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Il “libero arbitrio”: le azioni nella liturgia

Di Elena Massimi

(NPG 2021-08-77)

Nel presente contributo, in continuità con il precedente, si offrono alcune brevi spiegazioni di alcuni gesti liturgici.

• CAMMINARE
L’antifona della processione delle Palme (domenica delle Palme e della passione del Signore) offre il senso del camminare nella liturgia:

Ant. Le folle degli Ebrei, portando rami d’ulivo,
andavano incontro al Signore e acclamavano a gran voce:
Osanna nell’alto dei cieli.

Nel celebrare cristiano il camminare non è mai a caso, è sempre verso qualche cosa. Nella celebrazione eucaristica abbiamo tre processioni (ingresso, presentazione dei doni, comunione) che mettono ben in luce come il camminare dei fedeli, dell’assemblea che celebra, di tutta la Chiesa sia orientato a Cristo, nell’attesa della sua venuta alla fine dei tempi. «Si tratta di un cammino orientato, che segue una direzione precisa, tenendo fisso lo sguardo verso la sua meta, verso l’altare, segno di Cristo e dell’unità della Chiesa, verso l’abside, rimando a un’ulteriorità che si dischiude davanti ai nostri passi, verso la luce, il Sol oriens» (E. Borsotti).

• PREGARE IN PIEDI
L’atteggiamento fondamentale della preghiera liturgica è stare in piedi; i cristiani per il battesimo sono diventati figli nel Figlio, partecipano della sua dignità, della sua resurrezione, per questo possono stare in piedi davanti al Signore.
L’ Ordinamento generale del Messale Romano (=OGMR) ci offre le seguenti indicazioni:
«I fedeli stiano in piedi dall’inizio del canto di ingresso, o mentre il sacerdote si reca all’altare, fino alla conclusione dell’orazione di inizio (o colletta), durante il canto dell’Alleluia prima del Vangelo; durante la proclamazione del Vangelo; durante la professione di fede e la preghiera universale (o preghiera dei fedeli); e ancora dall’invito Pregate fratelli prima dell’orazione sulle offerte fino al termine della Messa […]» (n.43).

• PREGARE IN GINOCCHIO
La preghiera stando in ginocchio esprime supplica o adorazione. La posizione dello stare in ginocchio indica anche il riconoscimento del nostro peccato; nel sacramento della penitenza stiamo in ginocchio.
Per questo motivo durante la pasqua i fedeli non potevano inginocchiarsi: dovevano celebrare la gioia della resurrezione.
Nella celebrazione eucaristica, in Italia, si sta «in ginocchio, se possibile, dall’inizio dell’epiclesi che precede il racconto dell’istituzione (gesto dell’imposizione delle mani) fino all’acclamazione Mistero della fede» (CEI, Precisazioni n. 1).

• STARE SEDUTI
Stando seduti il corpo è in una posizione comoda per poter ascoltare “con la mente e con il cuore” la Parola proclamata. Il fedele, stando seduto, si apre con fiducia alla Parola di Dio (Lettura, Epistola e omelia) e gli risponde con un canto di lode e di supplica (salmo responsoriale).
Lo stare seduti è sia l’atteggiamento del discepolo nei confronti del maestro, sia quello di colui che insegna con autorità. Si legge nel Vangelo di Matteo:

«Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro […]» (Mt 5, 1-2).

L’OGMR al n. 43. Afferma: «[…] Stiano invece seduti durante la proclamazione delle letture prima del Vangelo e durante il salmo responsoriale; all’omelia e durante la preparazione dei doni all’offertorio; se lo si ritiene opportuno, durante il sacro silenzio dopo la Comunione».

• UNGERE
Nella liturgia, in molteplici circostanze, ritroviamo l’unzione. Si riportano i passi del Catechismo della Chiesa Cattolica (=CCC) a riguardo:
«Nel simbolismo biblico e antico, l’unzione presenta una grande ricchezza di significati: l’olio è segno di abbondanza e di gioia, purifica (unzione prima e dopo il bagno), rende agile (l’unzione degli atleti e dei lottatori); è segno di guarigione, poiché cura le contusioni e le piaghe e rende luminosi di bellezza, di salute e di forza» (CCC 1293).
«Questi significati dell’unzione con l’olio si ritrovano tutti nella vita sacramentale. L’unzione prima del Battesimo con l’olio dei catecumeni ha il significato di purificare e fortificare; l’unzione degli infermi esprime la guarigione e il conforto. L’unzione con il sacro crisma dopo il Battesimo, nella Confermazione e nell’Ordinazione, è il segno di una consacrazione. Mediante la Confermazione, i cristiani, ossia coloro che sono unti, partecipano maggiormente alla missione di Gesù Cristo e alla pienezza dello Spirito Santo di cui egli è ricolmo, in modo che tutta la loro vita effonda il profumo di Cristo» (CCC 1294).

• INCENSARE
«La mia preghiera stia davanti a te come incenso, le mie mani alzate come sacrificio della sera» (Sal 141,2). L’incenso è simbolo della preghiera, di quella preghiera che non mira ad alcuno scopo; che sale e adora e vuol ringraziare Dio Padre.
Per quel che riguarda la celebrazione eucaristica leggiamo nell’OGMR che l’incensazione esprime riverenza e preghiera, e che può essere utilizzata (in modo facoltativo) a) durante la processione d’ingresso; b) all’inizio della Messa, per incensare la croce e l’altare; c) alla processione e alla proclamazione del Vangelo; d) quando sono stati posti sull’altare il pane e il calice, per incensare le offerte, la croce e l’altare, il sacerdote e il popolo; e) alla presentazione dell’ostia e del calice dopo la consacrazione.
Nel rito delle esequie viene incensato il corpo del defunto per onorarlo e perché è tempio dello Spirito Santo.

• BENEDIRE
La benedizione è una parola che comunica salvezza, prosperità, gioia di vivere.
«Quando Dio o direttamente o per mezzo di altri benedice, sempre viene assicurato il suo aiuto, annunziata la sua grazia, proclamata la sua fedeltà all’alleanza sancita. E quando sono gli uomini a benedire, essi lodano Dio e inneggiano alla sua bontà e misericordia. Dio infatti benedice comunicando o preannunziando la sua bontà. Gli uomini benedicono Dio proclamando le sue lodi, rendendo a lui grazie, tributandogli il culto e l’ossequio della loro devozione; quando poi benedicono gli altri, invocano l’aiuto di Dio sui singoli e su coloro che sono riuniti in assemblea» (Benedizionale, Premesse n. 6).

• ACCENDERE IL CERO
Nel rito della luce della notte di Pasqua, durante il quale viene acceso il cero pasquale dal fuoco nuovo, celebriamo il passaggio dalle tenebre alla luce. Con queste parole, infatti, il sacerdote accompagna il rito dell’accensione: «La luce del Cristo che risorge glorioso disperda le tenebre del cuore e dello spirito».
Accendere il cero è proclamare questa fede, che le tenebre del peccato sono state sconfitte. In tale orizzonte vanno collocati i ceri che durante le celebrazioni liturgiche sono posti sull’altare.

• SCAMBIARSI IL SEGNO DELLA PACE
Con il rito della pace, che nel Rito romano si trova tra il Padre nostro e la frazione del pane, «la Chiesa implora la pace e l’unità per se stessa e per l’intera famiglia umana, e i fedeli esprimono la comunione ecclesiale e l’amore vicendevole, prima di comunicare al Sacramento» (OGMR 82).
Il dono della pace procede dal Cristo pasquale morto e risorto, che appare nel cenacolo e mostrando le sue piaghe dice: Pace a voi!