Il nuovo libro Elledici di don Rossano Sala – “Pastorale giovanile 2. Intorno al fuoco vivo del Sinodo”

L’Editrice Salesiana Elledici segnala la pubblicazione del libro “PASTORALE GIOVANILE 2. Intorno al fuoco vivo del Sinodo”, uno strumento indispensabile per tutti gli educatori e gli operatori di pastorale giovanile che desiderano essere all’altezza del Vangelo e dei tempi che stiamo vivendo, con invito alla lettura di Papa Francesco.

Di seguito alcune informazioni inerenti al libro e l’estratto del video di Don Rossano Sala ospite al programma di TV 2000 “Il Diario di Papa Francesco” del 22 Settembre 2020 con il libro “Intorno al fuoco vivo del sinodo” (Editrice Elledici).

PASTORALE GIOVANILE 2
Intorno al fuoco vivo del Sinodo

Educare ancora alla vita buona del Vangelo

Con invito alla lettura di Papa Francesco

Caro Lettore,

abbiamo il piacere di informarti della pubblicazione del nuovo libro edito da Elledici “Pastorale giovanile 2. Intorno al fuoco vivo del Sinodo“, uno strumento indispensabile per tutti gli educatori e gli operatori di pastorale giovanile che desiderano essere all’altezza del Vangelo e dei tempi che stiamo vivendo.

Don Rossano Sala ospite al programma di TV 2000 “Il Diario di Papa Francesco” del 22 Settembre 2020
con il libro “Intorno al fuoco vivo del sinodo” (Editrice Elledici)

Il fuoco generato dal processo sinodale

Un importante testo che idealmente ci colloca intorno al fuoco generato dal processo sinodale della Chiesa universale, che si è svolto dal 2016 al 2019 , dal tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”

Ben 32 i contributi distinti in cinque significative “costellazioni”: 1) Antropologia, teologia e pastorale; 2) Accompagnamento, annuncio e animazione vocazionale; 3) Giovani, Chiesa e Sinodo; 4) Educazione, scuola e università; 5) Don Bosco, famiglia e oratorio.

Al termine del decennio dedicato dalla CEI a Educare alla vita buona del Vangelo (2010-2020) il testo si propone di tenere sveglio l’impegno educativo e pastorale della Chiesa a favore di tutti i giovani.

Dentro al libro

Un importante “Invito alla lettura” di Papa Francesco e il “Rilancio del cammino” di Giacomo Costa, sj.
Il primo testo che presenta e analizza tutto il processo sinodale e le sue conseguenze per la Chiesa e per i giovani.
Chiude un decennio (2010-2020), offrendone un bilancio, e ne apre un altro (2020-2030) offrendo importanti chiavi di lettura per entrarci nel migliore dei modi.

Autore

Rossano Sala è salesiano di don Bosco. Ha partecipato a due Capitoli Generali della Congregazione Salesiana (2008 e 2020) e agli ultimi due Sinodi: quello ordinario sui giovani del 2018 in qualità di Segretario Speciale e quello straordinario sull’Amazzonia nel 2019 come Padre Sinodale. Attualmente è Docente Straordinario di Pastorale Giovanile presso la Facoltà di Teologia della Università Pontificia Salesiana di Roma. Dal 2016 è Direttore della Rivista «Note di Pastorale Giovanile» e dal 2019 consultore della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi.

Adma, a Torino si è svolto il XXX Congresso: “Sognate e fate sognare”

Pubblichiamo l’articolo dell’agenzia ANS sulla XXX Giornata Mariana dell’ADMA che si è svolta a Torino.

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(ANS – Torino) – “Sognate e fate sognare”. È questo il motto della XXX Giornata mariana dell’ADMA svoltasi a Torino domenica 20 settembre con circa 400 partecipanti tra adulti e giovani. Una Giornata un po’ speciale, perché segnata dal passaggio di consegna dell’animazione dell’Associazione da don Pierluigi Cameroni a don Alejandro Guevara. Un clima di festa e di riconoscenza ha segnato l’evento, con momenti di partecipazione e commozione, come la consegna di un bellissimo album fotografico e delle stole mariane. Il Sig. Renato Valera, Presidente dell’ADMA, ha coordinato la giornata, sottolineando come Maria Ausiliatrice accompagni sempre l’Associazione.

Don Cameroni ha ripercorso il cammino di quasi 14 anni, raccontando cosa ha significato per lui animare l’ADMA, guardando a Don Bosco apostolo dell’Ausiliatrice e fondatore dell’Associazione: “L’Associazione cresce e matura nella misura in cui ogni socio sente la chiamata a rispondere ad una grazia ricevuta, a ‘restituire’ o meglio a condividere e diffondere la grazia sperimentata, perché la fede si rafforza donandola: ciò si traduce in presenza viva e dinamica nella propria famiglia, sul posto di lavoro, nel partecipare alla vita formativa e di preghiera dell’Associazione, nel dedicare tempo ed energie all’ADMA… La Madonna ci ha sempre guidato in questi anni, ci ha ispirato in tante circostanze senza essere troppo legati e vincolati a progetti e programmi. La vita cristiana, come l’educazione, è come un fiume che non va troppo imbrigliato, ma lasciato libero nel suo percorso: accompagnato, non forzato o costretto… Una delle realtà che più mi ha aiutato a crescere spiritualmente è stata la grande capacità di condivisione della vita e della fede in particolare duranti i ritiri e gli esercizi spirituali. La comunione in Dio crea dei legami fortissimi tra le persone e rafforza l’esperienza credente e l’identità vocazionale di ciascuno”.

Don Alejandro Guevara ha condiviso la sua storia di vita e come è arrivato a questa missione affidatagli dal Rettor Maggiore. Don Roberto Carelli ha presentato il cammino formativo dell’anno 2020-2021 dal titolo “Sognate e fate sognare”, ispirato allo lo slogan di Papa Francesco indirizzato ai salesiani alla conclusione del Capitolo Generale: “Don Bosco sognava e faceva sognare. Ma i suoi sogni non erano fuga dalla realtà, al contrario, immersione nella realtà, e non avevano a che fare con il sonno e l’inerzia, ma con la vigilanza e le opere, non con la genialità e l’intraprendenza puramente umana, ma con le ispirazioni e la fecondità di Dio. L’invito a sognare e a far sognare ci sollecita a prenderci cura della formazione, quella dei giovani come quella degli adulti, perché ci incoraggia a non fermarci ai fatti, a non affogare nelle occupazioni e nelle preoccupazioni, e ci chiede di metterci, secondo lo spirito di Don Bosco, nella prospettiva di Dio, nell’ottica della grazia, della fede, della vocazione e della missione, della lode e del servizio di Dio, di una vita contemplativa e operativa non chiusa in sé ma dedicata agli altri, specialmente se più poveri”.

Nel pomeriggio, nella Basilica di Maria Ausiliatrice, la partecipata celebrazione eucaristica presieduta da don Leonardo Mancini, superiore del Piemonte-Valle d’Aosta, nel corso della quale 6 aspiranti hanno condiviso la gioia e la grazia di entrare a far parte dell’ADMA e della Famiglia Salesiana. Una giornata di grazia con tanti doni e motivi per pregare, per ringraziare, per affidare e continuare a sognare!

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Rosignano Monferrato e Mons. Ernesto Coppo, apostolo dei tre mondi

La figura di Mons. Ernesto Coppo, Vescovo e Missionario Salesiano negli Stati Uniti, in Australia e in Italia. Di seguito l’articolo dell’Agenzia d’Informazione Salesiana ANS.

Rosignano Monferrato e Mons. Ernesto Coppo, apostolo dei tre mondi

(ANS – Rosignano Monferrato) – Il paese ha una storia secolare, fonte di saggi storici importanti, tutta legata alla posizione strategica del paese, “sentinella di Casale”, sede perenne di guarnigioni militari. Sul Sasso che domina il paese c’è il castello, del secolo XII e sulla collina opposta emerge la parrocchia di San Martino.

A Rosignano, Don Bosco trovò un terreno fertile, grazie anche all’impulso del parroco, Mons. Giovanni Bonelli, suo amico fraterno. Le vocazioni fiorirono copiose. Celebre fu la “sentinella dell’Oratorio”, il coadiutore Marcello Rossi che per decenni fu a Valdocco il fedele custode della prima Casa fondata dal Santo. E poi ancora le sorelle Sorbone, tra cui emergono Suor Angelica, pioniera ed ispettrice in Argentina e Cile, e Madre Enrichetta, Vicaria Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice sino al 1942. E poi ancora, tra le molte vocazioni, i fratelli don Arturo e don Dante Caprioglio. Tra tutte queste straordinarie vocazioni salesiane spicca la figura di Mons. Ernesto Coppo, Vescovo e Missionario Salesiano negli Stati Uniti, in Australia e in Italia.

Mons. Ernesto Coppo nacque il 6 febbraio 1870, nella frazione Stevani di Rosignano. Inizia gli studi nella Casa che Don Bosco ha aperto a Borgo San Martino. Tra i compagni di Ernesto c’è il giovane Pietro Ricaldone, di Mirabello. Qui entrambi incontrano Don Bosco, un incontro che segnerà la loro vita.

Conclude la sua formazione nel seminario di Casale e il 7 agosto 1892 è ordinato sacerdote. L’anno successivo entrava nel noviziato Salesiano di Foglizzo, e il 4 ottobre 1894 emetteva la professione perpetua nelle mani del Beato Don Rua. Nel 1898, a capo di un gruppo di sacerdoti salesiani, raggiungeva New York per compiere un impegnativo e coraggioso apostolato a servizio dei migranti che giungevano in America in cerca di un futuro migliore.

“Venti anni di missione assorbirono tutte le forze di don Coppo a servizio degli emigrati e della loro gioventù, sia sotto il profilo religioso che sociale e civile”, ricorda anni dopo lo stesso don Ricaldone.

Questo impeto di fede e di servizio al prossimo più bisognoso, lo portarono nel 1923 in Australia, presso il Vicariato Apostolico di Kimberley. Consacrato Vescovo presso il Santuario di Maria Ausiliatrice in Torino, parte per il Kimberley, tra gli indigeni. Sono anni di intenso lavoro pastorale: raggiunge i villaggi, incontra le famiglie, dà impulso alle esigenze umane del lavoro, della formazione, dello sviluppo, del Vangelo. L’esperienza organizzativa e pastorale appresa in America la mette a disposizione della sua gente australiana.

Tornato in Italia, diventa un formidabile animatore per le Missioni. Don Ricaldone, divenuto Rettor Maggiore, così lo ricorda:

“Mons. Coppo ambiva dichiararsi vecchio Vescovo Missionario e con insistente zelo invitava gli uditori a pensare ai bisogni della Chiesa nelle più remote missioni”.

Sino all’ultimo istante visse il magistero sacerdotale, cessando la sua esistenza terrena ad Ivrea dove si era recato per presiedere un Congresso Mariano, nella serata del 28 dicembre 1948, a 78 anni.

Il paese natale, dove Mons. Coppo tornò tante volte, durante questo 2020 ricorda il 150° anniversario della nascita. Lo celebra come esempio di impegno missionario e passione evangelizzatrice di enorme attualità: per il lavoro intelligente tra i migranti in America, per il sostegno e la promozione delle popolazioni indigene australiane, per la carità paziente e accogliente verso tutti coloro che ha incontrato anche in Italia.

Info ANS

Nuovo messale, intervista a suor Elena Massimi che ha curato la parte musicale

Pubblichiamo un articolo nel quale suor Elena Massimi, FMA, spiega la parte musicale del nuovo Messale, che lei ha curato.

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Qualcuno potrà stupirsi quando, aprendo la nuova edizione in italiano del Messale Romano, si troverà davanti il pentagramma che accompagna le parole pronunciate dal sacerdote o dai fedeli. Non in tutte le parti del rinnovato libro liturgico lo si incontra, ma in più punti sì. Ad esempio nel saluto iniziale. Uno spartito indica la melodia che il celebrante può intonare allargando le braccia: «La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi»; e un’altra battuta segnala come l’assemblea possa rispondere cantando: «E con il tuo spirito». È ben più “musicale” il nuovo Messale che sta per arrivare nelle parrocchie della Penisola. Perché, come si legge nella Presentazione della Cei, «il canto non è un mero elemento ornamentale ma parte necessaria e integrante della liturgia solenne». Per la prima volta le partiture entrano a pieno titolo nel corpo del testo e non finiscono in appendice come era accaduto nel Messale ancora in uso, quello datato 1983. Non solo. Aumentano i brani proposti. E si torna a privilegiare le formule ispirate al gregoriano evitando che il libro dell’Eucaristia diventi un luogo di sperimentazione. «Il canto apre al mistero e contribuisce alla manifestazione del Signore. Per questo è stato particolarmente valorizzato in questa nuova edizione», spiega suor Elena Massimi, che ha coordinato e curato il lavoro relativo alle melodie del Messale.

Figlia di Maria Ausiliatrice, un passato da musicista, collaboratrice dell’Ufficio liturgico nazionale, è docente di teologia sacramentaria alla Pontificia Facoltà di scienze dell’educazione “Auxilium” di Roma. C’era anche lei lo scorso 28 agosto all’udienza in Vaticano durante la quale la prima copia del Messale è stata consegnata a papa Francesco da una delegazione della Cei guidata dal cardinale Gualtiero Bassetti. Per due anni la religiosa è stata alle prese con gli spartiti che poi sono entrati nel volume. Affiancata da un’équipe di dieci esperti: sacerdoti e laici, monaci e consacrate, studiosi e compositori.

Nel nuovo Messale sono state inserite le melodie per il segno della croce, per il saluto, per i primi prefazi dei diversi Tempi e solennità (Avvento, Natale, Epifania, Quaresima, Pasqua, Ascensione e domeniche del Tempo ordinario). Ancora. Troviamo musicati i testi dell’anamnesi (“Annunziamo la tua morte Signore…”), della dossologia finale della Preghiera eucaristica (“Per Cristo, con Cristo, in Cristo…”), del Padre Nostro, dell’acclamazione “Tuo è il regno…”, della pace (“Scambiatevi il dono della pace”), del saluto finale, della benedizione e del congedo (“Andate in pace”; “Rendiamo grazie a Dio”). «Così viene evidenziata l’importanza del canto, a cominciare da quello del sacerdote che negli anni è stato trascurato – afferma la liturgista –. Intendiamo ridare ad alcune sezioni della Messa la dignità che è loro più propria, ossia quella di essere cantate. Pensiamo ai prefazi: è un testo lirico, poetico; se non viene cantato si attenua la sua forza».

Le melodie presenti fra le pagine del volume sono quelle dal «tono semplice d’ispirazione gregoriana: il tono di Do per i riti d’introduzione e di conclusione; il tono di Re per la liturgia eucaristica», chiarisce la docente. E aggiunge: «Erano già presenti nel Messale del 1983 ma venivano proposte come seconda opzione, mentre la prima era quella di nuova composizione». Quest’ultime, però, non hanno attecchito. Come ha mostrato l’analisi della prassi liturgica che è stata utilizzata per scegliere quali musiche privilegiare, quali salvare e quali accantonare. «Negli ultimi quarant’anni la Chiesa italiana ha recepito soprattutto le melodie di stampo gregoriano che sono ormai entrate nella mente e nell’orecchio di presbiteri e fedeli e che vengono intonate senza difficoltà durante i riti», riferisce la docente. Partiture che sono state, quindi, riprese e riadattate ai nuovi testi. Com’è il caso del Padre Nostro che cambia con l’aggiunta di un “anche” («come anche noi li rimettiamo») e con la nuova espressione «non abbandonarci alla tentazione». Racconta suor Massimi: «Fra le mani abbiamo avuto diversi adattamenti della melodia alla preghiera rivista. Alla fine ne abbiamo scelti tre e li abbiamo testati in alcune parrocchie, case di spiritualità, Seminari del Nord, del Centro e del Sud Italia. La versione confluita nel Messale è quella risultata più “naturale” alle assemblee».

Il pentagramma va a braccetto anche con alcuni testi del Triduo pasquale o di altre celebrazioni di particolare significato, come la Messa del Crisma o la Pentecoste.

La musica accompagna, ad esempio, il prefazio del Giovedì Santo oppure il prefazio e il congedo della Veglia e della Domenica di Pasqua. «Tutto ciò per ribadire la centralità del Triduo all’interno dell’Anno liturgico», dice suor Elena. Il Messale si conclude con un’appendice musicale più ampia rispetto all’edizione precedente dove sono state spostate le nuove composizioni del 1983 che sono convalidate dall’esperienza di questi decenni e dove, fra l’altro, sono state inserite anche le melodie in tono solenne per alcune parti della Messa.

Però, all’appello mancano altri “elementi” della celebrazione che la musica ha sempre scandito ma di cui il nuovo Messale non prevede melodie ad hoc: il Kyrie; il Gloria; il Santo. «È stata una scelta deliberata – nota la docente –. Nella Penisola le parrocchie conoscono una rilevante diversificazione musicale fra Nord e Sud. Pertanto non abbiamo inteso indicare melodie standard ma desideriamo lasciare le comunità libere di trarle dal repertorio locale». E per i canti d’ingresso, d’offertorio e di comunione? «Vale il Repertorio nazionale varato dalla Cei nel 2007», suggerisce la religiosa.

Certo, lo stesso Messale ricorda che i brani devono essere «adatti al momento e al carattere del giorno o del Tempo», che devono essere adeguati «alle capacità dell’assemblea», che va privilegiato l’organo a canne anche se il vescovo può consentire l’impiego di altri strumenti adeguati «all’uso sacro». Insomma si sentirà più canto a Messa? «Il Messale – conclude suor Massimi – offre una vasta gamma di possibilità. Faccio fatica a immaginare un’intera liturgia feriale cantata. Tuttavia, sarebbe bene che nelle Messe festive venisse cantato almeno il “Mistero della fede” o la dossologia. E a Natale il prefazio, anche per sottolineare lo specifico rilievo della celebrazione».

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VIS, Nico Lotta intervistato da l’Espresso: “Non bisogna accontentarsi di rispettare alcuni diritti umani, vanno rispettati tutti”

Pubblichiamo un’intervista rilasciata da Nico Lotta, presidente del VIS all’Espresso firmata da Giancarlo Capozzoli.

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Ho avuto modo di approfondire le questioni legate alla cooperazione e lo sviluppo con l’ingegner Nico Lotta, presidente del VIS, Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, una ONG legata ai Salesiani per la realizzazione dei progetti all’estero. Questa intervista, realizzata durante il periodo di emergenza sanitaria e sociale che sta affliggendo gran parte del mondo, vuole essere una ulteriore testimonianza in merito a tali questioni.

Gentile Presidente, lei come ha iniziato la sua attività con il VIS?
Subito dopo aver conseguito la laurea in ingegneria, mi sono interessato ai progetti connessi con le comunità salesiane all’estero, e ho deciso di fare come ex allievo salesiano una esperienza di volontariato in Madagascar in qualità di tecnico, all’interno del VIS, e poi nella fase di ricostruzione post crisi in Sri Lanka.

La sua collaborazione ad Haiti dopo il terremoto, partiva dalla sua formazione come ingegnere…
Sì ma ero anche parte del comitato esecutivo dell’ente.

A partire proprio da questa sua prima esperienza, quanto crede che sia importante la formazione anche dei volontari? Voglio dire… dopo la liberazione della Silvia Romano in Kenya, mi sono chiesto, intervistando anche responsabili di altre organizzazioni, sulla formazione e sulla educazione di base di questi ragazzi che decidono di fare queste esperienze all’estero…
La formazione e l’educazione sono fondamentali. A tutti i livelli. Con formazione intendo sia una formazione universitaria che una formazione di carattere professionale.

Di quali questioni negli ultimi anni vi siete occupati maggiormente come VIS?
I progetti in corso sono molti. Sicuramente la questione del contrasto al traffico di esser umani, con il progetto Stop Tratta, ci ha interessato molto. È un tema strettamente congiunto con il tema della migrazione, a tutti i livelli. Diversi componenti del VIS assieme al nostro partner Missioni Don Bosco e ai Salesiani si occupano di questa questione a partire proprio dal percorso migratorio che porta tante persone qui in Europa.

Proprio da dove partono…
Attraverso i luoghi di passaggio e fino al punto di arrivo…. è uno degli strumenti che abbiamo per combattere il fenomeno della migrazione irregolare.

Conoscere un fenomeno per proporre anche delle alternative…
Sì, l’idea di fondo è quella di proporre alternative concrete di cooperazione allo sviluppo. Molti dei nostri progetti sono sia nell’Africa est che in quella ovest, dall’Etiopia al Senegal, al Mali e in Nigeria per intenderci.

Quando si parla di vittime di tratta a chi ci si riferisce principalmente, a partire dalla esperienza che avete maturato nel corso del tempo, sul campo?
Sono uomini e donne, ragazzi e ragazze, purtroppo, membri delle comunità dei villaggi più isolati. A cui vengono proposti dei viaggi che non si concretizzano.

…che non si concretizzano già in partenza, immagino. in questi anni ho avuto modo di realizzare io stesso interviste a ragazze giunte in Italia davvero con la prospettiva di un lavoro o di una realizzazione economica che era di base già finta… Si puo parlare di consapevolezza- inconsapevolezza anche riguardo alla destinazione finale?
La situazione è purtroppo più drammatica di quel che si pensa. Lei dice il vero. Spesso non si ha neanche la consapevolezza della destinazione finale. Ma la situazione è anche più grave. Basti pensare che il fenomeno dei trafficanti porta in qualche modo ad una vera e propria riduzione in schiavitù delle persone che vengono spinte a partire. E a questo fenomeno è anche legato il traffico di organi… I trafficanti chiedono sempre più soldi lungo la strada. Continuamente. E il debito dei migranti cresce. È una esperienza concreta quella di cui sto parlando. Esperienza di cui sono testimoni i Salesiani. Si tratta di un vero e proprio pagamento per il riscatto. Il problema concreto allora è se pagare per saldare il debito oppure no. È evidente l’inganno e lo sfruttamento della situazione drammatica da parte dei trafficanti di esseri umani.

Nonostante tutto alcuni ragazzi preferiscono affrontare il viaggio, consapevoli dei rischi che corrono…
Il nostro progetto contro la tratta parte proprio dall’esperienza di chi ha subito questo fenomeno. Vuole raccontare la verità, vuole raccontare attraverso la voce dei testimoni diretti il viaggio che hanno vissuto, anche per scoraggiare altri migranti. E altri trafficanti, soprattutto. Ma per aver successo in questo tipo di progetti è necessario proporre anche delle alternative.

Progetti e programmi di sviluppo…
Sì, a partire da una reale formazione professionale in loco, con l’avvio, ad esempio, di piccole attività professionali, che spingano i ragazzi a restare nella loro terra. Mi riferisco ad esempio a progetti per attività agricole finanziate a partire da un microcredito, che serve per comprare un terreno, e poi ad iniziare l’attività lavorativa vera e propria.

Sono attività concrete, progetti concreti..
Tenga presente inoltre il contesto particolare in cui spesso vengono realizzati. Noi lavoriamo nei campi per i rifugiati in Etiopia, nella gestione dei corridoi umanitari. In questo caso la formazione è finalizzata alla preparazione del rifugiato da un punto di vista culturale e linguistico.

Quanti sono i progetti attualmente in corso?
In questo momento siamo attivi con circa 80 progetti, tutti in ambito di sviluppo ed emergenza.

C’è un modo diverso di intervento a seconda che si tratti di sviluppo o emergenza, evidentemente…
Con i progetti di sviluppo portiamo avanti soprattutto la formazione professionale, il capacity building, che può portare ad uno sviluppo della realtà locale. È necessario gestire progetti in loco, ma anche portare avanti altri tipi di interventi come quelli che riguardano la protezione dell’infanzia in situazione di vulnerabilità. Per quanto riguarda i progetti di emergenza, appena è possibile agire si interviene soprattutto nell’ambito educativo, che in tali situazioni è comunque determinante per lo sviluppo della persona umana e per ripartire poi anche in un ambito più specifico rispetto allo sviluppo, in senso stretto.

L’emergenza Covid-19 come ha influenzato il vostro modo di agire e progettare?
Il Covid-19 ha rallentato le attività un po’ovunque. Quasi tutte le scuole e gli oratori, ad esempio, sono stati impossibilitati a portare avanti le loro attività e missioni. Pertanto, sicuramente si è modificato il nostro modo di agire. Anche se quasi tutti gli operatori sono rimasti nei propri Paesi di destinazione. Tenga presente che in alcuni contesti l’emergenza per questo virus si è aggiunta all’emergenza costante riguardante la condizione igienica. E allora uno dei punti fondamentali è stato quello di tentare di cambiare l’approccio.

Rientrare in strutture protette, immagino…
…e convincere le persone a smettere di vivere in condizioni di strada, in cui i rischi sono troppi, soprattutto dal punto di vista igienico. In alcuni contesti le persone sono davvero troppo esposte.

E’ dovuto mutare dunque anche l’approccio psicologico alla luce delle nuove questioni…
Abbiamo dovuto ripensare e reinventare la didattica a distanza, anche in questi contesti. E cercare strumenti tecnologici alternativi. Bisogna tener presente che in determinati Paesi solo in alcuni contesti è stato possibile realizzare e migliorare questo tipo di formazione. Il rischio concreto è l’interruzione della didattica. Voglio dire… in altri contesti, quelli più rurali e più isolati, c’è poco da inventare. La tecnologia non arriva neanche… In ogni singolo contesto non è semplice: attualmente non si ha ancora una reale conoscenza dei numeri dei contagi. C’è una mancanza di controlli, differente da quello che accade da noi, qui in Europa, in Italia. Come VIS abbiamo avviato una raccolta fondi in Italia, per poter sostenere i nostri progetti di educazione e formazione anche durante questa terribile emergenza.

Lei sostiene che il numero dei contagi non si può sapere con certezza…
Sì, ed inoltre sono contesti in cui anche fare una diagnosi è complicato. E sostenere delle terapie è difficile, se non impossibile, quindi è fondamentale puntare sulla prevenzione e sull’igiene.

Veniamo un po’ a quella che è stata l’occasione della nostra chiacchierata. La formazione e la educazione dei volontari che decidono di fare una esperienza all’estero. Io lo scorso anno ero in Kenya a seguire una piccola organizzazione, e ho notato una poca professionalità nei volontari. Ma anche una scarsa attenzione nei confronti della cultura locale. Questioni credo che riguardano anche il caso della ragazza rapita sempre in Kenya e liberata lo scorso maggio…
Per la nostra organizzazione la formazione è fondamentale. Ed è differenziata in base alla tipologia di persone che partono. A seconda che sia un volontario VIS in servizio civile o che siano operatori per lo sviluppo. Per cui è necessaria una formazione finalizzata anche a gestire la progettazione in loco.

Quale è il livello di formazione con cui arrivano da voi?
La gran parte delle persone che si rivolgono alla nostra organizzazione sono in possesso di una laurea e/o di master. Hanno inoltre un forte sistema valoriale e buona preparazione tecnica.

Prima mi diceva della vostra specifica formazione…
Noi come VIS forniamo una formazione specifica. Che significa fondamentalmente, oltre alla conoscenza della congregazione salesiana e di tutte le procedure e i protocolli di sicurezza, una formazione specifica relativa al ruolo, al progetto e al Paese.

Quanto è importante il rapporto con la realtà locale dei posti in cui opereranno?
Per i nostri operatori è determinante un confronto costante con le comunità così come è importante l’integrazione con lo staff locale. Ed è fondamentale per noi analizzare le motivazioni che spingono una persona a partire. Motivazioni che vanno oltre le capacità tecniche, pur importanti, ma che riguardano anche e soprattutto il sistema valoriale di ciascuno.

Una volta partiti vengono seguiti a livello locale e a livello di sede?
Sì certo, e come le dicevo hanno formazioni specifiche in base al ruolo e al contesto in cui vanno ad inserirsi.

Quanto è importante conoscere il contesto, gli usi e le tradizioni dei posti, secondo lei?
Fondamentale è formare su alcuni criteri di base indiscutibili. Il primo è il rispetto assoluto delle comunità e delle culture in cui ci si inserisce. La questione dell’intercultura non deve restare lettera morta, ma diventare reale e viva in ogni relazione, in ogni parola, in ogni azione.

Mi sembrano i principi di base, da cui ciascuno dovrebbe partire…
Spesso però non è chiaro. E dunque diventa importante ribadirlo, sempre e comunque. È necessario cancellare i propri pregiudizi interiori. Non bisogna aver paura di riconoscerli per poterli contrastare. Il confronto approfondito con una cultura diversa dalla nostra è la base dell’intercultura, dell’interazione di culture diverse e spesso anche distanti, differenti.

Quanto gli aspetti culturali a cui fare attenzione fanno parte della formazione in loco?
Come le ho accennato, è importante la conoscenza specifica del contesto in cui si va a operare e a vivere. È dirimente il lavoro con i colleghi locali, al fine di stabilire una vera relazione tra diverse culture. L’esperienza lavorativa va fatta a partire e alla luce della cultura locale.

L’esperienza pregressa e la motivazione personale, credo siano determinanti per lavorare in questi contesti…
L’incontro umano, da un lato, e la preparazione tecnica, dall’altro lato, sono fondamentali. Sono decisivi anche i percorsi formativi sulla cooperazione, con lo studio di materie specifiche. La conoscenza e la formazione sono le basi solide da cui partire. E naturalmente la formazione sul campo e l’esperienza maturata. Ma solo con un approccio valoriale forte si può avere una vera esperienza positiva.

Sono esperienze arricchenti, sotto diversi punti di vista, per tutti.
Assolutamente sì. Per quanto sia importante far conoscere il contesto prima della partenza, bisogna tener presente che si può conoscere un Paese solo vivendolo. E allora è importante entrarci in punta di piedi, per immergersi in una comunità locale, per avere un’esperienza che sia realmente arricchente, un’esperienza piena.

I valori che voi del VIS portate avanti sono chiari…
Abbiamo una identità chiara, portiamo avanti valori cristiani. Ma né gli operatori, né i beneficiari sono scelti in base al loro orientamento religioso.

Dialogo e incontro…
Lavoriamo nel contesto del sistema valoriale salesiano che è accogliente e aperto verso tutti i giovani.

Una idea di rispetto e sviluppo che si basa sui diritti umani, sulla dichiarazione universale dei diritti umani…
Lo sviluppo di ogni uomo e lo sviluppo di tutto l’uomo. Dell’uomo inteso in ogni dimensione, nella sua totalità e interezza.

Principi che in qualche modo portano avanti anche una idea di cooperazione e sviluppo che non è assistenzialista…
Esattamente. L’empowerment e l’owernship sono il contrario dell’assistenzialismo a cui lei fa cenno. La nostra missione è rendere i nostri beneficiari partecipi, indipendenti e protagonisti del proprio percorso di sviluppo. Sono fortemente convinto che la cooperazione funziona davvero se e quando poi riesce a sparire. Il nostro obbiettivo è rendere ciascuno protagonista del proprio sviluppo.

Quanto è attuale parlare oggi ancora di diritti umani?
Maggiore è la difficoltà di promuovere i diritti più è importante parlarne. Intendo di quei diritti universali per ogni uomo e per tutti gli uomini. Esistono ancora, oggi, realtà lontanissime dal rispetto di questi diritti. Ma proprio questa situazione dà un senso al lavoro della cooperazione e delle ong. Quando questi diritti non esistono, non vengono rispettati, è importante promuoverli, parlarne, pretenderli.

La battaglia per l’affermazione e il rispetto dei diritti umani è ancora urgente…
È necessario porre un rimedio alle disuguaglianze presenti nel mondo. Dico che non bisogna accontentarsi di rispettare solo alcuni diritti umani, ma che bisogna pretenderli tutti. Non c’è alternativa. Come può ben immaginare, la battaglia sul campo è molto dura.

Lo scopo, l’orizzonte deve essere quello però…la affermazione dei diritti per tutti…
Non c’è alternativa per rimediare alle ingiustizie in cui molti ancora vivono. Come dice padre Alex Zanotelli, l’uomo non è un tubo digerente. Non è solo uno stomaco da riempire: deve avere la possibilità di uno sviluppo totale e sostenibile della propria persona e personalità.

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UPS, il 15 ottobre inaugurazione dell’anno accademico

Pubblichiamo il comunicato stampa dell’Università Pontificia Salesiana sull’inaugurazione del nuovo anno accademico. Ricordiamo che per le norme vigenti contro la diffusione del COVID-19, l’ingresso sarà contingentato ai soli invitati. L’evento verrà trasmesso in streaming.

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Giovedì 15 ottobre 2020 l’Università Pontificia Salesiana inaugura il nuovo anno accademico.

L’evento, che segna anche la conclusione delle celebrazioni dell’80° dalla Fondazione, avrà una connotazione diversa dal solito a motivo dell’emergenza sanitaria che impone una partecipazione contingentata.

In rispetto delle disposizioni vigenti relative alla sicurezza delle persone e degli ambienti, l’ingresso sarà su invito, precedentemente confermato.

Come da tradizione, l’Inaugurazione prevede la Celebrazione eucaristica presieduta dal Rev.mo don Ángel Fernández Artime, Gran Cancelliere dell’UPS e Rettor Maggiore dei Salesiani, e l’Atto Accademico con la Relazione del Rettore, prof. don Mauro Mantovani, e la Prolusione che quest’anno sarà tenuta dalla prof.ssa Marica Branchesi, Astrofisica del Gran Sasso Science Institute.

L’Atto Accademico sarà trasmesso in diretta streaming sul sito dell’Università.

Tra gli invitati è prevista la presenza del card. Giuseppe Versaldi, Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, della Sindaca di Roma Virginia Raggi, e di Elena Bonetti, Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Pietro Sebastiani, Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Isabel De Oliveira Capeloa Gíl, Presidente della Federazione Internazionale della Università Cattoliche (IFCU), Andreas Corcorán, Vice Segretario Generale della International Association of Universities (IAU) e Michael Murphy, Presidente della European University Association (EUA).

Scarica il programma

Avvenire – Sussidio pastorale per la scuola. La Cei: studiare, per cercare un senso nella vita

Il nuovo documento della Commissione CEI per l’educazione cattolica, nel giorno di riapertura delle scuole, incoraggia tutti a “testimoniare, discernere e servire”. Di seguito l’articolo pubblicato da Avvenire a cura di Enrico Lenzi.

Da «una pastorale “della” scuola» a «una pastorale “per” la scuola». Sta tutto in questo cambio di preposizione il senso del nuovo sussidio che lunedì 14 settembre, nel giorno di riapertura ufficiale delle scuole in Italia, viene pubblicato dalla Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università. Si tratta di un documento che in qualche modo si pone al termine del decennio che la Chiesa italiana ha voluto dedicare al tema dell’educazione (gli Orientamenti pastorali 2010/2020 sull’Educare alla vita buona del Vangelo), ma che al tempo stesso intende rivolgere il proprio sguardo al futuro, come sottolinea nella sua presentazione il vescovo Mariano Crociata presidente della stessa Commissione Cei.

Del resto, ribadisce il sussidio – intitolato significativamente «Educare, infinito presente» -, per «la Chiesa la scuola è una realtà da amare in cui stare con passione e competenza, contribuendo alla costruzione del progetto scolastico».

Ma se la presenza e l’attenzione della comunità cristiana al tema della scuola ha radici lontane, quello che deve cambiare secondo il documento della Commissione episcopale, è la modalità di approccio e lo stile di presenza. Un cambio al quale sono chiamati tutti: dai docenti ai genitori, dagli studenti al personale, fino alle realtà educative e alle stesse parrocchie. Insomma «l’attenzione alla scuola deve diventare una responsabilità di tutta la comunità». Proprio per questo, riflettono i vescovi della Commissione, non si può continuare a procedere «a compartimenti stagni», cioè con pastorali che prendano in considerazione solo un unico aspetto senza mettersi a confronto con altre che hanno come destinatari gli stessi ragazzi e giovani.

Il documento della Cei (nella versione integrale) – che si suddivide in tre parti più una quarta che riporta testi, interventi, discorsi sul tema della scuola e dell’educazione – offre una analisi e una osservazione sull’esistente, a cominciare «dalla difficile esperienza vissuta nei primi mesi del 2020 con l’improvvisa e prolungata chiusura delle sedi scolastiche a causa della pandemia». E se il ricordo alla didattica a distanza «ha permesso di limitare le conseguenze sulla crescita e l’apprendimento degli alunni», ha anche «fatto affiorare interrogativi di fondo sul ruolo della scuola nella società, sul valore insostituibile della relazione educativa, sull’apporto integrativo delle tecnologie nella didattica». Secondo il sussidio Cei, infatti, alla base di qualsiasi intervento nella scuola, «non può dimenticare che la relazione educativa è il suo cuore», in un «patto di corresponsabilità che lega in primo luogo insegnanti e alunni, ma si estende anche all’interno del corpo docente, alle famiglie e alle forze vive del territorio in un dialogo che riconosce a ciascuno le proprie responsabilità specifiche e pone tutti in rapporto di rispettosa collaborazione». Proprio la collaborazione è l’approccio auspicato da quel cambio di preposizione – “per” – che il documento propone. Il tutto per «ridare senso alla routine dello studio, perché lo studio serve a porsi domande, a non farsi anestetizzare dalla banalità, a cercare senso nella vita».

Un obiettivo proposto alla scuola e a tutte le sue componenti (a cui il testo riserva singoli spazi), richiamando tutti e ciascuno ai valori della «testimonianza, del discernimento e del servizio». Ovviamente i vescovi italiani indicano questo cammino in primo luogo alle comunità cristiane (parrocchie, associazioni, gruppi professionali e altro), pur ribadendo che nella crescita completa di una persona «non può mancare la dimensione religiosa», che la Chiesa offre con la presenza dell’insegnamento della religione cattolica (Irc) anche nella scuola statale.

Questo coinvolgimento di tutti vuole portare al superamento «della frammentazione all’integrazione dell’azione pastorale», che vuol dire «realizzare un modo di pensare e un agire pastorale davvero unitario e centrato sulla persona. I giovani hanno bisogno di essere aiutati a unificare la vita» e la «pastorale per la scuola può essere un prezioso banco di prova per sviluppare un agire più integrato e aperto a diverse presenze». Anche per questo il sussidio ribadisce l’importanza di un Ufficio nazionale della scuola e quello dell’Irc, il Centro studi della scuola cattolica e il Consiglio nazionale della scuola cattolica. E un capitolo è dedicato proprio alla scuola cattolica e ai corsi di formazione professionale di area cattolica che «hanno un ruolo primario di promozione e di riferimento nella pastorale per la scuola».

Il sussidio Cei offre a tutta la scuola – cattolica e paritaria – anche alcuni esempi progettuali da mettere in campo: da momenti religiosi offerti alla scuola alla Settimana dell’educazione che diverse diocesi realizzano da qualche anno; dal sostegno allo studio all’attenzione vero l’orientamento, per citarne alcuni.

CEI

Avvenire

Sussidio Educare

Don Fistarol assume la direzione dell’Opera Salesiana a Testaccio

Pubblichiamo dall’agenzia InfoAns

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Roma, Italia – settembre 2020 – Il 12 settembre, don Orestes Carlinhos Fistarol (il terzo da sinistra della foto), ha iniziato il servizio come Direttore dell’Opera Salesiana del Testaccio a Roma. Erano presenti don Maria Arokiam Kanaga, Superiore della Visitatoria “Maria Sede della Sapienza” dell’Università Pontificia Salesiana (UPS); don Damásio Medeiros, Vicario UPS; don Renzo Barduca, Economo UPS; e don Luis Gallo, Segretario UPS. Nella chiesa parrocchiale dedicata a Maria Liberatrice si è tenuta una celebrazione della Parola, seguita da un pranzo festivo nella comunità salesiana.

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Gianmario Strappari, giovane musicista di fama mondiale è ambasciatore di Missioni Don Bosco

Pubblichiamo l’intervista a Gianmario Strappati, un giovane musicista ambasciatore di Missioni Don Bosco nel mondo, pubblicata il 5 settembre su Il Giornale.

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Classe 1999, Gianmario Strappati suona la tuba solista nelle orchestre di mezzo globo terracqueo. Ha registrato per Rai, Radio Vaticana e CNN, tiene masterclass in Italia e all’estero ed è Ambasciatore di Missioni Don Bosco per la musica nel mondo.

Ma è vero che discoteche e videogame non t’interessano neanche un po’?
I miei interessi sono legati ad una grande passione: la musica. Lo studio del repertorio classico, romantico, moderno e contemporaneo, ma anche dell’arte e della cultura in genere, occupano gran parte del mio tempo. Fino ad ora non ho provato particolari attrazioni per le discoteche e i videogames.

Hai detto che la tuba è lo strumento del secolo, in che senso?
L’evoluzione tecnica che ha accompagnato nei vari decenni strumenti a ottone come la tromba e il trombone ha favorito la stesura di interessanti trattati di pedagogia che ne hanno accresciuto lo sviluppo del registro e della tecnica in generale. Era tempo di dedicare una maggiore attenzione ad altri strumenti della stessa famiglia come la tuba e l’euphonium, capaci di o rire interessanti colori e particolari sonorità. Non è un caso quindi che oggi un numero sempre maggiore di compositori scriva opere dedicate alla tuba, all’euphonium e al cimbasso, donando all’ascoltatore un mondo di suoni ed e etti nora sconosciuto. Inoltre un numero sempre maggiore di studenti si iscrive ogni anno ai corsi di tuba.

Hai suonato ovunque in Europa e pure in Russia: ci sono di erenze fra l’una e l’altra a livello di orchestre?
Esistono molte scuole in Europa con diverse offerte formative. Ho avuto l’opportunità di incontrare musicisti meravigliosi in Germania così come in Spagna, Romania, Moldavia, Grecia, Bulgaria, Austria…In Russia mi sono esibito in veste di solista al festival Tchaikovsky. Accompagnato dalla straordinaria Filarmonica di Izhevsk ho potuto ammirare la grande professionalità dei musicisti russi, con molti dei quali ho mantenuto con loro rapporti di grande amicizia e professionalità.

Ma non hai fatto neanche la più piccola follia, tipo bere vodka a colazione?
In Russia ero impegnato nella realizzazione di un evento che mi vedeva solista in un prestigioso Festival come il Tchaikovsky. Nei giorni che precedevano il concerto ho dedicato tutto il mio tempo allo studio e alle prove. Nei successivi, accompagnato dalle autorità del luogo, ho avuto modo di visitare interessanti opere legate alla storia e alla cultura della Repubblica di Udmurtia: non ho assaggiato vodka ma ho degustato squisiti dolci locali.

C’è un autore classico che de niresti moderno?
J. S. Bach. Ho avuto l’onore di suonare nel 2019 al Bachmuseum di Lipsia, per il 334esimo compleanno del “Padre della musica”.

Sei un altruista: cosa fa un Ambasciatore di Missioni Don Bosco per la musica nel mondo?
I missionari salesiani sono in tutto il mondo per portare il messaggio di San Giovanni Bosco. Loro hanno fondato molte scuole, laboratori per insegnare ai giovani un lavoro e numerose bande musicali alle quali partecipano molti giovani in ogni parte del mondo. Durante i miei concerti nei vari continenti parlo di questo, portando alla conoscenza di tutti un grande patrimonio umano.

Tieni anche masterclass per i giovani: com’è per un ragazzo insegnare ai ragazzi?
In ogni occasione cerco di trasmettere ai ragazzi l’entusiasmo e l’amore per la musica, incoraggiandoli alla realizzazione dei loro sogni, con la consapevolezza però che ciò comporta: passione, caparbietà, serietà, umiltà e spirito di sacrificio.

 

“Intorno al fuoco vivo del Sinodo”, il libro di don Rossano Sala su L’Osservatore Romano

Sull’edizione del 5 settembre de L’Osservatore Romano è uscita la presentazione dell’ultimo libro di don Rossano Sala, “Pastorale giovanile 2. Intorno al fuoco vivo del Sinodo. Educare alla vita buona del Vangelo» (Torino, Elledici, 2020, pagine 608, euro 28). Il quotidiano della Santa Sede ne riporta l’invito alla lettura di Papa Francesco, e stralci dell’introduzione – a firma di don Rossano Sala – e della parte conclusiva scritta da Padre Giacomo Costa, SJ.