Compagni di viaggio, A proposito del carattere “pellegrino” della Chiesa

Da NPG di febbraio.

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di don Rossano Sala

Stiamo entrando nel vivo del Sinodo sulla sinodalità

Nei giorni in cui leggerete questo editoriale si starà svolgendo a Praga l’incontro europeo di consultazione ecclesiale previsto dal cammino sinodale in atto (5-12 febbraio 2023). È uno dei sei incontri previsti a livello continentale per quella che appunto è chiamata la “tappa continentale” del Sinodo sulla sinodalità. Si tratta di far emergere le diverse sensibilità ecclesiali e originalità pastorali dei differenti contesti in cui la Chiesa è incarnata.
A questi incontri seguiranno due momenti a livello di Chiesa universale, così come è stato esplicitato da papa Francesco qualche mese fa:
Il 10 ottobre dell’anno scorso si è aperta la prima fase della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, sul tema “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”. Da allora si sta svolgendo nelle Chiese particolari la prima fase del Sinodo, con l’ascolto e il discernimento. I frutti del processo sinodale avviato sono molti, ma perché giungano a piena maturazione è necessario non avere fretta. Pertanto, allo scopo di disporre di un tempo di discernimento più disteso, ho stabilito che questa Assemblea sinodale si svolgerà in due sessioni. La prima dal 4 al 29 ottobre 2023 e la seconda nell’ottobre del 2024. Confido che questa decisione possa favorire la comprensione della sinodalità come dimensione costitutiva della Chiesa, e aiutare tutti a viverla in un cammino di fratelli e sorelle che testimoniano la gioia del Vangelo[1].
Dall’ottobre 2021 fino a metà agosto del 2022 abbiamo vissuto un percorso di ascolto verso tutte le Chiese particolari, che avevano come perno le 114 Conferenze Episcopali del mondo. Un momento in cui tutti hanno potuto partecipare, prendendo la parola e offrendo il loro contributo.
Il rilancio di questa fase di ascolto è avvenuto con la pubblicazione del Documento per la Tappa Continentale (24 ottobre 2022). Leggendolo con attenzione, questo testo non parla né in forma estesa dei giovani né in modo entusiasta della loro partecipazione al processo sinodale in atto. Dice infatti che

è universale la preoccupazione per la scarsa presenza della voce dei giovani nel processo sinodale, così come in modo crescente nella vita della Chiesa. Una rinnovata attenzione per i giovani, la loro formazione e il loro accompagnamento sono un’urgenza, anche in attuazione delle conclusioni del precedente Sinodo su I giovani, la fede e il discernimento vocazionale (2018). In quella occasione furono proprio i giovani a far emergere la necessità di una Chiesa più sinodale in vista della trasmissione della fede oggi[2].

Effettivamente, lo dobbiamo ammettere a quasi cinque anni di distanza, il Sinodo sui giovani è stato un grande momento di convocazione che ha creato entusiasmo e aperto possibilità, ma non ha per ora reso possibile un’autentica svolta nella pastorale giovanile e nell’attenzione ecclesiale verso le giovani generazioni. In gergo giovanile, possiamo dire che “non ha ancora sfondato”. La Chiesa nel suo insieme non è riuscita a mettere pienamente a frutto la “scossa” generata dal cammino compiuto insieme ai giovani.
In Italia abbiamo visto tante Chiese locali mettersi all’opera con sincerità e passione; tanti si sono messi in gioco dando priorità al lavoro pastorale con e per i giovani; alcune regioni ecclesiastiche stanno con creatività mettendo in dialogo i giovani con i loro pastori. Sussiste però ancora una fase di stanchezza e di debolezza. Anche perché davvero i ragazzi, gli adolescenti e i giovani di oggi vivono in un mondo molto diverso rispetto a quello abitato dai loro educatori e pastori. Superare questo vero e proprio gap generazionale non è per nulla facile.
Se poi diamo uno sguardo all’Europa nel suo insieme, ci accorgiamo che le fatiche sono ancora più grandi. Alcune Chiese sono finite in ginocchio durante la pandemia, che ha messo a dura prova perfino la loro sostenibilità e il mantenimento delle strutture ordinarie. La guerra tuttora in corso non promette nulla di buono per nessuno, e per i giovani in maniera specifica tronca le ali verso una visione di futuro positiva e propositiva.

La sinodalità manifesta il carattere pellegrino della Chiesa

Nell’Angelus citato sopra papa Francesco si augura che il cammino sinodale in atto “possa favorire la comprensione della sinodalità come dimensione costitutiva della Chiesa”. Proviamo allora anche noi a dire qualcosa di serio e fondato sull’idea di sinodalità. Anche perché, come tutti sappiamo, dopo Christus vivit non è possibile pensare e agire senza prendere sul serio il fatto che

la pastorale giovanile non può che essere sinodale, vale a dire capace di dar forma a un “camminare insieme” che implica una valorizzazione dei carismi che lo Spirito dona secondo la vocazione e il ruolo di ciascuno dei membri della Chiesa, attraverso un dinamismo di corresponsabilità. Animati da questo spirito, potremo procedere verso una Chiesa partecipativa e corresponsabile, capace di valorizzare la ricchezza della varietà di cui si compone, accogliendo con gratitudine anche l’apporto dei fedeli laici, tra cui giovani e donne, quello della vita consacrata femminile e maschile, e quello di gruppi, associazioni e movimenti. Nessuno deve essere messo o potersi mettere in disparte[3].

A partire da queste parole così chiare ci chiediamo: quando parliamo di sinodalità, che cosa intendiamo? È una moda del momento oppure un’esigenza imprescindibile per la Chiesa del terzo millennio? In che senso la sinodalità è un elemento “costitutivo” della Chiesa?
La Chiesa è, come recitiamo nel simbolo degli apostoli, “una, santa, cattolica e apostolica”. Queste sono le sue quattro note distintive, e sappiamo di che cosa si tratta. Nella sostanza la Chiesa è soprattutto “popolo di Dio”: questo è il suo essere, la sua realtà più vera. Affermare ciò non è semplicemente fare riferimento ad una metafora o un’immagine esplicativa, ma richiama la sostanza più propria della Chiesa: siamo un popolo che il Signore si è acquistato con il proprio sangue.
Potremmo dunque chiederci il perché dell’attuale insistenza sulla “sinodalità”, se non è una questione di essenza o di sostanza. In realtà la sinodalità non sta nella logica della sostanza, ma del dinamismo: è legata in maniera specifica al tempo che scorre, alla storia che avanza. Sinodalità è la sottolineatura che il popolo di Dio è in cammino. E quindi prende in considerazione il suo modo di procedere e il suo stile relazionale, per vedere se il suo incedere nella storia degli uomini è fedele all’evangelo di Dio.
Riconoscere ciò oggi è sempre più decisivo. La Chiesa non è una realtà statica, ferma, bloccata, ingessata, ma è una realtà dinamica, magmatica, vivace. È una vita che si sviluppa nel cammino e nella relazione, perché ha la forma dell’evento e dell’incontro. Per questo parlare di sinodalità significa invitarci ad una verifica seria della qualità relazionale del nostro essere Chiesa. Talvolta, anche all’interno della Chiesa, dominano invidia e gelosia, concorrenza e competizione, maldicenza e mormorazione. La sinodalità ci chiede di lavorare esattamente a questo livello relazionale, e anche a livello comunicativo.
Per dirla in un altro modo: dando per scontato la sostanza della Chiesa, il focus sulla sinodalità prende in considerazione la forma della Chiesa, e quindi, se necessario, la sua riforma. Questo dice che la Chiesa non esiste come idea teorica, ma come corpo vivente che cammina nel tempo e nello spazio. Quindi non semplicemente nel mondo in astratto, ma in un mondo concreto, situato, unico e non replicabile. In questo senso, come ben dice il documento finora migliore sul tema, «la sinodalità manifesta il carattere “pellegrino” della Chiesa»[4]. Così

la sinodalità esprime l’essere soggetto di tutta la Chiesa e di tutti nella Chiesa. I credenti sono σύνoδοι, compagni di cammino, chiamati a essere soggetti attivi in quanto partecipi dell’unico sacerdozio di Cristo e destinatari dei diversi carismi elargiti dallo Spirito Santo in vista del bene comune[5].

Notiamo, dal punto di vista biblico, come nei vangeli si utilizza solo una volta la parola “sinodo”[6]. Siamo nel simpatico episodio in cui Gesù adolescente è rimasto a Gerusalemme, mentre i suoi parenti facevano ritorno a casa: «Credendo che fosse nella comitiva (σύνoδία), fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo»[7]. Ecco l’idea di sinodalità nella sua semplicità e complessità: una comitiva, una carovana, un gruppo di pellegrini abbastanza eterogeneo ma unito da un medesimo obiettivo, quello di andare al tempio del Signore per rendergli omaggio e poi di ritornare pieni di gioia verso la loro dimora. Ciò che ci tiene uniti è il Signore, è l’essere salvati da lui e il camminare verso di lui nel tempo e nella storia. Siamo parte di una cordata, dipendenti gli uni dagli altri, affidati gli uni agli altri: questo è essere Chiesa!

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