Don Bosco santo sociale: con “Santa impresa” per celebrare la festa della Famiglia Salesiana dell’ICC
“L’obiettivo era trovare un momento, nel mese salesiano, dove le realtà della Famiglia salesiana del Lazio potessero stare insieme”, spiega don Francesco Marcoccio, vicario della Circoscrizione Italia Centrale. È nata così l’idea, accolta poi nella Consulta della Famiglia salesiana, di pensare la festa della Famiglia salesiana insieme con quella di Don Bosco. Il 20 gennaio, quindi, nel teatro del Don Bosco-Cinecittà a Roma, oltre 500 persone – rappresentanti di tutti i gruppi della Famiglia salesiana presenti a Roma – si sono ritrovate con il Rettor Maggiore, don Ángel Fernández Artime per assistere allo spettacolo “Santa impresa”, portato in scena da Davide Scaccianoce e Beatrice Marzorati, che ha rappresentato l’intelligenza e lo spirito che seppero trasformare uomini straordinari in “santi sociali”, nel Piemonte dell ‘800. “Tutti sono rimasti contenti, è passata un’immagine di Don Bosco inedita, perché c’era l’aspetto storico, il collegamento con la Rivoluzione francese e l’aspetto sociale con il collegamento con gli altri santi sociali della sua epoca”.
La festa è iniziata con il saluto dell’Ispettore, don Stefano Aspettati: “Nessuno ha mai toccato la santità – ha detto don Stefano – ma tutti la vediamo incarnata nella vita dei Santi”.
“È stata una bella esperienza, con un’accoglienza e una ospitalità eccezionali: ci siamo sentiti a casa – racconta Beatrice Marzorati -. Abbiamo provato un’emozione grande nell’incontrare il Rettor Maggiore e nel recitare davanti a lui, nel vedere come una persona così importante sia cordiale e socievole”. Il pubblico è stato l’elemento in più: “C’era una risposta che ci ha dato energia”. Come si guarda ai “santi sociali” dopo averli studiati e portati in scena? “Si cambia prospettiva, non li consideri più santini, ma conoscerli sotto questo aspetto li rende più umani, meno perfetti, fonte di ispirazione e coraggio. La vera forza che li ha mossi è stata la passione di chi si mette a disposizione di chi ha bisogno”, dice ancora Beatrice. “Nella nebulosità di quel periodo, la fede, il coraggio e lo spessore umano è un esempio anche oggi, nel 2019, su come fondare un’impresa. Per chi crede ma anche per chi non crede: non si può non restare meravigliati da figure così grandi”. Beatrice cita san Leonardo Murialdo: “A bisogni nuovi, occorrono opere nuove. È questo il coraggio di sfidare i luoghi comuni, la necessità di agire e di trovare nuove formule. Questa è una testimonianza significativa per tutti”.
“Lo spettacolo ha ben spiegato come la santità è – lo dice anche Papa Francesco – essere attenti a chi ti è vicino, in una dimensione di tempo e relazione. La santità si incarna in un tempo e ha bisogno di gradualità, è fatta di relazioni”, spiega ancora don Francesco Marcoccio.
Anche il Rettor Maggiore è rimasto colpito dallo spettacolo: nella sua Buonanotte ha ringraziato i due attori e lo ha collegato alla sua strenna sulla santità. “La scia della santità Piemontese -ha detto don Ángel- ha trovato in Valdocco un terreno fertile, che ha fatto fiorire grandi figure di santità direttamente o indirettamente legate alla nostra Famiglia”. Il Rettor Maggiore ha poi raccontato che qualche giorno dopo Natale, gli sono arrivati i saluti dall’Uganda da parte di un confratello della sua equipe che ha visitato due presenze salesiane tra i giovani più poveri, una delle quali era a Palabek, luogo in cui sono presenti circa 42 mila rifugiati.
“Un anno fa nel giorno della festa di don Bosco – ha proseguito – abbiamo aperto una presenza con una piccola comunità. Senza case, senza chiesa, in mezzo al campo, con la gente del campo. Ho ricevuto da questo confratello due buste con delle offerte per me con l’impegno di devolverle per i giovani bisognosi. Ho provato una grande emozione: loro, i più poveri tra i poveri, che hanno sottratto una piccola quantità di denaro per gente bisognosa come loro. Ho voluto raccontarvi questo perché è proprio la storia che oggi, attraverso questa rappresentazione, avete raccontato a tutti noi. È questo un segno di don Bosco che ci vuole ricordare che il cuore umano è la realtà più preziosa e generosa che esiste al mondo”.