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Al CFP di Bardolino il primo corso per cantinieri d’Italia

Da La Gazzetta di Mantova.

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Ospite speciale alla tredicesima edizione della manifestazione Corvina Manifesto – L’Anteprima del Chiaretto di Bardolino, la Scuola della Formazione Professionale Salesiani Bardolino, che si presenta nei suggestivi spazi della Dogana Veneta di Lazise, adiacente alle sponde del Lago di Garda, portando per la prima volta un vino rosato prodotto dagli allievi cantinieri nel vigneto sperimentale della rocca di Bardolino. Un progetto unico in Italia perché sviluppa una nuova professione: quella del cantiniere, che sino ad oggi è stata svolta da operai semplici o contadini che si sono specializzati nella lavorazione dell’uva in cantina, e oggi diventa una professione riconosciuta. A cui si dà la giusta dignità che merita.

Si tratta di un corso professionale post scuola media: con 3 anni si acquisisce il titolo di “Operatore della gestione della cantina, della conduzione del vigneto e wine marketing” con un ulteriore anno quello di “Tecnico vitivinicolo”, una qualifica valida a livello europeo. Il vigneto sperimentale su cui operano i ragazzi è stato un lascito di un ettaro della nobile famiglia dei Giuliari, originari di Padova, ma nel Cinquecento diventati tra i principali esponenti del patriziato veronese; un progetto sperimentale che vede dare alla luce un totale di 2000 bottiglie tra cui un rosé veneto, un Merlot invecchiato un anno in barrique e uno spumante metodo classico.

“Si chiama Il Savio, come ogni etichetta, si aggancia alla tradizione salesiana” racconta il Direttore della  Scuola della Formazione Professionale Salesiani Bardolino, Michele Gandini. “Un riferimento a San Domenico Savio, un giovane trasparente, puro, proprio come questo rosé che presentiamo all’anteprima del Chiaretto. Siamo oggi arrivati al completamento del primo ciclo di tre anni di questo corso sperimentale nel quale i ragazzi imparano nozioni complete nel mondo del vino, oltre che al lavoro in vigna e dell’imbottigliamento, anche quello di progettazione dell’etichetta, dal punto di vista grafico, di marketing e normativo” racconta Gandini. “C’è stato da subito un ottimo riscontro da parte delle cantine dove i giovani hanno passato 160 ore il secondo anno nel mese di maggio e 240 ore nel terzo anno, solitamente nella stessa cantina, ma nel periodo più intenso, quello di settembre e ottobre, ovvero durante la vendemmia. Tra le aziende che hanno accolto i ragazzi in cantina troviamo Tinazzi di Lazise, la prima che ha creduto nel progetto, ma anche cantina Bronzo di Caprino, l’azienda agricola Gentili di Pesina, e l’azienda agricola Ca’ Bottura di Bardolino”. Come acquistarlo? “Al momento si può solo con un’offerta discrezionale, dato che non abbiamo ancora le autorizzazioni per venderlo”.

Cosa aspettarsi da questa tredicesima edizione

In degustazione ci saranno circa 100 vini di 40 produttori con un nuovo trend: il Chiaretto di Bardolino è sempre più adatto a lunghi affinamenti, in anfora o in botte, grazie anche, lo scorso 12 aprile 2021, l’approvazione del nuovo disciplinare di produzione, che ha portato al 95% la quota della Corvina Veronese, il grande vitigno autoctono che viene usato come blend anche per il Valpolicella e l’Amarone. Ma questo rosato si sta facendo strada nel mondo dei big, e da vino di pronta beva è diventata la denominazione leader in Italia in termini di volumi e riconoscimenti per il rosato, con grande successo in termini di punteggi delle guide di settore. Il successo è dovuto alla richiesta del mercato di vini più morbidi, freschi e con minore tasso alcolico. Ma non basta. “Dobbiamo lavorare su riposizionamento dei prezzi, grazie anche all’innegabile crescita qualitativa del prodotto” racconta Franco Cristoforetti, Presidente del Consorzio di tutela. “E puntiamo sull’Italia e sulla ristorazione: nel 2022 abbiamo registrato una crescita del 3% nel canale Horeca; molte piccole e medie cantine hanno venduto l’intera vendemmia, rendendo il Chiaretto più remunerativo e interessante per la produzione, mentre sono calate del 5% le vendite fuori Italia, confermando una grande attenzione su questo vino veronese proprio nel nostro Paese.. Dati alla mano, nel 2022 sono state vendute 10 milioni di bottiglie di Chiaretto e se negli ultimi dieci anni abbiamo perso in termini assoluti e in volumi, stiamo alzando enormemente la qualità”.

Perché il Chiaretto non è così conosciuto all’estero

“Innanzitutto perché non è immediatamente chiaro allo straniero che il Chiaretto sia un rosé e in termini di immaginario collettivo, il consumatore americano per un vino rosato fermo pensa subito alla Francia. 2500 ettari di vigneto di Chiaretto sono nulla rapportato nel globo, ma la zona del Lago di Garda e di Bardolino è un territorio importante come meta turistica e capacità ricettiva, tanto che negli ultimi anni tutte le cantine hanno sviluppato diverse forme di enoturismo. Comincia a esserci più conoscenza del Chiaretto, oltre i confini del mercato storico tedesco, già affermato”. E poi la diversificazione, non solo un vantaggio per le cantine: “Tante aziende sono trasversali nella produzione perché hanno vigneti sia in Lugana, nel territorio del Custoza, come a Bardolino e anche se vini presentano delle differenze abissali, tutte denominazioni si intersecano come territori con il denominatore del vitigno Corvina, usato sua per il Chiaretto che per il Valpolicella o l’Amarone. Questo genera molta confusione all’estero” racconta Cristoforetti. “E non parliamo della difficoltà per l’americano di pronunciare il Ch, anche se lo abbiamo usato come punto di forza di una campagna oltreoceano: si pronuncerebbe “ciaretto” con una forte assonanza alla parola “key” ovvero chiave. Ecco che nasce “the key to chiaretto”.

I progetti per il futuro

“A Vinitaly presenteremo un nuovo spumante rosé e i nostri obiettivi a breve termine sono quelli di promuovere e allungare la shelf life del Chiaretto, mantenendo sempre ben presente l’identità territoriale” racconta accorato Cristoforetti. “Mi spiego meglio: il Chiaretto è un prodotto del territorio che a volte viene adombrato dai grandi rossi. Oggi è identificato con la zona di Bardolino, anche se spesso confuso con la Valpolicella, adiacente e vicino, ma che rappresenta un territorio enologico totalmente diverso. Non ha senso quindi inserire nella denonimazione Chiaretto superiore o riserva perché crea ancora più confusione ma piuttosto abbiamo il progetto di identificare delle sotto zone di produzione come La Rocca (sotto l’eremo de La Rocca del Garda), Sommacampagna e Monte Baldo per le coltivazioni più eroiche.

Joe Bastianich e il suo amore per il Chiaretto

Joe Bastianich e il giornalista Tiziano Gaia gli hanno dedicato un passo nel libro scritto a quattro mani per Mondadori Electa ne “Il grande racconto del vino italiano”. “Impossibile lasciare il lago senza aver sorseggiato un Chiaretto (…). In Veneto mancava un grande rosato, ed ecco colmato il vuoto (…). Profuma di lampone, ribes e fragolina di bosco, saltella tra freschezza, succosità e dinamismo, si dona pimpante per aperitivi e una gran quantità di piatti. E non teme lo scorrere del tempo, come dimostrano fortunati assaggi di vecchie bottiglie. L’operazione di marketing, la pink revolution, com’è stata sbandierata, è riuscita nell’impresa di creare il rosato più venduto d’Italia, con 10 milioni di bottiglie annue, insistendo sullo stile pop del  vino”.