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Italia – A 40 anni dall’attentato delle BR, il sig. Magagna ricorda

L’agenzia salesiana ANS ha intervistato il sig. Giuseppe Magagna, coadiutore oggi di casa al Noviziato di Genzano, che 40 anni subì un attentato dalle Brigate Rosse, mentre si trovata nel CFP del Gerini di Roma.

(ANS – Roma) – Tutto il mondo ha ricordato pochi giorni fa l’attentato a Giovanni Paolo II compiuto il 13 maggio 1981 dal killer professionista Alì Agca, in Piazza San Pietro: il Papa polacco si salvò miracolosamente ed attribuì sempre la sua salvezza all’intercessione della Madonna. Forse, però, non tutti sanno che pochi giorni dopo, il 29 maggio 1981, fu un salesiano coadiutore a rimanere vittima di un attentato, questa volta da parte del gruppo terroristico delle Brigate Rosse (BR), e anche lui si salvò per una serie di circostanze “fortunate”, che anch’egli attribuisce alla protezione di Maria. In occasione del 40° anniversario di quell’episodio, la vittima e il “miracolato” di quell’attentato, il sig. Giuseppe Magagna, SDB, ha condiviso con ANS i suoi ricordi e le sue riflessioni.

Sig. Giuseppe, cosa ricorda di quel giorno? Ci può descrivere cosa accadde?

Era il mattino del 29 maggio 1981. Tutto l’evento iniziò alle 7:40 e terminò alle 7:55. Stavo aprendo le porte ai ragazzi, quando sento alle spalle una voce: “Ci manda Pasquale, vogliamo farle una intervista”. Pasquale era il politico del CNOS-FAP con cui io collaboravo spesso. Quindi rispondo: “Accomodatevi”, aprendo l’ufficio. Vado ad aprire la persiana e mi sento dietro le spalle una voce forte: “Spicciati, siediti”. Io mi giro e mi sembrava che in mano avesse un microfono e rispondo: “Calma, calma…” Sempre con voce irritata dicono: “Siamo Brigate Rosse, siediti”. Vedo allora il silenziatore di una pistola. Sento freddo alla schiena, ma mi siedo.

Cominciano con la scritta sul muro, ma non riescono a terminare perché la bomboletta non funziona più. Allora mi attaccano il cartello usuale al collo: “CONTRO IL LAVORO NERO” e altro che non ricordo. Quindi il primo colpo di pistola all’inguine destro e la pistola si inceppa. Con un’altra pistola sparano al piede destro e poi alla gamba sinistra e la seconda pistola si inceppa anch’essa. Grido: “Basta, andatevene!”.

E così, non certamente perché l’ho detto io, se ne vanno! Chiamo la portineria e dico di chiudere tutti i cancelli … e poi con l’Economo e un insegnante di corsa al Policlinico… il resto è storia risaputa.

Secondo lei, perché decisero di sparare proprio a lei?

Probabilmente cercavano una persona della Direzione in un punto da cui sarebbe stato più facile uscire.

Infatti, terminato quanto avevano programmato, sono usciti dal laboratorio e, saltando il cancelletto che conduceva all’oratorio sono saliti nella macchina che li attendeva all’ingresso dello stesso, scomparendo nelle vie adiacenti.

È da notare che il cancello dell’oratorio era normalmente chiuso al mattino e solo quella mattina era stato aperto, per motivi di pulizia all’interno. Quindi sicuramente l’attentato era preparato da tempo ed essi attendevano il momento opportuno.

È vero che gli attentatori vennero inseguiti da ragazzi e professori?

Sì. Appena sono usciti dal laboratorio e si sono incamminati a passo veloce verso il cancelletto che divide l’istituto dall’oratorio, un gruppo di ragazzi ha tentato di inseguirli, ma di fronte alle pistole che i BR avevano spianato contro, si sono fermati e quindi le stesse hanno avuto il tempo di saltare il cancelletto.

Ha mai avuto modo di incontrare gli attentatori? Li ha perdonati?

Per il perdono, senz’altro! Una di loro, attraverso Padre Bachelet, mi ha inviato una lettera, che peraltro io non mi ritrovo più, in cui la BR riconosceva l’errore sociale e politico del gruppo e chiedeva il mio perdono.

Io gli ho risposto che il mio perdono era assicurato e l’ho invitata a continuare il suo percorso di ritorno alla società che le BR volevano sovvertire.

A distanza di 40 anni, è riuscito a vedere se da quel tragico episodio è venuto anche qualcosa di bene?

Il fatto che appena tornato dall’ospedale e rientrato in mezzo ai ragazzi, pur con le gambe ingessate, i ragazzi mi abbiano espresso la loro stima e amicizia in tanti modi, questo credo sia stato un momento positivo per i ragazzi stessi, in quanto con il loro comportamento nel tentativo di inseguirli e con la benevolenza poi verso di me hanno dimostrato il rifiuto verso queste forme di violenza.

Inoltre, dopo un anno circa una donna delle BR che non aveva partecipato all’evento, ma aveva contribuito a prepararlo, mi ha telefonato chiedendo perdono pur non avendo partecipato di persona. Nel colloquio telefonico anch’essa ha espresso in modo preciso il suo giudizio negativo del movimento terroristico e mi ha ringraziato per avere risposto e per quanto io gli ho detto in merito alla violenza e al mio perdono.

L’attentato avvenne a pochi giorni dalla festa di Maria Ausiliatrice. Secondo lei, è stata la Madonna a proteggerla?

Certamente! Ho sempre creduto che Qualcuno dall’alto in qualche modo sia intervenuto! Una bomboletta di vernice che non funziona, una prima pistola si inceppa, la seconda si inceppa anch’essa…. Cosa dovrei pensare?

Credo che per me era preparato un campo di lavoro in cui avrei potuto fornire le conoscenze, capacità, comportamenti per far sì che i giovani che avrei incontrato nella formazione professionale diventassero “ONESTI CITTADINI E BUONI CRISTIANI”.

Forse non ho fatto tutto quanto avrei dovuto fare per questo, ma ho fiducia che quel Qualcuno mi farà poi da avvocato quando mi presenterò di fronte alla Giustizia Divina. E per questo pregate per me.

Gian Francesco Romano