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Borgo Ragazzi don Bosco: la pandemia e la “sfida” della comunione

Su Roma Sette, la giornalista Roberta Pumpo racconta il rapporto “Nessuna casa è lontana” del Borgo Ragazzi Don Bosco di Roma.

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Un seme di speranza gettato nei mesi più bui, quelli del lockdown, che delineavano lo sconquasso economico derivato dalla pandemia. Il Covid-19 con i suoi silenzi, i suoi dolori, le sue imposizioni, le nuove norme di comportamento ha consolidato il valore di comunità tra operatori, volontari, donatori, famiglie e giovani del Borgo Ragazzi don Bosco. Dai corsi del centro di formazione professionale all’oratorio, dal centro di accoglienza per minori al sostegno scolastico, dalla semiresidenzialità alla casa famiglia, sono decine le attività quotidianamente rivolte a centinaia di giovani. «Nell’ordinario può capitare che ogni area educativa segua una propria strada – spiega il direttore don Daniele Merlini -. Nell’emergenza, invece, ci siamo sentiti uniti: una comunità di comunità dove nessuno è stato lasciato solo ma tutti hanno condiviso le stesse preoccupazioni, rivolgendo costante attenzione ai più fragili».

L’operato di queste realtà intrinsecamente legate emerge nel nuovo report del Borgo intitolato “Nessuna casa è lontana” pubblicato ieri, 31 gennaio, festa di san Giovanni Bosco, fondatore delle congregazioni dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Gli operatori in pochi giorni si sono trasformati in esperti informatici «mettendo in campo la propria creatività per andare a cercare i ragazzi attraverso qualsiasi canale», racconta il sacerdote. Alle tante famiglie dotate solo di un cellulare sono stati donati tablet, pc portatili e connessioni internet per poter svolgere incontri online ma anche trascorrere qualche ora di allegria con mini tornei di “nomi, cose e città”. La preoccupazione più grande era non abbandonare i giovani, «specie quelli più timidi e introversi con i quali era iniziato un percorso che li stava portando ad aprirsi – precisa Simona Arena, operatrice di 25 anni -. Dopo il lockdown con qualcuno è stato necessario ricominciare tutto dall’inizio». Come nel caso di Maria 18enne nata a Roma da genitori di origine asiatica con i quali ha un rapporto molto conflittuale. Il suo desiderio di occidentalizzarsi, di adottare anche cibi italiani, «si scontra con la volontà della famiglia che vuole mantenere le proprie tradizioni – spiega Simona -. Dopo quattro anni in semiresidenzialità si stava aprendo, stava stringendo amicizie ma poi gli oltre due mesi trascorsi in famiglia l’hanno come resettata».

In altre circostanze il lavoro più duro degli operatori è stato convincere i ragazzi a uscire di casa quando le restrizioni si sono allentate. Simona ricorda le lunghe ore trascorse sulla piattaforma Zoom a dialogare con Massimo, 17 anni, un rapporto già difficile con la mamma ora terrorizzata dal contagio. «Ha trasmesso al ragazzo questa fobia – dice l’operatrice -. Abbiamo passato interi pomeriggi a mediare tra i due cercando di riportare un po’ di serenità nel loro rapporto». Per altri il coronavirus ha segnato la fine di un percorso lavorativo appena iniziato, accompagnato dall’impossibilità di sostenersi. La prima settimana di gennaio 2020 il Borgo aveva festeggiato la nuova vita di Francesco, 18enne nordafricano, che dopo 4 anni lasciava la casa famiglia e grazie al corso per pizzaiolo aveva trovato un lavoro e anche una camera in affitto. «In poche settimane ha perso l’impiego – ricorda don Daniele -. Non si è abbattuto perché sapeva che qui avrebbe trovato una famiglia pronta a sostenerlo». Francesco è tra i 20 ragazzi che gli operatori hanno accompagnato nella ricerca di un nuovo impiego e da qualche settimana ha iniziato a lavorare in un panificio.

Il Borgo in questi mesi ha sostenuto con pacchi alimentari e contributi in denaro 1.045 ragazzi e 389 famiglie, grazie «a uno straordinario concorso di generosità – aggiunge il direttore -. La cosa meravigliosa è che le donazioni si sono più che triplicate mentre il numero dei donatori è rimasto quasi invariato. Questo significa che si è subito percepito la gravità di quello che stava accadendo». Esattamente come l’affetto che percepiscono gli oltre 1.500 ragazzi che ogni anno frequentano l’oratorio, i corsi di formazione professionale o sono seguiti dall’area “Rimettere le Ali”. «In questi mesi – riferisce il sacerdote – tanti ragazzi che hanno frequentato il borgo negli anni scorsi si sono proposti come volontari o hanno fatto donazioni in denaro». Molti giovani con disagi conclamati e famiglie in grave difficoltà hanno fame di affetti autentici e la “mission” degli operatori, spiega Simona, «è quello di far comprendere loro cosa sia una comunità, cosa significhi vivere in armonia». Don Daniele, infine, non nasconde la preoccupazione «per il pesante contraccolpo educativo che avrà la pandemia. I ragazzi non sono spensierati e lo stress che oggi respirano in famiglia avrà delle ripercussioni».

 

 

 

 

IME, Convegno di Pastorale Giovanile: “Far crescere le sinergie lavorare insieme”

Pubblichiamo il resoconto del convegno di Pastorale Giovanile dell’Ispettoria Meridionale che si è svolto al Don Bosco di Napoli dal 28 al 30 agosto.

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Dal 28 al 30 agosto 2020, presso l’Istituto salesiano “don Bosco” di Napoli, si è svolto l’annuale convegno di Pastorale Giovanile al quale hanno preso parte tutti i salesiani e i laici delle Comunità Educativo-Pastorali dell’Ispettoria Salesiana Meridionale. La proposta della Pastorale Giovanile per l’anno 2020-2021 ha fatto da sfondo alle riflessioni delle tre intense giornate di convegno.

Nella prima giornata, con la rilettura della Lettera a Diogneto a cura di don Daniele Merlini, direttore del Borgo don Bosco di Roma, si sono distinte diverse parole chiave: mondo, cittadinanza, empatia, speranza. Parole che risuonano e che ben si associano all’obiettivo pastorale che quest’anno verrà affrontato come comunità ispettoriale: “Attraverso il sogno di 9 anni, consapevoli della chiamata ad essere santi, vogliamo provare a guardarci attorno con altri occhi (CV 6). Con questo sguardo rinnovato impariamo a cogliere l’amore di Dio per il mondo che ci spinge al dialogo con esso, per poter essere sale e luce (Mt 5)”. Certamente la lettera a Diogneto ha dato diversi spunti per aiutarci a guardare attorno con uno sguardo nuovo.

La seconda giornata di sabato 29 è stata, invece, caratterizzata dall’introduzione biblico-teologica al tema pastorale a cura di S.E. Mons. Luigi Renna, vescovo della diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano: “Dio ha tanto amato il mondo”. L’intervento ha dato modo di riflettere sulle caratteristiche dell’amore di Dio. L’universalità, in quanto si parla di salvezza universale, e personalizzazione dell’amore di Dio: Gesù ama il mondo nell’universalità ma incontra le persone una ad una. La sua parola giunge al fondo dei cuori.
A seguito dell’intervento i convegnisti hanno avuto modo di confrontarsi sugli input ricevuti, suddividendosi in tre gruppi di lavoro e altrettanti tempi di studio, lasciandosi guidare dai temi proposti nel volume delle “Linee Progettuali della PG” (a cura della CEI): ESSERCI, il COMUNICARE e l’APRIRE LUOGHI. Tali temi sono stati accompagnati dalla condivisione di esperienze virtuose messe in atto da alcune realtà della nostra ispettoria salesiana.
In particolare, riguardo all’ ”ESSERCI insieme per testimoniare la comunione”, l’esperienza del progetto “Ri-Generazioni” dei Salesiani di Foggia, presentata da Massimo Marino, ha dimostrato come poter inserirsi efficacemente in un territorio complesso in rete alle iniziative diocesane per animare i diversi luoghi e coinvolgere le risorse presenti. Le pastorali giovanili possono progettare insieme o in parallelo, differenziando l’offerta per incontrare sempre più giovani.
“COMUNICARE”, invece, non solo per pubblicizzare iniziative ma come una competenza essenziale per l’incontro e il dialogo nella relazione educativa, è il tema approfondito dalla testimonianza di Federico Silvestro che ha raccontato la struttura organizzativa dell’ufficio di comunicazione “Don Bosco” di Napoli.
In ultimo, “APRIRE LUOGHI”, Giovanni Monaco e Francesco Abbruzzese della comunità di Andria hanno raccontato il processo di realizzazione dell’aula studio per gli studenti universitari concentrato intorno all’idea di accoglienza dei più giovani, tenendo aperta la porta di casa della comunità, affinché possano entrare senza difficoltà e senza sentirsi giudicati, rispondendo alle loro richieste, anche implicite, di stare insieme, di trovare appartenenza e di sperimentare nuovi legami.
Al termine delle testimonianze, i tre diversi gruppi hanno avuto un momento di studio personale e la possibilità poi di confronto e condivisione.

La giornata conclusiva di domenica 30, invece, si è incentrata sul confronto e sulla programmazione degli obiettivi di ciascun settore di animazione ispettoriale, concludendosi con la Celebrazione Eucaristica, presieduta dall’Ispettore don Angelo Santorsola.

«Anche quest’anno giunge al termine il nostro convegno di Pastorale Giovanile. Ci siamo trovati ad approfondire il tema pastorale di quest’anno, un tema affascinante e attuale. La relazione di don Daniele Merlini e l’introduzione biblico-teologica al tema pastorale da parte di sua eccellenza Mons. Luigi Renna, ci hanno fatto respirare in profondità i contenuti della proposta pastorale. Ci hanno fatto toccare con mano, che essere cristiani nel mondo, in ogni tempo, pone problemi e sfide non così distanti da oggi. L’impegno è quello di combattere gli idoli di oggi, perchè si possa realizzare la nostra missione.  Far crescere la collaborazione, le sinergie. lavorare insieme, pensare insieme, decidere insieme, salesiani, laici, giovani. Accettare quello che siamo e la nostra comunità. Questa è la comunità da amare, queste sono le comunità, educative pastorali, in cui oggi dobbiamo essere nel cuore del mondo.» (don Angelo Santorsola)

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