Evangelizzazione, pastorale, discepolato
Da Note di Pastorale Giovanile di aprile/maggio 2023.
***
don Gustavo Fabian Cavagnari
Senza relativizzare altre questioni legate al «come», al «quando», al «dove» o al «con chi», la domanda cardine attorno alla quale ruota la discussione sulla pastorale giovanile riguarda il «perché». È appunto il «perché» quello che offre il movente e definisce l’intenzionalità dell’agire pastorale.
Semplicemente ma essenzialmente, la Chiesa «fa» pastorale perché quest’azione è un momento costitutivo della «ricca, complessa e dinamica» missione evangelizzatrice per cui essa esiste[1]. Col grande mandato del Signore risorto (cfr. Mt 28,19-20)[2], la comunità cristiana è stata inviata a fare discepoli tutti i popoli[3]. A tale fine, proclamare Gesù e generare alla vita di Dio e alla fede cristiana mediante il battesimo è sostanziale. Pur tuttavia, non è sufficiente. Inoltre è un dovere riconoscere, abilitare e corresponsabilizzare quelli che sono stati generati come figli; educarli, formali e insegnare loro ad osservare tutto ciò che Cristo ci ha comandato; accompagnarli, guidarli, curarli e rafforzarli nei percorsi dell’esistenza camminando con loro. È proprio qui che si colloca l’azione pastorale. Essa si configura infatti come la dimensione o l’ambito della missione ecclesiale in cui, a partire dalla testimonianza, l’annuncio e il successivo itinerario catechistico-iniziatico, si «nutre la fede dei battezzati e li [si] aiuta nel processo permanente di conversione della vita cristiana»[4].
In quanto espressione dell’unica pastorale della Chiesa, non ci sono motivi per pensare che la pastorale giovanile possa esimersi da questo compito. Non ci sono alibi che possano distrarre lo sguardo di chi lavora con i giovani da questa responsabilità che accomuna ogni espressione della pastorale ecclesiale. Generare discepoli missionari è perciò lo scopo specificamente teologale anche della pastorale giovanile![5] Ecco la meta che dovrebbe orientare tutti i suoi interventi! Ecco l’orizzonte da «tener presente» e in vista di cui «adottare i processi possibili» (EG n. 225)! Tempi, strutture e modi sono, in fin dei conti, al servizio di questo traguardo[6].
Insomma, è nella risposta al perché «fare» pastorale con i giovani che si definisce il profilo di quest’azione ecclesiale. Senz’altro, essa è rivolta a promuovere la loro umanità, riabilitare la loro dignità, formare la loro coscienza, accompagnarli di maniera che siano in grado di discernere le scelte concrete da fare in verità e rettitudine e si impegnino nella vita in modo corresponsabile. Inoltre, a favorire la loro crescita spirituale. Soprattutto, però, ad annunciare Gesù Cristo e le esigenze ineludibili della vita cristiana, in modo da avviare e far crescere il loro discepolato missionario nella Chiesa insieme ad altri fratelli e sorelle. Questo è un unicum qualificante!
«La pastorale giovanile propone un progetto di vita basato su Cristo»[7]. Ci domandiamo: Siamo consapevoli di questa singolarità? Siamo convinti che, oltre a tutto il bene che si fa e si può fare ai giovani, in molteplici e creativi modi, la pastorale giovanile dovrebbe essere contraddistinta dal proporre un percorso di fede che «si traduce in vocazione e sequela del Signore Gesù»[8]? Ci accontentiamo di offrire lodevoli «prestazioni» sociali, educative o assistenziali, senza permetterci però di ripensare «gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi» di quello che facciamo alla luce del mandato ricevuto (EG n. 33)?
* NPG aprile-maggio 2023
NOTE
[1] Cfr. Paolo VI, Evangelii nuntiandi: Esortazione apostolica sull’evangelizzazione nel mondo contemporaneo (8/12/1975), n. 17. In seguito: EN. Per i documenti ecclesiastici ho scelto di non indicare i riferimenti bibliografici completi, ma solo il loro titolo e data di pubblicazione, considerando che i testi sono reperibili on line.
[2] Cfr. Francesco, Evangelii gaudium: Esortazione apostolica sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale (24/11/2013), n. 19. In seguito: EG.
[3] È interessante notare che la struttura della frase matteana si appoggia sul verbo «fare», all’imperativo, seguito da due gerundi sconnessi, «battezzando» e «insegnando», che scandiscono l’azione dei discepoli stessi. In questa luce, il perno dell’evangelizzazione non è solo rendere testimonianza al Vangelo né solo proclamarlo – benché entrambe queste azioni siano essenziali – ma fare discepoli. Cfr. R. France, The Gospel of Matthew, Eerdmans, Grand Rapids 2007, pp. 1106-1119.
[4] Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, Direttorio per la Catechesi, LEV, Città del Vaticano 2020, n. 35.
[5] Con «teologale» intendo dire che, sostanzialmente, generare i giovani alla vita cristiana significa abilitarli a professare la fede permeata di speranza nella carità. Quando per diversi motivi tale traguardo non è o non può essere perseguito, l’azione ecclesiale con i giovani si configura secondo altre figure che vanno intese come «pastorale giovanile» solo in senso derivato e analogico. Per approfondire questo aspetto mi permetto di rimandare al mio libro: G. Cavagnari, Andate e fate discepoli. Verso una pastorale giovanile evangelizzatrice, Elledici, Torino 2021, pp. 21-66, specie 56-63.
[6] Cfr. D. Fields, Purpose-Driven Youth Ministry: 9 Essential Foundations for Healthy Growth, Zondervan, Grand Rapids 1998, pp. 17-18.
[7] Francesco, Christus vivit: Esortazione apostolica post-sinodale ai giovani e a tutto il popolo di Dio (25/3/2019), n. 242. In seguito: ChV.
[8] Conferenza Episcopale Italiana, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia: Orientamenti pastorali per il primo decennio del 2000 (29/6/2001), n. 51.