Articoli

Prato: «Emergenza educativa ma noi siamo presenti»

Da Il Tirreno.

In sottofondo c’è il gioioso fragore di centinaia di ragazzi. È il centro Sant’Anna di Prato, in viale Piave, pieno centro storico della città. È qui che oltre 600 giovani, dai più piccoli di appena 8, 10 anni agli adolescenti di 17,18 anni, animano uno dei centri di aggregazione e di formazione più importanti della città e della Toscana. Campi da calcio, calcetto, da basket, formazione professionale, linguistica, culturale, scout: qui c’è un mondo che nasce dai padri salesiani e che si dirama nelle tante braccia del volontariato laico. Corrado Caiano, 50 anni, è il direttore del Sant’Anna, l’educatore degli educatori, l’uomo che guida questo complessa macchina fatta di centinaia di persone e di ragazzi. E per lui, come per tanti altri, la proposta di legge regionale per il riconoscimento e la valorizzazione degli oratori tocca uno dei punti centrali dell’azione educativa e formativa di origine cattolica. Si lavora ai progetti. Si pensa e si guarda in avanti. Anche ora, anche se la legge deve essere approvata e non si conoscono quelli che saranno i futuri dettagli tecnici. «Se c’è un’area generazionale sulla quale dobbiamo impegnarci ancora di più, questa è quella degli adolescenti. Dall’ascolto alla motivazione avvertiamo la necessità di lavorare con impegno e profondità su questa fascia di età. Dobbiamo relazionarci con gli adolescenti ascoltandoli, attenzionando le loro preoccupazioni e mettendo in risalto i loro desideri, le loro aspirazioni. Se oggi c’è un problema che più aggredisce i giovani è l’idea della vita facile, di avere tutto senza profondità e sacrificio, impegno. Eppure i giovani di oggi hanno grandi opportunità e capacità, che neppure ci immaginiamo», spiega Corrado Caiano. E si torna al punto di partenza, a quel concetto della cosiddetta “emergenza educativa” che sembra attanaglia. Anche con qualche migliaio di euro di finanziamento, il Sant’Anna potrebbe sostenere ancora di più quello che sta facendo da decenni per la città e per queste centinaia di ragazzi e ragazze. «Finalmente è arrivata la proposta di legge. Ci auguriamo che presto sia legge. E che con questa si possa dare contributo ai progetti educativi e formativi che verranno presentati».

Italia Centrale: famiglie afgane nelle case salesiane

Dal sito dell’Ispettoria Italia Centrale.

***

Da circa due mesi nelle Case Salesiane di Frascati e Macerata e all’Oratorio di Prato sono iniziate delle esperienza di accoglienza di famiglie afgane, in collaborazione con Salesiani per il Sociale.

Il loro arrivo, pochi giorni prima del Natale, è stato come ricevere un bel dono improvviso perché nessuno si sarebbe aspettato degli arrivi così rapidi.

In tutte le comunità gli adulti, famiglie e i giovani si sono subito messi all’opera per preparare le accoglienze, pulendo e riordinando i vari ambienti, rintracciando i beni di prima necessità che sarebbero serviti per i primi giorni.

Le prime azioni messe in campo, dopo il periodo di quarantena, sono state l’avvio di tutte le pratiche nelle varie Questure e negli Uffici Immigrazioni per ottenere dei documenti provvisori dei permessi di soggiorno per rifugiati e i codici fiscali, quest’ultimi importanti per le cure sanitarie e i vaccini.

A Macerata altra azione che sono riusciti ad iniziare è l’avvio del corso di Italiano. Grazie all’aiuto di qualche mamma e dei ragazzi di casa Pinardi, tutti hanno finalmente e ufficialmente intrapreso lo studio della nostra lingua con interesse e coinvolgimento.  A Prato i bambini piccoli di 4 e 8 anni sono stati inseriti a scuola don Bosco nelle rispettive classi. Sia le maestre che i compagni si sono dimostrati subito curiosi e accoglienti nei loro confronti, aiutandoli nei primi passi di questa avventura.  Vederli camminare con zainetto, tuta della scuola o grembiule ha creato una certa emozione sia in noi che nei genitori.

Intorno alle famiglie accolte si sta creando una rete di famiglie e di giovani che sostengono le loro quotidianità con tutte le bellezze e fatiche che si possono incontrare. Oltre a Salesiani per il Sociale che accompagna e coordina i vari gruppi, nelle realtà è significativa sia la presenza di tante persone che con le proprie competenze si mettono a disposizione per dare aiuti e consigli utili sia la rete con associazioni esterne che a vario titolo danno il proprio contributo.

Chi accoglie sta comprendendo quanto sia importante la ri-organizzazione della vita di queste persone in un contesto a loro sconosciuto lasciando tuttavia la libertà di vivere la propria vita familiare.

In alcune Opere, la famiglia accolta è stata già presentata alla Comunità Educativa Pastorale in modo ufficiale, in altre ancora non è stato compiuto questo passaggio ma piano pianino si stanno facendo conoscere superando le difficoltà della lingua.

Casa che Accoglie si traduce oggi in molti modi nel contesto educativo pastorale. Una famiglia accolta da famiglie è un segno di una Comunità che scommettendo su una pastorale giovanile che coinvolge la famiglia capisce che accoglierle vuol dire accogliere i giovani e dare loro una prospettiva di crescita. L’accoglienza delle famiglie afghane si può tradurre nello stesso modo. Non sappiamo per quanto tempo rimarranno nei nostri ambienti, ma sappiamo che tutte le Case stanno cercando di renderli più autonomi e indipendenti per il domani, con la speranza che possano vivere anche loro l’esperienza di crescere come famiglia tra altre famiglie, e di vedere i loro figli crescere con la speranza di un mondo a misura di uomo e di ogni uomo.

Elisa Merlini

Vai al sito