Venti poster per ricordare Don Bosco e i suoi detti più famosi

Dall’agenzia ANS.

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(ANS – Roma) – Don Bosco, uomo di preghiera e d’azione, non solo ha gettato le basi di un immenso movimento di persone che si dedica alla salvezza dei giovani, ma ha anche lasciato a tutti i suoi figli spirituali un grande bagaglio di indicazioni utili per non perdere mai la rotta. Tra quello che era solito ripetere, e che è stato poi raccolto e testimoniato dai suoi contemporanei, e ciò che scrisse in prima persona, ci sono pagine e pagine di aforismi che in maniera netta e con uno stile icastico offrono tuttora indicazioni valide per una vita bella, piena di significato e santa.

In vista della festa di Don Bosco, il Settore per la Comunicazione Sociale ha pensato di selezionare alcuni di questi suoi celebri detti e ne ha realizzato dei semplici, ma accattivanti poster, che insieme all’immagine del santo diffondono ancora oggi i suoi illuminanti pensieri.

Dal pulsante, si possono scaricare le 20 perle che Don Bosco regala a tutti i lettori di ANS e a chiunque ancora oggi voglia mettersi a seguirne le orme.

 

Benedizione della Cappella della Parola presso la Sede Centrale Salesiana

Dall’agenzia ANS.

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(ANS – Roma) – Domenica 28 gennaio 2024, IV Domenica del Tempo Ordinario, il Cardinale Ángel Fernández Artime, Rettor Maggiore dei Salesiani di Don Bosco, ha benedetto la nuova Cappella della Parola presso la Sede Centrale Salesiana – oggetto in questi mesi di profondi lavori di ristrutturazione. È stato un rito molto semplice e allo stesso tempo intenso, nel corso del quale la comunità della Sede Centrale Salesiana ha potuto gioire per la disponibilità di questo nuovo ambiente, uno spazio di comunione fraterna alla mensa della Divina Parola.

Durante la preghiera dei vespri i confratelli della comunità si sono radunati per affidare al Signore l’ambiente destinato alla preghiera liturgica comunitaria. Alla celebrazione era presente, insieme al Rettor Maggiore, anche il Consigliere Generale per la Comunicazione Sociale, don Gildasio Mendes, nonché l’artista autrice dei dipinti che decorano la cappella, Silvia Allocco, con la sua famiglia.

Nel corso della breve cerimonia il Rettor Maggiore, dopo il canto d’inizio e il saluto ai presenti, ha innalzato a nome di tutti la preghiera a Dio, lodandoLo per il dono di Cristo e impetrando l’intercessione della Vergine Maria, di San Giuseppe, di San Francesco di Sales e San Giovanni Bosco; e quindi ha incensato le immagini corrispondenti.

Successivamente, dopo la lettura dei salmi dei Vespri, il Rettor Maggiore ha proceduto alla benedizione dell’ambone, e ha offerto il pensiero dell’omelia, nella quale ha sottolineato l’importanza del ritrovarsi insieme per costruire la pace in un momento storico dove la guerra avanza e assume dimensioni mondiali. “La nostra comunità è chiamata ad implorare e a vivere reciprocamente il dono della pace” è stato il messaggio inviato ai suoi confratelli nella circostanza.

Il rito si è concluso con la benedizione solenne dell’altare, la recita comunitaria del Padre Nostro e di una preghiera a Don Bosco.

A proposito di questo momento comunitario, il Direttore della comunità della Sede Centrale Salesiana, don Francesco Marcoccio, ha dichiarato: “È stata un’occasione per ricordare tutti i confratelli che sono al servizio del Rettor Maggiore, per pregare per tutte le case salesiane nel mondo, per ribadire la fedeltà al fondatore e procedere in quel rinnovamento del carisma salesiano richiesto dal cammino verso il Capitolo Generale 29”.

La nuova Cappella della Parola della Sede Centrale Salesiana è stata realizzata grazie ad otto mesi di intensi lavori ed è in grado di ospitare 68 persone.

 

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Equipe di esperti a raduno per una revisione del nuovo documento salesiano sulla comunicazione

Dall’agenzia ANS.

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(ANS – Torino) – Fare una revisione accurata del nuovo documento sulla comunicazione, che accompagnerà il cammino della Congregazione Salesiana nei prossimi anni: è stato questo l’impegno di una équipe di esperti in mass media e comunicazione, che si è riunita dal 22 al 25 gennaio 2024 a Torino, nella casa salesiana di Valdocco.

Hanno partecipato ai lavori, sotto la guida di don Gildasio Mendes, Consigliere Generale per la Comunicazione Sociale: Luca Caruso, giornalista; don Fabio Díaz, Delegato per la Pastorale Giovanile e la Comunicazione Sociale dell’Ispettoria “San Luigi Bertrando” di Colombia-Medellín (COM); Margherita Ferro, scrittrice; Flavia Trupia; docente di retorica, scrittura e comunicazione, amministratore di “Per La Retorica”.

Durante la permanenza a Valdocco, l’équipe ha avuto l’opportunità di incontrare il Cardinale Ángel Fernández Artime, Rettor Maggiore dei Salesiani, e i membri del Consiglio Generale della Congregazione, vivendo in un clima di fraternità e di condivisione del carisma salesiano, che ha favorito la riflessione e il lavoro del gruppo.

L’incontro degli specialisti si è svolto, inoltre, anche nel giorno della ricorrenza di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e grande comunicatore, scelto da Don Bosco quale modello e da cui deriva il nome della Congregazione. La sua festa è stata celebrata con una Messa solenne presieduta dal Rettor Maggiore nella Basilica di Maria Ausiliatrice, la sera del 24 gennaio.

A conclusione dei lavori, don Gildasio Mendes ha ringraziato i partecipanti per il loro grande impegno e la loro dedizione nella revisione del testo. Adesso, sulla base delle proposte e dei suggerimenti raccolti, sarà preparata una seconda bozza del documento, sulla quale si continuerà a lavorare.

Nel prossimo mese di giugno, poi, il testo sarà presentato al Consiglio Generale, per lo studio e la revisione finale.

 

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La Stampa, intervista al Papa: “Don Bosco ha cambiato un po’ la storia. Anche con riflessioni culturali. E pure attraverso conversazioni con chi lo contrastava”

In una intervista rilasciata a Domenico Agasso de La Stampa, il Papa ha parlato anche di Don Bosco.

Il 31 gennaio è la festa di don Giovanni Bosco, «il Santo dei giovani»: che cosa insegna ancora oggi?

«Pare che una volta don Bosco abbia detto: “Se volete avere e aiutare dei giovani buttate un pallone sulla strada”. Il fondatore dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice è stato capace di chiamare, coinvolgere ed entusiasmare i ragazzini senza futuro, e dare loro un futuro. Come? Con gli oratori. Lì i giovani giocavano, pregavano e imparavano. Per migliaia di piccoli abbandonati, disperati, destinati a un’esistenza di stenti e di esclusione, don Bosco ha tracciato la via di un avvenire di dignità e speranza. Ha fornito loro gli strumenti intellettuali e spirituali per superare gli ostacoli e valorizzare la propria vita. E ci è riuscito nonostante attacchi feroci: non dimentichiamoci che il Santo di Valdocco ha vissuto nell’epoca del Piemonte massonico e mangiapreti, e in quell’ambiente ostile è stato capace di trasformare in meglio l’atteggiamento sociale del territorio nei confronti dei giovani. Don Bosco ha cambiato un po’ la storia. Anche con riflessioni culturali. E pure attraverso conversazioni con chi lo contrastava».

L’intervista poi ha trattato i temi di attualità, la guerra, la pace e i giovani:

Santità, il mondo è nel pieno della «guerra mondiale a pezzi» da cui Lei aveva messo in guardia anni fa…
«Mai mi stancherò di ribadire il mio appello, rivolto in particolare a chi ha responsabilità politiche: fermare subito le bombe e i missili, mettere fine agli atteggiamenti ostili. In ogni luogo. La guerra è sempre e solo una sconfitta. Per tutti. Gli unici che guadagnano sono i fabbricanti e i trafficanti di armi. È urgente un cessate il fuoco globale: non ci stiamo accorgendo, o facciamo finta di non vedere, che siamo sull’orlo dell’abisso». Esiste una «guerra giusta»? «Bisogna distinguere e stare molto attenti ai termini. Se ti entrano in casa dei ladri per derubarti e ti aggrediscono, tu ti difendi. Ma non mi piace chiamare “guerra giusta” questa reazione, perché è una definizione che può essere strumentalizzata. È giusto e legittimo difendersi, questo sì. Ma per favore parliamo di legittima difesa, in modo da evitare di giustificare le guerre, che sono sempre sbagliate».

Come descrive la situazione in Israele e Palestina?
«Adesso il conflitto si sta drammaticamente allargando. C’era l’accordo di Oslo, tanto chiaro, con la soluzione dei due Stati. Finché non si applica quell’intesa, la pace vera resta lontana». Che cosa teme più di tutto? «L’escalation militare. Il conflitto può peggiorare ulteriormente le tensioni e le violenze che già segnano il pianeta. Però allo stesso tempo in questo momento coltivo un po’ di
speranza, perché si stanno svolgendo riunioni riservate per tentare di arrivare a un accordo. Una tregua sarebbe già un buon risultato». Come sta agendo la Santa Sede in questa fase degli scontri in Medio Oriente? «Una figura cruciale è il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini. È un grande. Si muove bene. Sta provando con determinazione a mediare. I cristiani e la gente di Gaza – non intendo Hamas – hanno diritto alla pace. Io tutti i giorni videochiamo la parrocchia di Gaza. Ci vediamo nello schermo di Zoom, parlo alla gente. Lì in parrocchia sono 600 persone. Stanno continuando la loro vita guardando ogni giorno la morte in faccia. E poi, l’altra priorità è sempre la liberazione degli ostaggi israeliani».

E come procede la diplomazia vaticana sul fronte del conflitto in Ucraina?
«Ho dato l’incarico di questa missione complicata e delicata al cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana: è bravo ed esperto, sta attuando una costante e paziente opera diplomatica per mettere da parte le conflittualità e costruire un’atmosfera di riconciliazione. È andato a Kiev e a Mosca, e poi a Washington e a Pechino. La Santa Sede sta cercando di mediare per lo scambio di prigionieri e il rientro di civili ucraini. In particolare stiamo lavorando con la signora Maria Llova-Belova, la commissaria russa ai diritti dell’infanzia, per il rimpatrio dei bambini ucraini portati con la forza in Russia. Qualcuno è già tornato nella sua famiglia».

Quali sono i pilastri su cui costruire la pace nel mondo?
«Dialogo. Dialogo. Dialogo. E poi, la ricerca dello spirito di solidarietà e fraternità umana. Non possiamo più ucciderci tra fratelli e sorelle! Non ha senso!».

Lei invita sempre alla preghiera: quanto conta e può incidere mentre il mondo brucia?
«La preghiera non è astratta! È una lotta con il Signore affinché ci dia qualcosa. La preghiera è concreta. E forte, e incisiva. La preghiera conta! Perché prepara il cammino verso una pacificazione, bussa alla porta del cuore di Dio affinché illumini e conduca gli esseri umani verso la pace. La pace è un dono che Dio può darci anche quando sembra che la guerra stia prevalendo  inesorabilmente. Per questo insisto in ogni occasione: bisogna pregare per la pace».

Lei a Lisbona, la scorsa estate, di fronte a milioni di giovani ha gridato con forza che la Chiesa è per «todos, todos todos»: rendere la Chiesa aperta a tutti è la grande sfida del suo pontificato?
«È la chiave di lettura di Gesù. Cristo chiama tutti dentro. Tutti. C’è proprio una parabola: quella del banchetto nuziale al quale nessuno si presenta, e allora il re manda i servi “ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Il Figlio di Dio vuole far capire che non desidera un gruppo selezionato, un’élite. Poi qualcuno magari entra “di contrabbando”, ma a quel punto è Dio a occuparsene, a indicare il percorso. Quando mi interrogano: “Ma possono entrare pure queste persone che sono in tale inopportuna situazione morale?”, io assicuro: “Tutti, l’ha detto il Signore”. Domande come questa mi arrivano soprattutto negli ultimi tempi, dopo alcune mie decisioni…».

In particolare la benedizione delle «coppie irregolari e dello stesso sesso»…
«Mi chiedono come mai. Io rispondo: il Vangelo è per santificare tutti. Certo, a patto che ci sia la buona volontà. E occorre dare istruzioni precise sulla vita cristiana (sottolineo che non si benedice  l’unione, ma le persone). Ma peccatori siamo tutti: perché dunque stilare una lista di peccatori che possono entrare nella Chiesa e una lista di peccatori che non possono stare nella Chiesa? Questo non è Vangelo».

Durante la seguitissima intervista televisiva a Fabio Fazio nella trasmissione Che Tempo Che Fa ha parlato del prezzo della solitudine che deve pagare dopo un passo come questo: come sta vivendo la levata di scudi di chi insorge?
«Chi protesta con veemenza appartiene a piccoli gruppi ideologici. Un caso a parte sono gli africani: per loro l’omosessualità è qualcosa di “brutto” dal punto di vista culturale, non la tollerano. Ma in generale, confido che gradualmente tutti si rasserenino sullo spirito della dichiarazione “Fiducia supplicans” del Dicastero per la Dottrina della Fede: vuole includere, non dividere. Invita ad accogliere e poi affidare le persone, e affidarsi, a Dio».

Soffre per la solitudine?
«La solitudine è variabile come la primavera: in quella stagione puoi trascorrere una giornata bellissima, con il sole, il cielo azzurro e una brezza piacevole; 24 ore dopo magari il clima ti incupisce. Tutti viviamo solitudini. Chi dice “io non so che cos’è la solitudine” è una persona acui manca qualcosa. Quando mi sento solo innanzitutto prego. E quando percepisco tensioni attorno a me, provo con calma a instaurare dialoghi e confronti. Ma vado comunque sempre avanti, giorno dopo giorno».

Teme uno scisma?
«No. Sempre nella Chiesa ci sono stati gruppetti che manifestavano riflessioni di colore scismatico… bisogna lasciarli fare e passare… e guardare avanti».

Siamo all’alba di una nuova era segnata dall’Intelligenza artificiale: quali sono le sue speranze e le sue preoccupazioni?
«Qualsiasi novità scientifica e tecnologica deve avere carattere umano, e permettere agli esseri umani di rimanere pienamente umani. Se si perde il carattere umano si perde l’umanità. Nel Messaggio per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali ho scritto: “In quest’epoca che rischia di essere ricca di tecnica e povera di umanità, la nostra riflessione non può che partire dal cuore umano”. L’Intelligenza artificiale è un bel passo in avanti che potrà risolvere molti problemi, ma potenzialmente, se gestita senza etica, potrà anche provocare tanto male all’uomo. L’obiettivo da porsi è che l’Intelligenza artificiale sia sempre in armonia con la dignità della persona. Se non ci sarà quest’armonia, sarà un suicidio».

Dio troverà ancora posto in mezzo ai robot?
«Dio c’è sempre. Lui si arrangia. È sempre vicino a noi, pronto ad aiutarci, anche quando non ce ne accorgiamo. Anche quando non lo cerchiamo. Anche quando non lo vogliamo. E se vede che le
derive sono sfrenate, si fa sentire. Nei suoi modi, che superano tutto e tutti».

Come va la sua salute?
«Qualche acciacco c’è, ma adesso va meglio, sto bene».

Le dà fastidio sentire parlare delle sue possibili dimissioni a ogni colpo di tosse?
«No, perché la rinuncia è una possibilità per ogni pontefice. Ma adesso non ci penso. Non mi inquieta. Se e quando non ce la farò più, inizierò eventualmente a ragionarci. E a pregarci su».

Quali potrebbero essere i suoi viaggi del 2024? «Uno in Belgio. Un altro a Timor Est, Papua Nuova Guinea e Indonesia, ad agosto. Poi c’è l’ipotesi Argentina, che però tengo per adesso “tra parentesi”: l’organizzazione della visita non è ancora cominciata. Per quanto riguarda l’Italia, andrò a Verona a maggio, e a Trieste a luglio».

Il neo presidente argentino Javier Milei l’ha attaccata più volte e con irruenza in questi mesi: si è sentito offeso?
«No. Le parole in campagna elettorale vanno e vengono».

Lo incontrerà?
«Sì. L’11 febbraio verrà alla canonizzazione di “Mama Antula”, fondatrice della Casa per Esercizi spirituali di Buenos Aires. Prima delle canonizzazioni è consuetudine il saluto con le autorità in sacrestia. E poi so che ha chiesto appuntamento per un colloquio con me: ho accettato, e dunque ci vedremo. E sono pronto a iniziare un dialogo – parola e ascolto – con lui. Come con tutti».

Perché ha istituito la Giornata mondiale dei Bambini?
«Perché mancava. Ne percepivo il bisogno. A novembre abbiamo realizzato quell’incontro con migliaia di bimbi e ragazzini giunti da tutto il pianeta nell'”Aula Paolo VI”: è andato molto bene. Il 25 e 26 maggio a Roma ci sarà la prima Giornata ufficiale. Lo scopo è suscitare meditazioni e azioni per rispondere ai quesiti: “Che tipo di mondo desideriamo lasciare ai bambini che stanno crescendo? Con quali prospettive?”. Se li ascoltiamo e li osserviamo, i bambini sono maestri di vita per noi adulti e anziani, perché sono puri, genuini e spontanei. Ogni loro comportamento, anche quello più complicato e apparentemente indecifrabile, è una lezione. Se ci impegniamo per il loro bene, faremo del bene a noi stessi. E all’umanità intera».

Qual è il suo sogno per la Chiesa che verrà?
«Seguire la bella definizione della “Dei Verbum”, la costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II: “Dei Verbum religiose audiens et fidenter proclamans”, ascoltare religiosamente la Parola di Dio e proclamarla con ferma fiducia, e con forza. Sogno una Chiesa che sappia essere vicina alla gente nella concretezza e nelle sfumature e nelle asperità della vita quotidiana. Io continuo a pensare ciò che ho detto nelle Congregazioni generali, le riunioni dei cardinali che precedono il Conclave: “La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e a dirigersi verso le periferie, non solo quelle geografiche ma anche quelle esistenziali: quelle del mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e dell’assenza di fede, quelle del pensiero, quelle di ogni forma di miseria”».

Che cosa ricorda delle giornate storiche del marzo di undici anni fa?
«Dopo il mio intervento è scattato un applauso, inedito in tale contesto. Ma io assolutamente non avevo intuito ciò che molti mi avrebbero poi rivelato: quel discorso è stata la mia “condanna” (sorride, nda). Quando stavo uscendo dall'”Aula del Sinodo” c’era un cardinale di lingua inglese che mi ha visto e ha esclamato: “Bello quello che hai detto! Bello. Bello. Ci vuole un Papa come te!”. Ma io non mi ero accorto della campagna che stava nascendo per eleggermi. Fino al pranzo del 13 marzo, qui a Casa Santa Marta, alcune ore prima della votazione decisiva. Mentre stavamo mangiando, mi hanno posto due o tre interrogativi “sospetti”… Allora nella mia testa cominciavo a dirmi: “Qui sta accadendo qualcosa di strano…”. Ma sono comunque riuscito a fare una siesta. E quando mi hanno eletto ho avuto una sorprendente sensazione di pace dentro di me». E oggi come si sente? «Mi sento un parroco. Di una parrocchia molto grande, planetaria, certo, ma mi piace mantenere lo spirito da parroco. E stare in mezzo alla gente. Dove trovo sempre Dio».

Don Bosco in TV: tre appuntamenti per conoscerlo meglio

Dall’agenzia ANS.

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(Roma, 26 gennaio 2024) – La festa di San Giovanni Bosco, Padre e Maestro dei Giovani, è una ricorrenza sentita e partecipata in tutto il mondo.

A livello globale saranno numerose le emittenti e le testate giornalistiche che inseriranno nei loro palinsesti degli spazi speciali dedicati a ricordarne la figura e a parlare di chi porta avanti la sua missione oggi.

Sulle reti televisive italiane, ad esempio, sono già in programma nei prossimi giorni tre appuntamenti, che avranno per protagonisti il Cardinale Ángel Fernández Artime, Rettor Maggiore dei Salesiani; il Co-portavoce della Congregazione Salesiana, don Giuseppe Costa; e il Consigliere Generale per la Pastorale Giovanile salesiana, don Miguel Ángel García Morcuende.

In vista della festa, domenica 28 gennaio 2024, su TgCom24, intorno alle 14:15/14:20 (UTC+1) andrà in onda l’intervista al Card. Á.F. Artime, all’interno della rubrica “Stanze Vaticane”. Il colloquio con il vaticanista Fabio Marchese Ragona sarà successivamente disponibile sulla piattaforma Mediaset Infinity e sul canale YouTube di TgCom24.

Mentre nella giornata di mercoledì 31 gennaio:

  • Don Costa sarà ospite del programma di approfondimento “Di buon mattino”, su TV2000, contenitore di attualità che ha inizio alle ore 7:30 (UTC+1)
  • Don García Morcuende verrà intervistato nell’ambito della rubrica “TG2 Italia Europa”, sulla rete Rai 2, con inizio alle ore 10:00 (UTC+1)

Per tutti gli interessati saranno, dunque, tre opportunità per conoscere ancora meglio e più da vicino la sempre attuale figura di Don Bosco.

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Convegno “Giovani e sessualità. Sfide, criteri, percorsi educativi”

Dal sito dell’Università Pontificia Salesiana.

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Il convegno rappresenta il punto di arrivo di un percorso di riflessione e ricerca che l’Università ha avviato nel 2022 coinvolgendo, in modo interdisciplinare, i docenti delle diverse Facoltà e Centri Collegati. Sarà anche l’occasione per condividere i frutti di tale ricerca e promuovere l’accompagnamento dei giovani nell’educazione affettiva e sessuale.

I destinatari sono educatori, religiosi e religiose, preti e operatori pastorali che quotidianamente si trovano a relazionare con il mondo giovanile.

L’apertura dei lavori è prevista per venerdì 1° marzo 2024 alle ore 16:00 e proseguiranno per tutta la giornata di sabato 2 marzo. Domenica 3 marzo il Convegno terminerà, dopo gli ultimi interventi, con la Celebrazione eucaristica presieduta dal Rettor Maggiore card. Ángel Fernández Artime, prevista alle ore 12:00. Il Consigliere per la Pastorale Giovanile accompagnerà tutti i lavori.

Tramite il seguente link è possibile visitare il sito web dedicato all’evento, consultare il programma, ed effettuare l’iscrizione a un costo agevolato. La procedura di iscrizione prevede la scelta di due temi di approfondimento programmati per sabato 2 marzo 2024 pomeriggio.

Per eventuali ulteriori informazioni è possibile contattare la Segreteria del Rettore: segreteria.rettore@unisal.it – Tel. 06 87 290 303

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RMG – Pubblicati il Dossier Postulazione 2023 e il Poster della santità della Famiglia Salesiana 2023

Dall’agenzia ANS.

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(ANS – Roma) – Nella festa di San Francesco di Sales è significativo presentare il Dossier della Postulazione Generale salesiana come forte invito a rinnovare la chiamata universale alla santità così cara al vescovo di Ginevra e ripresa in forma solenne dai testi conciliari: “Muniti di salutari mezzi di una tale abbondanza e di una tale grandezza, tutti i fedeli di ogni stato e condizione sono chiamati dal Signore, ognuno per la sua via, a una santità la cui perfezione è quella stessa del Padre celeste” (Lumen gentium, 11).

“Ognuno per la sua via” recita la Lumen gentium. “Dunque, non è il caso di scoraggiarsi quando si contemplano modelli di santità che appaiono irraggiungibili” (Gaudete et exsultate n.11). La madre Chiesa ce li propone non perché cerchiamo di copiarli, ma perché ci spronino a camminare sulla via unica e specifica che il Signore ha pensato per noi. “Quello che conta è che ciascun credente discerna la propria strada e faccia emergere il meglio di sé, quanto di così personale Dio ha posto in lui (cfr 1 Cor 12,7)” (Ibidem).

Occorre esprimere profonda gratitudine e lode a Dio per la santità già riconosciuta nella Famiglia Salesiana di Don Bosco e per quella in via di riconoscimento. L’esito di una Causa di Beatificazione e di Canonizzazione è un evento di straordinaria rilevanza e valenza ecclesiale. Si tratta infatti di operare un discernimento sulla fama di santità di un battezzato, che ha vissuto le beatitudini evangeliche in grado eroico o che ha dato la vita per Cristo.

Da Don Bosco fino ai nostri giorni è attestata una tradizione di santità cui merita dare attenzione, perché incarnazione del carisma che da lui ha avuto origine e che si è espresso in una pluralità di stati di vita e di forme. Si tratta di uomini e donne, giovani e adulti, consacrati e laici, vescovi e missionari che in contesti storici, culturali, sociali diversi nel tempo e nello spazio hanno fatto brillare di singolare luce il carisma salesiano, rappresentando un patrimonio che svolge un ruolo efficace nella vita e nella comunità dei credenti e per gli uomini di buona volontà.

La Postulazione salesiana interessa 173 tra Santi (10), Beati (117), Venerabili (20), Servi di Dio (26). Le Cause seguite direttamente dalla Postulazione sono 58 (più 5 extra).

Il Dossier, ricorda il Postulatore Generale per le Cause dei Santi della Famiglia Salesiana, don Pierluigi Cameroni, dopo aver riportato l’elenco e lo stato di ogni Causa, presenta gli eventi del 2023, tra i quali si distingue il III Seminario di promozione delle Cause nella Famiglia salesiana, celebratosi a Torino dal 6 al 10 settembre con oltre 80 partecipanti.

Inoltre, meritano di essere ricordati:

11 gennaio 2023: validità giuridica dell’inchiesta diocesana per la Causa del Servo di Dio Mons. Giuseppe Cognata, (Agrigento 14 ottobre 1885 – Pellaro 22 luglio 1972) della Pia Società di san Francesco di Sales, Vescovo Titolare di Farsalo, già Vescovo di Bova, Fondatore dell’Istituto delle Salesiane Oblate del Sacro Cuore.

23 marzo 2023: il Santo Padre Francesco ha autorizzato il Dicastero delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto riguardante le virtù eroiche del Servo di Dio Carlo Crespi Croci, Sacerdote professo della Società Salesiana di S. Giovanni Bosco; nato il 29 maggio 1891 a Legnano (Italia) e morto il 30 aprile 1982 a Cuenca (Ecuador).

28 marzo 2023: i Consultori storici del Dicastero hanno espresso voti affermativi in merito alla Positio super martyrio dei Servi di Dio Giovanni Świerc e VIII Compagni, Sacerdoti Professi della Società di San Francesco di Sales.

30 marzo 2023: la Consulta medica del Dicastero ha dato parere positivo al presunto miracolo attribuito all’intercessione del Venerabile Camille Costa de Beauregard Sacerdote diocesano (1841-1910), occorso al bambino René Jacquemond, per guarigione da «cheratocongiuntivite intensa con smerigliatura della cornea, forte iniezione pericheratica, arrossamento e iniezione delle congiuntiva, fotofobia e lacrimazione dell’occhio destro per trauma violento da agente vegetale-bardana» (1910).

22 giugno 2023: il Sommo Pontefice ha autorizzato il Dicastero delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto riguardante le virtù eroiche del Servo di Dio Antônio de Almeida Lustosa, della Società Salesiana di San Giovanni Bosco, Arcivescovo di Fortaleza; nato l’11 febbraio 1886 a São João del Rei (Brasile) e morto il 14 agosto 1974 a Carpina (Brasile);

19 settembre 2023: è stato consegnata presso il Dicastero la Positio super Vita, Virtutibus et Fama Sanctitatis del Servo di Dio Costantino Vendrame, Sacerdote Professo della Società di San Giovanni Bosco.

19 ottobre 2023: il Congresso peculiare dei Teologi del Dicastero ha dato voto positivo al presunto miracolo attribuito all’intercessione del Venerabile Camille Costa de Beauregard (1841-1910), Sacerdote diocesano.

Infine, viene richiamato l’impegno a diffondere la conoscenza, l’imitazione e l’intercessione dei membri della Famiglia Salesiana candidati alla santità, valorizzando e curando diversi aspetti: liturgico-celebrativo, spirituale, pastorale, ecclesiale, educativo, culturale, storico, sociale, missionario…

A fondo pagina è possibile scaricare il Dossier della Postulazione – in italiano, inglese, spagnolo, francese e portoghese – aggiornato al 31 dicembre 2023. È altresì possibile scaricare il Poster della santità della Famiglia Salesiana 2023 progettato e realizzato dal grafico Andrea Cugini.

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Musei in Missione: primo incontro dei musei salesiani di tutto il mondo

Dal sito del Museo Casa Don Bosco di Valdocco.

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Dal 18 al 22 gennaio si è svolto presso il Colle Don Bosco il primo incontro dei musei salesiani a livello globale.

È la prima volta nella Congregazione che viene realizzata una simile iniziativa.

Sono stati undici i musei salesiani che hanno partecipato al raduno con un totale di ventiquattro salesiani e laici: per lo più di musei situati in America Latina (Ecuador, Brasile, Argentina e Cile), cui si aggiungono uno dell’India, uno della Spagna e Italiani, tra cui il Museo Casa Don Bosco.

“Tutte le istituzioni salesiane devono essere una chiesa, una scuola, una casa e un cortile. E ogni museo è un’istituzione culturale ed educativa. I salesiani evangelizzano educando. Così ogni museo, anche se la sua collezione è costituita solo da oggetti della natura o legati alla vita di una persona, può diventare un’istituzione educativa e quindi evangelizzatrice, attraverso il modo in cui trattiamo gli oggetti della nostra collezione e la nostra interazione con i visitatori”

ha spiegato don George Menamparampil, che ha coordinato l’incontro da parte del Settore per le Missioni salesiane.

Al termine di questo incontro, il Settore Missioni della Congregazione Salesiana mira anche a formare una rete di musei salesiani nel mondo, così da favorire l’apprendimento reciproco, il sostegno e la crescita negli anni a venire e stabilire meccanismi e processi per animare questa rete e promuovere una collaborazione continua.

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Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana

Di seguito il messaggio di Papa Francesco per la 58ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che quest’anno si celebra, in molti Paesi, il 12 maggio 2024 sul tema: Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana. Il messaggio viene pubblicato oggi in occasione della Festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.

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Cari fratelli e sorelle!

L’evoluzione dei sistemi della cosiddetta “intelligenza artificiale”, sulla quale ho già riflettuto nel recente Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, sta modificando in modo radicale anche l’informazione e la comunicazione e, attraverso di esse, alcune basi della convivenza civile. Si tratta di un cambiamento che coinvolge tutti, non solo i professionisti. L’accelerata diffusione di meravigliose invenzioni, il cui funzionamento e le cui potenzialità sono indecifrabili per la maggior parte di noi, suscita uno stupore che oscilla tra entusiasmo e disorientamento e ci pone inevitabilmente davanti a domande di fondo: cosa è dunque l’uomo, qual è la sua specificità e quale sarà il futuro di questa nostra specie chiamata homo sapiens nell’era delle intelligenze artificiali? Come possiamo rimanere pienamente umani e orientare verso il bene il cambiamento culturale in atto?

A partire dal cuore

Innanzitutto conviene sgombrare il terreno dalle letture catastrofiche e dai loro effetti paralizzanti. Già un secolo fa, riflettendo sulla tecnica e sull’uomo, Romano Guardini invitava a non irrigidirsi contro il “nuovo” nel tentativo di «conservare un bel mondo condannato a sparire». Al tempo stesso, però, in modo accorato ammoniva profeticamente: «Il nostro posto è nel divenire. Noi dobbiamo inserirvici, ciascuno al proprio posto (…), aderendovi onestamente ma rimanendo tuttavia sensibili, con un cuore incorruttibile, a tutto ciò che di distruttivo e di non umano è in esso». E concludeva: «Si tratta, è vero, di problemi di natura tecnica, scientifica, politica; ma essi non possono esser risolti se non procedendo dall’uomo. Deve formarsi un nuovo tipo umano, dotato di una più profonda spiritualità, di una libertà e di una interiorità nuove»[1].

In quest’epoca che rischia di essere ricca di tecnica e povera di umanità, la nostra riflessione non può che partire dal cuore umano[2]. Solo dotandoci di uno sguardo spirituale, solo recuperando una sapienza del cuore, possiamo leggere e interpretare la novità del nostro tempo e riscoprire la via per una comunicazione pienamente umana. Il cuore, inteso biblicamente come sede della libertà e delle decisioni più importanti della vita, è simbolo di integrità, di unità, ma evoca anche gli affetti, i desideri, i sogni, ed è soprattutto luogo interiore dell’incontro con Dio. La sapienza del cuore è perciò quella virtù che ci permette di tessere insieme il tutto e le parti, le decisioni e le loro conseguenze, le altezze e le fragilità, il passato e il futuro, l’io e il noi.

Questa sapienza del cuore si lascia trovare da chi la cerca e si lascia vedere da chi la ama; previene chi la desidera e va in cerca di chi ne è degno (cfr Sap 6,12-16). Sta con chi accetta consigli (cfr Pr 13,10), con chi ha il cuore docile, un cuore che ascolta (cfr 1 Re 3,9). Essa è un dono dello Spirito Santo, che permette di vedere le cose con gli occhi di Dio, di comprendere i nessi, le situazioni, gli avvenimenti e di scoprirne il senso. Senza questa sapienza l’esistenza diventa insipida, perché è proprio la sapienza – la cui radice latina sapere la accomuna al sapore – a donare gusto alla vita.

Opportunità e pericolo

Non possiamo pretendere questa sapienza dalle macchine. Benché il termine intelligenza artificiale abbia ormai soppiantato quello più corretto, utilizzato nella letteratura scientifica, machine learning, l’utilizzo stesso della parola “intelligenza” è fuorviante. Le macchine possiedono certamente una capacità smisuratamente maggiore rispetto all’uomo di memorizzare i dati e di correlarli tra loro, ma spetta all’uomo e solo a lui decodificarne il senso. Non si tratta quindi di esigere dalle macchine che sembrino umane. Si tratta piuttosto di svegliare l’uomo dall’ipnosi in cui cade per il suo delirio di onnipotenza, credendosi soggetto totalmente autonomo e autoreferenziale, separato da ogni legame sociale e dimentico della sua creaturalità.

In realtà, l’uomo da sempre sperimenta di non bastare a sé stesso e cerca di superare la propria vulnerabilità servendosi di ogni mezzo. A partire dai primi manufatti preistorici, utilizzati come prolungamenti delle braccia, attraverso i media impiegati come estensione della parola, siamo oggi giunti alle più sofisticate macchine che agiscono come ausilio del pensiero. Ognuna di queste realtà può però essere contaminata dalla tentazione originaria di diventare come Dio senza Dio (cfr Gen 3), cioè di voler conquistare con le proprie forze ciò che andrebbe invece accolto come dono da Dio e vissuto nella relazione con gli altri.

A seconda dell’orientamento del cuore, ogni cosa nelle mani dell’uomo diventa opportunità o pericolo. Il suo stesso corpo, creato per essere luogo di comunicazione e comunione, può diventare mezzo di aggressività. Allo stesso modo ogni prolungamento tecnico dell’uomo può essere strumento di servizio amorevole o di dominio ostile. I sistemi di intelligenza artificiale possono contribuire al processo di liberazione dall’ignoranza e facilitare lo scambio di informazioni tra popoli e generazioni diverse. Possono ad esempio rendere raggiungibile e comprensibile un enorme patrimonio di conoscenze scritto in epoche passate o far comunicare le persone in lingue per loro sconosciute. Ma possono al tempo stesso essere strumenti di “inquinamento cognitivo”, di alterazione della realtà tramite narrazioni parzialmente o totalmente false eppure credute – e condivise – come se fossero vere. Basti pensare al problema della disinformazione che stiamo affrontando da anni nella fattispecie delle fake news[3] e che oggi si avvale del deep fake, cioè della creazione e diffusione di immagini che sembrano perfettamente verosimili ma sono false (è capitato anche a me di esserne oggetto), o di messaggi audio che usano la voce di una persona dicendo cose che la stessa non ha mai detto. La simulazione, che è alla base di questi programmi, può essere utile in alcuni campi specifici, ma diventa perversa là dove distorce il rapporto con gli altri e la realtà.

Della prima ondata di intelligenza artificiale, quella dei social media, abbiamo già compreso l’ambivalenza toccandone con mano, accanto alle opportunità, anche i rischi e le patologie. Il secondo livello di intelligenze artificiali generative segna un indiscutibile salto qualitativo. È importante quindi avere la possibilità di comprendere, capire e regolamentare strumenti che nelle mani sbagliate potrebbero aprire scenari negativi. Come ogni altra cosa uscita dalla mente e dalle mani dell’uomo, anche gli algoritmi non sono neutri. Perciò è necessario agire preventivamente, proponendo modelli di regolamentazione etica per arginare i risvolti dannosi e discriminatori, socialmente ingiusti, dei sistemi di intelligenza artificiale e per contrastare il loro utilizzo nella riduzione del pluralismo, nella polarizzazione dell’opinione pubblica o nella costruzione di un pensiero unico. Rinnovo dunque il mio appello esortando «la Comunità delle nazioni a lavorare unita al fine di adottare un trattato internazionale vincolante, che regoli lo sviluppo e l’uso dell’intelligenza artificiale nelle sue molteplici forme»[4].Tuttavia, come in ogni ambito umano, la regolamentazione non basta.

Crescere in umanità

Siamo chiamati a crescere insieme, in umanità e come umanità. La sfida che ci è posta dinanzi è di fare un salto di qualità per essere all’altezza di una società complessa, multietnica, pluralista, multireligiosa e multiculturale. Sta a noi interrogarci sullo sviluppo teorico e sull’uso pratico di questi nuovi strumenti di comunicazione e di conoscenza. Grandi possibilità di bene accompagnano il rischio che tutto si trasformi in un calcolo astratto, che riduce le persone a dati, il pensiero a uno schema, l’esperienza a un caso, il bene al profitto, e soprattutto che si finisca col negare l’unicità di ogni persona e della sua storia, col dissolvere la concretezza della realtà in una serie di dati statistici.

La rivoluzione digitale può renderci più liberi, ma non certo se ci imprigiona nei modelli oggi noti come echo chamber. In questi casi, anziché accrescere il pluralismo dell’informazione, si rischia di trovarsi sperduti in una palude anonima, assecondando gli interessi del mercato o del potere. Non è accettabile che l’uso dell’intelligenza artificiale conduca a un pensiero anonimo, a un assemblaggio di dati non certificati, a una deresponsabilizzazione editoriale collettiva. La rappresentazione della realtà in big data, per quanto funzionale alla gestione delle macchine, implica infatti una perdita sostanziale della verità delle cose, che ostacola la comunicazione interpersonale e rischia di danneggiare la nostra stessa umanità. L’informazione non può essere separata dalla relazione esistenziale: implica il corpo, lo stare nella realtà; chiede di mettere in relazione non solo dati, ma esperienze; esige il volto, lo sguardo, la compassione oltre che la condivisione.

Penso al racconto delle guerre e a quella “guerra parallela” che si fa tramite campagne di disinformazione. E penso a quanti reporter sono feriti o muoiono sul campo per permetterci di vedere quello che i loro occhi hanno visto. Perché solo toccando con mano la sofferenza dei bambini, delle donne e degli uomini, si può comprendere l’assurdità delle guerre.

L’uso dell’intelligenza artificiale potrà contribuire positivamente nel campo della comunicazione, se non annullerà il ruolo del giornalismo sul campo, ma al contrario lo affiancherà; se valorizzerà le professionalità della comunicazione, responsabilizzando ogni comunicatore; se restituirà ad ogni essere umano il ruolo di soggetto, con capacità critica, della comunicazione stessa.

Interrogativi per l’oggi e il domani

Alcune domande sorgono dunque spontanee: come tutelare la professionalità e la dignità dei lavoratori nel campo della comunicazione e della informazione, insieme a quella degli utenti in tutto il mondo? Come garantire l’interoperabilità delle piattaforme? Come far sì che le aziende che sviluppano piattaforme digitali si assumano le proprie responsabilità rispetto a ciò che diffondono e da cui traggono profitto, analogamente a quanto avviene per gli editori dei media tradizionali? Come rendere più trasparenti i criteri alla base degli algoritmi di indicizzazione e de-indicizzazione e dei motori di ricerca, capaci di esaltare o cancellare persone e opinioni, storie e culture? Come garantire la trasparenza dei processi informativi? Come rendere evidente la paternità degli scritti e tracciabili le fonti, impedendo il paravento dell’anonimato? Come rendere manifesto se un’immagine o un video ritraggono un evento o lo simulano? Come evitare che le fonti si riducano a una sola, a un pensiero unico elaborato algoritmicamente? E come invece promuovere un ambiente adatto a preservare il pluralismo e a rappresentare la complessità della realtà? Come possiamo rendere sostenibile questo strumento potente, costoso ed estremamente energivoro? Come possiamo renderlo accessibile anche ai paesi in via di sviluppo?

Dalle risposte a questi e ad altri interrogativi capiremo se l’intelligenza artificiale finirà per costruire nuove caste basate sul dominio informativo, generando nuove forme di sfruttamento e di diseguaglianza; oppure se, al contrario, porterà più eguaglianza, promuovendo una corretta informazione e una maggiore consapevolezza del passaggio di epoca che stiamo attraversando, favorendo l’ascolto dei molteplici bisogni delle persone e dei popoli, in un sistema di informazione articolato e pluralista. Da una parte si profila lo spettro di una nuova schiavitù, dall’altra una conquista di libertà; da una parte la possibilità che pochi condizionino il pensiero di tutti, dall’altra quella che tutti partecipino all’elaborazione del pensiero.

La risposta non è scritta, dipende da noi. Spetta all’uomo decidere se diventare cibo per gli algoritmi oppure nutrire di libertà il proprio cuore, senza il quale non si cresce nella sapienza. Questa sapienza matura facendo tesoro del tempo e abbracciando le vulnerabilità. Cresce nell’alleanza fra le generazioni, fra chi ha memoria del passato e chi ha visione di futuro. Solo insieme cresce la capacità di discernere, di vigilare, di vedere le cose a partire dal loro compimento. Per non smarrire la nostra umanità, ricerchiamo la Sapienza che è prima di ogni cosa (cfr Sir 1,4), che passando attraverso i cuori puri prepara amici di Dio e profeti (cfr Sap 7,27): ci aiuterà ad allineare anche i sistemi dell’intelligenza artificiale a una comunicazione pienamente umana.

Roma, San Giovanni in Laterano, 24 gennaio 2024

FRANCESCO

Santa Sede