Il lavoro in oratorio come spazio di ascolto e di narrazione: il progetto “Work in Progress”
Da Note di Pastorale Giovanile di dicembre
di Filippo Binini, Fabio Cigala, Marco Uriati (Parma)
Spesso i giovani Neet sono considerati dal mondo degli adulti dei giovani not. La stessa definizione di Neet, più che entrare nella sostanza del fenomeno a cui si riferisce, procede ad una descrizione «per difetto»: i Neet sono giovani che non studiano, non lavorano, non sono impegnati in percorsi di formazione professionale. Tuttavia, il fatto che tanti giovani non siano presenti nelle istituzioni e nei percorsi attualmente a loro rivolti non significa automaticamente che in loro non ci siano, in positivo, competenze preziose e attitudini ricche di esperienza e di futuro. In realtà, infatti, il fenomeno dei Neet sembra tante volte mettere sotto una lente di ingrandimento non tanto le mancanze dei giovani coinvolti, quanto i difetti e le storture dell’attuale «mercato» del lavoro, dei nostri percorsi di istruzione e formazione professionale.
Ma allora come mai all’interno di tali percorsi tradizionali i Neet sembrano non avere niente da dire? Quali sono le ragioni della loro «afasìa»? Questo è stato il primo campo d’indagine, per poter dar testa e gambe a un progetto che coinvolgesse questi giovani che quotidianamente frequentano gli spazi e i cortili della nostra parrocchia.
Le ragioni nel tempo individuate sono diverse. La prima, è che molte volte i Neet non hanno a disposizione gli strumenti linguistici necessari per farlo. Buona parte dei Neet che frequentano il nostro oratorio, ad esempio, è cresciuto in orizzonti linguistici diversi da quello in cui si trova ora, e continua ad abitare in frammenti isolati di quel mondo, operando continuamente in sé una scissione linguistica. Quindi una prima ragione della loro «afasìa» è di tipo cognitivo.
Una seconda ragione è invece di tipo emotivo. Essi sono molto (troppo!) esposti a compiti esistenziali molto impegnativi, non di rado più esigenti di quelli dei loro coetanei, ai quali devono dedicare le loro energie migliori. La sfida che occupa le loro giornate è anzitutto quella della custodia di una identità minima, continuamente minacciata: un sufficiente senso di soddisfazione di sé, un sufficiente gruppo di persone di riferimento, una sufficiente autonomia economica, una sufficiente tranquillità d’animo. In altri termini: c’è un’inquietudine che li costituisce e che chiede loro un continuo accudimento. Non possono applicarsi al racconto di sé perché troppo assorbiti dalla necessità di trovare un po’ di serenità.
Molto spesso, poi, i Neet non vogliono parlare di sé, mantenendo un atteggiamento marcatamente oppositivo nei confronti del mondo adulto. Ciò attiene, almeno in parte, all’età adolescenziale che stanno attraversando, ma soprattutto a un moto di ribellione per la percezione di ingiustizie presenti nei contesti di vita da loro abitati, prima di tutto la crescente disparità economica tra famiglie di ceto sociale differente. La povertà e l’indigenza sono realtà con le quali i Neet sono più spesso a contatto e di cui sono più consapevoli rispetto ai loro coetanei.