plurime espressioni. Non è più certamente un luogo fatto per sostare a lungo, per mettere le radici, ma può trasformarsi in una valida palestra di vita caratterizzata da un movimento inside/outside dei nostri giovani, che lì trovano adulti capaci di ascolto, liberi da pregiudizi, che non si servono di loro come forza lavoro, ma che vogliano loro bene e vogliano il loro bene. Una comunità o un oratorio oasi sopporta l’abbandono e il ritorno improvviso, perché non ha l’obiettivo di trattenere i giovani, bensì offre loro spazi e tempi per testarsi, sperimentarsi, essere protagonisti, farsi le ossa. Non c’è nessuna progettualità che ci possa assicurare tutto questo, servono solo domande e sogni che, con grande libertà e onestà, provano ad uscire dal già saputo. I punti di forza di una comunità così sono il forte valore delle relazioni non soffocate dalle cose da fare, la capacità di osare il nuovo superando l’immagine e la forma tradizionale di oratorio e di comunità, la grande fiducia nutrita nei confronti dei giovani, la priorità data ai processi piuttosto che al risultato di ciò che abbiamo fatto. È una comunità destrutturata, molto leggera, easy come si direbbe oggi. In cui c’è sempre qualcuno pronto a incontrare gratuitamente i giovani e con loro immagina una nuova forma di vivere la fede. Perché anche e soprattutto di questo si tratta.[1]

NOTE

1 A. MATTEO, Riportare i giovani a messa. La trasmissione della fede in una società senza adulti, Milano, Ancora, 2022.