Roma, a San Giovanni Bosco l’educazione è al centro

Da Avvenire.

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Educazione, cultura, carità, impegno contro l’analfabetismo religioso. La parrocchia di San Giovanni Bosco, da sempre affidata ai salesiani figli spirituali del santo torinese, quotidianamente pulsa di vita, di fede e di impegno sociale. Guidata da don Roberto Colameo, oggi si prepara ad accogliere il cardinale vicario Angelo De Donatis che, in occasione della visita pastorale, presiede la Messa delle 11. È tra le comunità più grandi di Roma per numero di abitanti, poco meno di 60mila. «È anche l’unico caso a Roma, se non in Italia, in cui la parrocchia ha dato il nome al quartiere – spiega don Roberto -. Anche se la toponomastica l’ha cambiato in quartiere Tuscolano, la gente continua a chiamarlo quartiere Don Bosco».

Carisma salesiano è quello di prendersi cura dell’educazione dei ragazzi. «Con l’oratorio- Centro giovanile cerchiamo di rispondere alle tante piaghe della società e alle sfide che ci vengono dal mondo dei giovani che riempiono le nostre strade, le nostre piazze e che non sempre la parrocchia intercetterebbe». L’oratorio è frequentato quotidianamente da circa 300 ragazzi dalla scuola media in su. Alla realtà educativa viene applicato quello che i salesiani definiscono “criterio oratoriano”. «Ogni opera salesiana – prosegue don Roberto -, è una casa che accoglie, una parrocchia che evangelizza, una scuola che avvia alla vita, un cortile per incontrarsi da amici». Sul territorio operano anche le Figlie di Maria Ausiliatrice che gestiscono una scuola con oltre mille allievi e un centro di formazione professionale molto attivo. La parrocchia Don Bosco – negli anni visitata da san Giovanni XXIII, san Paolo VI, san Giovanni Paolo II e santa Teresa di Calcutta – ha molteplici “porte di accesso alla fede”. Quella della cultura come strumento di evangelizzazione attraverso il cinema teatro Don Bosco; l’oratorio, porta spalancata sul territorio per far vivere ai giovani esperienze di fede e di amicizia; la carità, cuore pulsante della parrocchia.

«Dal lunedì al venerdì è aperta nella nostra parrocchia la mensa gestita e finanziata dalle parrocchie della XX prefettura – spiega don Roberto -. Offre un pasto caldo a chi vive in difficoltà». In una parrocchia così grande «è necessario far crescere il senso della comunità per non perdere i più deboli – riflette don Colameo -. È vivo il nomadismo religioso, manca un’identità della comunità cristiana, che è caratteristico dell’essere a Roma. Per questo ci sentiamo chiamati a costruire una vita parrocchiale basata su relazioni di qualità, favorendo momenti e ambienti d’incontro, in un clima di accoglienza, dialogo, collaborazione. Condividiamo il progetto educativo locale elaborato, realizzato e sottoposto a verifica con la partecipazione attiva di tutti, una partecipazione sempre più corresponsabile dei laici nell’evangelizzazione, nel servizio della carità e della promozione umana e sociale mediante i diversi gruppi, consigli e assemblee. Inoltre curiamo con speciale attenzione la formazione dei laici, favorendo una costante maturazione della loro vocazione cristiana. Siamo inoltre attenti ad accompagnare la famiglia, considerandola come Chiesa domestica e come mediazione tra la comunità cristiana e il territorio».