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Consacrati e consacrate verso il Giubileo 2025: una Pentecoste di fraternità e un mandato per la riconciliazione nel mondo

Dall’agenzia ANS.

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(ANS – Roma) – Si è conclusa nella giornata di domenica 4 febbraio 2024 la tappa romana del percorso di preparazione dei consacrati e delle consacrate in vista del Giubileo del 2025. Composto da vari elementi significativi, tra cui il pellegrinaggio con partenza e arrivo presso la Basilica salesiana del Sacro Cuore a Roma, questo momento ha radunato circa 400 religiosi da tutto il mondo, che hanno ricevuto dal Santo Padre lo specifico mandato di essere “segni di riconciliazione fra gli uomini” lì dove Dio li ha chiamati ad operare.

“È stato davvero un itinerario bello e arricchente, quello organizzato dal Dicastero vaticano per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica (DIVCSVA)” – ha commentato don Francesco Marcoccio, Direttore della comunità salesiana del Sacro Cuore a Roma.

Sempre il salesiano, condividendo nel pensiero della “buonanotte” quanto vissuto in questa circostanza, ha sintetizzato alcuni degli aspetti fondamentali di questo percorso: “Abbiamo applicato, con grande giovamento per tutti, il metodo del discernimento spirituale proprio del sinodo alla dimensione del dialogo; abbiamo potuto apprezzare la dimensione femminile della vita religiosa; nell’incontro con il Papa del 2 febbraio, e anche nell’Angelus domenicale, abbiamo ascoltato la parola di Pietro e abbiamo visto valorizzato anche il ruolo degli anziani – e la vita consacrata, almeno in Europa, spesso è vissuta da tanti anziani; e poi abbiamo assaggiato davvero la ‘cattolicità’ della Chiesa, con centinaia di religiosi provenienti da 62 Paesi diversi, dei cinque continenti”.

Ma don Marcoccio non è stato l’unico entusiasta di quest’esperienza. A margine del pellegrinaggio di sabato 3 febbraio l’ANS ha raccolto diverse testimonianze significative:

“Per noi è una grande gioia poter partecipare a quest’‘anteprima’ del giubileo della Vita Consacrata, che ci rimanda ad un nuovo stile, che è quello della Chiesa di oggi, e cioè la sinodalità, un processo che deve coinvolgere tutto quanto: noi stessi, le nostre comunità, la vita ecclesiale, la nostra missione…” ha commentato suor Natália Miguel, Ispettrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice dell’Angola.

Suor Lula, albanese, Suora Francescana Missionaria di Gesù Bambino, si è detta “molto sorpresa e molto contenta” di quest’esperienza di internazionalità vissuta. “Aver condiviso insieme le gioie, le fatiche e le speranze di tutta la nostra Chiesa ci conforta molto. E l’esempio che ci ha offerto il Santo Padre parlandoci di Simeone e Anna, due anziani che attendono di vedere il Signore, ci ha molto incoraggiati a saper vivere il tempo dell’attesa, nel contesto europeo che alle volte ci scoraggia perché sembra non capire la nostra vita”.

Da parte sua, Padre Sobi, ungherese, della Congregazione della Missione (Lazzaristi), ha apprezzato molto la comunione d’intenti (“essere testimoni del Signore in questo mondo”), nella gran varietà di presenze (“è stata l’occasione per vedere tutto il mondo in una sala”). E ha aggiunto: “Mi ha colpito anche la testimonianza di una suora che ci ha detto che il numero dei consacrati diminuisce anche in Italia, perché dalle nostre parti pensiamo che qui siano tutti ferventi cattolici. Ma se all’inizio questo dato ci colpisce, poi sopraggiunge il pensiero che noi consacrati rimaniamo un segno in questo mondo: come una candela, che è qualcosa di piccolo, ma in una stanza buia può dare tanta luce”.

Per il lassalliano costaricense Lesberth Dimas è stato “un incontro molto interessante per la Vita Religiosa, dove abbiamo potuto esprimere il nostro desiderio di forgiare un futuro pieno di speranza e di riconciliazione, in Dio e tra di noi. Una riconciliazione che poi conduce ad una vita di fraternità e accoglienza del prossimo, perché ci fa sentire fratelli e sorelle di tutti: e questo è qualcosa che può far sorgere qualcosa di nuovo nella Vita Religiosa e può essere soprattutto una testimonianza per l’umanità”.

Suor Lety Pérez, delle Ancelle di Cristo Re, giunta a Roma dal Venezuela, afferma come sia stata “un’esperienza meravigliosa di fraternità, di sinodalità, dove la speranza e la riconciliazione hanno segnato le riflessioni e tutto il nostro vissuto. E anche il pellegrinaggio ci ha confermato nella fede e nel desiderio della Chiesa di condividere la salvezza e la pace con il mondo. Questa fraternità che abbiamo condiviso tra di noi – conclude – è stata davvero una Pentecoste tra di noi, e la celebrazione della gioia di essere chiamati da Dio ad essere pellegrini di speranza e riconciliazione per il mondo”.

Di riconciliazione e speranza ha parlato anche fra’ José Dick Ramírez, OFM Capp., dell’Ecuador. “Sono felice di aver partecipato e aver potuto condividere con religiosi e religiose di tutto il mondo quest’esperienza di giubileo, in cui abbiamo riflettuto su quello che desideriamo per il futuro. Credo che abbiamo potuto vedere la grande ricchezza della Vita Religiosa di essere profeta nel mondo, evidenziando ciò che è negativo e mettendo in luce ciò che è positivo”.

E se fra’ Jean Joseph Marie Hounsa, francescano dell’Immacolata proveniente dal Benin, ha sottolineato “la ricchezza e la gioia della Vita Consacrata” che sono emerse nel confronto dei quattro giorni e la bellezza di essere pellegrini a Roma; suor Alice Joseph, dell’Istituto delle Ancelle dei Poveri, giunta dall’India, ha sottolineato “la libertà e la profondità delle condivisioni” e la percezione di aver davvero ricevuto un mandato da consegnare ai suoi prossimi nel suo servizio, una volta tornata a casa.

Ancora, per l’indiano Anand Talluri, delle Pontificio Istituto Missioni Estere, missionario in Tunisia, l’incontro è servito a ricordare l’importanza di “costruire ponti tra le persone” e ha riacceso il desiderio di costruire “una Chiesa vicina alle persone, che dialoga e che parla la lingua della gente”; mentre l’agostiniano Recolletto Eddy Omar Polo, al termine dell’esperienza ha invocato “che il Signore ci aiuti ad essere consacrati sempre migliori e a donarci integralmente per il Regno, sapendo che Egli ci viene sempre incontro e che noi dobbiamo seguirlo donandoci con generosità ai nostri fratelli e sorelle, che si aspettano da noi maggiori carità e misericordia”.

“Come possiamo risplendere di speranza per il mondo?” è la domanda che è sorta nel lassalliano indiano Sunil Brito dopo quest’evento. E la sua risposta è stata, citando una poesia di Charles Péguy, che la speranza deve viaggiare insieme con la fede e la carità, guidandole a credere e ad amare ciò che ancora non si vede.

Infine, suor Sarita Nazareth, anche lei indiana, dell’Ordo Virginum, ha concluso parlando di come il pellegrinaggio tra alcuni luoghi sacri di Roma sia stato per lei di ispirazione per comprendere come “noi religiosi possiamo essere concretamente operatori di riconciliazione nelle nostre realtà concrete”.

La scuola d’italiano per migranti dell’opera Sacro Cuore a Roma: una mano tesa in aiuto di tanti giovani “invisibili”

Dall’agenzia ANS.

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(ANS – Roma) – Dal 2017, cioè da quando l’opera del Sacro Cuore di Gesù a Roma ospita al suo interno anche la Sede Centrale Salesiana, molte delle persone che varcano il suo cancello d’ingresso sono personalità chiamate a vario titolo ad interagire con il governo centrale della Congregazione – il Rettor Maggiore, il suo Consiglio e tutti gli uffici centrali. Ma insieme ad esse, tutti i giorni, passano per il medesimo cancello anche alcune tra le persone più umili e spesso “scartate” dalla società: senzatetto, migranti o rifugiati, giovani bisognosi di una mano per dare una prospettiva al proprio futuro.

È per loro, infatti, che i salesiani hanno avviato il progetto della scuola d’italiano per migranti e rifugiati, che ha luogo nei locali a disposizione della parrocchia del Sacro Cuore, e che beneficia complessivamente circa 140 persone per ogni ciclo di corsi – ma solo perché di più non si riescono ad accogliere, dato cha la domanda supera costantemente l’offerta.

Sono corsi offerti in forma totalmente gratuita da una composita équipe di volontari, dove si mescolano laici, soprattutto – tra cui ragazzi e ragazze del Servizio Civile Universale e giovani universitari della vicina Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Roma Tre; ma anche salesiani, membri della Famiglia Salesiana e religiosi di altre famiglie spirituali – tutti accomunati da un’esperienza di servizio che lascia qualcosa, in primis, a chi la fa.

Seguendo un’antica prassi salesiana (lodata anche da Papa Francesco) i corsi sono di breve durata, in questo caso trimestrali, e al Sacro Cuore vanno in scena a ciclo pressoché continuo: ogni pomeriggio dei giorni lavorativi, dal lunedì al venerdì, con due “lunghe” il martedì e il giovedì, dove le lezioni da 1 ora e mezza canonica arrivano anche a quattro ore e mezza.

“Ci sono diversi livelli, sulla base delle necessità: corso di base, medio e avanzato.  D’altra parte, bisogna considerare che alcuni di questi giovani sono analfabeti anche nella loro lingua madre” spiega don Enrico Lupano, SDB. Piemontese, con un passato come guida e accompagnatore dei gruppi sui Luoghi Salesiani di Torino, oggi è lui a coordinare questo percorso di educazione e integrazione, insieme a suor Cristina, delle Missionarie di Cristo Risorto, consacrate con cui i salesiani del Sacro Cuore portano avanti tutta una serie di attività educative, di evangelizzazione e promozione sociale nell’ambito del Progetto Missionario “Sacro Cuore”.

Sempre don Lupano, con la sua conoscenza dei luoghi originari di Don Bosco, individua alcune significative suggestioni. “La nostra esperienza ricorda un po’ quella dell’oratorio itinerante di Don Bosco, o dei primissimi tempi a Valdocco, quando ancora non c’era molta stabilità. Anche qui noi ci vediamo costretti a muoverci in spazi in costante evoluzione, per via dei lavori di ristrutturazione, e certamente questi sono giovani di quelli più amati da Don Bosco. Inoltre, questi ragazzi arrivano letteralmente da tutto il mondo fin dentro al cuore della Congregazione, e con la loro presenza ci tengono fedeli al carisma, affinché poi dal centro si possa ridare energia a tutte le presenze sparse per il mondo. È come un doppio movimento: dal mondo al Sacro Cuore e dal Sacro Cuore al mondo”.

In effetti i ragazzi che lo frequentano rappresentano uno spaccato della società multietnica e globale di oggi, anche se limitato alle fasce più deboli. Nelle aule dove si tengono i corsi abbiamo incontrato Tenin, l’unica ragazza e la più brava della classe, che però per via della timidezza non se la sente di presentare la sua esperienza. C’è poi Mamadou, 23enne della Guinea Conakry, che ha saputo di questi corsi giocando a pallone con un volontario; o Bernard, 25enne arrivato dalla Repubblica Democratica del Congo, che frequenta il corso da un mese e che spera che in breve tempo, continuando ad imparare, potrà farsi capire per bene e trovare un lavoro per mantenersi; o Suleyman, arrivato dal Gambia tre mesi fa: sembra un giovane sorridente come tanti, ma se poi gli chiedi di come è arrivato in Italia accenna rapidamente alla traversata del Nord Africa, ai tanti rimasti in Tunisia e al viaggio in barca, salvo trincerarsi poi dietro lo sguardo basso e una frase impossibile da dimenticare: “È una storia lunga… E se te la racconto poi finisco a piangere”.

In effetti la scuola d’italiano, seppure non possa rilasciare attestati ufficiali, per molti di loro è un trampolino di lancio per un percorso più ampio e virtuoso: i salesiani e i volontari che li accompagnano, infatti, non si fermano alla lingua, ma aiutano a tutto tondo: nella scrittura di un curriculum vitae, nella ricerca del lavoro e della casa; dando lezioni di scuola guida, per avviare migranti e rifugiati verso una sempre maggiore autonomia; e, per quanto possibile, dando una mano anche nell’affrontare la burocrazia e le sfide con i permessi di soggiorno…

Per ragazzi e giovani con storie di grande sofferenza alle spalle e un presente fatto di incomprensione – anche linguistica – e marginalità, non è poco. E infatti in tanti tornano successivamente per restituire qualcosa di quanto ricevuto: alcuni, diventando a loro volta insegnati d’italiano per i loro connazionali; altri, aiutando nelle varie attività presenti presso il Sacro Cuore. Per tutti c’è comunque un’esperienza di gratuità e servizio che rimane impressa, e che in più di una circostanza ha anche fatto scoprire o riaffiorare cammini di maturazione della fede.

“Sono ragazzi che hanno grande voglia di imparare, sanno che potrebbe essere la loro unica opportunità e per questo manifestano tutti grande attenzione e gentilezza” testimonia da parte sua Cristina, una giovane cresciuta all’oratorio salesiano di Macerata e ora parte attiva come volontaria del progetto. Per lei quest’esperienza rappresenta anche un primo approccio a quello che spera possa essere la sua vita professionale, che intende sviluppare proprio nell’educazione degli stranieri, ma c’è molto di più: “A me sta dando tanti strumenti per conoscere meglio le loro vite e le loro storie e per capire come possiamo farci davvero casa per loro… Non è solo l’italiano o il servizio che tu fai per loro: ogni giorno ti dà un colore in più per capire le loro vite e le loro realtà qui a Roma e in Italia, tra difficoltà e sfide quotidiane”.

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Buoni Cristiani e Onesti Cittadini, nel cuore di Roma, al servizio dei senzatetto

Pubblichiamo l’articolo di Gianfrancesco Romano uscito sull’agenzia ANS sulla distribuzione ai senzatetto della zona di Roma intorno alla stazione Termini da parte dei giovani dell’oratorio salesiano ospitato nella sede della Casa Generalizia.

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(ANS – Roma) – L’impegno salesiano nel contrasto a Covid-19 è un’iniziativa globale tanto quanto la pandemia, che non ha lasciato indifferente alcuna Ispettoria o realtà salesiana nel mondo. Questo è vero non solo nelle estreme periferie della Congregazione, ma anche alla sua base: presso l’opera “Sacro Cuore” di Roma, che ospita la Sede Centrale Salesiana, i giovani dell’oratorio salesiano, in collaborazione con l’organizzazione di volontariato internazionale “Serve the City”, hanno distribuito lo scorso venerdì dei kit sanitari per la prevenzione dei contagi da coronavirus ai senzatetto che popolano l’area circostante la stazione Termini.

Mentre Covid-19 è tornato a sferzare con maggior vigore i Paesi europei, e di nuovo, come in primavera, le autorità italiane hanno emanato provvedimenti e limitazioni per invitare a restare a casa, diversi ragazzi e ragazze, mossi dal carisma salesiano (buoni cristiani) e dall’impegno civico (onesti cittadini), hanno perlustrato le strade del centro di Roma per dare una speranza di aiuto a chi una casa dove ripararsi non ce l’ha.

Nei giorni dal 19 al 24 ottobre i volontari di “Serve the City – Roma” hanno attivato una campagna di raccolta di prodotti anti-contagio, realizzata attraverso le reti sociali e il passaparola; per la raccolta dei materiali hanno potuto contare anche sulle strutture dell’opera “Sacro Cuore” e dell’oratorio-centro giovanile salesiano, che viene coordinato da don Francisco Santos. Così, grazie alla solidarietà di tanti singoli cittadini, italiani e stranieri, è stato possibile assemblare oltre un centinaio di “kit sanitari” contenenti ciascuno un flaconcino di igienizzante, due mascherine e dei pacchi di fazzoletti umidificati e fazzolettini di carta.

Nella serata di venerdì 23 ha poi avuto luogo la distribuzione ai senzatetto, guidata dai ragazzi e le ragazze dell’oratorio “Sacro Cuore” di Roma, che ogni venerdì sera, nell’ambito delle attività del percorso “La Banca dei Talenti”, escono per strada per distribuire cibo e bevande ai bisognosi, e che per questo possono vantare già una buona conoscenza delle persone della zona, delle loro storie e necessità.

“Lo spirito della nostra organizzazione, nata in Belgio circa 15 anni fa e poi diffusasi in tante realtà del mondo, è lavorare in collaborazione con le organizzazioni che già sono presenti sul territorio. Il nostro interesse, infatti, non è sostituire nessuno, ma creare connessioni tra risorse e bisogni” spiega Caterina Berardi, coordinatrice di “Serve the City – Roma”.

In linea con il tema anche del Forum Internazionale di “Serve the City”, realizzato sempre nel fine-settimana appena trascorso, la distribuzione di kit e dei pasti è avvenuta all’insegna del motto “Spread Kindness” (Diffondi la gentilezza). “Il servizio reso ci ha permesso di rispondere alle persone più vulnerabili tra quelli che vivono in strada: anziani, donne e quanti tra italiani e stranieri erano in situazione di maggiore urgenza, date le condizioni. Senza dimenticare che l’intenzione profonda in verità non è solo andare in strada per nutrirli, ma offrire attenzione, scambiare una parola, creare amicizia” aggiunge ancora Caterina.

Data la felice esperienza realizzata i volontari di entrambe le realtà hanno deciso di rinnovare il loro impegno a cooperare in favore di chi vive per strada, realizzando nuove spedizioni per aiutarli a fronteggiare l’emergenza Covid-19 e il freddo del prossimo inverno.

Gian Francesco Romano

ANS

Il Messaggio del Rettor Maggiore dal Sacro Cuore di Roma

Il Messaggio del Rettor Maggiore, don Ángel Fernández Artime, dalla Basilica del Sacro Cuore di Roma per vivere il 24 del mese uniti nella preghiera con Maria Ausiliatrice.

Qui don Bosco ha celebrato l’ultima eucaristia, già molto anziano e ha pianto quando ha capito la forte presenza della Madonna nella sua vita.

Vi propongo di pregare questa Ave Maria per chiedere giustamente questa presenta di Dio che dà speranza e ci dà la forza per affrontare un momento difficile per la storia umana. Con fede e speranza vi invito a pregare con me.

(Retto Maggiore)

Info ANS